SIAMO NATI DAL FANGO, SIAMO DI MAIS

Juan Chávez, Congresso Nazionale Indigeno in Parlamento, 28 marzo 2001


Signore e Signori Deputati

Senatori e Senatrici

Fratelli del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Fratelli del Congresso Nazionale Indigeno

Fratelli messicani e messicane

Fratelli della Società Civile Nazionale ed Internazionale

Chiedo il permesso di leggere questo documento.

Siamo nati dal fango, di mais siamo.

Siamo nati dal dolore,

dal dolore che diventa speranza di nutrirci.

Siamo indios che siamo.

Indios autentici siamo.

Per il riconoscimento costituzionale dei diritti dei popoli indios, per la costruzione di una società plurale e diversa, signori e signore legislatori:

Noi, popoli indios, siamo popoli dal cuore autentico, siamo popoli dal sangue autentico. Qui siamo, popoli autentici siamo, dalla terra veniamo, dalla madre terra ci siamo formati, dalla terra siamo nati.

Prima che la luce esistesse, il seme era già stato gettato nell'oscuro ventre della terra, nell'umido e caldo cuore dei nostri popoli. Lì è germogliata la parola, quella che ci ha dato cuore, quella che ci ha dato storia, quella che ci ha reso popoli.

Siamo nati popoli, dalle nostre radici siamo nati, nei nostri tronchi ci siamo elevati, nei nostri rami siamo cresciuti, i nostri fiori hanno germogliato la parola. Attraverso i nostri frutti siamo tornati alla terra, nei nostri semi è germogliata di nuovo la parola e così, nascendo e crescendo, crescendo e fiorendo, fiorendo e germinando, abbiamo continuato a crescere e a fiorire fino al giorno d'oggi e continuiamo ad essere gli stessi che siamo, continuiamo ad essere i popoli indios che siamo.

Non siamo nati ieri, non siamo nati appena oggi, siamo nati prima, siamo nati fin dall'inizio, siamo nati dai più antichi, siamo nati prima e prima di quel prima e dal momento in cui siamo nati, popoli fratelli siamo nati, ognuno col suo nome, quello che noi conosciamo, ognuno con la sua parola, quella che noi con il cuore sentiamo. Ognuno al suo posto, quello che, con rispetto e tenerezza, con i nostri piedi accarezziamo. Ognuno sul suo monte, nella sua valle, sulla sua rupe, la sua sorgente e la sua acqua, la sua montagna. Ognuno, essendo i popoli che siamo, popoli fratelli siamo nati. Dal cuore della terra veniamo, nei cinque angoli del mondo siamo nati, dai sette colori della terra siamo venuti: dal rosso e dal nero, dal giallo e dal bianco, dal verde e al blu, dal viola, da tutti quanti insieme siamo venuti.

Con tutte le parole e tutte le voci abbiamo parlato ed abbiamo incontrato: zapoteco e mixteco, chinanteco e mazateco, mixe e triqui, zoque e amuzgo, chontal e huave, ixcalteco e chocholteco, nahuatl e tacuate, chatino e tlapaneco, tzotzil e tzeltal, chol e tojolabal, maya e purépecha, ñahñú e mazahua, totonaco e matlatzinca, popoluca e tepehua, guarijía e cora, mexicanero e tepehuano, raramuri e tenek, cochimi e oodham, yaqui e mayo, kikapú e cuicateco, da tutti i popoli che siamo abbiamo raccolto la parola che è parola autentica.

Siamo incenso, siamo vento, siamo fumo, siamo pozol, siamo grotta, siamo erba, siamo acqua, siamo fiore, siamo cervo, siamo chiocciola, siamo uccello, siamo colore, siamo terra, siamo fango, siamo pioggia, siamo sole, siamo la degna memoria, siamo il tenero domani, siamo il sogno che siamo, siamo il cuore della nostra storia, siamo indios che siamo, indios autentici siamo, siamo tutti i noi che siamo, i popoli delle origini siamo, quelli che hanno lingua e cultura, quelli che hanno storia e tradizione, quelli che siamo venuti dai primi fra i primi, da quelli che sono stati nostri padri e madri, nonni e nonne, quelli che abitavano già in queste terre prima della colonizzazione, da prima che si stabilissero le frontiere degli Stati Uniti Messicani.

