QUELLO CHE LORO TEMONO: QUESTO MOVIMENTO DEL COLORE DELLA TERRA

QUI RESTIAMO!

GLI ZAPATISTI TORNANO ALLA CAPITALE

ENORME CONCENTRAZIONE DI RIBELLIONE NELLO ZOCALO

Domenica, 11 Marzo 2001

"Città del Messico, qui restiamo, qui restiamo come ribelle colore della terra che grida: democrazia, libertà e giustizia".

Gli zapatisti sono, finalmente, nello zócalo. E le fondamenta del potere hanno scricchiolato... più forte che quel primo gennaio del 1994, solo che questa volta non è stato per il colore del sangue ma per il colore della terra, che ha inondato il cuore della Patria.

Centinaia di migliaia di esseri umani hanno accompagnato i ribelli da Xochimilco, primo angolo della provincia messicana, in questa che è stata la più grande mobilitazione degli ultimi tempi.

Più di 200 mila persone hanno riempito la piazza maggiore e le strade adiacenti nella città dei palazzi.

Dopo 16 giorni di cammino in carovana dalle comunità della selva chiapaneca e dopo essere passati per 11 altri stati del paese, girando attorno al Distretto Federale, la delegazione zapatista formata da 23 comandanti e dal subcomandante Marcos, é arrivata allo zócalo della capitale a bordo di un camion scoperto.

Poche volte nella sua storia la piazza centrale capitalina aveva contenuto tanti fiumi umani, che straripavano per le strade: Madero, 5 di Maggio, 5 di Febbraio, 16 di Settembre, Pino Suárez, 20 di Novembre... Fluivano senza cessare, si agitavano in un'onda di crescente aspettativa e si compattavano come quando, alle 14, è arrivato il comando insurgente, aperto, franco, all'aria, libero, senza paura di morire, benché la morte sia in agguato ad ogni passo.

Dai passamontagna del sudest messicano, uscivano parole di fratellanza e speranza per tutti. "Fratello e sorella indigeno, fratello e sorella non indigeno: qui stiamo solo per dire: Qui restiamo!. E quando diciamo qui restiamo nominiamo anche l'altro, fratello, sorella, che sei messicano e che non lo sei, con te diciamo: qui restiamo e con te restiamo!"

La strada verso lo Zócalo è iniziata nel viale Divisione del Nord, per seguire per Canale di Miramontes, La Viga, la Circonvallazione, San Pablo, Izazaga e 20 di Novembre. Il percorso dura quasi tre ore e senza pause né spazi vuoti. Uomini, donne, bambini, giovani, casalinghe, anziani, impiegati e operai se ne sono andati al passo del comando insurgente. All'altezza di San Pablo, le prostitute li hanno acclamati e i pompieri hanno abbandonato la stazione per applaudirli. Osservatori hanno stimato che lungo la strada ci fossero circa 50 mila simpatizzanti e, senza dubbio, la cosa più importante era la qualità umana, non la quantità né il mestiere.

Gli slogan si ripetevano nelle strade e nel cuore della capitale, che era già piena, ansiosa di acclamare i guerrieri chiapanechi: "Andiamo tutti con la carovana!" "Non siete soli!" "Zapata Vive, la lucha sigue!" "Già stanno entrando e Fox sta tremando!".

Il comandante Tacho ha difeso la rivendicazione centrale dei popoli indios e ha ricordato il passato presente del Messico: "Da molto lontano siamo venuti per difenderci dal grande oppressore per non essere sterminati ingiustamente. I nostri primi nonni pensarono con la loro intelligenza e la loro saggezza. Si rifugiarono nelle montagne più lontane per arricchire la loro resistenza e sopravvivere. Nei loro modi di governarsi nel politico, nel sociale, nell'economico e nel culturale... Qui restiamo protetti sotto la Bandiera Nazionale, che è amata e rispettata. Siamo messicani e, pertanto, la patria è anche nostra".

Rivolgendosi ai signori dello stato, ha aggiunto: "Vogliamo dire oggi a voi che vi dite governo, di ascoltarci, che è arrivato al suo termine l'oblio razziale e il disprezzo degli indios del Messico. Non vi permetteremo mai più la burla e il disprezzo. Che in qualsiasi angolo della patria messicana ci difenderemo e non resteremo zitti mai più. Non vi permetteremo più l'ingiustizia genocida con la morte silenziosa".

La piazza era come un ferro da stiro che bolliva sotto un calore desertico, dove la moltitudine turbinava, non gomito a gomito, ma come in un vagone del Metro, uno sopra all'altro, quasi senza poter respirare, donne e uomini applaudivano.

I balconi dei palazzi che circondano la gran piazza erano colmi. Sulla terrazza dell'antico albergo Majestic si affacciava il tenebroso cancelliere Jorge Castañeda, molto indicato ed insultato quando la massa l'ha scoperto. "Se Zapata vivesse, tua madre si farebbe!" e lui, sorridente, rispondeva con saluti. In cambio gli sono piovute volgarità di tutti i tipi. "Coglione! Coglione!", gridava la folla. Il funzionario ha finito per andarsene.

La voce del Subcomandante Insurgente folgorava. "Coloro che dovrebbero stare qui sono le comunità indigene zapatiste, i loro sette anni di lotta e di resistenza, il loro ascolto e il loro sguardo, i popoli zapatisti, gli uomini, i bambini, le donne e gli anziani, le basi d'appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale che sono i piedi che ci fanno andare, la voce che ci parla, lo sguardo che ci fa visibili, l'ascolto che ascoltare ci fa. Coloro che dovrebbero stare qui sono le insurgenti e gli insurgenti, la loro persistente ombra, la loro tacita forza, la loro memoria alzata. Le insurgenti e gli insurgenti, le donne e gli uomini che formano le truppe regolari dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, e che sono il guardiano e il cuore dei nostri popoli".

