VIDEOINTERVISTA DEL SUBCOMANDANTE MARCOS

da la Jornada del 2 marzo 1998

MARCOS: SE RISPETTANO LE CINQUE CONDIZIONI, NEGOZIEREMO

È nuovamente la società civile quella che può riattivare il processo del dialogo, dice. Acteal rappresenta il segnale del governo di fronte al problema delle etnie, esprime nel video mandato alla commissione internazionale.

di Hermann Bellinghausen

San Cristóbal de Las Casas, 1° marzo 1998

"Se verranno rispettate le cinque condizioni, ritorneremo a dialogare", ha affermato il subcomandante Marcos in un video presentato questo pomeriggio. "Nonostante che da quando si concordarono le condizioni, nel 1996, sono apparse situazioni nuove", ha aggiunto il capo ribelle, e "il conflitto è tuttora più grave".

Nel video di 55 minuti, il subcomandante Marcos afferma: "Disgraziatamente il governo non vuole rispettare nessuna condizione, neppure una. Il governo non sta pensando che il dialogo sia la strada per risolvere il conflitto". Rispondendo ad un questionario che gli consegnarono i membri della Commissione Civile Internazionale di Osservazione per i Diritti Umani, che ha appena terminato di visitare il Chiapas, e ad altre domande "della società civile nazionale ed internazionale", il portavoce zapatista ha definito oggi la posizione dell'EZLN di fronte al ristagno delle trattative per la pace.

Apparendo per mezzo del SISTEMA ZAPATISTA DI TELEVISIONE INTERGALATTICA, Marcos ha insistito sul fatto che non c'è fiducia nel dialogo e che soltanto la società civile è in grado di far sì che il dialogo stesso ritorni ad avere l'importanza che merita.

In relazione alla mattanza di Acteal, il subcomandante Marcos ha insistito attribuendone la responsabilità al governo: "per noi, Acteal è la risposta del governo di fronte al problema indigeno".

Esibito alla stampa nella sede del periodico il TIEMPO di San Cristóbal, il video mostra anche una breve comparizione del comandante Tacho che parla della situazione dei diritti umani nelle comunità zapatiste.

Secondo il subcomandante Marcos, il governo messicano è deciso a "liquidare l'EZLN"; "nel migliore dei casi, sta pensando di annientare la dirigenza in modo tale che possa trattare con un corpo senza testa".

In ripetute occasioni, Marcos esprime la sua preoccupazione rispetto alla ripresa del dialogo. In un altro momento del filmato, Marcos afferma: "La creazione dei municipi autonomi è la forma nella quale le comunità indigene rispettano ed applicano gli accordi di San Andrés" che "riconoscono il diritto ai popoli indigeni di governarsi secondo le proprie forme interne". "Se rispettano le cinque condizioni, ritorneremo a dialogare. Nonostante che da quando si firmarono gli accordi, sono comparsi nuovi elementi ed ora la situazione è più grave. Tuttavia, l'EZLN non ha aggiunto altre condizioni a quelle che pose nel 1996, da quando venne sospeso il dialogo con il governo ".

"Se il governo accetta l'iniziativa della COCOPA, se fa una proposta seria relativamente alla democrazia, se smette di perseguitare e fustigare le comunità indigene, se concede capacità decisionale, serietà e rispetto ai loro commissari, se libera i prigionieri zapatisti; se passa tutto questo, allora sì, saremo disposti a tornare al tavolo delle trattative".


Continuando, trascriviamo il testo completo del messaggio del subcomandante Marcos, con domande e risposte

MESSAGGIO IN VIDEO

Il subcomandante Marcos risponde alle domande della società civile nazionale ed internazionale

Vogliamo ringraziare il SISTEMA ZAPATISTA DI TELEVISIONE INTERGALATTICA per la opportunità che ci offre per parlare con voi e risolvere alcune domande che oggi circolano nell'opinione pubblica nazionale ed internazionale, ed anche nella Commissione Internazionale Civile per i Diritti Umani.

D. Come valuta l'EZLN la situazione del conflitto dopo la mattanza di Acteal?

R. Vediamo che prima della mattanza di Acteal il governo ha disegnato una strategia per spostare il conflitto in Chiapas, farlo diventare un conflitto tra le comunità e tra le etnie. Questo è stato il senso di armare i gruppi paramilitari in modo che la guerra si spostasse ad un confronto tra indigeni armati: quelli dell'EZLN e i paramilitari del PRI e del governo.

