da LA JORNADA - MARTEDÌ 30 GENNAIO 2001

Nella società c'è stato un cambiamento molto profondo

La pace è oggi più vicina che mai: Marcos

Chiede ai messicani di appoggiarli affinché i popoli indios siano riconosciuti come tali, senza discriminazioni

AURELIO FERNANDEZ F. /I INVIATO

La Realidad, Chis., 28 gennaio - Oggi si è più vicini che mai ad ottenere la pace in Chiapas, a toglierci i passamontagna, dice il subcomandante Marcos. "Più vicino che quando c'erano i dialoghi nella cattedrale, nel 1994", aggiunge, perché nella società c'è stato un cambiamento molto profondo, il cui termometro è il 2 luglio 2000.

Il guerrigliero aggiunge che la società è riuscita il 2 luglio a trovare un modo d'agire, perché non solo è più informata, ma anche inquieta e vuole partecipare; quindi, le elezioni sono state il modo di fare qualcosa. Il problema del Messico continua ad essere quello che la cittadinanza agisce solo ogni tre o sei anni. Il resto del tempo i cittadini ritornano ad essere spettatori e/o beneficiari di ciò che sta facendo il governo.

"Ogni volta che siamo usciti alla luce pubblica - dice Marcos - la risposta che abbiamo ricevuto è sì, non ti abbiamo dimenticato. Allora, quello che stiamo dicendo alla società è che adesso non possiamo più continuare a guardare, vogliamo che tutto si risolva. Tu, società, sei un'altra in molti sensi: aiutaci a spingere la situazione. Aiutaci a far sì che i popoli indigeni siano riconosciuti come tali, che il colore della tua pelle, la tua lingua, la tua cultura, che il tuo modo di relazionarti con la terra, con la religione, addirittura con la tua coppia o con ciò che sia, non sia un motivo di discriminazione o di persecuzione".

Con un abbigliamento che pare cambiare solo per effetto del tempo, per cui si osserva un paliacate il cui colore è niente altro che una vaga sembianza e la trama del tessuto sta ancora insieme per poco, un simbolo in più di questo uomo di simboli, Marcos pare dimagrito. "Sei più magro dell'ultima volta che ti ho visto", gli dice Solórzano. "È che sono a dieta", risponde.

- Che ne pensate di Fox?

"Il problema è che l'EZLN è carico di una grande sfiducia, prodotto dei governi precedenti, e di questo non ha la colpa Fox, d'accordo. Però i popoli indios ci stanno chiedendo che diciamo loro chiaramente se questo governo si prepara a dialogare solamente per guadagnare tempo, cercando di far sì che cali la nostra presenza nei media e che la gente si dimentichi di noi così da poter fare un golpe militare. È evidente che nel governo di Fox c'è il settore dei duri, addirittura dentro l'Esercito".

Gli zapatisti pensano che di fronte alla domanda se è disposto davvero ad abbandonare la via militare e percorrere la via del dialogo, "una parte di Fox sta rispondendo sì e un'altra no".

Aggiunge: "Quello che ha fatto il signor Fox è manipolare ognuno dei ritiri (delle postazioni militari nella zona) come un fatto mediatico", e ciò significa un logoramento nell'Esercito federale; se si fosse ritirato in silenzio non sarebbe successo niente, invece lo sta dosando in tale modo che sta permettendo che tutto questo settore sbotti: "stai dando molto", quando dall'inizio era stato definito che erano sette le posizioni militari e lui aveva detto che andava molto bene. A nostro modo di capire, Fox non ha terminato la campagna elettorale, sta continuandola".

- Si è detto che tra te e Fox c'è una sfida mediatica.

- Noi abbiamo pensato che su questo piano, con Fox, perdiamo - risponde Marcos. - Lungo il sentiero delle vanità ci sono professionisti e dilettanti. Noi non ci guadagniamo niente se il nostro raiting si alza o si abbassa; in un modo o nell'altro per noi zapatisti c'è sempre stato questo alto e basso. Quante volte ci hanno ammazzato in termini mediatici e poi torniamo a riapparire? Non ci interessa avere più popolarità di Fox o meno, quello che ci interessa è che questo problema si risolva perché abbiamo pensato che adesso è il momento, e la sconfitta del PRI il 2 luglio ha aperto uno spazio dove è possibile che questo paese decida, però in un altro modo. Noi vogliamo far parte di questo futuro e non vogliamo portare il passamontagna per sempre.


(a cura del Comitato Chiapas di Torino)



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