il manifesto - 1° marzo

La carovana maya

HERMANN BELLINGHAUSEN * - PUEBLA (MESSICO)

"Tutti questi che si definiscono governo non potranno dimenticarci", ha detto questa sera il comandante Tacho di fronte a una moltitudine incandescente, ansiosa di sentire gli zapatisti, o vederli anche se da lontano, nel viale di questa città in aria di santità.

Concludeva il percorso zapatista nello stato di Puebla e Veracruz, dove i comandanti hanno incontrato le manifestazioni più grandi, finora, nel loro viaggio verso il centro del paese. Secondo le parole del subcomandante Marcos, ripetute anche in questa piazza, si chiudeva "il primo cerchio intorno alle strade dove vive il potere".

A Orizaba erano stati ricevuti da tutta la popolazione, senza esagerare. Dall'entrata, l'ondata umana è stata quasi costante, a tratti tumultuosa, al passo con l'autobus zapatista. Donne e bambini, anziani e malati su sedie a rotelle, gli operai delle fabbriche e gli impiegati, famiglie negli androni e ai balconi. Tutti salutavano con travolgente cordialità. Gli uni, l'Ezln e gli accordi di San Andrés; altri, con fazzoletti bianchi, l'opportunità di pace.

La piazza di fronte al cosiddetto Palazzo di ferro e l'atrio della cattedrale San Miguel hanno accolto una moltitudine accalcatissima durante il comizio del Cni e dei comandanti zapatisti. Anche nel parco Apolinar Castillo si sono radunate migliaia di persone, anche se da lì non si vedevano né il palco di ferro né gli oratori né i comandanti né le bandiere. Gli abitanti di Orizaba non si sono risparmiati e sono confluiti tutti in centro.

Già la mattina, il primo atto di un lungo giorno, un affollato incontro a Tehuacan con migliaia di nahuas, popolocas, mazatecos, mixtecos e totonacos avevano svelato ai popoli invisibili di Puebla e Veracruz, gli stati "moderni" e dimenticati, dove le città tendono a dimenticare la quantità di indigeni che vivono sul loro suolo.

La marcia indigena iniziata nel sudest ha fatto scendere dalle sierre Negra, Mixteca e Nord la dignità e la parola dei popoli, per unirsi agli indios urbani della "Maquilandia" favorita da molti consorzi europei, orientali e statunitensi. Un paradiso di manodopera a basso costo.

Gli indios vivi

Nell'attraversare il quartiere sottoproletario di Coapan, due bambini, fratellini, si sono arrampicati sul predellino del camioncino. Tra il gioco e l'avventura, si sono staccati dalla moltitudine che riceveva la carovana dell'Ezln alla sua entrata a Tehuacan. Erano molto contenti.

"Perché siete tanto contenti? Vi piacciono gli zapatisti?", "Più o meno", ha risposto il maggiore. E l'altro: "A me sì, piacciono". "Perché?" "Perché ballano bene".

Il comizio di Tehuacan è stato emozionante. Un oratore nahua ha detto: "Noi abbiamo dato il nome a una nazione che ci ha mandato sotto terra, ci ha resi schiavi sulla nostra stessa terra". E rivolgendosi direttamente agli zapatisti, ha detto: "I popoli nahuas sono come voi".

I maya, figli del mais, sono arrivati dalla "culla del mais", ha detto lo stesso oratore. Il luogo del mondo dove è apparsa, che si sappia, la prima pannocchia del mondo, migliaia di anni fa. E il signor Martin ha consegnato agli zapatisti maya il bastone di comando del popolo popoloca, parlando nella sua lingua gutturale, che ha la stessa sonorità del cinese.

Nella città di Puebla, durante la manifestazione più urbana tenuta finora, i numerosi indigeni presenti sono stati inondati dalla popolazione della capitale mondiale dei "vochos" e i camotes. I giovani urlavano e applaudivano, gridavano e ascoltavano David, Tacho, Zebedeo e Marcos.

Sulla fonte di pietra, in mezzo al parco, tre chavos, completamente inzuppati sotto il getto più alto, risplendono come parte vivente della pietra. Si muovono con una inquietudine senza tregua e gridano, insieme a migliaia di persone, in maggioranza giovani ma di tutte le classi: "Marcos, Marcos".

Candida Jimenes, a nome del Cni, ha parlato prima in mixte, e poi in castigliano: "In questa marcia i passi si sono andati tessendo. Questa carovana è anche la nostra", e ha invocato: "Che i nostri spiriti si riempiano di dignità, e si chiuda per sempre la strada al razzismo".

La novità delle donne

Perché anche l'atto angelico, che a momenti appariva mezzo rupestre, molto commerciale e un po' ingenuo, è stato semplicemente una dimostrazione della forza spirituale e culturale dei popoli indios.

