11 Marzo 2001

L'ultima meta

EDUARDO GALEANO

Anno 1915, anno 2001: Emiliano Zapata entra a Città del Messico per la seconda volta.

Questa volta viene da La Realidad per cambiare la realtà: arriva dalla selva Lacandona per approfondire il cambio della realtà di tutto il Messico. Da quando sono emersi alla luce pubblica, gli zapatisti del Chiapas stanno cambiando la realtà dell'intero paese. Grazie a loro, e all'energia creatrice che hanno scatenato, quello che era non è più come era.

Quelli che parlano del problema indigeno dovrebbero cominciare a riconoscere la soluzione indigena. In fin dei conti la risposta zapatista a cinque secoli di mascheramento, la sfida di queste maschere che smascherano, sta facendo uscire lo splendido arcobaleno che il Messico racchiude e sta riportando la speranza ai condannati alla perpetua attesa. Gli indigeni, lo si è visto, sono un problema solo per quanti negano loro il diritto di essere quello che sono, negando così il pluralismo nazionale e negando il diritto dei messicani a essere pienamente messicani, senza le mutilazioni imposte dalla tradizione razzista, che rimpicciolisce l'anima e taglia le gambe.

Di fronte alla porcheria del progetto di annessione e tradimento, di fronte al patetico modello di una Disneyland di quarta categoria, cresce questo movimento che continua a essere locale, con le sue radici affondate nella terra da cui è sbocciato, e che però è ormai, anche, nazionale. Può cambiare, sta cambiando, e in grande misura grazie all'insurrezione indigena del Chiapas, questo paese che è di tutti ma appartiene a pochissimi.

Perché è molto buono che il governo voglia dare protezione ai messicani che se ne vanno e che muoiono al ritmo di uno al giorno di pallottole o di sete; però più importante del diritto ad andarsene è il diritto di restare. E perché deve metterci il becco uno straniero in questi affari messicani, se non ha un solo dollaro investito nel petrolio né in nient'altro?

Perché accade che questo movimento locale, che è diventato nazionale, in poco tempo ha saltato ogni frontiera. Democrazia, giustizia, dignità: milioni di persone, in tutti i paesi, ringraziano gli zapatisti, e altri movimenti analoghi che muovono il mondo, per avere alzato di nuovo quelle bandiere in questo mondo retto dal profitto, dall'umiliazione e dall'obbedienza. C'è sempre meno democrazia nel tempo della globalizzazione obbligatoria: mai tanti sono stati governati da così pochi. C'è sempre più ingiustizia nella distribuzione dei pani e dei pesci. E la dignità è sempre più schiacciata dalla prepotenza del potere universale.

Niente di quel che accade in Chiapas, niente di quel che accade in Messico ci è estraneo.

Nella patria della solidarietà non ci sono stranieri. Siamo milioni di cittadini del mondo che stiamo lì anche senza esserci.


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