El Universal - Mercoledì 18 aprile 2001

Tepeyac, tra rovina e abbandono

Le erbacce ricoprono i luoghi che una volta sono stati case, centri d'educazione e di svago

Fredy Martín Pérez/corrispondente

GUADALUPE TEPEYAC, Chis. Non c'è casa né via libera dall'erbaccia. Tutto il villaggio è stato invaso da quelle piante, che servono per alimentare il bestiame. I cortili, le cucine, le entrate delle case sono coperte di zacate, di questa erba che cresce nei poderi. Molte delle case costruite con "Solidaridad" hanno già compiuto più di sei anni senza abitanti.

Alle casette coi tetti di lamina di zinco di Guadalupe Tepeyac mancano le finestre, le porte e, a molte, pure le pareti. Alcune cucine sono in piedi, però scoperte. La scuola primaria non ha più i banchi e la lavagna è stata rovinata dall'umidità. Pure Il campo da pallavolo è accerchiato dall'erbaccia. Neanche la casa ejidal ha porte e finestre. Le tavole che servivano da pareti sono state portate via. Non ne resta neppure l'idea.

L'edificio del Centro di Sviluppo Comunitario ha le finestre rotte. I mobili, che erano utilizzati per la preparazione del pane e dove mangiavano i bambini, sono stati fatti a pezzi. Vicino al forno ci sono delle pentole ossidate. Lo spaccio Diconsa non ha porte né finestre. E lo stesso vale per le case che vendevano di tanto in tanto i prodotti di base.

Dentro ad altre case si possono ancora vedere per terra atti di nascita, documenti, pagelle, quaderni, vestiti malridotti, cucchiai, sgranatrici ossidate, borse, medicine, cappelli, bottiglie...

I "tepeyaqueri", come sono noti gli abitanti di questa località, sono arrivati nel decennio degli anni '30. Molti venivano da fincas vicine come la Petema, di "Antonio Villatoro", un amico del ex-governatore Roberto Albores Guillén. Altri da comunità vicine a Las Margaritas e Comitán. Nel 1957, due anni prima dell'arrivo del vescovo Samuel Ruiz García in Chiapas, un gruppo di 27 famiglie aveva chiesto alla Segreteria della Riforma Agraria (SRA) che li dotasse di mille 400 ettari. "Mancava terra ai giovani che si erano sposati".

La soluzione ci fu nell'aprile del 1968, però il governo federale diede 2 mila 266 ettari in più a un gruppo di 34 richiedenti. L'ultima assegnazione di terre per l'ejido fu nel 1997, quando la SRA diede a 39 contadini 491 ettari. Così, la comunità conta adesso 3 mila 66 ettari, dei quali 65 sono stati espropriati lo scorso 26 marzo dal presidente Vicente Fox, per avviare i centri di attenzione sociale per lo sviluppo delle comunità indigene.

A più di sei anni dalla loro fuga, le circa 100 famiglie sperano di ritornare una volta che l'Esercito abbia abbandonato le posizioni che ha occupato qui. Una molto vicino al villaggio, nel lato nord ovest, e l'altra che fu il primo "Aguascalientes" dell'EZLN, nella parte orientale.

Lo scorso 5 aprile, il "subcomandante Marcos" ha chiesto alla "società civile" nazionale e internazionale il suo aiuto, per riuscire a proteggere il ritorno dei profughi che avevano lasciato le loro case il 10 febbraio 1995.

La Segreteria di Sviluppo Sociale (Sedeso) ha già previsto un piano per riparare le case che si trovano in cattivo stato. Il progetto si estende anche ad altri edifici come la scuola primaria e la casa ejidale: si ripareranno le tubature e si ristabilirà la corrente elettrica.

Una squadra di lavoratori era arrivata nei giorni passati per tagliare l'erbaccia, però un gruppo di gente del posto le ha impedito di lavorare. Il ritorno dei "tepeyaqueri" è questione di giorni. Ieri, un gruppo di stranieri dell'organizzazione Global Exchange ha installato un accampamento, per ricevere gli abitanti che lasciarono le loro case sei anni fa.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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