Siamo noi, i nostri popoli, quelli che in condizione giuridica o no, conserviamo, rispettiamo, difendiamo ed amiamo le nostre istituzioni sociali, economiche, politiche e culturali. Siamo quelli dei quali parla l'Accordo 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, firmato dal Messico; siamo quelli che nomina il Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali, firmato dal Messico; siamo quelli a cui si riferisce il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici firmato dal Messico; siamo quelli di cui gli strumenti giuridici internazionali dicono: "tutti i popoli hanno il diritto all'auto-determinazione. In virtù di questo diritto stabiliscono liberamente la loro politica e provvedono, da se stessi, al proprio sviluppo economico, sociale e culturale".

Per questo siamo venuti oggi, con tutto il rispetto, davanti a questa tribuna nazionale a chiedere quello che ci spetta: il riconoscimento costituzionale dei nostri popoli indigeni e dei nostri diritti collettivi.

Siamo popoli autentici, sangue di popoli veritieri. Nel nostro sangue portiamo, nelle nostre vene scorrono la memoria, la dignità e la saggezza dei nostri antichi. Sulla nostra pelle portiamo il del colore di coloro che ci hanno dato la vita, di coloro che ci hanno messo al mondo. Nel nostro cuore portiamo la loro parola, parola autentica, quella che ci ha dato coscienza, quella che ci ha formato la ragione, quella che i nostri passi accompagna in montagna, quella che c'insegna ad ascoltare dentro i canti delle nuvole e dei venti.

Siamo la parola che ci parla e c'insegna, siamo rispetto, siamo canto, siamo musica e tessuto, siamo armonia e colore, siamo la premura con cui tutti noi ci proteggiamo, siamo il cuore con cui tutti ci pensiamo, siamo storia e cultura, siamo la nostra propria norma, quella che protegge e vigila, quella che cura e convalida, quella che corregge e invita.

Abbiamo identità, abbiamo lingua, abbiamo storia, abbiamo cultura, abbiamo norma, abbiamo tradizione, abbiamo volontà. Oggi più che mai, le nostre voci hanno percorso la terra fin dagli ultimi angoli della patria. Oggi si è sentito pulsare il nostro cuore in tutte le lingue ed in tutte le parole. Oggi si è ascoltato quello che abbiamo già detto tante volte nelle piazze, nei monti, per le strade: siamo gli indios che siamo, siamo popolo, siamo indios. Vogliamo continuare ad essere gli indios che siamo, vogliamo continuare ad essere i popoli che siamo, vogliamo continuare a parlare la lingua che parliamo, vogliamo continuare a pensare la parola che pensiamo, vogliamo continuare a sognare i sogni che sogniamo, vogliamo continuare ad amare gli amori che ci diamo, vogliamo essere davvero quello che siamo, vogliamo già il nostro posto, vogliamo già la nostra storia, vogliamo già la verità, vogliamo vivere già il nostro diritto all'auto-determinazione e come espressione di ciò, all'autonomia come parte dello Stato messicano, per decidere le nostre modalità interne di convivenza e di organizzazione sociale, economica, politica e culturale, perché sappiamo che nei nostri popoli abbiamo le capacità per decidere del nostro destino, abbiamo identità, coscienza nostra e abbiamo le capacità di aprirci per relazionarci con gli altri cittadini del paese e del mondo come i popoli che siamo con cultura, con storia, con rispetto e con convinzione, possiamo organizzare e decidere la nostra vita economica e politica, possiamo vegliare su una giusta applicazione ed amministrazione della giustizia nei nostri villaggi, possiamo occuparci con amore ed attenzione dei nostri affari territoriali per proteggerli, preservarli, svilupparli. Possiamo dare cuore alla nostra cultura ed educazione, perché siamo i primi interessati allo sviluppo, alla conservazione e alla ricostruzione dei nostri popoli e delle nostre culture.

Noi amiamo la terra, noi amiamo i fiumi e le montagne e i pesci e gli uccelli e gli animali, noi amiamo i nostri popoli; per questo sappiamo che possiamo dare loro quello che meritano e di cui hanno bisogno. Vogliamo esercitare la nostra autonomia. Non come una separazione, ma come una modalità interna di auto-determinazione. Non la stiamo cercando da ieri o da oggi. Già da prima della conquista spagnola che così vivevamo nei nostri popoli e con le nostre culture. Allora abitavano queste terre molti milioni di fratelli e sorelle dei nostri popoli originari. Avevamo la nostra cultura, avevamo le nostre arti, avevamo le nostre scienze, avevamo le nostre città e le nostre leggi, i nostri villaggi avevano i loro governi e le loro autorità, ma, prima la conquista e poi la colonia, ammazzarono e spogliarono i nostri popoli. Quando si formò la nazione messicana e si separò dalla corona spagnola, i governi e le leggi vollero dimenticare le nostre culture e le nostre identità, eppure, continuammo a vivere, qui la morte ed il saccheggio furono grandi tra i nostri popoli. Continuammo a vivere e continuammo ad essere popoli. Nonostante i tentativi di sterminio o di sparizione forzata, i nostri popoli conservarono la loro vita, la loro esistenza, la loro lingua, la loro cultura. Abbiamo conservato il nostro modo di intendere il mondo, abbiamo conservato il nostro modo di porci in relazione con la natura, con gli altri popoli e i nostri spiriti e gli antichi. Abbiamo conservato le nostre modalità di organizzazione e di governo, le nostre culture si sono mantenute vive. Non abbiamo mai smesso di essere comunità. Non abbiamo mai dimenticato che siamo popoli.

