Bollettino "Chiapas al Dia" N. 242

CIEPAC - CHIAPAS - MESSICO

10 maggio 2001

LA DONNA E L'AUTONOMIA INDIGENA

Quando si parla del movimento Zapatista, si parla costantemente di un'autonomia che il governo federale ha negato loro non adempiendo agli Accordi di San Andrés. Molti di noi si chiedono: che cosa significa autonomia. Questo tema è stato e continua ad essere centrale in questi mesi nel contesto del processo di pace, dato che uno dei tre segnali richiesti dall'EZLN per riprendere il dialogo è l'approvazione degli Accordi di San Andrés firmati tra l'EZLN ed il governo federale nel febbraio del 1996, quale frutto della negoziazione del Primo Tavolo su "Diritti e Cultura Indigeni" ripresi nella cosiddetta Legge Cocopa.

Pensiamo che autonomia significa governarsi; rispettare e poter vivere secondo la cultura e le tradizioni indigene. Vuol dire costruire oggi il mondo in cui vogliamo vivere domani. Per comprendere questa autonomia è necessario conoscere a fondo il modello Zapatista e la realtà in cui vivono le sue comunità basi di appoggio, inserendole nel contesto politico.

Attraverso questa serie di bollettini relativi all'autonomia, invitiamo a conoscere la realtà di un Municipio Autonomo Zapatista che si chiama "Francisco Gomez". In un certo modo, l'esperienza di questo municipio riflette quella di molte comunità zapatiste della zona di conflitto mentre per altri aspetti l'esperienza è propria della regione. Argomento per argomento, vogliamo presentare una prospettiva dell'autonomia basata sulla realtà ed offrire l'opportunità di ascoltare le voci delle comunità stesse sul significato dell'autonomia, di come si costruisce e di come si vive nelle comunità zapatiste.

"Con l'organizzazione (l'EZLN), la vita delle donne ha cominciato a cambiare"

"Se lo vogliamo, otterremo tutto"

Una parte fondamentale dell'autonomia è poter controllare la nostra vita, essere padroni della nostra storia e del nostro destino e vivere come vogliamo. Per iniziare questo processo, bisogna analizzare la realtà attuale, identificare quello che vogliamo cambiare e definire il futuro che vogliamo costruire. Le comunità indigene hanno vissuto cambiamenti molto profondi negli anni in cui si sono organizzate nell'Esercito Zapatista di liberazione Nazionale (EZLN). Le donne indigene sono le più emarginate. Come ha detto la comandante Esther l'8 marzo, giorno internazionale della donna: "Noi dobbiamo lottare di più perché come indigene siamo disprezzate tre volte: come donna indigena, come donna e come donna povera". Ma proprio per gli stessi motivi, le donne di queste comunità hanno assistito ai cambiamenti più drastici della loro vita. Questo non significa comunque che la lotta delle donne per il rispetto e per uno spazio di dignità sia terminata. Manca ancora molto per raggiungere una uguaglianza ed una liberazione della donna indigena, anche se molto è cambiato ma questo è un processo lungo e lento. Ma è un processo che è già cominciato.

Durante un corso di formazione, le responsabili di diverse cooperative di donne, hanno parlato dei cambiamenti che hanno visto nella loro vita ed hanno riflettuto sulla partecipazione delle donne stesse. Tra i vari cambiamenti hanno citato i seguenti: il controllo della terra, il livello di povertà, l'accesso alla sanità ed all'educazione, la partecipazione ed i diritti della donna, la legge che proibisce l'alcool nelle comunità zapatiste e la formazione di collettivi di donne. Queste sono le loro parole:

Com'era la vita della donna quando le nostre nonne erano giovani?

"Prima vivevano nella proprietà del padrone ed il padrone le comandava; dovevano chiedere al padrone il permesso per lavorare. Le donne dovevano allevare i figli del padrone. Si alzavano molto presto, alle 2 o alle 3 del mattino per preparare il pozol per il marito; presto andavano a lavare e fare tortillas. Se non erano svelte a preparare le tortillas le picchiavano; anche il padrone le picchiava".