Nel momento in cui si succede Acteal, lo si identifica come quello che è, un crimine di Stato. La strategia governativa risulta evidente, comincia ad essere chiaro che il governo ha le mani macchiate di sangue congiuntamente agli assassini di Acteal, e questo è diventato di pubblico dominio, come ha dichiarato la Segreteria per le relazioni Estere, "disgraziatamente" per internet e televisione si è saputo rapidamente dei fatti di Acteal, prima che il governo potesse dare la sua versione. La strategia governativa seguì la sua direzione, come in un copione, come un compito imparato a memoria, per ottenere nell'opinione pubblica e all'interno del potere la legittimità e l'ok per procedere alla liquidazione dell'EZLN.

Quando il governo parla di annientare l'EZLN sta pensando, nel migliore dei casi, all'annientamento della dirigenza dell'EZLN, in modo tale che possa negoziare con un corpo senza testa. Pensiamo che dopo la mattanza di Acteal si è fatta più evidente questa strategia di colpire attorno a quello che è l'EZLN e quello che è la dirigenza zapatista, e agli zapatisti stessi, in modo tale che quando colpirà, non ci sia nessun appoggio ne testimone scomodo a questa azione.

In questo modo si deve interpretare questa campagna xenofoba verso gli stranieri, i colpi alla stampa onesta, i colpi ai dirigenti sociali, la stessa pressione a cui sono sottoposte le comunità indigene, il fomentare divisioni che ci sono in altre organizzazioni sociali, il "filtrare" voci circa supposte divisioni o disaccordi all'interno dell'EZLN.

Dalla parte del governo, Acteal non ha modificato la sua strategia fondamentale, che è diretta all'annientamento della dirigenza dell'EZLN, lasciando irrisolto il problema indigeno. Nello stesso tempo vediamo che il sangue indigeno dei nostri fratelli di Acteal ha anche significato un forte scossone alla coscienza nazionale ed internazionale. E ha richiamato l'attenzione su due fatti fondamentali, uno, il fallimento di lasciare che il tempo avrebbe risolto i problemi, e, due, che nella strategia fondamentale del governo è compreso il genocidio, l'annientamento degli indigeni di questo paese.

Per noi, Acteal è il segnale del governo di fronte al problema indigeno, ma questo colpo, questo affronto all'opinione pubblica nazionale ed internazionale che ha significato la mattanza di Acteal, ha prodotto una grande mobilitazione, una nuova pressione affinché nel dibattito pubblico tornasse il conflitto in Chiapas, la questione indigena e tutta la disparità tra un modello economico e sociale neoliberale ed i popoli fondatori di questa nazione: i popoli indios.

Già è stato dimostrato, dopo le continue relazioni fatte dall'EZLN rispetto al fatto che il governo non aveva volontà e stava solo prendendo tempo e pretesti per applicare la soluzione militare al conflitto, che avevamo ragione, e che, in un modo o nell'altro, Acteal ha fatto in modo che i vari attori si mettessero tutti da un lato o dall'altro, la CONAI, il Congresso dello Stato, i partiti politici.

E nuovamente ha segnalato a tutti loro, includendo l'EZLN e il governo federale, l'esistenza di un attore fondamentale, che partendo da Acteal ha avuto un ruolo protagonista, alla buon'ora! la società civile nazionale ed internazionale.

La possibilità del fatto che Acteal non si ripeta, la speranza che le popolazioni indigene possano recuperare quello che per diritto gli appartiene, che la pace possa essere un futuro per i popoli indios del Messico e in un mondo migliore, hanno ora maggiori probabilità di realizzarsi grazie alla società civile.

Questa domanda permette di vedere l'importanza dell'interlocutore a cui noi ci stiamo dirigendo attraverso il SISTEMA ZAPATISTA DI TELEVISIONE INTERGALATTICA: la società civile, attraverso i suoi comitati, le sue organizzazioni sociali, politiche, non governative ed anche il cittadino che non appartiene a nessuna organizzazione però che è interessato a partecipare, dato che quando succedono queste cose non può rimanere inerte.

Sono molto schematico , ma questo è quello che stiamo vedendo nella situazione attuale. Abbiamo cercato di produrre testi e comunicati in cui facevamo un'analisi più dettagliata, però questo ne rappresenta il riassunto.

D. Avete fiducia sul fatto che verrà fatta giustizia per le vittime di Acteal e con gli altri assassini politici avvenuti in Chiapas?

R. Non abbiamo fiducia, lo abbiamo già detto in altri scritti. E non abbiamo fiducia in quanto coloro i quali stanno decidendo sulle responsabilità e sulla colpevolezza nella mattanza di Acteal sono gli stessi che assassinarono gli indigeni. In questo caso sono scandalose le dichiarazioni che è venuta via via facendo la Procura Generale della Repubblica, che prima ha presentato il massacro di Acteal come uno scontro armato, nonostante che le vittime non fossero armate, poi lo ha presentato come un conflitto tra comunità, infine come un conflitto tra famiglie....

