Proceso - 11 novembre 2001

Testimonianze della guerra sporca

"Tutta questa gente l'hanno ammazzata i militari..."

Raúl Monge

In quel periodo il governo non chiedeva spiegazione di niente, ma arrivava e diceva: 'tu appartieni al gruppo di Lucio Cabañas', e andiamo. Io sono stato profugo per cinque anni, dal 1975 al 1979, per la stessa causa di Lucio. Il governo è stato molto arbitrario qui in questa zona - nella sierra del Guerrero -, abusava molto dei diritti delle persone, dei loro diritti individuali, però che abbiamo potuto farci, non abbiamo potuto fare niente".

Con testimonianze come quella di Manuel Juárez Zamora, uno dei sopravvissuti della repressione nello stato del Guerrero fra il 1970 e l'80, la Commissione Nazionale di Diritti Umani (CNDH) ha potuto documentare in buona misura gli eccessi commessi allora da poliziotti e militari.

Raccolte in documenti ufficiali, negli archivi di polizia e con prove periziali, le dichiarazioni delle vittime, dei loro familiari e dei testimoni hanno permesso all'istituzione di vegliare sulle garanzie individuali dei messicani, di imboccare nuove piste, di ricomporre i pezzi e di armare alla fine il rompicapo della guerra sporca.

Qui di seguito si presentano gli estratti di due delle centinaia di interrogatori che sono stati effettuati, in agosto, da osservatori della Quarta Sezione della CNDH in diverse comunità dei monti del Guerrero, dove, di sicuro, si è registrata la maggior quantità di presunte sparizioni, poco più di 300 su un totale di 532.

Caso Manuel Juárez Zamora

- Sa lei se qualcuna delle persone che, allora, si sono portati via i militari è ritornato?

- No, nessuna. Bene, l'unico che è ritornato, che era stato sequestrato dai militari, è stato lo suocero di mio figlio, il signor Silvestre; lui ha racconto il fatto, lui sì l'ha potuto fare.

- Qual è il nome completo del signor Silvestre?

- Silvestre Villa Flores; lui sì può testimoniare perché è stato arrestato e lì ha visto i ragazzi, vari, che sono scomparsi; lui ha raccontato come li hanno torturati perché a lui è toccato vedere.

- Quando venivano i militari picchiavano la gente?

- Chi fermavano sì, però non li picchiavano davanti a noi.

- Davanti a voi?

- Molte volte li picchiavano perché non volevano dire che appartenevano ai gruppi della guerriglia di Lucio Cabañas; volevano che con la forza dicessero che andavano con la guerriglia e che avevano visto i guerriglieri, quando non era così.

Perseguitato politico negli anni settanta per la sua presunta partecipazione al gruppo di Cabañas - i cui resti sono adesso reclamati dai suoi familiari Pablo, David e Conrado Cabañas Barrientos -, Juárez Zamora ha dovuto fuggire dalla sua terra natale e rifugiarsi in Celaya, Guanajuato. Dopo cinque anni di esilio, un parente gli ha consigliato di accettare l'amnistia decretata dal governo federale nel 1979 ed è così che è ritornato in Guerrero.

- Di che l'accusavano?

- Di appartenere al gruppo di Lucio Cabañas, di essere al suo servizio, che gli davamo aiuto rispetto all'alimentazione ed altre cose; che portavamo armi di quel movimento, e volevano che uno mostrasse le armi anche se non le aveva.

- Sono sparite molte persone di qui?

- Sì, molte.

- Dove si sono portati questa gente?

- Veda, non lo sappiamo. La famiglia li ha cercati da tutte parti, nel Campo Militare Numero Uno e in altre carceri dei militari.

Nella sua testimonianza, Juárez Zamora ha raccontato anche come elementi dell'Esercito concentrassero gli abitanti e dopo li facessero salire su elicotteri. "Il governo arrivava al villaggio e riuniva tutta la gente e dopo che erano tutti lì, segnalavano chi si portavano via: potevano essere cinque, sei o 10. Da lì, li facevano salire su un elicottero e poi non li vedevamo più".

- Qualche volta avete visto di che colore era l'elicottero o com'era?

- Guardi, il colonnello che è stato in quei tempi al fronte si chiamava Héctor Cazanes e il segretario della Difesa era Hermenegildo Cuenca Díaz.

- Come è stato che si è reso conto che la gente era in Messico, nel Campo Militare Numero Uno?

- Loro dicevano che tutti quelli che si portavano via li mandavano al Campo Militare Numero Uno; l'incaricato della caserma era quello che ce lo diceva.

- Lucio non lo ha mai mandato a chiamare?

- Non abbiamo mai chiacchierato insieme, non l'ho mai conosciuto.

- Dentro alla guerriglia, lei ha conosciuto qualcuno?

- Sì, molti che andavano nel movimento sì li ho conosciuti.

- Come ad esempio chi?

- Questa gente che hanno ammazzato i militari.

- Quando li hanno ammazzati?

- Nel periodo in cui fu arrestato e ammazzato Lucio Cabañas, nel 1974. In tutti i luoghi dove hanno combattuto lì sono stati ammazzati.

- Che è successo dei corpi di quelle persone?

- Nessuno è stato consegnato.

- Sapete che è successo dei corpi o si dice qualcosa?

- Nessuno ne ha saputo più niente, neanche dove li hanno sepolti. L'unico di cui abbiamo saputo è quello di Lucio Cabañas.