Lungo gli anni e i secoli hanno voluto obbligarci a smettere di essere ciò che siamo, siamo stati condannati a sparire nella nostra carne e nelle nostre culture. In molti siamo stati condannati all'isolamento, all'emarginazione, alla discriminazione ed alla spoliazione. Ci hanno tolto le nostre terre, i nostri monti, i nostri fiumi, i nostri luoghi sacri, le nostre lingue e tradizioni, le nostre culture sono rimaste nell'oblio ed abbiamo dovuto conservarle nel segreto delle montagne affinché potessero sopravvivere. Per molti anni abbiamo vissuto così, ma negli ultimi decenni i nostri popoli sono tornati a dire la loro parola, sia a livello nazione che internazionale. Si è risvegliata la coscienza del fatto che siamo popoli e siamo vivi ed abbiamo il diritto di esercitare la nostra libera determinazione nella nostra moltitudine di villaggi.

Le nostre voci hanno parlato, in altri paesi si riconosce già la nostra esistenza, la nostra presenza, il nostro diritto e la nostra dignità. Solo nel nostro paese non esistiamo ancora, nel nostro paese non ci riconosce ancora la legge, nel nostro paese non godiamo ancora dei nostri diritti, nel nostro paese non siamo ancora nati.


Signore e signori legislatori:

La parola che stiamo pronunciando non è altro che la nostra parola e non la stiamo pronunciando per la prima volta. La parola che oggi pronunciamo è la parola di milioni e milioni di fratelli e di sorelle indigeni, è la parola dei nostri popoli, è la parola che abbiamo raccolto per molti anni, per decenni; nei nostri villaggi, nelle nostre comunità, nelle nostre montagne e nelle nostre vallate.

Come popoli abbiamo pronunciato molte volte questa parola. Già negli anni settanta ci siamo incontrati ed abbiamo pensato insieme. Di nuovo negli anni ottanta si sono mossi molto i nostri cuori nel sentire che tutti i nostri popoli fremevano per il rispetto dei nostri diritti e della nostra dignità. Di nuovo negli anni novanta abbiamo potuto scorgere una nuova luce di speranza nei dialoghi di San Andrés. Allora abbiamo consegnato la nostra parola ed abbiamo creduto che la luce fosse vicina quando sono stati firmati gli Accordi di San Andrés. Lì abbiamo visto rispecchiati i nostri desideri e le nostre aspirazioni. Si rallegrò molto il nostro cuore quando la Cocopa si fece carico di elaborare un'iniziativa di riforma costituzionale che raccoglieva lo spirito e la lettera degli accordi firmati. Questa proposta era la nostra perché in essa era raccolta la nostra parola.

Noi popoli indios ci siamo riuniti nel Forum Nazionale Indigeno e poi nel Congresso Nazionale Indigeno e da lì, con responsabilità, con la rappresentatività dei nostri popoli ed in modo organizzato, abbiamo detto la nostra parola ed abbiamo visto camminare l'iniziativa della Cocopa nelle nostre regioni, nei nostri municipi, nei nostri villaggi e nelle nostre comunità. Questa parola della Cocopa è stata ascoltata, studiata ed accettata da più di quattro anni dai nostri popoli e dalle nostre comunità che oggi ci mandano davanti a voi, signore e signori legislatori, per confermare questa stessa parola. L'iniziativa della Cocopa è la nostra, è la nostra parola. In essa si esprime ciò che noi popoli indios del Messico desideriamo e di cui abbiamo bisogno: il riconoscimento costituzionale dei nostri popoli, dei nostri diritti, della nostra autonomia, della nostra dignità, della nostra verità.

Mai più un Messico senza di noi!

Congresso Nazionale Indigeno

Messico, Distretto Federale

Palazzo Legislativo

28 marzo 2001


(traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home