In un modo o nell'altro è venuto alla luce quello che noi già avevano rivelato nei primi giorni, cioè che c'era una responsabilità diretta, non per omissione, ma per aver commissionato i delitti, da parte della Sicurezza Pubblica dello stato, e per implicazioni di complicità nella stessa Segreteria di Governo e nella Presidenza della Repubblica. I comandanti della Sicurezza Pubblica sono implicati nel fatto di aver armato, addestrato e protetto i gruppi paramilitari. Per questo presentano uno, due, tre capri espiatori e dicono "abbiamo già risolto il problema", e alla fine la verità circa Acteal non la conosceremo, mentre le persone che diedero l'ordine continuano a restare al governo. Dovremo aspettare altri cento anni per sapere cosa è successo.

Continua il problema dei paramilitari. Sulla base della serie di bugie che ha diffuso la Procura Generale della Repubblica, ci domandano se il conflitto del Chiapas è un conflitto intercomunitario, interetnico o religioso.

Intercomunitario è quando si svolge tra una comunità contro un'altra, interetnico quando un'etnia si scontra con un'altra. Non è né una cosa, né l'altra. e non ha neppure niente a che vedere con i conflitti religiosi.

Così è come lo vogliono presentare. È travestire, con la pretesa di spostare un problema che ha radici politiche e sociali, relazionate con il modo in cui la nazione messicana si è rapportata con i popoli indigeni nel corso di tutti questi anni, e ha anche a che vedere con lo "YA BASTA!" dei popoli indigeni rispetto a questa situazione. Tuttavia il governo non assume il costo politico e sociale di riconoscerlo, fatto che aiuterebbe in quanto un modo per risolvere il problema è quella di riconoscere che c'è una guerra nel sudest messicano, che è una guerra tra la memoria dei popoli indios e l'oblio del governo.

Le supposte battaglie tra comunità in realtà sono dovute a gruppi paramilitari armati dal governo che si scontrano con le basi di appoggio zapatiste senza indossare l'uniforme militare. In questo senso non si produce uno scontro tra due eserciti, come dice la Convenzione di Ginevra, ma un conflitto dentro le stesse comunità. Questo permette al governo di tirarsi fuori dalla logica di essere parte nel conflitto ed apparire come mediatore. Nel caso dell'argomentazione che si tratti di un conflitto interetnico, ritorna il vecchio classismo della classe governante, secondo il quale gli indigeni sono dei barboni, perversi e l'unica cosa che sono capaci di fare è danneggiarsi vicendevolmente. Tuttavia quelli che conoscono da vicino le comunità indigene (e la maggior parte di voi ha avuto contatti con le comunità) sanno che i problemi fondamentali degli indigeni del Messico non derivano dalle loro differenze o problemi con altri gruppi di indigeni, ma sono riferiti ala modernizzazione, alla globalizzazione, alla grande ingiustizia sociale che patiscono.

Nel caso del conflitto chiapaneco si maneggia il problema religioso, nel tentativo di coinvolgere la chiesa nella ribellione zapatista. È un argomento che è cominciato 4 anni fa e si ripete ogni anno con differente intensità, ma nei fatti è stato completamente svalutato. Non è questo quello che sta succedendo in Chiapas, in Chiapas c'è una guerra che, nel caso del governo messicano, concentra molte forze internazionali, dato che stanno ricevendo aiuti da altri paesi. Dall'altra parte ci sono i popoli indigeni con l'unica cosa di cui dispongono: la loro memoria.

D. L'attività delle guardie bianche o dei gruppi paramilitari è una forma per frenare l'espansione dello zapatismo?

R. Si, diciamo noi, oltre che combatterla. Una delle facce che utilizza il governo contro i popoli indigeni, oltre che accerchiarli con l'esercito federale, oltre che perseguirli con la polizia, è quella di creare ed armare dentro le stesse comunità (a volte direttamente con il patrocinio del governo, a volte attraverso dei municipi o dei "cachiques" locali) gruppi armati che si scontrino con coloro i quali sono oppositori del governo. Non solamente lo zapatismo, ma anche altri gruppi politici che si oppongono. Rappresenta il modo per contenerli, ma anche di combatterli ed annientarli.

D. Avete risposto militarmente alle aggressioni subite dalle vostre basi di appoggio effettuate dai paramilitari, dalla Sicurezza pubblica e dall'Esercito federale?

