LA JORNADA - SABADO 21 APRILE 2001

Prima, comunità costruita grazie alla cooperazione; oggi, villaggio fantasma

Guadalupe Tepeyac: un male che è durato 6 anni

Vázquez Mota ha ricevuto una costruzione a 2 piani, che sarà un centro di sviluppo

LUIS HERNANDEZ NAVARRO - INVIATO

Guadalupe Tepeyac, chis., 20 aprile - Quando l'ultima partenza di soldati a bordo di 30 veicoli ha lasciato l'antica base militare di Guadalupe Tepeyac, quindici minuti prima delle cinque della mattina di oggi, venerdì 20 aprile, erano trascorsi sei anni, due mesi, dieci giorni, cinque ore e quindici minuti dall'inizio dell'occupazione militare della località alla sua ritirata. Anni, mesi, giorni, ore e minuti nei quali una comunità costituitasi sulla base della cooperazione e della solidarietà si era trasformata in un villaggio fantasma.

Un giorno prima, giovedì 19 aprile 2001, il generale Prado aveva consegnato "le installazioni militari per l'addestramento di distaccamenti dell'Esercito e della Forza Aerea messicani e per lo sviluppo di attività militari", a Josefina Vázquez Mota, titolare della Segreteria di Sviluppo Sociale. Dal 16 marzo del 2001, per decreto ufficiale del presidente Fox, le installazioni si sono trasformate in centri per lo sviluppo delle comunità indigene.

Il 19 aprile, uniti, militari e funzionari del governo federale hanno dedicato la giornata a visitare le installazioni ed il terreno. La segretaria ha ricevuto una costruzione a due piani, senza mobili, dipinta in gran parte al suo esterno di colore verde militare, a cui si era data, parzialmente, una frettolosa mano di pittura bianca.

Terminato il percorso, senza documenti né firme di mezzo, il generale si è ritirato con alcuni dei suoi uomini. Il resto dei soldati lo hanno seguito all'alba del giorno seguente. La comunità continuava ad essere un villaggio deserto: i suoi abitanti continuavano a non occupare le loro case e le loro terre. Tale e quale come dal 10 febbraio del 1995.

L'occupazione militare

Mancavano 15 minuti alle 10 della mattina del 10 febbraio del 1995 quando si è sentito il suono dei primi elicotteri dell'Esercito che sorvolavano Guadalupe Tepeyac. Prima sono stati quattro, poi 20. Nessuno di loro atterrò in quel momento.

Gli anziani, le donne e i bambini si ripararono allora nell'ospedale. Lì c'era una delegazione della Croce Rossa Internazionale, con Katherine Hansen.

Molti degli uomini del villaggio si erano già nascosti nella selva dalle nove della notte del giorno precedente, dopo aver ascoltato il presidente Zedillo dire nel suo messaggio Un passo verso la pace definitiva in Chiapas: "Oggi stesso si sono spiccati i mandati d'arresto contro le seguenti persone: Rafael Sebastián Guillén (alias) Marcos...". Sapevano che ciò significava la guerra. I loro ordini erano di ripiegare.

Molto presto, per la strada che parte da Las Margaritas in direzione del centro delle operazioni zapatiste, arrivarono quel giorno circa 2 mila 500 soldati, con 100 veicoli blindati e muniti di artiglieria, con l'appoggio di elicotteri e aerei.

Alle 10 della mattina sono arrivati a Guadalupe Tepeyac i primi soldati. Due ore dopo, è arrivato il generale Ramón Arrieta Hurtado, capo del Reparto dei Paracadutisti e responsabile dell'operazione. Trovò un villaggio desolato, con una parte dei suoi abitanti rifugiati nell'ospedale. Andò lì.

Dentro la clinica, il generale Arrieta parlò agli abitanti. Disse loro come si chiamava. Insistette ribadendo che erano tutti messicani, che non avevano di che preoccuparsi e che stava lì per aiutarli. "Vi do la mia parola d'onore - ha affermato - come soldato e come messicano, che tutti saranno rispettati e che nessuno sotto i miei ordini realizzerà arresti arbitrari né forzerà l'entrata nella casa di nessuno". Chiese loro di tornare nelle case.

