LA JORNADA - Giovedì 23 agosto 2001

Come ogni 22 del mese, hanno celebrato una messa in memoria dei morti

A 44 MESI DAL MASSACRO DI ACTEAL CONTINUANO A CHIEDERE GIUSTIZIA

"Ora parlano di cambiamenti, ma noi continuiamo ad essere emarginati ed oppressi"

ELIO HENRIQUEZ - Corrispondente

San Cristóbal de Las Casas, 22 agosto - Oggi sono 44 mesi dal massacro di 45 indigeni tzotziles della comunità di Acteal, che sono stati ricordati dai loro famigliari ed amici con una messa celebrata dal sacerdote gesuita Pedro Arriaga, uno dei parroci del municipio di Chenalhó.

Fin dal mattino presto, circa 500 indigeni di diverse comunità e 30 visitatori stranieri di vari paesi, si sono concentrati ad Acteal per partecipare alla cerimonia, poi, come abitudine ogni 22 del mese, al ballo dopo la messa.

In un comunicato stampa, l'organizzazione civile Las Abejas, alla quale appartenevano le vittime, ha dichiarato che il 22 dicembre 1997 "è una data indimenticabile, ricorderemo sempre i nostri morti, assassinati dai paramilitari addestrati e manipolati dal governo municipale e statale".

Dopo il massacro "abbiamo chiesto al presidente Ernesto Zedillo e all'allora governatore ad interim Roberto Albores Guillén, che fosse fatta giustizia, ma non hanno mai dimostrato di volere la giustizia e non siamo mai stati ascoltati, al contrario, hanno cercato di ingannare la nostra gente ed hanno impedito di riconoscere i veri criminali del massacri".

L'organizzazione ha affermato che ora "si parla di cambiamenti nel nostro paese, ma non vediamo questo cambiamento, perché noi continuiamo a vivere senza che vengano ascoltate le nostre rivendicazioni, continua la discriminazione, l'oppressione e l'emarginazione perché non si vogliono riconosce i nostri diritti come nativi".

Inoltre, ha ribadito il suo disaccordo riguardo all'approvazione delle riforme su diritti e cultura indigeni, poiché i popoli indios "sono rimasi senza riconoscimento" in quanto non si è tenuto conto dell'Iniziativa della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa).

L'organizzazione ha dichiarato che nonostante "nelle comunità continuino ad essere presenti armi e rischi per la nostra gente", 61 famiglie di profughi proseguono i preparativi per ritornare presso i propri luoghi di origine il 28 agosto prossimo.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



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