El fuego y la Palabra
a cura di Andrea Cegna e Annamaria Pontoglio
SUBCOMANDANTE MARCOS - Nel 1984 eravamo sei. Nel 1986 eravamo già in dodici. Volevamo conquistare il mondo, mangiarcelo come una mela. Dei primi sei, tre erano meticci e tre indigeni. Dei dodici dell’86 uno era meticcio e undici erano indigeni; io ero il meticcio e poi se ne sono aggiunti altri due.
I compagni del primo gruppo, quelle del gruppo di indigeni, possedevano un livello politico elevato. Era gente che aveva fatto esperienza nei grandi movimenti di massa e conosceva tutti i partiti della sinistra. Avevano conosciuto e sperimentato un buon numero di carceri federali e dello Stato, torture e altre cose. Ma reclamavano quella che loro chiamavano la “parola politica” e il recupero della storia di questo Paese, la storia della lotta.
Nel 1988/89, siamo passati da ottanta, novanta combattenti, a milletrecento.
MAYOR MARIBEL - Una persona che ha l’opportunità di partecipare a questo processo, difficilmente torna indietro. Io sono molto contenta di lavorare per aiutare il mio popolo. Certo, costa molto lasciare la famiglia ma è più imporante poter aiutare la tua gente piuttosto che vederli moririe di malattie curabili, e la cosa migliore è fare qualcosa che sia utile per tutti.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Loro decidono di strutturarsi secondo governi autonomi. Diciamo che alcune comunità si organizzano come un governo parallelo, formano i propri comitati e iniziano poi a fare lavoro collettivo. I soldi che prima si usavano per le feste e per il bere - c’era molto alcolismo allora - adesso sono utilizzati per comprare le armi. Chi le compra da una parte, chi da qualche altra. Questo è un esercito che non viene armato da fuori, ma si arma da sé stesso, così che il suo disarmo è impensabile.
MAYOR MARIBEL - Personalmente penso che non si possa pensare solo a se stessi ma anche agli altri che stanno male. È per questo che decisi di unirmi all’EZLN, perché mi rendevo conto delle necessità e della grande povertà in cui si viveva.
SUBCOMANDANTE MARCOS - L’EZNL si vide obbligato a subordinare la propria struttura politico-militare a questa struttura democratica che prendeva le decisioni e questo fatto incomincia a massificarlo, a diffonderlo, e i guerriglieri che stavano in montagna iniziano a passare nel nostro esercito rivoluzionario. A quel punto, qualsiasi comunità poteva dire: “Questo è il nostro esercito” e smette di vedere l’EZNL come qualcosa a parte, ma come qualcosa che aiuta e con cui simpatizza. In quel momento questa persona può dire “questa è la mia organizzazione” perché sa che si terrà conto della sua decisione e dei suoi interessi e la sua opinione verrà presa in considerazione.
E accade l’assurdo che un esercito viene gestito in maniera collettiva e democratica. Assurdo perchè non esiste nulla di più antidemocratico di un esercito ma è proprio questo supporto democratico ciò che lo rende di massa e, per questo, indistruttibile.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Se si riguardano le foto di quel 1° gennaio 1994, negli sguardi e nei visi si può scorgere la sorpresa della società civile e anche la nostra, nell’incontrare la nostra gente.
No c’era cameratismo ma neppure aggressività reciproca, come se fossimo reciprocamente convinti che l’altro non fosse il nemico.
MAYOR MARIBEL - Arrivammo ad Ocosingo alle sei e iniziammo a fare quello che dovevamo. Prendemmo la presidenza, e i giudiziali che si trovavano lì si arresero.
SUBCOMANDANTE MARCOS - La radio sta trasmettendo che Ocosingo è caduta, compagni!
SUBCOMANDANTE MARCOS - Secondo le ultime informazioni in nostro possesso, le truppe stanno ancora combattendo per vincere alcuni punti di resistenza, ma possiamo fin da ora dichiarare la completa presa di San Cristóbal de las Casas e di Ocosingo ed è imminente la caduta di Altamirano e Las Margaritas.
Ricordiamo i nostri compagni caduti in quei primi giorni a Ocosingo, Las Margaritas e Altamirano.