- Dove è stato sepolto Lucio?

- Nel cimitero municipale di Atoyac.

- E come sapete che era lui?

- Perché hanno detto che lì volevano sotterrare il cadavere di Lucio, però nessuno l'ha visto, capito?

- E qualcuno lo ha riconosciuto?

- Il presidente municipale (Silvestre Hernández Fierro).

Caso Silvestre Villa Flores

Sulla base di questa dichiarazione, gli osservatori della Quarta Sezione della CNDH, Epigmenio Mendieta Valdés, Jesús Bustos Ángeles, Rogelio Meza Becerra, Alma Rosa Montoya Vega, Ana Paula Iglesias e Virginia Martínez Guzmán, hanno cercato di localizzare Silvestre Villa Flores, con cui sono riusciti ad incontrarsi lo scorso 18 agosto.

Nativo di Tikui, municipio di Atoyac, Villa Flores ha commentato che lui, a livello personale, non ha conosciuto Lucio Cabañas, però si ricorda che, prima che si generasse il movimento armato in questa regione, Lucio era stato visto in varie occasioni in Mexcaltepec e Agua Fría, dove soleva andare accompagnato da un gruppo di alunni. Lì, ha detto, andava con i bambini per mandare avanti delle pratiche scolastiche e per partecipare a concorsi. "Era molto attivo".

Nei documenti salta fuori chiaramente come l'Esercito alterò la vita nella regione quando si lanciò dietro a Cabañas. Secondo Villa Flores, gli abitanti del luogo dovevano chiedere il nullaosta ai soldati per uscire di casa per lavorare la terra o per portare al pascolo gli animali. "E dovevamo ritornare in tre ore".

Nonostante avesse dato alloggio ai militari in casa sua, Silvestre Villa non si salvò dai maltrattamenti. Accusato di "aver regalato al movimento sovversivo una mucca", fu arrestato e rinchiuso in una prigione militare.

- Se lei non si dichiara colpevole, la portiamo via - gli ha detto un ufficiale dell'Esercito, di cui non ricorda il nome in questo momento.

- Ma io non ho niente, mio capitano, non ho niente da dire.

Ad un suo ordine, due soldati si sono avvicinati a Silvestre, lo hanno bendato, gli hanno legato le mani e l'hanno fatto salire su un elicottero. Quando l'elicottero è sceso, un ufficiale gli si è avvicinato e gli ha detto all'orecchio: "A lei lo echaron di candil".

Nella sua reclusione, Villa Flores identificò varie persone del villaggio di Rio Chiquito, tra le quali Carmelo (Balbuena) e Zenón (Zamora Hernández), i cui nomi figurano nell'elenco dei desaparecidos nel 1974.

- Che avete fatto mentre eravate arrestati?

- Niente, assolutamente niente. Rimanevamo lì seduti.

- Vi hanno picchiato mentre eravate lì?

- Me non mi hanno mai picchiato.

Il peggio che gli hanno fatto durante la prigionia, secondo quanto ha raccontato, è stato un "pugno" nello stomaco che lo fece cadere di schiena sul pavimento.

Quando gli osservatori della CNDH gli hanno domandato se conosceva Alberto Almogabar Ríos, sparito nel 1974, ha detto che con difficoltà poteva identificare i suoi compagni detenuti perché tutto il tempo li hanno tenuti con gli occhi bendati.

"Sapevo degli altri perché sentivo le loro voci. Passavano in rivista alle sei del pomeriggio; usciva un turno di vigilanza e ci gridavano: 'qui c'è la lista ragazzi".

- Quanti nomi c'erano?

- A volte erano 60, a volte erano 80 e a volte 40. Sono stato lì un mese.

- E che mangiavate?

- Guardi, ci davano da mangiare atole, tortilla, bolillo, fagioli e minestra, ce ne davano tre volte al giorno di atole.

- Durante il periodo dell'arresto, ha sentito lei che i militari torturassero, picchiassero, gli arrestati?

- No, non ho mai visto che avessero picchiato nessuno perché ero bendato, allora io lì mi sono messo insieme a mio fratello Marcelino.

- Come? Me lo spieghi?

- Dato che io stavo seduto quando sono arrivati con lui ed io gli vedevo solamente i piedi; l'ho riconosciuto perché è peloso, ho visto che l'avevano portato e l'avevano fatto sedere dove stavo io e allora gli altri hanno iniziato a parlargli e io ho riconosciuto la sua voce e ho detto: caramba, è mio fratello. Allora gli ho detto: "Bene, Marcelino, tonto, ti avevo detto di non venire ad Atoyac ed è stata invece proprio la prima cosa che hai fatto".

Al termine di un mese di carcere, Silvestre fu liberato grazie alle pratiche fatte dai suoi familiari, però non è stato così per suo fratello Marcelino.

- Durante il periodo in cui è stato arrestato nella colonia Mártires, ha sentito se sparavano a qualcuno?

- Sì, sparavano tutta la notte. Arrivava una camionetta o un'auto, non so, suonava il claxon e muggiva come una vacca, muggiva nella notte. Da che siamo arrivati, dalla prima notte, abbiamo sentito spari da tutti le parti, però non siamo mai riusciti a vedere come portavano via i cadaveri.

Nella sua relazione finale sull'inchiesta su 532 casi di presunta sparizione accaduti nella guerra sporca, la CNDH ha documentato almeno 200 esecuzioni, in buona parte commesse, proprio, nello stato del Guerrero.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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