RIASSUNTO PER I PARLAMENTARI
(video CONAI)
Interviste
a Alfredo Santiz Jimenez e Mario Alvarez Lòpez torturati il: 10 febbraio 1995
- Ti faccio vedere un video dove tu appari quando c'è stata la guerra del primo gennaio 1994. Mi ha detto.
- Fammi pure vedere il video, se non appaio non devi segnalarmi che sono zapatista. Gli ho detto. - Dopo due minuti se ne andò e vennero quelli dell'esercito e mi portarono dove c'era lui appeso per le braccia e tutto picchiato.
- Lo vedi come sta quello lì?
- Sì
- Mi hanno messo delle cose di ferro.(Indica i polsi). Non so come si chiamano.
- Le manette.
- E mi legarono a una sedia. Poi mi misero per terra a bocca in su. Vennero in tre ed il più grasso portò una sedia con una traversa e la mise così sul mio collo e si sedette, questo signore grasso, ed io soffocai e rimasi lì svenuto. Allora siccome non mi alzavo, mi tirarono su a pugni, calci e per i capelli. Mi fecero sedere di nuovo e mi misero di nuovo [indica legato con le mani dietro la schiena] così sulla sedia, per farmi dire che sono zapatista. E quante armi possiedo e chi sono gli altri zapatisti. E da allora dico che non lo sono. Poi portò un secchio con acqua, me lo buttò addosso e tutto il corpo si bagnò. Io ripeto che non sono zapatista. Poi venne con una cosa che mise nella presa della luce e mi diedero delle scosse elettriche nelle gambe, nello stomaco, nel cuore, uno qui e l'altro qui [indica la gola e la testa] e al metterlo lì ci si perde poco dopo. E poi qui... nei genitali lo misero finché vollero. Quando vedono che uno è svenuto lo lasciano un poco e poi lo tirano su a colpi e lo tirano su per i capelli. Dopo mi misero una borsa di plastica e me la legarono così per non farmi respirare. E muoio, non respiro più e vedono che non mi alzo, solo ascolto un poco, mi prendono di nuovo a calci e pugni e mi tirano di nuovo per i capelli per farmi sedere di nuovo. Per farmi dire che sono zapatista e quante armi abbiamo. A dire il vero per evitare tutta questa tortura mi sono "bruciato" [sta per: mi sono accusato] per evitare il dolore ma non so niente di tutto ciò. Io dissi di sì che stavamo con gli zapatisti ed avevamo armi. Ho ammesso tutto per farmi liberare. Per il dolore uno dice: Sì lo sono. Sì abbiamo le armi. Dico così per il dolore. Fu così. Ed aveva anche un coltello e ci pungeva così e tirava anche fuori una pistola, toglieva la sicura per... Già, che mi ammazzi una buona volta. Mi puntava qui alla fronte o qui [indica il cuore] o qui [indica i genitali], poi mette via la pistola e prende una pinza e mi prese la lingua, guarda. Mi tira fuori la lingua e me la pizzica con la pinza e vuole togliermi i denti se non dico che sono zapatista. E quella pinza ha una punta sotto che punge così. Ed io, per salvarmi, dissi di sì, sono zapatista; ma in realtà non siamo zapatisti. Che almeno mi salvi la vita, allora dissi: sì lo sono ed abbiamo armi.
- Dove sono le armi? Sono in una caverna?
- No, no, non sono in una caverna.
- Allora dove le avete?
- Alla fine dissi che c'è una caverna vicino alla comunità e le abbiamo sepolte lì ma non è vero. Non ci sono caverne, l'ho detto solo per salvarmi la vita. Fu così questa tortura che ci ha fatto e restammo molto colpiti.
- Dunque, tutto questo successe il venerdì notte, poi cosa è successo?
- Lì c'era il pubblico ministero che scriveva la dichiarazione. Dopo che mi fecero tutto quello che vi ho detto delle scosse elettriche ... più di un'ora dandomele, dandomene. Quando dichiarai che ero zapatista mi tolsero le manette...