Ricordo il compagno Sub Pedro, allora Comandante in Capo di Stato Maggiore e il secondo fratello dell’EZNL che muore a Las Margaritas nelle prime ore del 1° gennaio.
Il comandante Hugo, o signor Hik, come lo chiamavamo, che muore ad Ocosingo in combattimento contro l’esercito federale per la presa di questa piazza.
Il compagno insurgente addetto al materiale di guerra, Alvarez Fredy, che combatteva in Ocosingo, e i combattenti insurgentes caduti su entrambi i fronti.
Ricordiamo non solo i caduti, ma anche i compagni miliziani che continuano a lottare; in particolare le compagne insurgentes ed il comportamento, la coerenza e la fermezza dei compagni comandanti del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno di cui la grande maggioranza ha marciato con noi e le nostre truppe.
E ricordo la risposta brutale dei militari dell’esercito federale che non combatterono solo le nostre truppe che resistevano, ma cominciarono ad uccidere i civili considerandoli nostre basi, sparando da tutte le parti, soprattutto in quello che fu il massacro di Ocosingo, in quei primi giorni.
Più che dividere il nostro percorso in grandi tappe, possiamo indicare tre grandi assi che noi chiamiamo: l’asse di fuoco, che si riferisce alla situazione militare. L’asse della parola, che si riferisce agli incontri, ai dialoghi, ai comunicati con cui si diffonde la parola che è l’elemento fondamentale: la parola o il silenzio.
Il terzo asse, che sarebbe la colonna vertebrale, è il processo organizzativo e la forma con cui si va sviluppando l’organizzazione del popolo zapatista.
Il Dialogo della Cattedrale più che essere un dialogo con il governo fu un dialogo con la società civile e fu la continuazione di quel sorprendente incontro tra l’EZLN e la società civile. Più che dialogare con i governi, l’EZLN si preoccupò di comunicare con la gente attraverso i mezzi di comunicazione.
In quel momento iniziò la nuova strategia dell’EZLN, quella di ‘rovesciare le sedie’, di farla finita con lo schema burocratico dei dialoghi governativi e di approfittare di questo spazio per dialogare con gli altri, con la gente che noi chiamiamo società civile.
Questo marcò l’inizio di una relazione tra l’EZNL e la società civile che lungo tutti questi anni è stata di incontri, disincontri, reincontri.
Con la Commissione Nazionale Democratica si insisteva ancora nel “gioco delle parti”. Ma l’EZLN si era reso perfettamente conto che al governo non interessava porre fine al conflitto.
MOISES - Il sosostegno dell’EZLN sono coloro che conservarono il segreto della clandestinità, sono i civili, le basi di appoggio, sono coloro che ci sostennero quando percorrevamo la selva Lacandona, loro ci davano le tostadas, i fagioli, il pinole e tutto ciò di cui avevamo bisogno. Questi compagni, queste compagne, questi bambini, sono loro che hanno veramente preservato questo enorme segreto che oggi rappresenta il Messico.
SUBCOMANDANTE MARCOS - La prima sorpresa è che il mondo che incontriamo non ha niente a che vedere con quello che immaginavamo sulle montagne.
In questo senso siamo stati fortunati ad incontrare questo Messico; questa gente disposta a vedere e ad ascoltare ciò che accadeva con gli zapatisti.
Oggi, 19 dicembre 1994, culmina la campagna militare denominata “Pace con Giustizia e Dignità per i Popoli Indigeni.” I giorni 11,12,13 e 14 dicembre del 1994, truppe zapatiste della divisione di fanteria 75 e 25, primo corpo dell’esercito del sudest, hanno rotto l’accerchiamento militare nella selva permettendo ai popoli liberati di eleggere liberamente le proprie autorità amministrative.
Le truppe zapatiste sono penetrate nelle linee nemiche allo scopo di evitare lo scontro armato. In quei quattro giorni, protetti dal territorio, dal clima e dall’appoggio della popolazione, migliaia di combattenti hanno varcato la linea di accerchiamento. Compiuta questa parte, i combattenti zapatisti si sono preparati per la tappa successiva dell’operazione militare.
