il manifesto - 27 Aprile 2001

Riforma mutilata

MESSICO: Il senato approva la legge sui diritti degli indigeni

GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS (CHIAPAS)

Mercoledì a tarda ora il Senato messicano ha approvato all'unanimità le riforme costituzionali sui diritti e la cultura dei popoli indigeni. Risultato di un movimento che ha coinvolto l'intera società civile in questi anni e frutto visibile della lotta zapatista, culminata nella carovana alla capitale del marzo scorso, queste riforme, salutate dalla classe politica e dalla stampa filogovernativa come "un evento storico", rappresentano in realtà solo un primo, timido passo nella direzione di un nuovo patto sociale, che includa a pieno diritto i popoli originari nel contesto della nazione. L'iniziativa di riforma dovrà ora passare al vaglio della Camera dei deputati, dove la discussione si annuncia più animata, passare per l'approvazione dei 31 parlamenti statali e tornare al Senato per l'avallo definitivo. Un percorso lungo insomma e costellato di pericoli, malgrado il trionfalismo ufficiale.

Già ad un primo esame, secondo vari esperti, la nuova normativa riflette solo in parte il contenuto degli accordi di San Andrés, firmati nel 1996 dal governo Zedillo e dai delegati zapatisti, e rappresenta una riduzione della stessa ley Cocopa, redatta posteriormente dalla commissione interparlamentare per la pacificazione. Va ricordato che il primo atto di governo di Vicente Fox, quando assunse la presidenza nel dicembre scorso, fu proprio quello di presentare la ley Cocopa - tale e quale - al Congresso per la sua approvazione.

Secondo l'antropologo Gilberto Lopez y Rivas, ex-deputato del Prd ed ex-membro della Cocopa vicino agli zapatisti, la nuova legge contiene "serie omissioni" rispetto al testo originale. Intanto, quando si parla del concetto di territorio, non si fa più menzione all'uso collettivo delle terre e delle risorse rinnovabili, concesso alle comunità indigene dalla legislazione precedente, come il Convegno 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro. Poi, invece di considerare le comunità come "entità di diritto pubblico", si riduce il loro rango a quello di "entità di interesse pubblico", limitandone considerabilmente i diritti.

Un'altra "dimenticanza" di rilievo - a parte il fatto che le modifiche riguardano solo cinque dei sette articoli costituzionali previsti - è quella che riguarda il principio di autodeterminazione delle comunità indigene, improvvisamente scomparso. Mentre Lopez y Rivas considera "grave" che i senatori del Prd abbiano votato a favore di un testo sostanzialmente mutilato, l'editoriale de La Jornada, il quotidiano che ha sempre sostenuto la causa indigena, si domanda se "i legislatori, al momento di approvare l'iniziativa, hanno tenuto più conto della richiesta di pace con dignità e giustizia proveniente dalla società e dai popoli indigeni o degli interessi dei rispettivi gruppi parlamentari".

In netta contraddizione con l'ottimismo espresso dalle dichiarazioni ufficiali, la nuova riforma legislativa sembra destinata ad incontrare l'opposizione dell'Ezln e del Congresso nazionale indigeno e ad allontanare le prospettive di una ripresa del dialogo di pace, considerato ormai a portata di mano dal presidente Fox.

Lontano dalle fanfare della capitale, in Chiapas, in questi giorni, si accumulano sempre più denunce di aggressioni e provocazioni da parte dell'esercito. In varie comunità, specialmente nella regione ai confini con il Guatemala, si sono registrate incursioni di reparti militari che hanno sparato in aria in più di un'occasione. I sette presidi di cui l'Ezln aveva chiesto lo smantellamento non sono realmente spariti, ma sono solo stati spostati a distanze variabili fra i quattro e i cento chilometri dalle sedi originarie, come ha notato attentamente il giornalista Hermann Bellinghausen.

Non solo nessun soldato è uscito finora dal Chiapas, ma, la settimana scorsa nel municipio di Venustiano Carranza, la strage di otto priisti appartenenti all'associazione Alianza San Bartolomé de los llanos, legata a un gruppo paramilitare, ha creato seri problemi al nuovo governo dello stato e sta facendo gridare ai difensori del vecchio ordine e dei vecchi sistemi che "si è perpetrata una nuova Acteal". Poco importa che la strage non sia stata ancora chiarita e che, sembra, sia stata perpetrata da un gruppo paramilitare di uomini mascherati e dotati di armi di grosso calibro. L'unico effetto tangibile, per ora, è stato quello di destabilizzare il nuovo governo di opposizione, capeggiato da Pablo Salazar Mendiguchia.

In difficoltà anche Vicente Fox, il presidente che in campagna aveva promesso la pace in Chiapas "in quindici minuti". Mentre a Québec approfittava di un palcoscenico mondiale per vantare il ritiro dell'esercito federale da Guadalupe Tepeyac e dalla base del Rio Euseba, si spargeva contemporaneamente la notizia della strage di Venustiano Carranza e quella della liberazione di 11 paramilitari del gruppo Paz y Justicia.


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