il manifesto - 28 novembre 2006
Morti e feriti, Oaxaca esplode ancora
L'odiato governatore Ruiz ordina l'attacco ai dimostranti: tre morti, feriti, decine di arresti. Bruciata la sede del capo della protesta Sosa
Gianni Proiettis - Città del Messico

Dopo l'aggressione militare del sabato, sferrata dalla Policia federal preventiva contro i manifestanti della Appo (la Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca), il movimento di protesta che chiede la destituzione del governatore Ulises Ruiz è più vivo che mai. E mentre denuncia tre morti 165 detenuti e decine di desaparecidos e torturati, la Appo convoca le organizzazioni internazionali di diritti umani alla formazione di un cordone di pace e vigilanza che ponga un freno alle violenze della polizia.

Domenica, quando non si erano ancora dissipati i lacrimogeni dalle vie del centro cittadino, Ulises Ruiz, l'odiato governatore del Pri con licenza di uccidere, è apparso nella piazza di Santo Domingo, occupata dai reparti della Pfp in assetto di guerra, alla testa di un manipolo di fedelissimi per dichiarare che «l'ordine era ormai ristabilito». E ha addirittura posato per i fotografi, sorridente e con una scopa in mano, per contribuire alla pulizia delle strade dai resti della battaglia. Curiosa concezione dell'ordine, quella del contestato governatore, visto che gli elicotteri non smettono di sorvolare la città e bande di poliziotti continuano ad effettuare arresti, spesso indiscriminati, contro presunti simpatizzanti della Appo.

Qualunque osservatore imparziale può constatare che a Oaxaca, in questi giorni, regna il terrore e che suonano grottesche le dichiarazioni del ministero degli interni che condanna la violenza «da qualunque parte venga». Per non parlare delle affermazioni del portavoce del presidente Fox, che, ai suoi ultimi giorni di mandato, è stato vittima di uno svenimento proprio mentre offriva un pranzo di commiato nel suo ranch. Affermazioni che pretendono di tranquillizzare l'opinione pubblica e il mercato internazionale convincendoli che «nel paese c'è calma» e i problemi di Oaxaca, Guerrero e Michoacán sono solo «tre punti caldi nella geografia nazionale». Negli ultimi due stati, in realtà, i narcos dettano legge e solo quest'anno hanno fatto più di duemila morti in tutto il paese.

Mentre, secondo i responsabili delle istituzioni, Foxilandia va a gonfie vele a pochi giorni dalla successione presidenziale del 1º dicembre, il Messico reale è in preda a una violenta convulsione sociale e sull'orlo dell'ingovernabilità. Dopo la violenta aggressione del sabato, Florentino Lopez - uno dei portavoce della Appo - in una conferenza stampa di fronte alla diocesi di Oaxaca ha annunciato che «la lotta del popolo oaxaqueño per la destituzione di Ulises Ruiz non è finita, malgrado la sanguinosa repressione». E ha chiarito la dinamica dell'attacco poliziesco del sabato, occasionato dall'accerchiamento pacifico che i manifestanti stavano dispiegando intorno al centro, occupato militarmente dalla Pfp da quasi un mese. «Gli agenti si sono appostati sui tetti delle case del centro bombardando i manifestanti con pietre, biglie di ferro e lacrimogeni. Poi hanno anche sparato con armi da fuoco sui manifestanti in fuga, provocando morti e feriti». L'opposto della maldestra versione della polizia, che sosteneva di essere stata oggetto di un'aggressione: tra i poliziotti, stando alle loro stesse dichiarazioni, ci sono stati solo quattro feriti non gravi.

Gli autori degli incendi di vari edifici pubblici, fra cui alcuni uffici giudiziari e l'ex sede del parlamento statale, non sono stati ancora identificati, ma non c'è alcun dubbio su chi ha dato fuoco all'ufficio di Flavio Sosa, uno dei leader della Appo [intervistato la settimana scorsa dal manifesto], che ospita la sede dell'organizzazione Nueva Izquierda de Oaxaca.

L'arcivescovo José Luis Chavez Botello, nella sua omelia di domenica, ha affermato che «è urgente stabilire nuove e migliori relazioni dei governanti con ognuno dei settori sociali e con tutta la società», ma la sua predica sembra perdersi nel deserto, visto che fuori dalla cattedrale continuano indisturbate le razzie poliziesche, gli arresti dei cittadini e le incursioni domiciliari nelle case dei dirigenti della Appo.

Ulises Ruiz, nella sua breve apparizione in pubblico, si è detto sicuro che fra gli «agitatori» ci siano molti stranieri e gente proveniente da Città del Messico che appartiene a organizzazioni politiche «sovversive». Il governatore, che ha ormai i giorni contati, nega contro ogni evidenza che vi siano stati maltrattamenti e torture ai detenuti. Se verrà destituito, come è probabile, dopo il 1º dicembre, il Pri potrà nominare un altro governatore senza bisogno di indire nuove elezioni - elezioni che avrebbe sicuramente perso.

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