Con l’appoggio della popolazione civile locale hanno preso presto posizione nei seguenti municipi dello stato del Chiapas: Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano, La Independencia, La Trinitaria.
MOISES - Ed ora entrano i compagni insurgentes e i miliziani che fanno parte dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Le nostre forze hanno rotto l’accerchiamento: una da questo lato tra Ocosingo e Palenque; l’altra tra Altamirano e Las Margaritas; un’altra tra Altamirano e Las Margaritas e un’altra ancora tra Las Margaritas e la Frontiera; e un’altra ha attraversato Marqués de Comillas.
Dopo la rottura dell’accerchiamento, le nostre forze si sono distribuite nei municipi indicati.
Questa è la nuova zona di conflitto, quasi la metà del territorio dello Stato del Chiapas, sono 38 municipi.
INDIO - Noi non siamo stranieri o di un latro Paese. Siamo 100% indigeni. Noi non viviamo con queste leggi che detta il governo ma con le leggi emanate da tutti i municipi e da ogni comunità. Oggi mostriamo il coraggio che abbiamo e l’animo di continuare a combattere per raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Nel 1995 è continuata la linea di fuoco con il tradimento del governo Zedillo contro il dialogo che era appena iniziato. Si scatenò l’offensiva militare contro le posizioni dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Nella selva Lacandona ci furono scontri, caddero compagni, caddero nemici e inizia una grande mobilitazione militare, la militarizzazione che non solo si è mantenuta, ma che è aumentata negli anni.
DONNA - Ce ne andammo da Guadalupe Tepejac perché le forze del malgoverno ci attaccarono mandando i federali che ci accusavano di essere zapatisti. Noi andammo sulla montagna ospitati da una comunità. Siamo rimasti là per nove anni. Ora siamo qui, a Guadalupe Tepeyac, resistiamo e continueremo a resistere.
DONNA - Non abbiamo terra da coltivare, dove seminare, non abbiamo dove conservare il cibo ma restiamo. Ci hanno prestato della terra e siamo qui in resistenza.
DONNA - Noi volevamo ritornare ma il governo ce lo impediva mantenendo le truppe armate a Guadalupe. Noi non siamo tornati finchè l’esercito non se n’è andato.
UOMO - Quando le forze repressive del malgoverno hanno distrutto la nostra prima nave colpendo la pace e la speranza, noi non ci siamo arresi, né scoraggiati. Siamo andati avanti a testa alta e abbiamo continuato a costruire navi dappertutto. A partire da oggi, 28 dicembre 1995, inizia il suo viaggio una piccola imbarcazione con base in questa comunità di Ovenitc, municipio di San Andrés Sakamch’en de los Pobres.
UOMO - Quando lavorano tutti insieme, in queste condizioni, non importa se arrivano da altre regioni e da altri luoghi, perché quando sono qui è come se fossero una grande famiglia. Vengono da diverse regioni, Tzeltal, Chol, Tzotzil, e anche se si parlano lingue diverse per noi non è un ostacolo, possiamo comunicare molto bene, possiamo lavorare insieme, dobbiamo dimostrare che la comunità non è dispersa, dobbiamo rafforzarla anche perché il governo parla di distruggerci e di separarci.
Noi stiamo facendo tanti sacrifici e sappiamo che la gente ha tanti problemi economici e ncessità di lavorare e costruire qualcosa insieme, sanno che tutto questo apparterrà a tutti loro perché questo villaggio non è di nessuno, è di tutti noi lavoratori che lo stiamo facendo. Loro non sono di una comunità o di un municipio, qui siamo tante comunità che costruisco per tutto il popolo messicano, costruiamo qualcosa che serve a tutti.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Inizia quindi il dialogo ma sempre sotto la minaccia militare, stavolta del governo federale.
Così comincia il 1996 quando L’EZLN comincia a costruire la parola in modo più compiuto, come arma ma anche come punto di incontro.
Il bilancio del dialogo di San Andrés è molto positivo per noi perché permise di dare una struttura più completa a quello che avevamo tentato di fare a San Cristóbal. Ottenemmo che al tavolo potessero sedere tutti quelli che avevamo voluto invitare e ciò rappresenta un’esperienza che non è mai stata giustamente valutata né in Messico, né nel mondo.