"Non c'era la scuola; non sapevano né leggere e né scrivere. Non c'erano ospedali e le uniche medicine erano le piante".

"Gli uomini bevevano molto; sperperavano il denaro con il bere e maltrattavano le donne. Le donne non avevano tempo per loro perché il lavoro era molto duro. Non c'erano mulini e macinavano con la pietra; non c'era sapone: lavavano con la cenere. Le donne non partecipavano. A noi dicevano che la donna non ha diritti, che solo l'uomo ha il diritto di uscire da casa e di partecipare alla vita sociale".

Com'è ora la vita della donna?

"Siamo più libere; sta cambiando perché ora non ci comanda più il padrone. Noi donne possiamo scegliere di partecipare o no perché il lavoro non è più così duro e nessuno ci comanda, ma il lavoro è ancora molto. Ci alziamo alle 6 e a volte alle 5 del mattino e lavoriamo tutto il giorno: fare tortillas, prendere legna, pulire la casa, lavare la biancheria, curare i bambini, curare il marito, curare gli animali. Ora maciniamo con il mulino ed abbiamo sapone. Riconosciamo di avere i nostri diritti; partecipiamo di più, abbiamo anche le nostre assemblee di donne. Abbiamo collettivi di negozi, cucito".

"Non tutte le donne sanno leggere scrivere. Tutte vorremmo sapere di più: ma ora possiamo studiare. Ci sono scuole in alcune comunità ma in altre no. Molte donne soffrono di emicranie e dolori addominali. Le malattie sono più frequenti fra le donne perché partoriscono e questo provoca molte malattie. Ora ci sono cliniche e dottori. C'è qualche medicina anche se non è sufficiente. C'è più conoscenza ma non sufficiente. Ci sono donne medico e promotrici, ma ancora poche. Gli uomini a volte bevono ma non sempre; non sprecano troppo denaro; non maltrattano più tanto".

Come vorremmo che fosse la vita delle nostre figlie?

"Vogliamo che le donne abbiano più libertà, più tempo per imparare e studiare. Dobbiamo riconoscere che ora le donne possono avere un buon lavoro, per esempio essere maestra o professoressa".

"Vogliamo maestri per tutti i nostri figli".

"Vogliamo medici ed infermiere donne".

"Che si alzino alle 8 del mattino; che abbiano macchine per macinare".

"Vogliamo più collettivi di donne: per la produzione di pane, allevamenti di polli, ortaggi".

"Che gli uomini non bevano, che non sperperino il denaro, che non maltrattino le donne".

Come è cambiato e come possiamo ottenere il futuro che vogliamo?

"La guerra è iniziata nel '94 e molti padroni se ne sono andati. È arrivato sostegno dal Messico e da altre nazioni. Siamo arrivate all'accordo che non si dovesse bere e questo accordo è stato rispettato già dopo il '94. Abbiamo cominciato a partecipare alle assemblee, in chiesa ogni domenica e nello spaccio gestito dalle donne. In questo modo abbiamo perso la paura e la vergogna. Ci siamo accordate tra donne per creare collettivi ed abbiamo visto che ci davano forza. La cooperativa ci appoggia per molte cose: possiamo comperare la merce che vogliamo; lo spaccio dà prestiti alla comunità; ci aiuta a risolvere qualsiasi bisogno; ci aiuta ad imparare molte cose e a partecipare. È bene che lo spaccio sia uno spazio per sole donne. Con i guadagni dei collettivi, possiamo formare altri collettivi. Se avanza qualche cosa, possiamo decidere di comperare una macchina per macinare. Bisogna cercare altri accordi per formare altri collettivi in ogni comunità. Possiamo aiutarci tra di noi ed aiutare le altre in altre comunità. In ogni comunità bisogna nominare delle donne che studino e diventino maestre e promotrici, che studino anche da dentista e da ostetrica. Se lo vogliamo, otterremo tutto questo".