Nessuno si mosse.

Quaranta minuti dopo tornò con un équipe di giornalisti con video e macchine fotografiche, accompagnati da soldati con il volto dipinto di nero che praticamente forzarono l'entrata dell'ospedale. Ha insistito che ritornassero alle loro case.

La gente ha detto loro che senza l'Esercito stavano bene.

La rappresentante della Croce Rossa Internazionale si occupò della partenza della popolazione. Più avanti, rispettando il principio della neutralità, l'istituzione si ritirò dal luogo. I militari l'avrebbero responsabilizzata dell'inizio del nuovo esodo tojolabal.

Il 12 febbraio, spiegando il suo modo di procedere, il generale Ramón Arrieta disse al giornalista Alonso Urrutia: "è la guerra". Lì c'era anche Jaime Coutiño, agente del Ministero Pubblico responsabile delle investigazioni e dell'arresto di Marcos. Secondo il procuratore panista Antonio Lozano Gracia l'Esercito era solo un coadiuvante della Procura Generale della Repubblica.

Cinque anni dopo, il presidente Zedillo cercò di "legalizzare" questa occupazione delle terre ejidali. il 23 febbraio fece pubblicare il decreto di espropriazione di quasi 66 ettari dell'ejido a favore della Sedena nella Gazzetta Ufficiale della Federazione.

Addio alle armi

Questo 20 aprile, in una cerimonia austera di fronte a componenti della Cocopa e invitati dei mezzi di comunicazione nazionali, senza le tradizionali folle plaudenti degli atti priisti, con la comunità assente, Josefina Vázquez ha assicurato: "in questo momento invito coloro che se ne sono andati a tornare ai loro focolari perché uniti costruiamo le vie affinché queste terre siano produttive".

Più avanti, Pablo Salazar, governatore del Chiapas, avrebbe abbordato questa stessa idea: "spero che presto torniamo a vedere le case, che sono state vuote per sette anni in questo villaggio fantasma, un'altra volta occupate dai loro padroni originari. Loro, gli unici padroni".

Alcuni momenti prima, il commissario per la pace, Luis H. Alvarez, l'inviato dell'EZLN Fernando Yáñez, Rodolfo Elizondo, la segretaria di Sviluppo Sociale e componenti della Cocopa, avevano percorso le antiche installazioni militari. Terminando l'ispezione si erano riuniti in una stanza per cercare di convincere l'architetto Yáñez a cambiare il programma convenuto prima, al fine che non ascoltasse solo l'intervento del commissario ma che rimanesse durante tutta la conferenza stampa. Pablo Salazar affossò la discussione domandando quale fosse l'accordo preventivo e opinando che doveva essere rispettato.

Luis H. Alvarez fu il primo oratore dell'atto. Parlò del ritiro dell'Esercito dalle sette posizioni militari, segnalando che il governo federale avanzava nel rispetto dei segnali sollecitati dall'EZLN per la ripresa del dialogo, e che era chiara la volontà delle parti di rispettare l'impegno di fronte alla nazione per giungere ad una pace giusta, degna e autentica.

Concludendo, Rodolfo Elizondo spiegò che Fernando Yáñez si ritirava in quel momento. Una nuvola di giornalisti inseguì fino alla sua camionetta l'inviato zapatista, mentre la titolare della Sedeso pronunciava il suo discorso. Cominciò dicendo: "siamo qui per l'impegno del presidente Vicente Fox con la pace". Terminò affermando, con un linguaggio da ONG: "ricostruiamo il tessuto sociale!".

Il coordinatore di turno della Cocopa Félix Castellanos, Xóchitl Gálvez e Pablo Salazar presero la parola successivamente. Il deputato del PT annunciò azioni ferme per arrivare alla liberazione dei detenuti politici e di coscienza e annunciò che la commissione legislativa sarebbe andata la prossima settimana a Tabasco e Querétaro.