Per quel che riguarda gli accordi raggiunti sui diritti e cultura indigeni, significava la concretizzazione del punto fondamentale che la sollevazione del gennaio ‘94 aveva inserito nell’agenda nazionale, vale a dire, la condizione dei popoli indios del Messico. Era la possibilità di incorporare non solo le esperienze degli zapatisti, ma anche quelle dei popoli di tutte le parti del Messico e sintetizzarle nelle richieste di riconoscimento costituzionale dei loro diritti.
COMANDANTE TACHO - Vogliamo dirvi che questa delegazione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, dall’aprile del 1995 è venuta qui disposta a parlare seriamente e a stringere accordi. Siamo qui da trenta mesi ma ci siamo accorti che questa delegazione non è stata in grado di poter capire e non ha la capacità di dialogare. Per lungo tempo ci hanno perfino trattato con disprezzo ed anche con profondo razzismo. Hanno usato diversi metodi e per ultimo la minaccia. Hanno fatto in modo che i nostri popoli subissero la pressione militare. (...)
Questa delegazione ha agito ed ha pensato come se questa fosse la soluzione per poter avanzare in questo dialogo. Noi non siamo disposti ad accettare nulla sotto le minacce.
Non lo abbiamo fatto, e non lo faremo.
COMANDANTE DAVID - I nostri antenati hanno saputo vivere, hanno saputo conservare la terra e i boschi, perché sapevano che questa è la nostra madre terra, sapevano che è l’unico modo di sopravvivere.
Siamo noi che curiamo queste terre. E perchè lo facciamo? Per arricchire un paio di famiglie di questo Paese! E perché, se ogni giorno qui si muore di fame!
INSURGENTE - La natura non è nostra. La terra, per esempio, non è nostra. Siamo noi che apparteniamo a lei.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Nel 1997 l’EZLN, rispondendo a questa nuova forma organizzativa delle comunità che progrediva sempre più, lanciò una nuova iniziativa per il dialogo e questa volta senza condizioni, ma con un grande contingente di persone con la marcia dei 1.111 in vari stati della Repubblica per arrivare fino a Città del Messico e chiedere il compimento degli Accordi di San Andrés. Il compimento degli Accordi di San Andrés che, diciamo, è l’orizzonte della guerra zapatista, diventa quindi un punto molto importante per l’EZLN.
VOCE DAL MEGAFONO - A tutti i lavoratori della Repubblica del Messico: ci è giunta la notizia che è nato il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale, una sfida e un motivo di speranza!
INSURGENTE – Di nuovo siamo venuti qui, migliaia di uomini e donne zapatisti di diversi municipi degli Altos, Selva e Nord del Chiapas, per incontrare e ricevere i nostri delegati che sono andati a compiere la missione che gli è stata assegnata di portare la nostra voce, la voce ribelle dei popoli zapatisti.
Il malgoverno può formare i gruppi paramilitari che vuole e chiamarli come crede, ma non ci spaventa, perché noi zapatisti abbiamo l’arma più potente: la ragione, la giustizia e la dignità.
I principali responsabili della guerra e della morte di migliaia di indigeni sono i governi statali e federale che non hanno la volontà di risolvere il conflitto armato per la via pacifica.
INDIO - Dapprima i priisti hanno cominciato a cacciare gli zapatisti. Poi sono arrivati con armi, machete e bastoni. Così abbiamo cominciato a ritirarci per non scontrarci con gli altri campesinos. Per questo noi siamo un passo avanti, perché non vogliamo scontrarci tra noi campesinos. E così noi ce ne siamo andati e ci siamo fatti indietro per non ammazzarci tra noi ma ci hanno rubato tutto ciò che possedevamo.
Io vengo da una comunità di circa seicento persone; uomini, donne, bambini… tutti seicento espulsi. E le case sono ridotte così. Andiamo a vedere le altre case, così capite quello che fa il governo.
INDIO CON PASSAMONTAGNA 1 - Ci siamo mobilitati, migliaia di persone rappresentanti dei municipi ribelli degli Altos del Chiapas, che da tempo viviamo subendo attacchi, espulsioni, omicidi e persecuzioni da parte di priisti, caciques, guardie bianche armate e pagate dal governo. I nostri compagni sono stati cacciati, centinaia di famiglie hanno avuto le case bruciate, rubati i loro averi ed espulse dalle loro terre.