Seconda intervista
Ieri mattina sul presto gli dissero che li portavano di nuovo a dichiarare con il pubblico ministero e li portarono con una camionetta dell'esercito.
Quando arrivarono lì gli chiesero se erano stati maltrattati. Ma dato che gli avevano detto di non dire niente... loro non dissero niente.
Lì gli chiesero se erano zapatisti o no. E loro dissero di sì. Dato che avevano già detto di sì.
Gli chiesero se gli zapatisti li appoggiavano con denaro e loro dissero di no. Li consigliarono di non fare quello che stavamo facendo, perché siamo tutti esseri umani.
E terminando di fare questo, ci fecero firmare le dichiarazioni e ci lasciarono in libertà.
Octavio Santiz Burguete: torturato il 13 febbraio 1995
- Nella strada?
- No dentro, mi alzavano e mi battevano ed io cadevo. Mi alzavano e mi sbattevano contro la parete. Poi finalmente mi fecero uscire di lì, mi liberarono, mi slegarono. Mi dissero che mi avrebbero messo l'uniforme in modo che io potessi dire chi sono gli zapatisti. Mi misero l'uniforme dell'esercito. Fu quando mi fecero vedere una cassa grande e mi chiesero se entravo lì. Io gli risposi che morto ci potevo entrare piegato e persino a pezzi. Così gli dissi.
Dunque mi misero l'uniforme e dissero: - Andiamo.
- Andiamo - gli dissi. Perché? Cosa volete? Che vi consegni l'arma che possiedo? Dite che ho un'arma di alto potere e la devo consegnare? Gli risposi. Andiamo. Se a casa mia c'è, la consegno. Io so che non ce l'ho. Se io ce l'avessi non vi porterei a casa mia, ma siccome so che non ce l'ho, andiamo pure.
Dunque nella cassa che mi avevano mostrato mi legarono di nuovo le mani e dopo tanto tempo mi dissero che mi avrebbero ucciso e mi avrebbero fatto passare per un militare dell'esercito messicano, per poi accusare l'esercito zapatista. Fu così. Mi dissero che mi avrebbero ammazzato e la gente, i giornalisti o chi fa le indagini avrebbe visto che ero dell'esercito e avrebbero accusato l'esercito zapatista. Così mi dissero. Comunque io non mi intimorii e venimmo fin qua, facendo il giro di Chiapas ma invece di passare per la valle passammo per Las Margaritas. Temevo che mi avrebbero tormentato di nuovo. Passammo tutti i posti di blocco e non successe niente.
Alfredo, Mario e Octavio furono presi ad un posto di blocco di Chiapas. Nel caso di Alfredo e Mario, furono inviati a Tuxtla, torturati e minacciati, se avessero rivelato l'accaduto. Nel caso di Octavio fu trasferito a Comitàn.
Aggressione da parte degli Autentici Coletos
(*)(*) abitanti di San Cristóbal che si ritengono discendenti degli spagnoli
19 febbraio 1995
- Fuori! Fuori, Fuori!
- Non cadremo nella provocazione!
- Se lei fosse di qui capirebbe.
- Signora, questo non si fa.
- ... Per istigare gli indigeni, per il proprio profitto per ottenere il premio Nobel della pace. Per questo "che ciuli sua madre" Samuel Ruiz Garcia...
- Così come tre anni fa protesse ... Emiliano Zapata. Gli diede da mangiare. L'abbiamo visto tutti. Qui fuori. Non dobbiamo nascondere niente. L'abbiamo visto tutti che tre anni fa li protesse, gli diede da mangiare. Sì? O dico bugie? Che gli diede da mangiare qui fuori dalla chiesa? Sì o no?
- Sì.
