il manifesto - 23 Marzo 2001

MESSICO

La "lezione" degli zapatisti all'Unam

MASSIMO MODONESI* - CITTA' DEL MESSICO

La visita della comandancia zapatista alla Unam (Universidad nacional autonoma de México), mercoledì scorso, è stato uno dei momenti più significativi della marcia che ha percorso in quindici giorni dodici stati della repubblica messicana.

Quando l'Ezln ha infine, dopo alcuni tentennamenti, accettato l'invito degli universitari, la risposta di questo enorme ateneo è stata all'altezza della sua fama di trincea dell'intellettualità critica e della mobilitazione studentesca. La manifestazione del 21 marzo, sessantamila persone ad ascoltare il subcomandante Marcos, ha ricordato quella del 1988 in appoggio alla candidatura di Cuauthémoc Cárdenas, quando gli studenti, i docenti e i lavoratori della Unam si schierarono apertamente contro il regime priista (che vide la vittoria presidenziale fraudolenta di Carlos Salinas de Gortari), mandando un messaggio a tutto il paese.

Un rapporto antico

Lo scheletro progressista e le costole radicali dell'università nazionale si sono stretti attorno agli zapatisti, rinfrescando un rapporto iniziato nel 1994, il giorno dopo l'insurrezione: un rapporto di simpatia, appoggio e vera e propria militanza, a seconda dei casi. Un'intera generazione di studenti universitari e di liceo si è politicizzata attorno allo zapatismo, alimentandosi dei suoi principi e del suo linguaggio, partecipando alle carovane, ai plebisciti, alle manifestazioni e a tutte le forme di sostegno che la creatività della gioventù messicana ha generato.

Eppure, al di là del filo-zapatismo degli studenti, la cosiddetta comunità della Unam è attualmente un gran calderone in cui si mescolano gli ingredienti più eterogenei.

Sottoposta all'offensiva privatizzatrice neo-liberista, ha saputo difendere la sua vocazione pubblica e gratuita a costo della frammentazione interna, obiettivo perseguito dalle autorità e ottenuto anche grazie a certi atteggiamenti assunti dentro le fila del movimento.

L'occupazione dell'anno scorso, durata dieci mesi, dopo essere riuscita a sospendere l'applicazione delle prime misure privatiste, è stata interrotta dall'irruzione della polizia e dall'arresto di oltre mille studenti. Il movimento studentesco, che già aveva mostrato le prime grete, si è sfaldato, riducendosi - a livello organizzativo - a quei gruppi estremisti le cui azioni e considerazioni erano state criticate dalla stragrande maggioranza degli osservatori, all'interno e all'esterno della Unam, zapatisti compresi.

Oggi, nella sostanza, le cose non sono cambiate, restano i conti in sospeso e le accuse reciproche tra le diverse correnti di opinione.

La coscienza critica

Eppure, la manifestazione che ha accompagnato l'arrivo dell'Ezln riporta alla luce la coscienza critica e lo spirito libertario della gioventù universitaria e, con essi, la bandiera di tutti: la difesa dell'autonomia culturale e dell'università pubblica e gratuita. Questo,senza perdere di vista l'appoggio alla causa indigena, che è la causa degli esclusi più esclusi, dei poveri più poveri, della difesa della cultura e della dignità dei popoli originari.

Il messaggio zapatista - unire i diversi fronti di resistenza al neo-liberismo - potrebbe avere trovato un punto di partenza ideale proprio nell'incontro tra la lotta per la conquista dell'autonomia indigena e la difesa dell'autonomia universitaria, le cui differenze di fatto passano in secondo piano, se si considera l'autonomia come un principio di articolazione sociale in cui si rispettino la diversità culturali, si assumano come priorità gli interessi popolari, si potenzi la partecipazione delle comunità, si decentrino le decisioni e si valorizzino forme associazionistiche, cooperative, solidali, non lucrative, poste al riparo dalla mercantilizzazione, ecc.

L'alternativa da costruire

Attorno a questo ideale diffuso, che prefigura una alternativa tutta da costruire, in teoria come nella pratica, cominciano a moltiplicarsi gli incontri tra esperienze di diversa origine,come quello che ieri ha illuminato i volti della città universitaria.

Gli zapatisti tornano - forse già oggi - nel Chiapas, da dove combattono la loro battaglia di idee, di principi, di dignità e di ribellione. Ha detto la comandante Esther alla Unam: "Ce ne andiamo, ma non ce ne andiamo, perché restano le nostre parole".

Parole che sono fatti, perché segnano la storia di questo paese, aprono un nuovo scenario politico, si trasformano in comportamenti. Perché le parole sono armi, e gli zapatisti sono un movimento armato.

*Professore di Storia dell'America latina presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell'UNAM di Città del Messico


logo

Indice delle Notizie dal Messico


home