La Jornada, sabato 22 dicembre 2001

ACTEAL, QUATTRO ANNI DOPO NON SI È FATTA ANCORA GIUSTIZIA

JESUS RAMIREZ CUEVAS

Il 22 dicembre del 1997 si è compiuto il massacro più grave nella storia recente del Messico: 21 donne, 15 bambini e 9 uomini furono assassinati a sangue freddo da paramilitari mentre stavano pregando nella comunità di Acteal, municipio di Chenalhó, Chiapas.

Sono trascorsi quattro anni da quel crimine ed i corpi dei 45 tzotziles che persero la vita sono sepolti nello stesso luogo in cui furono massacrati. Sulla tomba comunitaria è stata costruita una chiesa in loro memoria.

Oggi, si aspetta ancora giustizia. Le autorità di giustizia hanno condannato 57 persone, la maggioranza delle quali indigeni, quali autori materiali (ci sono ancora 29 ordini di cattura non eseguiti). La Procura Generale della Repubblica ha escluso la responsabilità diretta di pubblici ufficiali. Attualmente, solo 9 poliziotti statali sono stati condannati (a 3 anni e nove mesi di prigione) per aver favorito la presenza di civili armati e la consumazione del crimine. Sono stati condannati anche tre capi della polizia a otto anni di prigione ed un militare, accusato di aver armato ed addestrato i criminali, a quattro anni e sei mesi di prigione.

Ma il 16 novembre scorso sono stati liberati sei indigeni che, secondo testimoni ed altre prove, avevano partecipato al massacro. Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (CDHFBC) denuncia che "la responsabilità è della Procura Generale per non aver verificato a fondo le prove dell'accusa, provocando così la sfortunata decisione del Potere Giudiziario della Federazione".

Un altro recente affronto alle vittime, è la riabilitazione dell'ex comandante di Pubblica Sicurezza del Chiapas, José Antonio del Carmen Noricumbo, uno degli ufficiali che fornirono le armi ed addestrarono i paramilitari che eseguirono il massacro.

NON SI COLPISCONO I MANDANTI

Gli avvocati del CDHFBC hanno denunciato che esistono elementi che confermano insufficienze e mancanze nel processo per il caso Acteal. "In primo luogo, le ricerche sono state indirizzate agli autori materiali del massacro; i processi penali non coinvolgono i mandanti che hanno armato e coperto i paramilitari, ai quali si deve la responsabilità della delinquenza organizzata, manca la dichiarazione di responsabilità penale di ex funzionari del governo di Julio Cesar Ruiz Fierro".

La procura non ha addebitato alcuna responsabilità penale all'ex governatore del Chiapas, all'ex segretario generale del Governo, Homero Tovilla Cristiani, al sottosegretario del Governo, Urile Jarquin Galvez, all'ex segretario esecutivo del Consiglio Statale della Pubblica Sicurezza, Jorge Enrique Hernandez Aguilar, che ha ottenuto l'immunità dall'ordine di cattura. L'ex direttore della Polizia di Pubblica Sicurezza, José Luis Rodriguez Orozco, e l'ex coordinatore della Pubblica Sicurezza, generale in pensione Jorge Gamboa Solis, per la giustizia sono latitanti.

Come non si è investigato sui possibili mandanti così pure non si è indagato sulle responsabilità delle forze di sicurezza e di spionaggio, citate da molti testimoni. Per esempio, è in sospeso il caso del capitano dell'Esercito, German Parra, che un mese prima del massacro arrestò un gruppo di paramilitari armati ma poi li liberò restituendo loro i fucili R-15.

"Le sentenze sul caso Acteal non sono state soddisfacenti, perché non è stato riconosciuto il crimine di associazione a delinquere che avrebbe permesso di decretare l'esistenza dei gruppi paramilitari", ha dichiarato il CDHFBC.

Al contrario, la PGR ha insistito sulla tesi del "conflitto comunitario" e che gli assassini materiali sono solo "civili armati".

Neppure ai sopravvissuti è stata fatta giustizia. Migliaia di famiglie di Chenalhó, costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa della minaccia e del terrore paramilitare, continuano a vivere da rifugiati interni, mentre i paramilitari continuano con le loro azioni e minacce. In comunità come Canolal, Los Chorros, Yibeljó, per citarne solo alcune, i paramilitari hanno minacciato recentemente di bruciare le case o di uccidere gli indigeni che sono tornati nelle loro comunità.