La partecipazione della donna?

"Quando le donne non partecipano è perché hanno paura e vergogna; sono timide e non parlano nelle assemblee; capiscono di non sapere nulla: non sanno come partecipare, non sanno parlare bene lo spagnolo, non sanno se hanno dei diritti".

"Ancora pochissime donne partecipano perché non c'è esperienza. Le donne partecipano di più quando si trovano tra loro".

"Nel momento in cui cominciamo a partecipare, perdiamo la paura, si perde la vergogna. Ora sappiamo partecipare alle assemblee sia con uomini che con donne, perché ora sappiamo di avere dei diritti. È bello quando vediamo che le donne partecipano; una donna che partecipa ha buone idee, esperienza e quando una donna partecipa bene incoraggia anche le altre donne".

Alcune donne parlano più in dettaglio di come è cambiata la vita della donna, riprendendo gli stessi argomenti:

"Con l'organizzazione (EZLN) la vita della donna è cominciata a cambiare perché non era più maltrattata e gli uomini hanno smesso di bere. Ora quando le donne vogliono svolgere qualche lavoro, bene o male gli è permesso".

"Ci hanno detto che quando c'erano i maestri del governo, questi non insegnavano bene ed i bambini ne avevano paura perché li picchiavano. Pochissime bambine frequentavano la scuola e per questo le donne anziane non sanno leggere e scrivere. Ora è diverso perché ci sono maestri della comunità. Insegnano bene perché parlano la loro lingua. Ora vanno a scuola bambine e bambini quasi in uguale numero" (Otelina, responsabile di uno spaccio cooperativo di donne).

"Prima non c'era nessun tipo di informazione sanitaria; per esempio, Dio mi ha dato 12 figli. Ora la donna può pianificare quanti figli avere, 2 o 3 o 4. Molte donne pianificano la maternità ed altre hanno deciso di non volere più figli. È cambiato molto anche da quando si è smesso di bere. Prima picchiavano spesso le donne ed ora che hanno smesso di bere per la donna va meglio". (Josefa, responsabile di uno spaccio cooperativo di donne).

Sono diversi i fattori che hanno favorito la partecipazione delle donne. Il più importante è stato il riconoscimento dei diritti della donna all'interno dello zapatismo. Altri fattori importanti comprendono il ruolo svolto dalla chiesa cattolica, la formazione di collettivi di donne come spazi autonomi e la partecipazione delle donna nella difesa delle proprie comunità contro l'esercito federale. D'altronde per molte donne la loro partecipazione non sarebbe stata possibile se non fosse stato grazie al processo psicologico vissuto a livello personale relativamente agli ostacoli storici. Quando parlano della loro partecipazione come donne, parlano di come si è aperto loro il cammino ma parlano sempre di come esse stesse hanno dovuto superare la paura e la vergogna.

"Prima di entrare nell'organizzazione, le donne non partecipavano. Nel momento in cui entrano nell'organizzazione le donne partecipano. Vengono a sapere che non solo gli uomini hanno il diritto di partecipare, ma anche le donne ne hanno il diritto. L'organizzazione dice una cosa ma a volte la comunità non la rispetta. Dipende dalla comunità ma anche dall'uomo. Alcuni capiscono ed altri no. È cambiato perché ci lasciano uscire di casa, ci lasciano partecipare un po', anche se poco. Prima non lo permettevano. Gli uomini sono cambiati perché hanno saputo che anche noi abbiamo dei diritti. Hanno detto loro che anche le donne hanno il diritto di partecipare e di uscire di casa".

