IL MANIFESTO - 25 Febbraio 2001

La lunga marcia messicana

Comincia oggi il viaggio di Marcos attraverso il Messico per rivendicare i diritti negati al popolo indigeno

MAURIZIO GALVANI

GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

" En marcha"; ultime ore di preparativi della marcia zapatista e indigena che prende il via questa mattina alle ore otto locali (15:00 ora italiana). Ieri, a San Cristóbal de Las Casas sono arrivate le delegazioni delle comunità degli Altos del Chiapas e anche la comandancia general. Pronti per partecipare alla festa e al primo incontro di piazza con tutta la società civile chiapaneca. Un avvicinamento faticoso, che è costato giorni di cammino a centinaia di tzoziles, tzeltales, choles e tojolabales, che hanno abbandonato le loro case di Oventic, La Realidad, La Garrucha e Moises Gandhi per partecipare alla festa e dare la buena suerte ai delegati che portano nella capitale un loro mandato. Anche i comandantes hanno dovuto percorrere lunghi tragitti per essere presenti a questo appuntamento.

Marcos ha viaggiato per circa sette ore prima di arrivare a San Cristóbal.

Centinaia e centinaia di indigeni, ragazzi, donne e uomini di ogni età hanno incominciato ad affluire già dalle prime ore della mattinata di sabato. Punto di incontro, la piazza di fronte alla cattedrale, vicino all'altra, lo zocalo. Alla vigilia gli organizzatori hanno espresso il timore che queste due piazze non riusciranno a contenere tutti i sostenitori dell'Ezln.

La piazza è coperta di manifesti, con slogan inneggianti alla dignità indigena e alle richieste che spingono i 24 comandanti ad andare a Città del Messico per incontrare i deputati del Congresso. Ragazzi e ragazze di tutte le età aspettano di partecipare a questa festa con il loro passamontagna nero. Non se lo tolgono nonostante il caldo. Vogliono mantenere la consegna che è stata data di non smascherarsi. Anche se giovani, hanno sostenuto uno sforzo immane per essere presenti a questo grande evento. Mentre aspettano, vengono aiutati dai rappresentati delle organizzazioni civili locali e dagli organismi non governativi.

Tra loro spiccano gli stranieri, provenienti da ogni parte del mondo - europei, statunitensi e latino-americani. Organizzati, come i gruppi italiani delle "tute bianche", di Ya basta! o dei giovani comunisti, ma anche "cani sciolti" che hanno risposto all'appello del subcomandante Marcos. I volontari hanno dovuto affrontare un lavoro minuzioso per preparare il viaggio e permettere a tutti di seguire la comandancia attraverso 12 stati messicani.

Il Centro zapatista di San Cristóbal de Las Casas, senza particolari mezzi tecnologici, ha raccolto le iscrizioni distribuendo le persone sugli autobus, sulle camionette o sui suburban.

Dopo un primo conteggio, si prevede che alla marcia (lungo tutto il tragitto) parteciperanno in tantissimi e tanti altri accorreranno ai diversi appuntamenti, compreso quello forse più importante del Congresso indigeno nazionale, a Nurio. Molti messicani hanno dato la loro disponibilità ad ospitare gli zapatisti e i loro sostenitori; anzi la comandancia ha dovuto scusarsi perché non potrà esaudire tutte le richieste di presenziare ad incontri presso le comunità o presso le sedi di rappresentanza della società civile.

Fino ad ora, per fortuna, non si segnalano provocazioni di rilievo, tranne alcune minacce verbali espresse dal deputato panista Salgado, dello stato di Morelos, e un volantino distribuito nella capitale del Chiapas, Tuxtla Gutierrez, anonimo. Nel volantino si inveisce contro Marcos e contro il vescovo Samuel Ruiz, si definisce il sup "un traditore e non un messicano" e si invita a "non dare nessuna accoglienza agli indigeni zapatisti".

Le istituzioni locali dello stato del Chiapas, nella persona del neo-governatore Pablo Salazar, hanno dato pubblicamente il loro appoggio alla marcia, almeno nella parte iniziale e dentro i confini dello stato.

Per supplire all'assenza della Croce Rossa internazionale e di quella messicana, Pablo Salazar ha garantito che verranno messi a disposizione bus e autocarri, servizi igienici, assistenza meccanica e alimentare. Salazar si è spinto anche ad offrire un aiuto logistico di tipo tecnologico, come la possibilità di facilitare le comunicazioni tramite un sistema di telefonia satellitare. Questo per garantire il massimo di sicurezza.

Da parte di altri governatori non ci sono stati pronunciamenti significativi, forse in attesa di vedere quanto è disposto a fare il governo di Vicente Fox.

Uno degli "effetti collaterali" della marcia zapatista è quello di aver messo in grande agitazione il pollaio del gabinete presidencial, in particolare Jorge Castañeda, indicato dagli zapatisti come il responsabile occulto del rifiuto della Croce Rossa a seguire la marcia.

Venerdì sera il presidente Fox è apparso in simultanea sulla rete televisiva nazionale per trasmettere un messaggio di benvenuto alla marcia zapatista. Il desiderio di Vicente Fox di farsi ritrarre con i comandantes ribelli è talmente forte da farlo cadere nel ridicolo. Nel messaggio presidenziale si è riconosciuto addirittura il "potere mediatico" del sup Marcos.