- Che appena cominciò il movimento guerrigliero. Ma in realtà non guerrigliero, ma politico. Le posizioni politiche si vincono con lavoro, con costanza non manipolando le persone e giocando sulle necessità del popolo indigeno. E' un fatto che quel signore portava le sue pentole di cose da mangiare lì fuori e dava da mangiare a tutti... agli invasori. Cercava di proteggere gli aggressori, quelli che ci stavano invadendo, quelli che ci stavano derubando. Il signore tirava fuori le sue pentole e dava da mangiare. E dormivano lì fuori, dava anche le coperte. Questo non è valido, va contro la legge, contro Dio, questo non è cercare il benessere per tutti, ma è spalleggiare la delinquenza, e lo sta facendo il signore, e l'ha fatto e fino ad ora gruppi o gruppetti. In maggioranza vogliamo pace e siamo disposti a ritirarci...
- Andiamocene. Ma che capisca Samuel che non lo vogliamo!
... per tornare il triplo di quelli che siamo qui e lo diremo alle nostre famiglie, ai nostri fratelli e ai nostri figli che ci causano un danno, per creare coscienza; è un'instabilità, è un'insicurezza.
- A causa di tutto questo non c'è lavoro.
- Dicevo poco fa a un amico in cosa lavoro... io sono operaio, e lavoro bene, non ho bisogno di andare in chiesa e approfittarmene per farmi dare una elemosina per sopravvivere. Io so lavorare. Ma il vescovo approfitta di queste situazioni per manipolare i movimenti che poi creano queste situazioni politiche. Io faccio un'inchiesta adesso. E vero o non ‚ vero che gli dava da mangiare lì fuori quando mettevano i loro cartelloni "Movimento Emiliano Zapata". Sì o no? Credono che non ci ha danneggiato tutta la situazione di Chiapas? Basta adesso. Non è uno stato di diritto... La Commissione Nazionale dei Diritti Umani protegge gli indigeni delinquenti e noi chi ci protegge? La Procura, a cui presentiamo le nostre querele, ci prende per scemi, le riceve per lasciarle sulla scrivania? Io vorrei che qui ci fosse un rappresentante della Procura per chiedergli quante querele in corso ci sono e se hanno proceduto o no. Noi non possiamo procedere, perché? Per la situazione politica dello Stato. Noi non siamo politici, siamo gente del popolo, lavoratori. Non apparteniamo né al PRI né al PRD né a niente. Vogliamo solo la pace e lavorare con coscienza per Messico e per Chiapas.
- Come si chiama lei?
- Sergio Boal.
Ejido El Prado, Municipio di Ocosingo
2 marzo 1995
- Siamo in montagna solo con la tenda, soffriamo, sono tutti là sulla montagna, con fame. Guarda cosa hanno fatto i soldati alla mia casa, tutti i mulini, il tortillero. Hanno rotto tutto. Il mio comal (piastra di terracotta dove si cucinano le tortillas), i secchi, le mie pentole. Hanno bruciato tutto. Sono venuta per vedere le mie cose e non c'è più niente. Guarda com'è‚ ridotta la mia casa, hanno rotto tutto. Soffriamo sulla montagna, con la fame.
- Hanno finito tutte le cose, sedie, tavolo, secchi, stuoie, tutto, hanno rotto tutto: tavolo, sedie, letto, machete, piccone, zappa, tutte le masserizie, hanno distrutto tutto qui, e siamo fregati là dove ci troviamo sulle montagne.
- Noi siamo poveri.
- Sono morti tre bimbetti là, di fame, non hanno niente da mangiare.
- Il problema adesso ‚ che hanno rubato tutte le selle ed i cavalli, hanno anche rubato nelle case. Le corde e le selle le hanno rubate. Questo è il problema che abbiamo.
Hanno ammazzato i polli, i maiali, hanno mangiato tutto quello che c'era. Hanno tagliato le banane e le hanno buttate via tutte. Hanno aperto tutto, guarda il mais, se lo sono mangiato gli animali. Guarda com'è il mais e le case bruciate. Si dice che il governo sta chiedendo una legge di amnistia, ma non è così. Se davvero il governo vuole la legge di amnistia, i federali non avrebbero rotto le porte e distrutto le cose. Non è per l'amnistia, i soldati hanno lasciato tutto così: il grano ed il caffè sono lì sparsi.