Nonostante che il governo abbia militarizzato il municipio, i gruppi paramilitari non sono stati disarmati e si è scoperta solo una delle armi usate nel massacro di Acteal. La presenza di oltre duemila soldati nel municipio, suddivisi in 19 accampamenti militari, non garantisce la sicurezza per il ritorno alle proprie comunità di oltre 6 mila e 500 indigeni che vivono negli accampamenti dei rifugiati.

Nel contesto della guerra iniziata nel 1994, all'interno della strategia di controinsurrezione, è stato provato e documentato che l'Esercito Messicano ha aiutato la formazione di gruppi paramilitari per portare avanti una guerra irregolare contro le comunità indigeni ribelli.

IL MASSACRO

Acteal suscitò l'indignazione nazionale ed internazionale perché si trattò di un crimine annunciato e le autorità locali e le forze di sicurezza non fecero nulla per impedirlo, mentre, al contrario, esistono prove che dimostrano che coprirono ed appoggiarono le azioni dei paramilitari.

Acteal è un villaggio tzotzil ubicato al bordo di una strada che collega San Pedro Chenalhó con Pantelhó. Alla fine del 1997 giunsero in questo villaggio 325 persone provenienti dalle vicine località di Quextic e Tzajalucum che cercavano rifugio a causa delle minacce ricevute e dopo che un gruppo di paramilitari di filiazione priista, avevano distrutto le loro case. Una parte di queste persone appartenevano al gruppo Las Abejas ed un'altra parte alle basi di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione nazionale (EZLN).

Nel municipio di Chenlahó, un gruppo di campesinos militanti del PRI, fu organizzato ed addestrato da elementi dell'Esercito Messicano e protetto dalla polizia di Pubblica Sicurezza. Per tutto il 1997 le attività di questi paramilitari andarono aumentando e si venne a creare una situazione di grande tensione e violenza nelle comunità del municipio.

Al governo di allora si chiese di agire con urgenza, ma non fece nulla, nonostante pure le raccomandazioni della Commissione Nazionale dei Diritti Umani per la protezione delle migliaia di indigeni sfollati.

Il 21 dicembre del 1997, il gruppo paramilitare concordò di attaccare Acteal durante una riunione a Pechiquil. È ormai noto che vi parteciparono militanti priisti delle comunità di Los Chorros, Puebla, Chimix, Quextic, Pechiquil e Canolal, tutti del municipio di Chenalhó.

Alcuni testimoni hanno raccontato:

"Già il pomeriggio (di domenica 21 dicembre) era perfettamente pianificato quello che avrebbero fatto. L'accordo era che sarebbero entrati ad Acteal il lunedì per massacrare le persone. I paramilitari diedero l'ordine a tutti i priisti di andarci la mattina dopo una buona colazione e l'obiettivo era di prendersi tutto il caffè che la gente possedeva...".

Il 22 dicembre del 1997, alle 10:30 circa, nella chiesetta cattolica della comunità di Acteal si trovavano circa 250 indigeni che pregavano per la pace. I rifugiati e gli abitanti del posto, sentirono una grande quantità di spari provenienti da varie direzioni e diretti contro di loro. Secondo alcuni testimoni, un gruppo di almeno 60 persone sparava con armi di grosso calibro contro uomini, donne e bambini disarmati. I contadini cercarono di fuggire e nascondersi. Alcuni si diressero verso il torrente che attraversa la comunità ma incontrarono un altro gruppo di paramilitari, alcuni scapparono verso la scuola ed altri si nascosero tra l'erba.

Un testimone racconta: "Le pallottole piovevano come pioggia. Più sotto c'era un posto per nascondersi. Fuggimmo lì e si vedeva la terra che si sollevava colpita dalle pallottole. I bambini gridavano forte e tutti piangevano. Ci sentirono e gli aggressori ci scoprirono. Cominciarono a spararci addosso. Io mi sono salvato perché con mio fratello mi sono gettato in un dirupo".

Secondo i sopravvissuti, il camion della presidenza municipale di Chenalhó, era stato mandato dal sindaco, Jacinto Arias Cruz, per raccogliere gli aggressori e trasportarli ad Acteal.