"I miei genitori mi dicevano che uno deve morire dove si è interrato l'ombelico", ha assicurato Xóchitl Gálvez, per poi segnalare che era proprio contenta che gli abitanti di questa comunità potessero ritornare alle loro case, e quindi insistere che il nuovo governo doveva guadagnarsi la fiducia della gente.

Il governatore dello stato cominciò il suo intervento lamentandosi della "maledetta violenza che per decenni si è installata in Chiapas" e che aveva appena visitato una comunità di Venustiano Carranza. Disse che Guadalupe Tepeyac era il gioiello di maggiore valore per le parti durante il negoziato: "Guadalupe Tepeyac è un simbolo. Ha un posto speciale nella storia costruita in questi sette anni. Porta di ingresso o di uscita della selva. Cuore politico per gli indigeni zapatisti nel 1994. Punto d'incontro di iniziative con la società civile (...) Adesso, un'altra volta, Guadalupe Tepeyac va a segnare la direzione del conflitto".

L'esodo

Più di 43 anni fa l'ejido Guadalupe Tepeyac si fondò ufficialmente come parte del municipio di Las Margaritas. Gli zapatisti lo ribattezzarono nel dicembre 1994, San Pedro Michoacán. Il 1° marzo del 1957, mediante una risoluzione presidenziale di Adolfo Ruiz Cortines, si dotò il nucleo agrario di una superficie di mille 400 ettari. Nel 1968 si concesse un primo ampliamento e nel 1996 un secondo. I suoi abitanti originari, che si sono presentati al mondo durante il rilascio del generale Absalón Castellanos Domínguez nel 1994, come la maggioranza dei abitanti di Las Cañadas, erano emigranti che cercavano di colonizzare la selva. Il loro arrivo era stato un autentico esodo. Il 10 febbraio del 1995 ne iniziavano uno nuovo.

Quella notte la gente salì in montagna al buio, con poche lanterne. Nel gruppo c'erano circa 80 anziani. Faceva freddo, non mangiavano niente. La gente ha iniziato ad ammalarsi. Alla seconda notte ci sono stati tre parti. Il terzo giorno sono arrivati ad un villaggio dove li accolsero bene. Però, alla fine erano tanto poveri come loro, e così rimasero lì solo quattro giorni. Se ne andarono di nuovo camminando. Fino a che la solidarietà dei loro concesse loro un tetto e una terra per resistere su altre terre.

Hanno perso casa, strumenti di lavoro, bestiame, vestiti, utensili da cucina. Lasciarono circa dieci sacchi di caffè per famiglia e il resto del raccolto ancora lì.

Intanto, un messaggio radio che veniva trasmesso ogni ora annunciava: l'Esercito viene a portare la pace, non la guerra, e sta in Chiapas perché tutti ritornino alle loro case, "quelli che se ne sono andati prima e quelli che se sono andati oggi, soffrono in montagna perché non dicono loro la verità".

Nonostante ciò Guadalupe Tepeyac rimase deserto. Rodolfo Elizondo, che era allora componente della Commissione Legislativa, dichiarò il 17 febbraio del 1995, dopo una visita alle comunità della selva: "è molto triste vedere gli abitati che abbiamo visitato, particolarmente Guadalupe Tepeyac, desolati, senza attività di nessun tipo, in cui la popolazione è stata obbligata a ritirarsi nella selva".

Un altro membro di quella commissione, l'attuale governatore del Chiapas, Pablo Salazar, disse: "di notte arrivano dalla Selva i pianti dei bambini e delle donne nascosti. Questo non è un giudizio di valore della commissione, è qualcosa che ci duole e ci ferisce".

Heberto Castello, anche lui del gruppo dei parlamentari, dichiarò: "Siamo desolati, come Guadalupe Tepeyac. Il fatto di arrivare ad un villaggio fantasma e vedere il terrore. È disperante che se ne siano andati e rivela che finché sta qui l'Esercito Messicano, loro (la popolazione) non ritorneranno".

Ha avuto ragione Heberto: gli abitanti di Guadalupe Tepeyac continuano a non tornare al loro villaggio.