"Io ho cominciato a partecipare in chiesa, con la parola di Dio e poi nell'organizzazione (EZLN) nello spaccio cooperativo. Mi sento bene perché ora non ho più vergogna, mentre prima ne avevo. Io parlo di qualsiasi cosa. Altre ancora non lo fanno, specialmente le ragazze; a loro costa ancora molto, ce ne sono alcune che nemmeno pronunciano il loro nome. Ma ho visto che stanno progredendo, stanno perdendo la paura. È bello: si decidono a parlare, a partecipare e sanno fare bene il loro lavoro. Quando perdono la paura e cominciano a parlare, partecipano a qualsiasi lavoro: nella chiesa, nella salute, nello spaccio cooperativo". (Josefa)

"Prima del '94 non avevano mai visto una donna partecipare o uscire di casa per andare in altri posti. In alcune comunità attaccate dai soldati nel '95, molte donne hanno manifestato, parlato e si sono organizzate contro i soldati. Le donne si sono difese. Poi hanno cominciato con altri lavori perché ora avevano più coraggio".

"Quando io ho cominciato a partecipare, l'ho fatto come promotrice di salute. All'inizio sei molto nervosa, ma quando cominci a partecipare ti senti molto grande per aver parlato. È ancora comunque molto difficile per una donna cominciare a partecipare." (Segunda, promotrice di salute).

I collettivi di donne

I collettivi di donne sono stati molto importanti come spazi di sole donne. È all'interno dei collettivi che molte donne superano la paura ed imparano i propri diritti e ad usare la propria voce. Inoltre, i collettivi sono integrati nella lotta indigena; per questo hanno guadagnato legittimità nelle questioni comunitarie ed hanno dimostrato che le donne hanno molto da dare.

"Il primo lavoro è stato il collettivo di cucito. Ci siamo unite tra noi per realizzarlo. Era una nostra idea e volevamo farlo per realizzare un lavoro più ampio e per aiutarci. Partecipando tra donne, si comincia a perdere la paura e la vergogna. Partecipando tutte insieme perdiamo la paura. Lo vedo bene perché potremo partecipare sempre di più." (Otelina)

"Nello spaccio lavoriamo bene perché abbiamo voglia di farlo. Abbiamo partecipato ad un corso per sapere come vendere, come comperare. Io non so leggere ma posso vendere allo spaccio, posso comperare merce, ora so tutto. Ci sentiamo bene quando lavoriamo insieme tra donne. Lo spaccio sta sviluppandosi perché abbiamo guadagni. Solo donne partecipano allo spaccio. Siccome è uno spaccio delle donne, ci sosteniamo tra noi, per esempio, se ne abbiamo bisogno possiamo chiedere un prestito. Abbiamo pensato di comperare una macina con i guadagni per aiutare le donne a macinare il mais e sollevarle dal lavoro pesante della casa". (Josefa)

"Il lavoro collettivo è come vivevamo prima, come vivevano i nostri antenati, perché quando facevano un lavoro si prendevano in considerazione tutti. Si era perduta la forma di lavoro collettiva. La gente lavorava individualmente. Per esempio, quando qualcuno si ammala, non sa come aiutarsi. Per questo motivo cominciarono a pensare se si poteva fare qualche cosa ed hanno capito che si trovano molte soluzioni quando la gente vive di comune accordo. Si è cominciato di nuovo a lavorare collettivamente con l' organizzazione (EZLN). Donne e uomini lavorano collettivamente. Quando gli uomini lavorano collettivamente, le donne si danno coraggio". (Otelina)

Usi e costumi

Molto della lotta per l'autonomia indigena si focalizza sulla difesa del diritto a vivere secondo gli usi e costumi indigeni. Le donne hanno sempre giocato un ruolo importante nella conservazione dei costumi indigeni; per esempio, è quasi sempre la donna a parlare la lingua indigena e a vestirsi in maniera tradizionale. Nello stesso tempo, si è svolto un processo di riflessione sui costumi indigeni ed il machismo: alcuni costumi rappresentano l'oppressione della donna e devono essere abbandonati; per esempio, l'usanza del matrimonio in cui il padre di una ragazza decide per lei con chi sposarsi; mentre altre tradizioni rappresentano l'asse fondamentale della cultura indigena e devono essere mantenuti; per esempio, la lingua materna.