INDIO CON PASSAMONTAGNA 2 - Diciamo ai priisti che noi non diamo fastidio a nessuno. Non siamo venuti a picchiare nessuno e non capiamo perché è chiusa la presidenza municipale. Noi non picchiamo nessuno, siete voi quelli che picchiano. Vogliamo essere rispettati, non intralciate il nostro cammino se non volete rimetterci.
Siamo qui a rappresentare quindici municipi.
INDIO 1 - Ieri hanno bruciato dodici case, poi nella notte quattordici, quindici case.
INDIO 2 - Eravamo in casa quando sono arrivati i priisti con le armi ed hanno cominciato a sparare… cachiques e priisti. Sì, siamo di Pachiquil, siamo scappati tutti e ora siamo qui, abbiamo lasciato tutto, non abbiamo più niente, solo i vestiti che ho addosso.
INDIO 3 - Non abbiamo più da mangiare e la gente muore di fame. Avevamo una casa ma adesso le case sono distrutte, bruciate. Alcuni compagni avevano dei negozi ma hanno rubato tutta la merce. È per questo che siamo venuti qui.
DONNA INDIA - Sono morti tutti, mio padre, mio fratello, mia cognata.
RAPPRESENTANTE INDIO - Erano in un accampamento vicino alla cappella quando, verso le dieci del mattino, sono arrivati gruppi di priisti.
Subito dopo sono arrivati gli aggressori e lo hanno ammazzato; allora sono andati a nascondersi sempre vicino alla cappella, nel letto di un torrente, così, quando sono arrivati gli aggressori è stato ancora più facile per loro ucciderli.
INTERVISTATORE - Sapete quanti morti ci sono?
INDIO - Secondo le informazioni raccolte questa mattina, ad Acteal sembra ci siano 35 morti e 9 feriti e anche due dispersi. In un altro villaggio ci sono 8 morti, 3 feriti e 6 dispersi.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Dicembre 1997 con Acteal, segna la linea di fuoco con una ferita rimasta aperta fino ai nostri giorni.
Nel 1998 l’EZLN e le comunità subiscono attacchi brutali da parte del governo, attacchi ai municipi autonomi; si verificano numerosi scontri tra migliaia di basi di appoggio e colonne militari per impedire nuovi insediamenti militari.
DONNE – Noi qui non lo vogliamo l’esercito! Che se ne vadano!
RAGAZZO - I soldati sono passati e hanno iniziato a sparare e a uccidere!
UOMO - Ci sono stati degli spari, non sappiamo ancora se ci sono morti, non si sa niente. Le donne sono disperse e nessuno ne sa niente, adesso andremo a cercarle.
INTERVISTATORE - Di che villaggio siete?
UOMO – Chavajeval.
INTERVISTATORE - In quanti siete stati arrestati?
INDIO - Ci hanno distrutto tutto e ci hanno preso i soldi, si sono portati via tutto.
INDIO CON BERRETTO AZZURRO - Non credano di metterci paura perché hanno ucciso dei nostri compagni! No!
SUBCOMANDANTE MARCOS - Nel 1999 nasce la Consulta Nazionale per i Diritti e la Cultura Indigena. Le comunità danno una dimostrazione di forza. La Consulta Nazionale rappresenta uno sforzo organizzativo mutuo, non solo dell’EZLN, ma di molta gente che non è organizzata ma che inizia ad organizzarsi.
INDIO CON PASSAMONTAGNA - Noi veniamo qui ad esporre le nostre idee così che voi possiate vedere e comprendere lo scopo del nostro viaggio.
INTERVISTATORE – Voi ritenete che il popolo deve organizzarsi ed esigere che il governo comandi obbedendo.
INDIO CON PASSAMONTAGNA – Significa eleggere un’autorità, un compagno che faccia tutto quello che il popolo gli chiede di fare, che non che agisca secondo la sua sola volontà come fa Zedillo, come ha fatto Salinas, come fa il governatore del Chiapas.
