La Jornada 26 giugno 2001

LA RIBELLIONE AI G8

IL FANTASMA DELLA PROTESTA CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE PERCORRE L'ITALIA

Luis Hernandez Navarro - Inviato

Padova, 26 giugno

Il fantasma della protesta contro la globalizzazione, percorre l'Italia. Lo spirito di Seattle domina l'anima politica di questo paese. Ogni giorno, stampa, radio e televisioni informano ampiamente sulle mobilitazioni previste dal 19 al 21 luglio a Genova contro la riunione del Gruppo degli Otto (G8) alle quali ci si aspetta la partecipazione di circa 200 mila persone.

Partiti e sindacati, associazioni civili ed organizzazioni politiche, clericali ed intellettuali, di imprese e di lavoratori, anarchici e comunisti, attraverso i mezzi di comunicazione dibattono quotidianamente della mondializzazione. In ogni città e paese italiani, si organizzano incontri per preparare le giornate di lotta e discutere sugli obiettivi. Non si vedeva una tale effervescenza politica da 30 anni. E' in arrivo un nuovo '68.

Circa 700 gruppi si sono riuniti nel Genoa Social Forum per organizzare la lotta. Femministe e promotori dell'agricoltura biologica, organizzazioni del commercio equo e gruppi per la difesa degli immigrati, sindacati ed ambientalisti hanno trovato una convergenza sociale molto ampia. Sono convinti che il mondo attuale sia una specie di Titanic su cui i potenti ballano e si divertono credendo di trovarsi a bordo di una nave inaffondabile ma che in realtà sta andando verso il naufragio.

E se i sondaggi hanno ragione, si sta vincendo la battaglia sull'opinione pubblica. Un sondaggio del quotidiano La Repubblica del 18 giugno indicava che, al di là della violenza, il 45% degli intervistati è a favore delle richieste del "popolo di Seattle", nome con il quale la stampa ha identificato quelli che in Messico sono definiti erroneamente "globalifobici", mentre il 28% è contrario ed il 27% non ha opinione.

LA SFIDA DI BERLUSFOX

La mobilitazione contro i G8 è diventata la prima prova del fuoco del nuovo governo di destra di Silvio Berlusconi, che i messicanologi di queste terre chiamano anche Berlusfox per la grande somiglianza del suo stile di governare e dell'uso del marketing e dei mezzi di comunicazione elettronici con il presidente messicano. Il controverso politico italiano dovrà affrontare nelle strade di Genova una sfida simile a quella di Vicente Fox durante la marcia zapatista del febbraio e marzo scorso. Una soluzione repressiva del conflitto ingrandirebbe la sua immagine di rappresentante della nuova destra autoritaria, ma complicherebbe enormemente la sua gestione a capo di un governo di affaristi. Il dibattito non è solo italiano. In Europa gli animi si stanno scaldando dopo gli spari della polizia contro i manifestanti a Göteborg, in Svezia. Il ministro Otto Schily, uno degli uomini chiave dell'amministrazione Schroeder, in Germania, il 17 giugno scorso ha invitato a "bloccare i nuovi hooligans" ed impedire che Genova diventi una nuova Göteborg, limitando il libero transito delle persone.

Per questo il governo Berlusconi si è affrettato a cercare un negoziato con il movimento contro la globalizzazione. L'impegno non ha avuto molto successo. Dapprima ha cercato i buoni uffici del cantante Manu Chao chiedendogli di fare da mediatore. L'artista, che ha tenuto un concerto a Milano di fronte a 100 mila persone durante il quale ha invitato sul palco le Tute Bianche per spiegare il significato della protesta e che parteciperà alla manifestazione degli emigrati il 19 luglio, ha rifiutato l'offerta. Renato Ruggiero, ministro degli Esteri, ha cercato di minimizzare il rifiuto. "Non è l'unico esponente del movimento antiglobalizzazione" ha dichiarato con disprezzo.

La nuova amministrazione ha quindi cercato di dialogare, senza successo, con le Tute Bianche, l'espressione della protesta che ha ricevuto la maggiore attenzione mediatica. Loro stessi si sono definiti come parte di una mobilitazione più ampia che non vogliono scavalcare e, quindi, non hanno accettato l'invito.