Quasi tutti gli aggressori vestivano di nero o di blu, come quelli della polizia della Pubblica Sicurezza, ed indossavano paliacate rossi in testa. Gli spari si sono protratti fino alle sei del pomeriggio.

Sono stati assassinate 45 persone: 15 bambini, 21 donne 29 uomini. Ci furono 25 feriti.

La mattina del 22 dicembre, prima che iniziasse il massacro, un gruppo di persone di Acteal si era recato al Centro Fray Bartolomé per denunciare le minacce. Quando raggiunsero la Viceprocura della Giustizia Indigena, i funzionari dissero loro che "il funzionario incaricato era in vacanza" e quindi chiesero loro di ritornare il 28 dicembre.

IL GOVERNO ERA AL CORRENTE FIN DALL'INIZIO DEL MASSACRO

Alle 11 circa della mattina del 22, il Centro Fray Bartolomé ricevette una chiamata da Acteal in cui si informava che c'erano numerosi spari. Gonzalo Ituarte, l'allora segretario tecnico della Commissione nazionale di intermediazione (Conai), si mise in contatto con Homero Tovilla, segretario di governo, per informarlo di quanto stava accadendo ad Acteal e richiedere un suo urgente intervento.

Il funzionario, secondo un verbale della CNDH (racc. 1/98) rispose che avrebbe fatto subito ricerche. Da parte sua, il sottosegretario Uriel Jarquin, dichiarò più tardi alla stampa che: "Alle 11:30 (del 22 dicembre) presi nota e gli notificai che non avevamo alcun rapporto del fatto in quel momento. Informammo immediatamente la polizia di Pubblica Sicurezza distaccata nella località, affinché verificasse i fatti; non riscontrò nessuno scontro, nessuna casa bruciata, nessun problema; ce lo comunicò, noi rinforzammo la vigilanza e restammo a disposizione".

Alle ore 18 Tovilla Cristiani informò la diocesi che la situazione era sotto controllo e che la polizia statale "aveva sentito solo qualche sparo".

Contemporaneamente, Uriel Jarquin, in un'intervista a La Jornada del 23 dicembre, parlò di scontri, mentre i paramilitari stavano attaccando gente disarmata, in maggioranza bambini, donne ed anziani. Inoltre, secondo la racc. 1/98 della CNDH, il Centro di investigazione e Sicurezza nazionale (Cisen) informò Tovilla Cristiani di quanto accaduto prima della chiamata della curia diocesana, il 22 dicembre. Eppure, nessun funzionario fece niente.

Un fatto importante, che mette in evidenza la complicità ufficiale con gli assassini, è che un distaccamento della polizia di Pubblica Sicurezza si trovava nella scuola del villaggio, a 200 metri da dove stava avvenendo il massacro. Quello che resta incredibile è che la sparatoria durò quasi sette ore senza che la polizia intervenisse o avvisasse le autorità.

Alle 11:30 del mattino tre abitanti di Acteal allertarono Roberto Garcia Rivas, comandante della Pubblica Sicurezza, perché era iniziata una fitta sparatoria nella zona in cui si trovavano i rifugiati. Quelli che denunciarono la cosa furono fermati dalla polizia. Inoltre, villaggi vicini ad Acteal come Chimix (a 3 chilometri), Pechiquil (a 4 chilometri) e l'incrocio verso Los Chorros (a 1 chilometro), informarono di aver udito degli spari. Non esiste alcuna spiegazione credibile del fatto che la polizia non avesse potuto sentire gli spari degli aggressori e le grida delle loro vittime.

Effettivi di Pubblica Sicurezza entrarono ad Acteal e vi rimasero fino alle cinque del pomeriggio; cioè, più di sei ore dopo dell'inizio del massacro, più di cinque ore dopo che il segretario tecnico della Conai aveva avvisato le autorità statali di quanto stava accadendo.

Quello che le autorità fecero con efficienza, fu raccogliere i cadaveri prima dell'alba.

Antonio del Carmen López Nuricumbo, comandante della zona Chenalhó della Pubblica Sicurezza (ora riammesso nella polizia statale del governo del Chiapas) dichiaro di fronte alla PGR: "Il dr. Jorge Enrique Hernández Aguilar ci gridava di affrettarci a recuperare i cadaveri prima dell'arrivo dei giornalisti". Secondo la CNDH, anche il sottosegretario di Governo Uriel Jarquín, era presente al recupero dei cadaveri.

