LA JORNADA - LUNEDÌ 23 APRILE 2001

Andrés Barreda - Analista dell'UNAM

"Il Piano Puebla Panama, un rinnovato progetto porfirista"

MARIA RIVERA E MIREYA CUELLAR

Il Piano Puebla-Panama assomiglia di più ad un progetto porfirista che a una autentica risposta per temperare gli squilibri economici tra il nord e il sud del paese. Dietro il progetto foxista si nasconde l'intenzione di convertire il sudest in una piantagione di prodotti tropicali, la creazione di un muro di contenzione per regolare i flussi migratori mediante la maquila, la privatizzazione dell'acqua e delle fonti di energia e lo sfruttamento della ricchezza più grande della regione, la biodiversità, per i prodotti transgenici.

Da prima della sua presentazione ufficiale, la scommessa più ambiziosa del governo è stata impugnata da alcuni dei suoi presunti beneficiati, tra loro gli zapatisti. "Non ci sarà nessun piano né progetto di nessuno che non tenga conto di noi", è stato il messaggio inviato dal subcomandante Marcos, il 26 febbraio, alla élite riunita in Cancún. L'essere la risposta ufficiale alla povertà del sudest messicano non ha reso il programma più noto né più popolare.

Andrés Barreda avverte che risulta complicato offrire un panorama esatto del piano perché non c'è un documento chiaro, esaustivo, da parte del governo, fatto che perfino Florencio Salazar, coordinatore del Puebla-Panama, ha riconosciuto. Esistono una serie di documenti di riferimento, tra cui Il sud anche esiste, elaborato, tra gli altri, dall'attuale direttore dell'Istituto Messicano della Sicurezza Sociale, Santiago Levy.

Questo lavoro critica lo sviluppo disuguale che ha attualmente il paese e lo attribuisce all'intervento centralista dello stato messicano, che non ha permesso il libero funzionamento delle leggi di mercato. Dato che queste leggi non hanno operato, non si sono fatti vedere i vantaggi comparativi in ogni regione. Questa è la sua spiegazione del perché il sudest è rimasto così tanto arretrato.

L'analisi non presenta problemi - commenta il dottore in geografia economica - il conflitto comincia con le soluzioni proposte per superare questa emarginazione. Quando si dice che devono operare le leggi di mercato, ci si riferisce al mercato internazionale, alla subordinazione del ciclo di riproduzione della forza lavoro agli Stati Uniti. E per esempio, quando il documento dice che il sud dovrebbe svilupparsi sotto certe prospettive, queste sono molto simili alla proposta porfirista di convertire il sudest in una regione di agro-esportazione.

Penalizzazione degli agricoltori

Afferma che negli ultimi sei anni sono stati penalizzati gli agricoltori del centro e del nord del paese, smantellando deliberatamente la produzione di cereali messicani per integrare l'agricoltura al circuito internazionale, dove gli Stati Uniti sono il centro agricolo dell'emisfero. In questo schema, al sudest messicano compete vendere prodotti tropicali - mamey, manioca e banane, tra il resto - e trasformarsi nella serra dei transgenici.

Il professore universitario segnala che la biodiversità è la ricchezza più grande della regione e che ciò spiega l'interesse del gruppo Pulsar, dell'impresario Alfonso Romo, per il Chiapas. La sua corporazione è una delle leader mondiali nell'uso di semi di frutta e verdura modificati geneticamente - sia per far sì che un cetriolo abbia il diametro di un hamburger, sia per incrementare la produzione del mais -, con più di cento uffici in tutto il mondo. Rimanda a Coltivazioni del futuro, un testo in inglese edito dalla stessa ditta, per capire il suo interesse per il sudest. Lì si dice che il Chiapas è una regione "d'origine". I biologi danno questa denominazione ai luoghi dove è possibile trovare specie intermedie delle piante attuali, necessarie per rivitalizzare l'agricoltura mondiale gravemente malata per l'abuso di fertilizzanti e pesticidi. Paradiso per le imprese che manipolano l'ingegneria genetica. Le selve tropicali chiapaneche, le sierre e le vallate - dove coesistono ecosistemi propri del nord degli Stati Uniti e della Amazzonia - sono una fonte di ricchezza che attrae molti.