Se è vero quello che afferma uno dei capofila dell'opposizione, il sindaco della capitale Manuel Lopez Obrador, che Fox passi ore a consultare i sondaggi di popolarità, è evidente che il presidente ha capito dove tira il vento. La carovana zapatista sta attirando infatti molti più media e tv internazionali che in occasione del suo insediamento come primo presidente "democratico" del Messico. Ma l'Ezln non è un puledro facile da cavalcare, neanche per il più macho dei Marlboro men.


In viaggio con il "Sub"@

Migliaia di sostenitori giunti in Messico per accompagnare gli zapatisti

PIERLUIGI SULLO

I primi due contingenti italiani, in tutto circa 150 persone, sono già arrivati e, come racconta su La Jornada Luis Hernández Navarro, e San Cristóbal de Las Casas è già piena di centinaia e centinaia di stranieri, venuti ad accompagnare i ventiquattro comandanti zapatisti nel loro viaggio verso la capitale del Messico.

Visto che la Croce rossa internazionale è stata dissuasa, così ha denunciato Marcos, dal proporsi come schermo tra la delegazione zapatista e i pericoli che potrebbe correre lungo la sua strada, allora ci penseranno loro, gli spagnoli e gli statunitensi, i latino-americani e i francesi, i giapponesi e, appunto, gli italiani. Che saranno, al conto finale, quanti i biglietti aerei che sono stati comprati, oltre trecento.

E' gente di molte età e di diverse culture, le "tute bianche" che hanno organizzato i "sub-jet" (gioco di parole che è inutile spiegare) e quelli di associazioni di solidarietà con il Chiapas, ma anche molti di Rifondazione o persone di sinistra in genere, e anche cattolici e così via.

Una composizione non molto dissimile da quella dei centotrenta che furono espulsi dal Messico, con accompagnamento aereo forzato, nel maggio del '98, colpevoli di aver voluto testimoniare le gesta dei gruppi paramilitari contro una comunità indigena chiamata Taniperla.

Ora quelle espulsioni sono svanite come la nebbia al sole.

In verità, lo "schizofrenico" governo di Fox (come ha scritto Gilberto López y Rivas, insigne antropologo) ha tentato di fare il furbo anche su questo, dopo aver oscillato tra "farò la pace in una settimana" e l'aver sguinzagliato le televisioni del paese nella caccia allo zapatista.

A Federico Mariani, presidente dell'associazione Ya basta!, l'ambasciata messicana ha per esempio evitato di rispondere per un paio di mesi, finché, la mattina prima della partenza per Città del Messico, gli ha comunicato che una commissione del governo federale avrebbe giudicato, in un tempo non quantificabile, e caso per caso, l'opportunità di riaprire le porte o no. Federico è partito lo stesso, naturalmente, e il giorno dopo il famigerato Instituto nacional de migración ha comunicato alla stampa la sua felicità per il fatto che gli espulsi di allora avevano deciso di tornare.

La quantità di persone che sta viaggiando verso il Messico dall'Italia, nonostante i precedenti (ad esempio le 150 circa che componevano la delegazione italiana a Porto Alegre), è piuttosto stupefacente. Così come il fatto che la lettera di solidarietà con gli zapatisti, proposta da Carta quasi esclusivamente via Internet, ha raccolto migliaia di firme di, si può dire, chiunque: dirigenti politici, studenti, operai in cassa integrazione, docenti universitari, eccetera.

Ancora, è straordinario il fatto che radio e siti internet, oltre naturalmente ai giornali di sinistra, si stiano attrezzando a fornire una "copertura" dell'avvenimento, fatta di notizie, reportage in voce, foto e filmati, che batterà di gran lunga le grandi agenzie transnazionali. Compreso il fatto che Ignacio Ramonet, direttore del prestigiosissimo Le Monde diplomatique, ha appena fatto visita al subcomandante Marcos, per scriverne sul prossimo numero del mensile.

Insomma, i ventiquattro uomini con il passamontagna viaggeranno per il paese, anche in stati, come il Guerrero, dove la violenza politica è endemica, circondati da una letterale muraglia umana (si calcola che, compresi i messicani, saranno dieci o quindicimila, i compagni di strada degli zapatisti), armata di entusiasmo e macchine fotografiche, telefoni satellitari e sacchi a pelo. Tutti convinti di partecipare a un evento di portata non solo messicana e non solo importante per l'oggi.

Tanto che, parallelamente, in molti paesi, e anche in Italia, si stanno organizzando sit-in e manifestazioni per il giorno 11 marzo, quando gli zapatisti entreranno, come ottantotto anni fa il "nuestro general" Emiliano Zapata, nella piazza principale di Città del Messico, il Zocalo.

Come si spiega, tutto questo? Ecco una questione che gli storici, gli antropologi e i sociologi, nonché i politici e gli ideologi della sinistra dovrebbero sforzarsi di sbrogliare.

Quelli che si imbarcano sugli aerei, intanto, sono contenti di sapere che lì saranno molti, moltissimi, quelli a cui piace respirare un'aria nuova.


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