"La nostra lingua esiste ancora. È importante mantenere la nostra lingua, non dobbiamo perderla o dimenticarla. È bene imparare altre lingue ma non dimenticare la nostra lingua materna. Il rispetto verso le donne è qualche cosa di nuovo, prima le donne non erano rispettate. Ora sì, si comincia a rispettarle e a dare loro incarichi, ma questo grazie all'organizzazione (EZLN). Anche le donne si stanno rendendo conto dei propri diritti. Vogliamo che siano riconosciuti i nostri diritti e che gli uomini riconoscano che possiamo uscire di casa". (Otelina)

L'autonomia e la partecipazione della donna nei municipi autonomi

Il rapporto tra la crescente partecipazione delle donne zapatiste e l'autonomia indigena si trova nei municipi autonomi. L'EZLN ha aperto uno spazio per la partecipazione della donna; questa partecipazione è stata formalizzata attraverso i municipi autonomi e non c'è dubbio che la partecipazione della donna rappresenta un elemento fondamentale nella costruzione dell'autonomia.

"Alcune comunità hanno una responsabile delle donne. Questa donna deve essere forte perché deve organizzare le donne, il lavoro collettivo e risolvere i problemi. Deve spiegare alle altre donne come partecipare, quali lavori possono svolgere. Questi incarichi esistono grazie all'organizzazione (EZLN) dal 1994. Prima del 1994 alcune partecipavano, ma molto poche. Dopo il '94 le donne hanno cominciato a lavorare di più. Quando vedono altre donne lavorare, prendono coraggio. Nei municipi autonomi le donne hanno incarichi nei villaggi. Non come nei municipi del governo dove le donne non partecipano".

"Quando si nomina qualche donna per un incarico, non si domanda se sappia svolgerlo o no. Se la eleggono significa che hanno fiducia che possa farlo. E se non lo sai fare, lo impari. Ci piace perché così possiamo fare tante cose che prima non potevamo fare. Quando il governo ci diceva che non avevamo diritto, ci credevamo. Ma nel municipio autonomo ci dicono che abbiamo diritti ed è per questo che la vediamo diversamente dal governo".

"Io intendo l'autonomia come l'autonomia dei poveri. Vogliamo creare la nostra vita e non come la vuole il governo. Ora c'è un cambiamento, la gente indigena può vivere secondo i suoi usi e costumi a svolgere i suoi lavori ed il governo non può venire qui a creare divisioni nelle comunità. Perché nelle comunità non si lavora da soli, ma si comanda obbedendo, bisogna tenere conto di tutta la gente, di tutto il villaggio. Il governo comandi come vuole. La gente indigena comanda ma comanda obbedendo".

"Quando si sono formati i municipi autonomi, l'abbiamo visto come un passo avanti per gli indigeni, le donne e gli uomini indigeni. È un passo avanti in più per le donne soprattutto. Quando si sono aperti i municipi autonomi, abbiamo deciso che anche le donne ci lavorassero. Non che ce ne siano molte con incarichi, ma già ce n'è qualcuna. Ci sono donne che partecipano e spiegano alle altre compagne che cosa fare. Le altre donne vedono che siamo forti e prendono coraggio". (Otelina)

Da quasi 4 anni lavoro con queste donne, accompagnandole nei loro lavori collettivi. Ho visto la crescita personale di ognuna di loro, ho visto i progressi dei loro collettivi, ho visto lo spazio che hanno conquistato nel municipio autonomo. Ho anche vissuto accanto a loro la frustrazione ed i grossi ostacoli che ancora oggi le donne incontrano nella loro lotta per una vita degna. Intervistandole mi vengono le lacrime agli occhi perché durante questi 4 anni ho visto continuamente la loro forza interiore; mi hanno dato molte ispirazioni, ho imparato molto da loro; perché credo sia molto importante che tutti ascoltino le loro voci; perché molto semplicemente le amo tanto.

Hilary Klein

Nota: in www.ciepac.org al capitolo "Proceso de Paz" si possono trovare maggiori informazioni

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(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo, Italia)



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