Inoltre, aggiunge Barreda, questa stessa regione attraversa il cordone di giardini di coralli del pianeta, importanti perché sono nel mare ciò che le selve tropicali sono nella terra per quanto riguarda la biodiversità. E se non fosse sufficiente, la zona concentra il 30 per cento dell'acqua del paese e si prevede che per il processo di desertificazione mondiale vi si concentrerà ancora di più la precipitazione pluviale, fino ad arrivare al 60 per cento nei prossimi anni.

Nonostante il paradosso che è il luogo dove più acqua cade e cadrà, le mappe che presenta il testo di Santiago Levy prevedono l'introduzione di un sistema di irrigazione. "Immagino che sarà per le serre - segnala il ricercatore -, dato che Alfonso Romo sta parlando da quattro anni di installare un migliaio di queste serre per la coltivazione del transgenico". Poi ricorda che le imprese del gruppo Pulsar che funzionano già in Tapachula hanno come il loro massimo successo scientifico la produzione di cetrioli del diametro di una hamburger. "Sicuramente in questo modo Vicente Fox risolverà i problemi della fame", ironizza.

Puntualizza che nel contesto della crisi internazionale dell'acqua, questo elemento è diventato fondamentale, sia per l'agricoltura che per la produzione di energia.

Di fatto il piano include vari progetto, come la diga Boca del Cerro - un sogno della CFE dal 1986-, la cui costruzione implicherebbe l'inondazione di rovine archeologiche e la trasformazione dell'ambiente in una regione prioritaria di conservazione, come quella ubicata in Ocosingo, alla frontiera con il Petén.

Un altro aspetto che è possibile dedurre dal piano, sottolinea il ricercatore dell'UNAM, è la regolazione dei flussi migratori mediante i corridoi di maquila.

"Nel nostro paese abbiamo il flusso migrante più grande del pianeta - ci sono più di 20 milioni di messicani negli Stati Uniti, dieci milioni recenti e un uguale numero di nati là -, mentre il secondo luogo lo occupa la Corea del Sud. Basta vedere la differenza tra il primo e il secondo posto: uno stato della nostra Repubblica, Oaxaca, ha tre milioni di migranti. Siamo in mezzo ad un flusso brutale". Però non sono unicamente messicani quelli che pretendono di arrivare agli Stati Uniti in cerca di migliori prospettive di vita, il territorio è pure transitato da persone di altre nazionalità, soprattutto latini, che lo vedono come una via d'accesso per il vicino paese. Ultimamente perfino cinesi passano di qui". Da lì ecco che un altro dei propositi dei corridoi di maquila è quello di convertirsi in posti di contenimento, fatto che non corrisponde tanto alle necessità del paese, ma agli interessi di terzi paesi.

D'altra parte, spiega il ricercatore, la maquila propizia il distacco dei contadini dalle loro terre trasformandoli in operai. I campi abbandonati permetteranno la ristrutturazione dell'economia del campo per aprire il passo ai progetti di agro-esportazione.

"Il Piano Puebla-Panama non solo implica maquila, l'approffittare di risorse strategiche, ma anche controllo di flussi migratori e del transito interoceanico. Rispetto a quest'ultimo, le previsioni sono che nei prossimi anni il canale di Panama rimarrà superato e sarà necessario aprire vie alternative, soprattutto perché il centro economico mondiale si sta spostando verso l'Asia; in questo modo il mare dell'Indocina e del Caribe si convertiranno nei più transitati del pianeta. E questo sta appena cominciando...".

Lo scenario di un negoziato complesso

È compatibile il piano con gli accordi di San Andrés?

- Il fatto che si approvino gli accordi di San Andrés, anche se non si modifica nemmeno una virgola, li lascia molto lontano da una loro applicazione. Li si può strangolare mediante leggi di regolamento o statali. Appoggiare la legge Cocopa non è niente di definitivo, però con questo negoziato Fox acquisisce più forza, però anche i popoli indios. Stiamo entrando in uno scenario di negoziato più complesso, perché gli accordi danno la possibilità alle comunità di decidere sull'uso e sullo sfruttamento delle risorse naturali delle loro terre.

"Eleverebbero pure il tasso di democrazia, perché il resto dei municipi dirà: 'se queste comunità hanno quei diritti, perché gli altri no'. Tutto il paese reclamerà lo stesso. Lì c'è uno dei conflitti per l'approvazione della legge: rappresenterebbe un precedente per elevare i diritti democratici.

