da LA JORNADA - VENERDÌ 9 NOVEMBRE 2001

Torneremo alla difesa dei boschi, segnalano gli ecologisti liberati ieri

Siamo liberi, però non ci hanno reso giustizia

Lamenta Cortez che non si riconoscano le gravi violazioni commesse contro di loro

VICTOR BALLINAS

Rodolfo Montiel e Teodoro Cabrera hanno affermato ieri dopo la loro liberazione: "Siamo liberi, però non ci hanno reso giustizia. Il governo non ha riconosciuto la nostra innocenza". "Proseguiremo nella lotta perché si riconosca che non abbiamo commesso nessun reato e torneremo alla difesa dei boschi insieme ai nostri compagni".

Hanno raccontato che non erano a conoscenza del fatto che li stavano per lasciare in libertà ieri. "Ce ne siamo resi conto grazie ad altri carcerati che ci hanno detto che era uscita la notizia su alcuni periodici. Alle 10 della mattina è arrivata Mariclaire Acosta con la notizia. Io - ha detto Rodolfo Montiel - non volevo uscire, avevo paura che il governo mi portasse via... Ho parlato con il mio difensore e lui non sapeva niente. Io credo che qualcuno abbia tirato le orecchie a Fox e a lui non piace che lo critichino".

I due contadini scarcerati hanno parlato in una conferenza stampa nel Centro dei Diritti Umani Miguel Agustín Pro Juárez. Da Iguala, Guerrero, sono stati trasportati con i loro avvocati al Distretto Federale e in questa conferenza hanno ringraziato le organizzazioni ecologiste e dei diritti umani - nazionali e internazionali - che li hanno appoggiati per ottenere la libertà.

Il quadro giuridico

Edgar Cortez, direttore del Centro Pro, ha manifestato il suo beneplacito per la liberazione dei contadini ecologisti, ma ha lamentato l'incapacità del governo della Repubblica di riconoscere chiaramente le gravi ed evidenti violazioni commesse contro di loro, il che impedisce che questo sia un passo verso la soluzione delle cause che ostruiscono la vigenza dei diritti umani nel paese.

Mario Patrón e Jorge Fernández, dell'area giuridica del Centro Pro, hanno dichiarato che "il presidente Fox non ha utilizzato la figura dell'indulto, ma è ricorso alla modificazione della sanzione imposta. Tecnicamente questa è la denominazione, secondo l'articolo 75 del Codice Penale, dove si stabilisce che se la sanzione privativa della libertà è incompatibile con lo stato di salute attuale, a criterio dell'Esecutivo si dà luogo alla modifica della sanzione: non è un perdono, però neanche significa un riconoscimento di innocenza".

Cortez ha precisato che per arrivare a questo momento è stato necessario che si esaurissero tutte le risorse esistenti nel sistema giuridico messicano, per arrivare a "il reclamo unanime della società messicana e internazionale, che si sono sentite offese per le violazioni commesse contro i diritti umani di Rodolfo e Teodoro da parte dei membri dell'Esercito Messicano e dell'apparato di giustizia, così come l'opinione del gruppo di lavoro su Detenzioni Arbitrarie, dell'ONU, e il caso recentemente aperto dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH)".

Il Centro Pro ha sottolineato che entrambi gli ecologisti sono innocenti delle imputazioni che arbitrariamente avevano attribuito loro le autorità. Rodolfo Montiel e Teodoro Cabrera sono stati privati della loro libertà per due anni e cinque mesi, in conseguenza dell'arresto arbitrario, ed hanno subito mancanza di comunicazioni, detenzione incostituzionale, torture, violazioni al dovuto processo e alla protezione giudiziaria e sono stati oggetto di arresto preventivo eccessivamente prolungato.

"Né Rodolfo né Teodoro sono delinquenti infermi". Le loro condizioni di salute sono deteriorate in conseguenza degli atti di tortura che sono stati commessi contro di loro e un atto di giustizia al rispetto sarà la dovuta riparazione del danno e l'identificazione e la sanzione dei responsabili".

Si spera, ha detto Cortez, che presto lo stato messicano dia i seguenti segnali di giustizia: "Soluzione favorevole assolvendoli da ogni responsabilità; identificazione e sanzione dei responsabili dei fatti violenti; riparazione integrale del danno e adozione di misure atte alla non ripetizione, come la garanzia che la giurisdizione militare non torni ad essere applicata quando si tratti di violazioni ai diritti umani".

Questo, ha detto, sarà un indicatore di un'autentica transizione alla democrazia e alla vigenza dello stato di diritto.


(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)



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