Nel suo comunicato del 23 dicembre 1997, l'EZLN dichiarò: "Sulla base di comunicazioni radio del governo del Chiapas (intercettate dall'EZLN), nelle immediate vicinanze di Acteal e mentre si stava consumando il massacro, la polizia di Pubblica Sicurezza dello stato del Chiapas proteggeva gli aggressori e la sera, raccoglieva i cadaveri per occultare la portata del massacro. I signori Homero Tovilla Cristiani e Uriel Jarquín hanno commissionato alla polizia la copertura di questo crimine. Il signor Julio Cesar Ruiz Fierro era continuamente informato sullo sviluppo "dell'operazione" (almeno dalle 12 del 22 dicembre, quando il massacro era in corso da un'ora).

Approvato dai governi federale e statale, l'attacco fu pianificato il 21 dicembre durante una riunione di paramilitari (capeggiata dal signor Jacinto Arias, presidente municipale priista) delle comunità di Los Chorros, Puebla, La Esperanza e Quextic, tutte nel municipio di Chenalhó".

La CNDH raccolse le dichiarazioni dei principali funzionari del governo statale.

Molte prove hanno provato responsabilità penale e/o amministrativa a carico dei seguenti funzionari: Homero Tovilla Cristiani, segretario di Governo; Marco Antonio Besares Escobar, procuratore di Giustizia dello Stato; Jorge Enrique Hernández Aguilar, segretario esecutivo del Consiglio Statale di Pubblica Sicurezza; Antonio Pérez Hernández, segretario per l'Attenzione alle Popolazioni Indigene; Uriel Jarquín Gálvez, sottosegretario generale di Governo; Ramiro Sánchez Vega, viceprocuratore delle indagini preliminari; David Hernández, viceprocuratore della Giustizia Indigena, della Procura Generale di Giustizia dello Stato; Jorge Gamboa Solís, coordinatore generale della polizia dello Stato; José Luis Rodríguez Orozco, direttore generale della Pubblica Sicurezza dello Stato; il comandante Roberto García Rivas; il generale di brigata in congedo Julio César Santiago Díaz, capo dei consulenti del Coordinamento di Pubblica Sicurezza dello Stato; primo ufficiale di Pubblica Sicurezza dello Stato, comandante Antonio López Nuricumbo; secondo ufficiale di polizia di Pubblica Sicurezza dello Stato, Roberto Martín Méndez, responsabile della base operativa di Pubblica Sicurezza di Majomut il giorno dei fatti; secondo ufficiale Iturbide Rincón Luna, comandante della base operativa di Pubblica Sicurezza a Chimix; ufficiale Jorge Zavaleta Urbina, comandante della regione di San Cristóbal de Las Casas per la Pubblica Sicurezza; comandante della Polizia Giudiziaria dello Stato Alvarado Gutiérrez, con distaccamento a Chenalhó; Marco Antonio Jiménez Espinosa, agente del Ministero Pubblico del foro comume ascritto alla Viceprocura di Giustizia Indigena.

La CNDH ha reso pubblica la sua raccomandazione il 7 gennaio 1998, lo stesso giorno in cui il signor Julio Cesar Ruiz Fierro chiese una licenza a tempo indeterminato da governatore del Chiapas. Tutti i funzionari denunciati si ritirarono dai loro incarichi lo stesso giorno. Eppure, fino ad oggi, sono apparsi davanti alla giustizia solo il generale di brigata in congedo Julio César Santiago Díaz, David Gómez Hernández, Roberto Martín Méndez Gómez, Roberto García Rivas e Jacinto Arias Cruz, ex presidente municipale di Chenalhó.

I governi statale e federale hanno sviato i fatti ed hanno cercato di presentare il massacro come un conflitto tra indigeni. Ma esistono molte prove che quanto accaduto ad Acteal era parte di una campagna di controinsurrezione, secondo i manuali della guerra irregolare.

Fino a che lo Stato non si assumerà le proprie responsabilità sui fatti, non porterà a giudizio i mandanti e non vengano disarmati i gruppi paramilitari, la giustizia continuerà a rimanere in sospeso.


(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)



logo

Indice delle Notizie dal Messico


home