Il 24 giugno si è svolta una riunione tra un gruppo di rappresentanti del Genoa Social Forum e la polizia italiana. La riunione è stata un fallimento. Il portavoce della coalizione, Vittorio Agnoletto, eminente rappresentante della lotta contro l'AIDS, ha dichiarato dopo due ore e mezza di discussione: "Siamo stati costretti ad interrompere l'incontro a causa della mancanza di risposte". Loro volevano conoscere la posizione ufficiale del governo riguardo l'abolizione della zona gialla (il settore delimitato di Genova che separerebbe la zona rossa in cui si terrà la riunione dei G8 dai manifestanti), l'apertura delle frontiere e l'ospitalità delle persone.

Ma per il capo della polizia le cose sono andate diversamente: "è stato un buon incontro", ha assicurato alla stampa.

NOTIZIE DALL'IMPERO

Il 26 maggio, le Tute Bianche, autoproclamandosi "esercito di sognatori nati per sparire" hanno comunicato a Genova la loro Dichiarazione di Guerra ai Signori dell'Ingiustizia e della Miseria. Affermano di sapere che i governi di Italia e Stati Uniti hanno deciso di dichiarare guerra agli uomini ed alle donne che si concentreranno a Genova contro i G8 per imporre "un mondo unico, dove l'unica ideologia è quella del denaro, del profitto, del mercato, della mercificazione dei corpi". Un mondo che è un impero in cui loro sono gli imperatori e milioni di essere umani sono semplici sudditi. Le loro truppe, a detta loro, sono formate da poveri e bambini, da indios del mondo, donne e uomini, gay e lesbiche, artisti ed operai, giovani e vecchi. Concludono annunciando dalla periferia dell'Impero che "anche noi siamo sul piede di guerra".

Le Tute Bianche sono nate a metà del 1995 quale espressione dei Centri Sociali Italiani, un arcipelago di organizzazioni di base di controcultura presenti in molte località italiane, con una grande capacità di aggregazione e mobilitazione soprattutto fra i giovani, nati dall'esperienza di Autonomia Operaia degli anni '70.

Lo zapatismo ha giocato un ruolo molto importante nella loro nascita. Di fatto, la riflessione sul significato delle giornate di lotta di Genova, si è ispirata alle lezioni della ribellione del sudest messicano.

La loro presenza non è solo italiana. Gruppi di Tute Bianche sono nati anche in altri paesi. Le loro prime azioni sono stati piccoli atti di disobbedienza civile a Roma contro la disoccupazione, non pagando il trasporto pubblico. Ma la loro "vera" presentazione alla società come forza di azione politico-sociale è avvenuta nell'ottobre di quell'anno durante la protesta svoltasi a Trieste riguardo l'immigrazione. La loro attiva e vistosa presenza alle manifestazioni di Praga, ha dato loro notorietà mondiale. In Messico si sono fatti conoscere durante la marcia zapatista nella quale disimpegnarono funzioni di sicurezza in alcuni tratti.

Le Tute Bianche non sono l'unica forza che partecipa alla mobilitazione contro I G8 ma è una delle più visibili. Si è trasformata in fenomeno mediatico. Il suo portavoce, Luca Casarin, un perito termoelettronico del Centro Sociale di Mestre, è il riferimento obbligato per i media. Quando dice: "In qualsiasi luogo loro si riuniscano, noi vi andremo a protestare", i giornalisti pubblicano subito le sue dichiarazioni.

La riflessione che anima le loro iniziative politiche sono influenzate dal filosofo Toni Negri, oggi agli arresti domiciliari durante la notte e detenuto per vari anni nonostante non sia mai stata dimostrata la sua responsabilità quale autore intellettuale dell'omicidio di Aldo Moro, del quale era stato accusato. Negri ha appena pubblicato, insieme a M. Hart, il libro "Impero", nel quale sostiene che la lotta attuale è "contro il capitalismo globalizzato e non contro la globalizzazione". Critico dello Stato-Nazione e delle posizioni che a sinistra lo difendono, a differenza dell'imperialismo analizzato da Lenin, secondo Negri, la cosa assolutamente nuova della situazione attuale è che "il centro e la periferia non sono più elementi che possono essere definiti nello spazio; sono uno dentro l'altro. Negli Stati Uniti può albergare il Terzo Mondo più profondo, così come, sempre più spesso, si può incontrare il Primo Mondo più opulento in Africa o in Asia. La classe mondiale degli sfruttatori e la classe degli sfruttati non conoscono più frontiere geografiche".