"Però, il piano richiede molti investimenti e non si può mandare avanti se in Oaxaca, Guerrero e Chiapas c'è la guerra. Per dare il via ad un autentico progetto di investimenti, la prima cosa di cui hanno bisogno è di pacificare la regione.

"Gli accordi di San Andrés non frenano necessariamente i corridoi di maquila. Alla meglio alla gente conviene averne uno nella sua terra, sempre e quando gli serva. Ci sono comunità dove la maquila è diventata una specie di autogestione e ciò permette di evitare prostituzione, lavoro infantile o contaminazione.

"La maquila non è neanche il demonio. Se la gente la accetta è una possibilità di lavoro... anche se in condizioni molto difficili. Diciamo che genera una scelta meno inumana di inserirsi nel contesto della globalizzazione".

Riprogrammazione della politica di sviluppo regionale

Uno dei documenti base del Piano Puebla-Panama è Il sud anche esiste, scritto da Santiago Levy, Georgina Kessel e Enrique Dávila. In esso si spiega che la problematica del Chiapas è più ampia, abbracciando tutta la regione sudest del paese, e segnala che per superare la sua arretratezza richiede "una riprogrammazione profonda della politica di sviluppo regionale".

Suggerisce di collocare la regione nel contesto nazionale e risolvere i "problemi strutturali" che hanno impedito lo sviluppo. La sua proposta dice "cambiamenti di fondo delle politiche pubbliche".

Parte dal fatto che le politiche applicate dal governo federale negli ultimi cinque o sei decenni implicitamente hanno rallentato lo sviluppo economico della regione. Perciò si devono stabilire misure che correggano le distorsioni.

Alcuni degli indicatori che offre il documento sono i seguenti: il sudest è costituito dal 24 per cento del territorio e dal 23 per cento della popolazione. Circa il 43 per cento dei suoi abitanti abita in località con meno di 2 mila 500 abitanti, vale a dire, che la maggior parte della sua gente vive in comunità rurali e disperse. La percentuale di alfabetizzazione tra i maggiori di 15 anni è dell'80,8 per cento, contro il 91,7 per cento del resto del paese e il 21 per cento della sua popolazione in età scolare non sa leggere né scrivere.

Il tasso di fecondità è del 3,1 per cento, contro il 2,8 del resto del Messico. La speranza di vita è minore della media, 71,6 per cento contro 78,3 e la mortalità infantile di Oaxaca e Chiapas è il doppio di quella del Distretto Federale. La conclusione è che l'arretratezza sociale è, allo stesso tempo, causa e effetto della sua arretratezza produttiva.

Mette in discussione anche il centralismo delle politiche pubbliche. Per esempio, afferma che Città del Messico ha ricevuto enormi sussidi per i servizi di acqua potabile, drenaggio, fognatura, trasporto urbano e infrastruttura educativa e stradale, il che avrebbe prodotto una maggiore concentrazione.

Parla del bisogno di decentralizzare tanto il sistema ferroviario come quello stradale e dice che una maggiore connessione del sudest con gli Stati Uniti non solo beneficerebbe la regione, ma tutto il paese nel suo insieme. Propone la costruzione di due assi stradali, nel Golfo e nel Pacifico, e di una strada che attraversi l'Istmo, che li unisca (così come è previsto dal piano). Propone anche la modificazione della infrastruttura idroagricola, di cui fino ad oggi ha beneficiato solo il nord del paese. Critica le restrizioni dell'articolo 27, che hanno impedito la proprietà di grandi estensioni di terra, impedendo l'agricoltura in piantagioni di caffè, banana, zucchero, palma africana e legnami.

Tra i cambiamenti, include modificazioni dei prezzi e delle tariffe del settore pubblico, alla proprietà della terra, scorporazioni, deregolazione e modificazioni della politica dei sussidi alla campagna.

Progetto squalificato dallo zapatismo

Il 25 febbraio, 12 giorni prima della presentazione ufficiale del Piano Puebla-Panama, il progetto è stato bocciato dagli zapatisti. In un messaggio che aveva due destinatari - i gruppi della società civile che protestavano contro le politiche stabilite dai governanti riuniti nella cumbre di Cancún e quelli che dicono che non esiste altro modello di sviluppo che il loro -, Marcos ha detto: "noi che siamo il colore di questa terra messicana vogliamo l'autonomia indigeno e la otterremo. Non ci sarà più nessun piano né progetto di nessuno che non tenga conto di noi; né il Piano Puebla-Panama né il mega-progetto transistmico, né niente che significhi la vendita o la distruzione della casa dei indigeni che, non si può dimenticare, è parte della casa di tutti i messicani".