SUBCOMANDANTE MARCOS - La mobilitazione della Consulta, oltre che un appogggio fondamentale per l’approvazione della legge su diritti e cultura indigena, fornisce all’EZLN anche un indicatore della relazione che si è costruita nel tempo con la società civile.
UOMO - Qui stanno partecipando tutti i messicani che sono nati in Messico ma che per varie ragioni non possono recarsi in Messico, e allora sono qui e siamo tutti uniti.
UOMO - Noi rappresentiamo l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, siamo una delegazione zapatista e veniamo per la Consulta che si terrà il 21 di marzo. Domani, domenica, verremo qui a raccontare le nostre sofferenze e ad ascoltare come anche voi soffrite da quella parte, negli Stati Uniti.
VOCE DAL MEGAFONO – Dovete sapere che da noi, nelle comunità, c’è l’esercito e noi vogliamo che se ne vada.
L’esercito porta la prostituzione, non c’è rispetto per le nostre comunità indigene. Noi ci sappiamo difendere da soli e non vogliamo la loro “protezione” nelle nostre comunità.
Ci minacciano con gli aerei, gli elicotteri, ma devono rispettare la nostra dignità di indigeni.
Vogliamo che si riconosca l’autonomia dei popoli indigeni. Devono essere rispettati gli accordi che si sono firmati a San Andrés ma che il governo non ha rispettato e ha stracciato.
INDIO CON PALIACATE 1 - Da quando è iniziata la Consulta Nazionale su Diritti e Cultura Indigeni, dall’anno scorso, sono aumentati i pattugliamenti, i sorvoli di aerei ed elicotteri.
INDIO CON PALIACATE 2 – Oggi, 7 aprile del presente anno, più di trecento elementi della sicurezza pubblica, giudiziali, funzionari di Roberto Albores Guillen e autorità priiste, con un piccolo gruppo di priisti, sono arrivati per mandarci via e smantellare il nostro municipio.
INDIO CON PALIACATE 1 - Il governo parla tanto, parla di pace, di dialogo, ma non è vero quello che dicono. Quello che vuole veramente è solo sofferenza e sangue.
INDIO CON PALIACATE 2 – Qua, il consiglio autonomo è iniziato nel 1995 e continueremo ad andare avanti. La nostra base è la gente. Anche se il governo rimane, che ci stia, noi non tratteremo con il governo finchè non verranno rispettati gli Accordi di San Andrés. Questa è la nostra parola.
La gente è ancora arrabbiata ma, ormai, ha cacciato la pubblica sicurezza e loro ci hanno detto pubblicamente che non ci colpiranno. Bene. Quindi, noi continueremo a lottare come sempre, come consiglio autonomo indipendente dal governo.
COMANDANTE EZLN - La cosa bella è che siamo milioni che vogliamo cambiare il nostro Messico.
Questa sofferenza, questo dolore profondo che sentono tutti i lavoratori del nostro Paese si chiama: ingiustizia.
Questa delegazione zapatista non porta la soluzione per il Paese. Noi pensiamo che la soluzione stia nel popolo e nei lavoratori. Per questo, il popolo deve sentire sua questa pratica politica che si chiama democrazia.
E per completare e vivere in pieno questa pluralità, nasce un’altra parola, la parola libertà.
Fratelli, dobbiamo costruire un Messico nuovo, un Messico diverso. Il Messico ha bisogno di noi. Noi dobbiamo restituirgli l’indipendenza tradita.
SUBCOMANDANTE MARCOS – L’EZLN comincia a cercare di avvicinarsi di più alla società che ha accolto la Consulta del 1999 e a cui interessa costruire qualcosa di nuovo. E’ quello che vogliono anche gli zapatisti, no? Ma, nello stesso tempo ci poniamo una domanda fondamentale sulla classe politica messicana: se valga la pena o meno costruire un rapporto con essa e lancia quindi la “Marcia del Colore della Terra”.
SUBCOMANDANTE MARCOS NELLO ZOCALO - Noi non dovremmo essere qui. Dovrebbero essere qui tutte le comunità indigene zapatiste che da sette anni lottano e resistono. Le comunità zapatiste, gli uomini, donne, bambini e anziani, basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Loro sono i piedi che ci fanno camminare, la voce che ci fa parlare, lo sguardo che ci fa vedere, le orecchie che ci fanno sentire.