Il Premio Nobel della Letteratura ha commentato: "Quello che stiamo vedendo significa che questi sette anni di lotta (dell'EZLN) sono stati appena un prologo di ciò che adesso comincia".

Molti avevano pernottato nello Zócalo per guadagnarsi "il migliore posto". Altri sono arrivati a partire dalle 8.

Xochimilco si è svegliato con lo strepito di botti e striscioni dappertutto a favore dell'EZLN. E' stata una mattina fresca e un mezzogiorno molto caldo.

Il comandante Zebedeo è stato molto energico nel reclamare "noi che lottiamo da molti anni, al governo diciamo tutti: lui è nessuno senza il popolo. Se vuole essere davvero un rappresentante che si tolga questo cerume che ha nelle orecchie e che si tolga queste cispe che ha negli occhi. Il Messico non è proprietà privata. Il Messico è abitato da circa cento milioni che hanno diritto di godere e di vivere della sua ricchezza con pienezza".

Quando il gigantesco veicolo scoperto è partito per uscire dal Polisportivo Xochimilco, si è accesa la passione zapatista. La gente correva, si pestava, si spingeva, gridava, scattava foto ai ribelli.

Il comandante David ha segnalato: "la goffaggine e la poca sensibilità umana che ha Vicente Fox non gli permettono di rispettare nemmeno le tre condizioni minime per riprendere il dialogo per la pace... non mettano altri lucchetti all'iniziativa di legge della Cocopa, perché l'unica cosa che riescono ad ottenere con questo è mettere cento lucchetti all'unica porta che conduce alla pace con giustizia e dignità... il governo federale e il Parlamento Messicano hanno ancora una volta la possibilità di scegliere la pace con giustizia e dignità o la guerra contro i popoli indios e tutto il popolo messicano". Il pubblico ha risposto con ovazioni ai ribelli.

L'entrata degli zapatisti nello Zócalo è stata un'autentica esplosione. La moltitudine si è agitata come un'onda fino alla 20 di Novembre e una sola voce ha rimbombato per la Piazza: "EZLN, EZLN, EZLN!", slogan che si è ascoltato forte e chiaro come l'Inno Nazionale. Un filo spinato era la fragile protezione del palco e si temeva che riuscissero a buttarlo giù.

Quando sono arrivati i comandanti, una banda suonava la Marcia di Zacatecas. E' arrivata Rosario Ibarra de Piedra e ha preso il microfono per dare il benvenuto agli zapatisti.

Di fronte a loro c'è stata una danza rituale indigena e Marcos ha ricevuto il bastone del comando. Donne mazahuas li hanno "limpiati" con copal. E si è intonato l'Inno Nazionale. Tutti con il pugno alzato e con la "V" della vittoria.

La carovana zapatista è arrivata allo Zócalo del Distretto Federale alle 14:11 proveniente da Xochimilco, dopo aver percorso circa 3 mila chilometri dalla Selva Lacandona del Chiapas a Città del Messico.

Hanno preso la parola diversi rappresentanti dei popoli originari del Messico. Uno parlò a nome dei Popoli Indigeni Comunità e Ejidos del Anáhuac, un altro per il Consiglio Guerrerense 500 Anni di Resistenza e un altro ancora per il Congresso Nazionale Indigeno, che ha affermato: "Questa è l'ora dei popoli indios del Messico... Stiamo qui perché insieme a tutti voi possiamo ottenere il posto che meritiamo. Nel nostro paese siamo trattati come stranieri, tant'è che dobbiamo rivolgerci a voi in una lingua straniera, che non è la nostra lingua, quella che ci insegnarono i nostri genitori".

La comandante Esther dell'EZLN ha descritto con forza la situazione delle donne facendo sentire la tenera furia che coinvolge il suo animo: "Prendiamo la decisione di organizzarci con la ribellione per chiedere ciò che ci manca: i nostri diritti. E quello che abbiamo trovato come risposte alla nostra richiesta è stato la persecuzione, il carcere, l'umiliazione. Però non hanno potuto ridere vedendoci arrese. Perciò adesso che siamo qui non è che siamo venuti a porci in ginocchio né ad implorare né per far pena. Non vogliamo chincaglierie!". La moltitudine la ha applaudita con entusiasmo straripante.

Una dietro l'altra, le parole zapatiste si affilavano contro gli uomini che detengono il potere.

"Non siamo coloro che, ingenui, speriamo che dall'alto venga la giustizia... Non saremo coloro che mettono un prezzo alla dignità propria o alla altrui e convertono la lotta in un mercato dove la politica è una faccenda di mercanti, che si contendono non progetti ma clienti".

Il maggiore atto politico degli ultimi tempi, è stato un avvenimento di ribellione senza ombre che ha cavalcato, come nel 1914, i destrieri della dignità e della semplicità originaria di questa terra.

"Messico, non siamo venuti a dirti che fare, non siamo venuti a guidarti da nessuna parte; veniamo a chiederti umilmente, rispettosamente, che ci aiuti. Non permettere che torni ad albeggiare senza che questa bandiera abbia un posto per noi, quelli che siamo il colore della terra. Grazie, questa è la settima chiave, quella che mancava. La settima chiave siete voi."

[fonte: EZLN al DF - http://www.ezlnaldf.org]


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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