LA JORNADA - VENERDÌ 27 APRILE 2001

"Abbiamo fatto l'impossibile per farci capire; non ci stanno ascoltando"

Il progetto del Senato non riconosce i nostri diritti, dice il Congresso Nazionale Indigeno

Non toccando l'articolo 115 costituzionale, fanno sì che tutto continui come prima

Adelfo Regino fa appello alla Camera dei Deputati a considerare gli interessi dei popoli, non dei partiti

ANGELICA ENCISO L.

Anche se il progetto di legge indigena approvato dal Senato stabilisce l'autonomia dei popoli, non definisce i meccanismi attraverso i quali si eserciterà, non ammette il territorio delle comunità e gli indigeni non sono riconosciuti come soggetti di diritto pubblico. Questa legge non riconosce i diritti degli indigeni, conclude Adelfo Regino Montes, del Congresso Nazionale Indigeno (CNI).

La legislazione che da ieri è alla Camera dei Deputati per la sua approvazione fa dei cambiamenti sostanziali di fondo e di forma all'iniziativa della Cocopa, il che non è comprensibile. "Abbiamo fatto anche l'impossibile per farci capire. Credo che non ci stiano ascoltando", aggiunge.

Regino Montes, avvocato mixe, fa un'analisi dei punti sostanziali che la legge approvata non riprende dall'iniziativa della Cocopa e che sono causa di gran preoccupazione per le comunità.

Segnala che nonostante nell'inciso a dell'articolo due del progetto si riconosca ai popoli ed alle comunità la libera determinazione e l'autonomia, si è eliminato in modo definitivo il paragrafo nono dell'iniziativa della Cocopa, che alla lettera dice: "si rispetterà l'esercizio e la libera determinazione dei popoli indigeni, in ciascuno degli ambiti e livelli in cui facciano valere la loro autonomia, potendo comprendere uno o più popoli indigeni, in accordo alle circostanze private e specifiche di ciascuna entità federativa".

Questo, aggiunge, definisce l'ambito in cui i popoli possono esercitare la loro autonomia, che possono essere quello economico, politico, sociale e giuridico. Inoltre parla dei livelli, che vanno dalla comunità al municipio fino alla regione. I popoli, nell'uso del diritto della libera determinazione, dovranno decidere liberamente l'ambito e il livello per esercitare la loro autonomia. Perciò, eliminando questo paragrafo, i meccanismi per rendere possibile ed efficace l'autonomia sono annullati.

Sommato a questo, aggiunge Regino Montes nell'intervista, resta anche fuori parte del secondo paragrafo della frazione nona dell'iniziativa della Cocopa, che dice: "le comunità indigene, come entità di diritto pubblico, e i municipi che riconoscano la loro appartenenza ad un popolo indigeno, avranno la facoltà di associarsi liberamente al fine di coordinare le loro azioni".

La differenza tra diritto pubblico e interesse pubblico

Nel progetto finale approvato dal Senato, il testo dice che le comunità sono di interesse pubblico, il che è molto diverso dal dire che sono soggetti di diritto pubblico. "Ciò che noi popoli domandiamo è che la comunità sia un soggetto titolare di diritti e obbligazioni nell'ambito pubblico, però essere considerate d'interesse pubblico ci spoglia da ciò. Non siamo soggetti con diritti e obbligazioni negli affari pubblici". Questo è un aspetto fondamentale perché di ciò tratta l'autonomia, del fatto "che siamo considerati come soggetti di diritto e possiamo prendere decisioni".

Più avanti il documento segnala che i municipi devono riconoscere la loro appartenenza a un popolo indigeno, però nei fatti le cose sono diverse: per esempio in Oaxaca ci sono 418 municipi indigeni e si domanda che succederà con loro. "Il Senato annulla nei fatti la pratica dell'autonomia e della libera determinazione", puntualizza.

La legge del Senato elimina inoltre, ha spiegato, altri aspetti dell'iniziativa della Cocopa che potrebbero anche rendere praticabile l'autonomia e che sono necessari: la rimunicipalizzazione e la ridistribuzione dei distretti elettorali: quest'ultimo è rimasto transitorio. Il punto della ridistribuzione dei distretti aveva come fine definire un meccanismo che fa parte della tradizione democratica dei popoli nelle elezioni delle autorità e delle delegazioni indigene, tanto nella sfera locale come per il Parlamento.

"A che serve che dicano che puoi eleggere le tue autorità, avere i tuoi sistemi normativi, che ci sarà uno sviluppo regionale, se ciò che è centrale non viene riconosciuto. Non esiste questo meccanismo per rendere possibile l'autonomia che era già riconosciuta nella frazione nona dell'iniziativa della Cocopa", ha insistito.

I senatori non hanno voluto cambiare l'articolo 115 della Costituzione e "perciò, addirittura a livello di burla, dicono che si possono fare associazioni o coordinamento nell'ambito municipale. Dal loro punto di vista quello che vogliono dare ad intendere è che vogliono balcanizzare il municipio".

Ha precisato che "l'associazione che noi popoli domandiamo è definita nel quadro della nostra propria formazione. Si tratta del fatto che i popoli si uniscano sul piano regionale, più in là dei municipi. Che comunità e municipi si ricostituiscano come popoli. Questo non credo che sia gran cosa, non è chiedere molto. È qualcosa di elementare, però sembra che non si capisca, non toccano l'articolo 115 perché sono nella logica di concedere diritti perché nella realtà tutto continui allo stesso modo".

Si è domandato a che serve un articolato costituzionale che conservi consacrato un insieme di diritti, se nello stesso ordine giuridico non sono definiti i meccanismi istituzionali ed organizzativi perché i popoli possano esercitare liberamente quei diritti.

In quanto all'assenza della figura del territorio nel documento finale, Regino Montes precisa che nell'iniziativa della Cocopa era presentato nella frazione quinta. Eliminare questo punto "è discriminazione, perché la Costituzione sì parla di territorio per le entità federative ed i municipi, però trattandosi di popoli e comunità indigeni non si può parlare di territorio".

Nella Costituzione, segnala, il territorio non è un concetto assoluto della nazione, ma esistono specificazioni per gli stati ed i municipi, però per i popoli non viene considerato.

Di fronte al fatto che "non ci stanno ascoltando", Regino ha rivolto un'esortazione alla Camera dei Deputati perché "faccia una riforma in accordo agli interessi dei popoli e non dei partiti politici".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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