COMANDANTE ESTHER IN PARLAMENTO - Non siamo venuti a legiferare. Siamo venuti per farci ascoltare e ad ascoltare. Siamo venuti a dialogare. Noi siamo zapatisti. Noi siamo i comandanti che comandano obbedendo ai nostri popoli e chiediamo che vengano riconosciute le nostre differenze ed il nostro essere messicani.
COMANDANTE ZEBEDEO IN PARLAMENTO - Un giorno, in mezzo alla tempesta e alla tormenta, siamo riusciti a comunicare, a incontrarci, ascoltarci e mettere insieme le parole, i pensieri. Quell’insieme di pensieri e parole sincere, e le giuste rivendicazioni dei popoli indios, sono stati chiamati “Accordi di San Andrés Sakamch’en de los Probres” firmati dal governo federale e dall’EZLN.
E’ necessaria l’approvazione ed il rispetto dell’iniziaitiva di legge della Cocopa che contiene le parti essenziali degli Accordi di San Andrés.
COMANDANTE ESTHER IN PARLAMENTO - Si accusa questa proposta di galvanizzare il Paese e si dimentica che il Paese è già diviso. Si accusa questa proposta di promuovere un sistema illegale e si dimentica che il sistema attuale promuove solo lo scontro. Punisce il povero e dà impunità al ricco; denigra il nostro colore e trasforma la nostra lingua in crimine.
Attraverso la mia voce parlano non solo le centinaia di migliaia di zapatisti del sudest messicano, ma parlano anche i milioni di indigeni di tutto il Paese e la maggioranza del popolo messicano.
La mia voce non ha mancato di rispetto a nessuno, ma non sono venuta nemmeno a chiedere l’elemosina.
COMANDANTE DAVID - La nostra marcia prosegue il suo cammino. Dobbiamo continuare e andare avanti insieme a voi continuando a percorrere la giusta via, affrontando ostacoli, continuando a camminare tra le spine per ottenere ciò che il popolo messicano chiede.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Un’organizzazione che dà tanto valore alla parola, dà per scontato che dall’altra parte avvenga lo stesso ma, dopo qualche tempo, abbiamo capito che non è così. Per la classe politica è esattamente il contrario. La parola per la classe politica non ha assolutamente alcun valore; un giorno dice una cosa e un altro un’altra, e non succede niente, anche se questo colpisce chi pensa il contrario. Ma prima di capirlo sono passate molte lune, come ha detto un compagno.
Con la votazione al Senato e nel Congresso dell’Unione, l’EZLN ottiene una risposta definitiva riguardo alla classe politica messicana.
COMANDANTE - È giunto il momento che ci organizziamo e formiamo i nostri municipi autonomi. Dobbiamo organizzarci come veri ribelli, senza aspettare che qualcuno ci dia il permesso di essere autonomi, dentro o fuori della legge.
COMANDANTE - Una volta ancora siamo qui a dire che siamo vivi e andiamo avanti. Non ci siamo arresi e non ci siamo venduti.
COMANDANTE - Questi governanti razzisti pensano che noi indios non conosciamo il mondo, ma sappiano che noi lo conosciamo. Sappiamo del mondo e conosciamo i piani di morte che si fanno contro l’umanità, perché conosciamo tutti quegli uomini e donne di tutti i Paesi che sono venuti nei nostri villaggi. Attraverso le loro parole abbiamo viaggiato e sappiamo anche delle lotte di altre popolazioni per la propria liberazione.
COMANDANTE TACHO - Per prima cosa vogliamo dire che non obbediremo ad ordini che non provengano dalle nostre popolazioni.
I tre principali partiti politici del Messico che sono il PAN il PRI e il PRD, si sono fatti beffe della popolazione messicana, degli indios del Messico e di tutto il popolo che ha appoggiato il riconoscimento dei nostri diritti e di tutta la gente del mondo che ci sostiene.
COMANDANTE ESTHER - Noi zapatisti siamo ancora qui a dirvi, a testa alta, che nessuna comunità zapatista accetterà progetti del governo o l’immondizia che il governo ci manda spacciandoli per aiuti.