- E la gente se ne è andata per paura?
- Per paura... Tutti i vestiti... E così, cosa vuoi portare via alla gente povera? Così, i mulini, tutto, lo hanno lasciato rotto, cosa farà la gente?
- Guarda questo mulino, si sono portavi via gli altri pezzi ed hanno lasciato solo questo. Era completo il mulino. Avevamo il machete, adesso non ce ne sono più per lavorare.
- I machete ed anche le accette. Tutto.
- In che giorno sono venuti qui a distruggere?
- Quello che hanno fatto è un casino. E' stato mercoledì 22 febbraio 1995: quel giorno sono venuti in questo ejido, a fare questo casino.
- Quante persone si sono rifugiate sulle montagne?
- Sono esattamente 780. Tutti. Uomini, donne e bambini.
- ...
- Non abbiamo niente da mangiare. I bambini chiedono da mangiare e non sanno che non c'è niente da mangiare. Per questo i bambini sono magri ed alcuni sono già morti là sulla montagna, di fame, malattia, diarrea. Quando eravamo qui era grasso, adesso è magro.
- Siamo sulle montagne con tutta la famiglia. Devi sapere cosa ci è venuto a fare l'esercito messicano: è venuto a distruggerci tutte le case. Andiamo su in quelle montagne. Adesso ci sono delle creature malate, alcune sono morte. C'è molta sofferenza per le malattie e la tosse. L'esercito ha distrutto le nostre case. Si sono portati via i machete, le asce e tutto quello che c'era, mulini, lime per affilare i machete. Tutto si sono portati via, anche le coperte, non ci hanno lasciato niente ed hanno bruciato due case qui all'entrata. Io non so se è vero che tutto lo ha ordinato il Presidente della Repubblica, Ernesto Zedillo Ponce de León, e perché, per la miseria, ci è venuto a rovinare. Ciò che noi vogliamo, è che ci restituisca tutte queste cose che si sono perse. Perché in caso contrario potrebbe darsi che dopo si svegli il mondo, perché adesso siamo già disposti a morire, perché adesso la gente è arrabbiata. Perché siamo tutti sulle montagne? Perché? Signore, che cosa gli dobbiamo? Perché sono venuti a rovinarci questi disgraziati dell'esercito messicano? perché fin quassù? sulle montagne? Non dobbiamo niente, non abbiamo ucciso nessuno, non abbiamo fatto niente, noi avevamo solo le nostre povere case e per di più vengono a distruggere. Guarda la povera gente che viene, vengono in gruppo, le donne e i bambini tutti malati, non abbiamo niente, siamo rimasti senza niente, non abbiamo da mangiare, non abbiamo né mais né fagioli, per questo mi sento morire dalla rabbia, mi scusi signore è questo che ci addolora adesso. Sì, tutti sappiamo che dovremo morire perché Dio ci presenterà il conto. Non perché uno è ricco o è del governo non moriranno, moriremo tutti, signore. Io lo so bene che noi vivremo con Nostro Signore ed il ricco che si crede tanto perché ha del denaro morirà lo stesso, moriremo tutti alla fine del mondo. Va bene quello che ci hanno fatto, perché così adesso siamo disposti e se dovremo morire, moriremo tutti insieme. Adesso la gente è disposta, mi scusi, ma adesso viene tutto il gruppo vengono piangendo le povere donne, incinte e tutto. Signore mi scusi, mi scusi se ho parlato.
- ...
- Ha perso il mulino e la pressa per fare le tortillas, il comal ed anche l'animale, anche il mais che aveva ed i fagioli, tutto è andato perduto e là sulle montagne si è raffreddata e sta per partorire e soffrirà ancora di più perché non c'è niente da mangiare.
- ...
- Non è rimasto niente nella casa, né mais, né fagioli, tutto hanno distrutto, lo buttarono e se l'è mangiato il maiale. Per questo stiamo scendendo adesso. Da giorni ci troviamo sulle montagne.
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