Sincronizzati da questa visione dell'Impero, in qualche modo le Tute Bianche pensano che l'umanità attraversi oggi una specie di nuovo Medio Evo e loro si considerano come parte della ribellione contadina di ussiti, taboriti o seguaci di Thomas Muentzer. E questa visione trova nelle città scelte dalle organizzazioni multilaterali per riunirsi, un invito a tornare indietro nel tempo. Curiosamente Genova è circondata da mura come Quebec, luogo in cui si è svolta la riunione dell'ALCA. Il libro preferito dalle Tute Bianche, insieme a "No Logo" di Naomi Klein, è una storia, "Q", scritto da Luther Blisset, che racconta le lotte nel dopo millennio. "Siamo nuovi ma siamo gli stessi di sempre", dichiarano in un comunicato riguardo le moltitudini d'Europa che si ribellano contro l'Impero.

L'originalità della narrazione e della scenografia che l'accompagna non viene condivisa da tutto l'insieme della coalizione antiglobalizzazione. C'è chi vede le giornate di lotta come parte di una lotta anti-imperialista nel senso classico di sinistra, o come parte delle lotte per la difesa del pianeta. Ma, questa è la novità, accompagnata da una forza di massa reale, ha trovato rapidamente un posto nella società dell'informazione ed ha prodotto un'identità propria in un settore della gioventù esclusa.

LA POLITICA DEI CORPI

La minaccia della violenza nelle giornate di Genova è diventata uno strumento per scoraggiare la partecipazione. Praticamente ogni giorno, la cosa viene dibattuta sui mezzi di informazione. La stampa italiana ha pubblicato recentemente un rapporto dei servizi segreti nel quale si dice che Luca Casarin stia addestrando delle persone per sequestrare I poliziotti ed usarli come scudi umani a Genova. L'accusato ha smentito l'informazione ma ha invitato la polizia all'insubordinazione.

Il rappresentante dei giovani industriali italiani, temendo che le Tute Bianche blocchino l'industria, ha suggerito di dialogare con loro. Ma Antonio D'Amato, presidente della CONFINDUSTRIA, l'ha subito smentito: "nessun dialogo con i manifestanti, contro chi è contrario alla globalizzazione" ha dichiarato.

Per Luca Casarin, la discussione violenza/non-violenza non ha senso. Dichiara che "non vogliamo toccare la città. Se tu bruci una casa, il proprietario ti odierà. Il problema è guadagnarsi il consenso dei cittadini. Noi pratichiamo la disobbedienza civile. Vogliamo impedire la realizzazione del G8".

Secondo le Tute Bianche, la loro Dichiarazione di Guerra non implica l'aggressione alla città. In un patto con la città ed i cittadini di Genova si precisa: "non sarà rotta nessuna vetrina; la città non deve aspettarsi nessun gesto offensivo". Si assicura che: "non combattiamo con bombe o pallottole, ma con i nostri corpi, con le parole e con il travestimento e con gli strumenti meccanici creati dalla nostra fantasia".

La strategia proposta a Genova dalle Tute Bianche è quella dell'assedio collettivo. Se i membri del G8 vogliono trasformare la riunione in un fortezza chiusa ed inaccessibile per prendere decisioni che colpiranno milioni di persone, allora i colpiti da questi accordi invaderanno la città. Questo assedio attivo sarà realizzato con le modalità e le forme che ognuno deciderà, trasformando il corpo umano in un simbolo concreto di disobbedienza civile e concordando i limiti d'azione per rompere il muro.

A poco più di tre settimane dalla realizzazione del G8, il dibattito intorno alla globalizzazione attraversa la vita politica italiana ed è diventato parte sostanziale dell'agenda europea. Le classi dirigenti si scontrano contro un fenomeno che ha rotto i suoi schemi e la visione dei suoi affari. Non è un fatto passeggero. Le mobilitazioni di protesta sono arrivate per restare. Quello che succederà a Genova sarà la chiave per la definizione del futuro immediato.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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