Dalla navata al centro

Qualcosa deve avere di speciale Guadalupe Tepeyac se si è convertita in punto d'incontro tra le comunità indigene e la società civile. Lì edificó e inauguró Carlos Salinas, circondato da centinaia di zapatisti vestiti da contadini, un ospedale per cercare di frenare la sollevazione armata. Lì si elevò nel luglio del 1994, in 28 giorni e con un costo di 60 mila pesos di quelli prima della svalutazione, quella nave dipinta con i colori della speranza che fu il primo Aguascalientes. Lì pure la Sedeso vuole fare adesso, secondo la sua titolare, "spazi per lo sviluppo umano, economico e sociale" in cui "i gruppi organizzati della società civile saranno benvenuti a collaborare in accordo con le decisioni" delle comunità.

Guadalupe Tepeyac fu il luogo in cui circa 6 mila delegati di quasi tutti gli angoli del paese realizzarono nell'agosto del 1994 la Convenzione Nazionale Democratica, una scommessa per transitare alla democrazia e aprire sentieri alla pace. Lì c'è stato Carlos Payán, che tra il 1997 e il 2000 prese parte alla Cocopa e questo 20 aprile testimoniò l'uscita dell'Esercito dalla comunità al fianco di molti altri giornalisti.

Come simbolo di questo incontro tra lo zapatismo armato e la società organizzata pacifica rimase l'Aguascalientes. Dotato di una biblioteca con opere come La commedia umana di Balzac e I Dialoghi di Platone, un centro di computer, palchi, panche, focolari e strutture in legno che, visti dal cielo, tracciavano una spirale, fu velocemente distrutto dalle forze armate.

Il 23 e il 24 febbraio del 1995 decine di soldati sotto il comando del generale Guillermo Martínez Nolasco demolirono l'edificazione. L'agente del Ministero Pubblico José Luis Cossío Flores presentò un inventario degli oggetti raccolti al fine che "coloro che li vogliano reclamare passino e comprovino che sono suoi perché possiamo restituirli". In questo stesso luogo si elevò una base militare.

Però non c'è male che duri cento anni. Questo solo è arrivato a sei. Il 26 marzo del 2001 La Gazzetta Ufficiale della Federazione ha pubblicato il decreto presidenziale che smantella la base militare costruita su terre espropriate all'ejido, considerando: "Che come parte delle azioni per arrivare alla soluzione del conflitto, ho determinato di trasformare le installazioni militari di 'Guadalupe Tepeyac' e 'Río Euseba', in Centri dai quali le comunità, con l'appoggio dello stato e delle istituzioni della società civile, portino avanti le azioni integrali conducenti allo sviluppo sociale...".

Il futuro del centro è un enigma. Concepito come parte di una strategia di distensione, si scontra col fatto che è nato da una decisione governativa non consultata con la comunità e si trova su terre che sono state portate via senza il suo consenso. L'assenza degli abitanti di Guadalupe Tepeyac nella cerimonia del 20 di marzo parla da sola, il reiterato riferimento dei funzionari a questo vuoto, anche.

Il fatto semplice e chiaro è che l'Esercito si è ritirato da Guadalupe Tepeyac e dagli altri sei punti richiesti dall'EZLN come una delle sue condizioni per ristabilire il dialogo. Il significato simbolico di questo risultato nel morale delle comunità zapatiste si può immaginare facilmente. La loro resistenza e dignità ha dato frutti.

Durante la Convenzione Nazionale Democratica, Marcos ha affermato il 6 agosto del 1994, a proposito dell'Aguascalientes: "Questa nave ha percorso mari di tutti i tipi e di tutte le condizioni, la sua velatura è stata accarezzata da venti di origini diverse, è naufragata su tutte le isole e il suo minaccioso emblema ha conquistato tutti i porti. Perché dovrebbe preoccuparci questo uragano del sud?".

Questa nave, in effetti, ha conquistato questo 20 marzo un nuovo porto: uno dove la pace è un poco più vicina di prima.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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