Una lezione per le nuove generazioni che stanno crescendo, come nessuna generazione precedente, con una coscienza solidale e ispiratrice della realtà indigena che, se si guarda bene, si trova in tutto quello che è conosciuto come Messico.

Diversi osservatori hanno rilevato un dettaglio davvero straordinario: senza mancare un solo atto della marcia, in tutti parlano donne indie.

In quanti avvenimenti politici del Messico moderno succede lo stesso? Se uno degli argomenti favoriti dalla "contra" alla legislazione indigena, oltre alla famosa "balcanizzazione", è il maschilismo, lo sfruttamento delle donne, l'uso selvaggio dell'indiada.

E quale.

Né nella sinistra più distinta, non parliamo della destra, occupano tanto spazio (e a forza di lotte tremende) le voci, presenze e decisioni delle donne.

Le comandanti Esther, Fidelia, Yolanda e Susana sono solo alcune tra le combattenti oaxaquenas, poblanas e veracruzanas che si dirigono, insieme agli zapatisti, verso il terzo congresso del Cni.

Se non è una rivoluzione, è almeno una trasformazione sociale di modernità straordinaria.

Dalle sierre recondite che oggi occupano un primo piano (Mazateca, Mixteca, di Zongolica, di Huayacocotla, Negra, Nord, così come del Chiapas e Oaxaca, sono tante che non possiamo nemmeno nominarle tutte) scendono al territorio della voce ascoltata donne di dignità altrettanto ribelle.

Indigeni del centro

Alla gente di Orizaba è sembrato che "Marcos ha parlato poco", perché i non indigeni sono venuti soprattutto per ascoltare il capo guerrigliero. I contadini chavos hanno avuto più fortuna, perché anche se Marcos si è riferito solo alle domande e alla dignità dei popoli indio, lo ha fatto per esteso, in modo che hanno potuto gridare davvero con gusto.

Gli indigeni del centro. Da Huehuetla i totonacas e da Zongolica i nahuas, sono terre dove la miseria non è riuscita a vincere la grandezza, dove la repressione non ha piegato la volontà di difendere lingue, abitudini, costumi e visioni diverse, e più aperte al cambiamento e al progresso di quanto non riconoscano oggi i padroni del potere nazionale, l'economia e le leggi.

Contro lo schiacciamento della modernizzazione brutale di queste terre camminano gli indios del sud, "anche se ci trattano come ignoranti perché siamo macehuales", ha detto una oratrice nahua a Puebla, che si è pronunciata per "il diritto a rimanere nelle nostre comunità". Vale a dire, senza l'obbligo di emigrare al nord, al cottimo, alla maquila, al cottimo e alla illegalità.

Il grido di "non siete soli" della società civile non si dirige solo ai ribelli del Chiapas.

L'incontro con i popoli indios è il libro aperto più promettente di coloro che portano "il sangue nella memoria", come ha detto Candida Jimenez. Con dignità, "parola che parla domani", secondo quanto dirà questa notte il subcomandante Marcos.

* La Jornada


Con la marcia zapatista

Cinquecento dimostranti in marcia verso la sede della mini-Davos a Cancun (il Forum mondiale economico sull'America latina che si è chiuso martedì sera) sono stati aggrediti dalla polizia senza alcun pretesto. Gli scontri sono iniziati proprio mentre il presidente messicano Fox parlava ai partecipanti del Fme, e si sono conclusi con una quarantina di feriti e decine di arresti di studenti e attivisti antiglobalizzazione.

A sorpresa, il presidente Fox ha dichiarato a Cancun di voler ringraziare l'Ezln "grazie al quale è stato possibile creare una nuova coscienza sui diritti indigeni. Adesso in Messico tutti sappiamo che non potranno più essere esclusi né discriminati".

La marcia degli zapatisti - che è passata ieri dallo stato di Oaxaca a quello di Puebla - ha un successo insperato: anche in questo stato, fitto di maquilladoras (le fabbriche di superfruttamento aperte in Messico dalle grandi imprese del nord) il passaggio della carovana è stato accolto da ali di persone. A Orizaba gli hanno dato il benvenuto 20.000 persone.

La delegazione italiana, dopo la misteriosa - e ancora inspiegata - défaillance dei pullman affittati e già pagati (più di 25 milioni), è ripartita grazie "alla collaborazione della società civile". Le comunità zapatiste europee hanno diffuso un duro comunicato, giudicando la sparizione dei pullman "un atto intimidatorio teso a favorire eventuali episodi di violenza".

Sono circa 700 gli stranieri in Messico per la marcia zapatista e/o per il controforum di Cancun.


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