E se fosse rimasto qualche dubbio del perché del suo rifiuto, ha proseguito: "vogliamo l'autonomia indigena, perché è l'unico modo visibile per evitare che questo paese termini a pezzi e svenduto; perché è l'unico modo visibile di salvare il Messico di quelli si propongono di distruggerlo come nazione e pretendono di trasformarlo in un altopiano di nostalgie di ciò che è stato e avrebbe potuto essere".

In Los Pinos non ci sono stati segni di ricevuta. Il 12 marzo, come parte complementare del suo messaggio ai suoi 100 giorni di governo, il presidente Vicente Fox Quesada è stato alla testa dell'avvio del Piano di Sviluppo Puebla-Panama (capitolo Messico). Durante il suo messaggio ha detto che la violenza non era la soluzione alle "enormi e legittime richieste dei popoli del sudest messicano" e che ciò di cui c'era bisogno era di sommare gli sforzi per la pace e per il progresso.

Di fronte ai rappresentanti di tutti i paesi centroamericani, i governatori degli stati del sud-sudest del paese e il direttore della Banca Interamericana di Sviluppo (BID), Enrique Iglesias, il Presidente ha spiegato che il piano renderebbe possibile la creazione di una zona di scambio e cooperazione "a livello di altre che sono state create nel mondo". Ed ha anche parlato dei propositi più ampi del progetto: "che il nostro paese si converta in un ponte tra il Centroamerica e il Trattato di Libero Commercio del Nordamerica", al punto che si possa arrivare a parlare in futuro di una "comunità economica della regione".

Il Presidente ha spiegato i propositi in macro, e al coordinatore del Piano Puebla-Panama, Florencio Salazar Adame, è toccato presentare il capitolo Messico e la loro portata per tutto l'Istmo centroamericano. La sua versione afferma che questo è un piano di sviluppo regionale sostenuto e sostenibile che comprende nove stati, da Puebla a Quintana Roo, che non ha altro fine che attenuare gli squilibri economici tra il nord e il sud del paese.

"C'è un evidente contrasto tra un nord che guarda a Stati Uniti e Canada, moderno, con poche correnti migratorie, con salari, alimentazione, educazione di qualità, e un sud fermo, con forti correnti migratorie, denutrito, con bassi salari, una popolazione a maggioranza indigena, in relazione a quella che esiste nel paese, che non ha potuto collegarsi in modo che realmente siamo una nazione con una crescita economico-sociale omogenea", ha detto nella presentazione del piano in un incontro organizzato da La Jornada e da Casa Lamm.

Con questa iniziativa, ha esposto, si vuole che "si chiuda questo sentiero di disuguaglianza crescente". In riepilogo, il Piano Puebla-Panama si presenta come uno "strumento di riarticolazione nazionale, perché il Messico emerga con maggiore competitività nel processo del commercio globale".

Questa visione del progetto regionale è stata messa in discussione dai due estremi in gioco: indigeni e impresari. Gli zapatisti hanno protestato prima e poi hanno spiegato che il progetto e gli accordi di San Andrés vanno in senso contrario. I padroni del denaro hanno tardato, però anche loro hanno reagito. Il 13 marzo, il Consiglio Coordinatore Imprenditoriale ha pubblicato un documento in cui dice al presidente Vicente Fox Quesada che l'approvazione dell'iniziativa della Cocopa su diritti e cultura indigeni sarebbe la morte del Puebla-Panama.

In un lavoro sull'Istmo di Tehuatepec, pubblicato in La Jornada, Ramón Vera ricordava un frammento degli accordi di San Andrés che fornisce un'altra prospettiva per guardare il piano: "Sono le stesse comunità e i popoli indigeni quelli che devono decidere i loro progetti e i loro programmi di sviluppo. Perciò, si stima pertinente incorporare nelle legislazioni locali e federali i meccanismi idonei che propizino la partecipazione dei popoli indigeni nella programmazione dello sviluppo a tutti i livelli, in modo tale che si programmi prendendo in considerazione le loro aspirazioni, necessità e priorità (documento 2, proposte congiunte)".


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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