COMANDANTE DAVID - Dal primo gennaio del 1994 abbiamo acceso una piccola luce di ribellione e di dignità che i potenti hanno voluto spegnere. Questa luce oggi è il simbolo della nostra forza e del nostro impegno in questa lunga lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia.
MORTE ALLA MORTE !
VIVA I COMPAGNI CADUTI !
VIVA L’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE !
VIVA I POPOLI INDIOS DEL MESSICO !
VIVIA I RIBELLI DI TUTTO IL MONDO !
VIVA LA VITA !
MORTE ALLA MORTE !
COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO - COMANDO GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO - 1° GENNAIO DELL’ANNO 2003
SUBCOMANDANTE MARCOS - Nel 2003 viene annunciata la costituzione delle Giunte di Buon Governo sulla base dell’autonomia indigena e l‘EZLN, in questo modo, si presenta con un’alternativa non teorica ma concreta. Non sto parlando di un esempio da seguire, ma di un riferimento civile e pacifico, perché fino ad allora il nostro riferimento era stato quello di un’organizzazione armata.
Fondazione delle Giunte del Buon Governo
Oventic, agosto 2003
COMANDANTE DAVID - Nove anni fa si costruivano gli Aguascalientes e cominciava una tappa della lotta politica in resistenza contro il malgoverno razzista.
L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, dichiara formalmente la nascita dei cinque Caracoles del sudest messicano.
COMANDANTE - Quello che chiediamo è il rispetto della nostra organizzazione, di rispettare le nostre comunità, i nostri municipi autonomi e le loro autorità, e di rispettare le Giunte di Buon Governo di tutte le regioni e di tutte le zone che oggi si costituiscono formalmente alla presenza di migliaia di fratelli e sorelle indigeni e non indigeni del Messico e di molti paesi del mondo, affinché i nostri popoli indigeni possano esercitare il loro diritto all’autonomia e alla libera determinazione, come contemplato negli Accordi di San Andrés firmati dal governo federale e l’EZLN, e trasformati in disegno di legge dalla Cocopa nel novembre del 1996.
Ma vogliamo anche che sia ben chiaro che non resteremo a braccia conserte nel caso i nostri compagni, le nostre comunità e i nostri municipi subiscano aggressioni da parte di qualsiasi gruppo di persone di qualsiasi partito o di qualsiasi gruppo paramilitare, perché è nostro dovere difendere i nostri compagni e pretendere che siano rispettati.
SUBCOMANDANTE MARCOS - Tutto questo avviene in un clima di guerra, di persecuzione, di attacchi dei paramilitari, di fortissime campagne di stampa avverse, di sofferenza per le popolazioni locali; tutto quello che si può immaginare come ostacolo ma che gli zapatisti affrontano per costruire questa alternativa di buon governo rappresentata dalle Giunte.
Noi pensiamo che ognuno debba costruire la propria esperienza e non ripetere modelli, ed in questo senso lo zapatismo è uno specchio; uno specchio che serve non solo per guardarsi, pettinarsi in un certo modo, sistemarsi, ecc. ma anche per vedere e riconoscere i propri errori e costruire un proprio processo di crescita.
Non si tratta di esportare o importare lo zapatismo, noi pensiamo che la gente di qualsiasi posto abbia sufficiente bravura e saggezza per costruirsi la propria esperienza, il proprio movimento perché possiede una sua storia.
COMANDANTE - Teniamo in molta considerazione il lavoro, gli sforzi, il pensare come lavorare meglio, vivere e aiutarsi, ma tutto questo non si vede perché non c’è profitto. Ma non ci siamo dimenticati di quando lavoravamo e ci organizzavamo di nascosto, ci preparavamo in silenzio sapendo che un giorno il Messico ed il mondo avrebbero saputo chi siamo, cosa vogliamo e perché lottiamo.
E adesso stiamo lavorando e ci stiamo organizzando, stiamo imparando ma non c’è profitto.
Ma un giorno il popolo del Messico capirà che vogliamo veramente un governo del popolo e per il popolo e mettere in pratica il “comandare obbedendo”.
Questo è l’impegno che ci siamo assunti.
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