R. No, non lo abbiamo fatto. Per un accordo tra le comunità abbiamo optato per la resistenza e la denuncia. Non vogliamo cadere nella trappola, nel caso delle aggressioni paramilitari, di una guerra tra contadini, tra indigeni, comunque venga mascherato, in una o in un'altra maniera. In relazione alla Sicurezza Pubblica ed all'Esercito federale, ci manteniamo all'interno del mandato che ricevemmo dalla società civile per seguitare nella ricerca del dialogo per risolvere il conflitto. Per questo non abbiamo risposto militarmente a queste aggressioni, ed abbiamo cercato di evitarle il più possibile, senza cadere in provocazioni, cercando altre strade per evitare che si producessero e per castigare i colpevoli.

D. In cosa consiste il "Lavoro Sociale" dell'esercito in Chiapas?

R. Il "lavoro sociale" è ciò che prevede qualsiasi manuale di controinsurrezione dell'esercito nordamericano per combattere una opposizione armata. Cerca di comperare le popolazioni civili attraverso di aiuti sociali, aiuti economici, di medicine, di assistenza medica e nello stesso tempo, cerca di comperare informazioni circa l'ubicazione dei gruppi oppositori, la struttura di comando, il tipo di armamento. Parallelamente, sta dalla parte dei gruppi paramilitari per fornirgli l'equipaggiamento, medicinali ed addestramento per scontrarsi con le comunità.

Il cosiddetto lavoro sociale dell'esercito federale in Chiapas è un lavoro militare in una fase non armata.


I MUNICIPI AUTONOMI, RISPOSTA ALL'INADEMPIMENTO

Seconda parte del video dell'EZLN per la Commissione Internazionale

da La Jornada 3 marzo '98

H. Bellinghausen, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, 2 marzo 1998.

"Il concetto di autonomia degli zapatisti è quello degli Accordi di San Andrés", ha espresso il Subcomandante Marcos nella videoconferenza resa pubblica ieri. Ha considerato inoltre che "è molto presto" per dire se la Cocopa mantiene o meno gli impegni acquisiti; "è una banderuola in mezzo alla tormenta politica", le pressioni del governo e dei loro partiti. La Conai, secondo il portavoce zapatista, continua ad essere il ponte della società civile, nonostante che il governo abbia tentato di presentarla, ripetutamente, come "parte del conflitto e non come una mediazione".

Marcos considera che in Chiapas "dalla parte del governo comanda l'Esercito federale" e che i militari decidono "gli investimenti sociali, i movimenti militari, la struttura della polizia e la distribuzione dei paramilitari".

Dopo una breve comparsa del comandante Tacho, e un'interruzione dovuta all'infiltrazione di una formica nella cinepresa, il subcomandante Marcos ribadisce la validità delle cinque condizioni che ha posto l'EZLN per ritornare al dialogo, valuta positivamente il lavoro della commissione civile internazionale, che gli ha inviato la maggior parte delle domande affrontate nel video, fa un disegno e segnala che, soprattutto, "ciò che è in gioco è la via al dialogo come qualcosa di possibile".

A seguito si trascrive il resto della conferenza registrata del subcomandante Marcos


D. Qual è la situazione dei diritti umani in Chiapas?

R. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: la situazione è di costante violazione da sempre, e cresce sempre di più e sta diventando più scandalosa. Non si tratta solo di detenzioni, colpi che non sono permessi, ma di assassinii e sparizioni. Noi pensiamo che voi, attraverso l'osservazione diretta, perché questa domanda ce la fa la Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani, vi sarete resi conto di qual è la situazione dei diritti umani, e sicuramente avrete una miglior opinione, più concreta di quella che potremmo trasmettervi noi attraverso questo canale di televisione.

Ci chiedete se rispettiamo i diritti umani nella nostra zona d'influenza. Credo che sia meglio che risponda un compagno di quelli che si incaricano della dirigenza politica e organizzativa dell'EZLN, con il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno. Invitiamo qui nello studio della televisione zapatista, televisione intergalattica, il comandante Tacho. (Il comandante Tacho entra nel quadro e si siede in parte a Marcos)

Com. Tacho - Rispetto ai diritti umani nella zona d'influenza dell'EZLN noi crediamo di si (che si rispettano), però siamo parte di questo conflitto ed è molto meglio quando vengono organismi internazionali per costatare se si rispettano oppure no i diritti umani. Ossia, noi non possiamo dire se si compiono o meno, noi crediamo di si, però è meglio che altre persone nazionali, o in questo caso internazionali, siano quelle che dicano se si compiono e si rispettano i diritti umani. Questo è quello che volevo dire. Che potete venire nelle comunità zapatiste e non zapatiste a vedere se si rispettano o meno i diritti umani, e lì si avrà maggior informazione riguardante questo tema.

Marcos - Grazie mille Tacho...

D. Ci sono prigionieri politici nelle carceri messicane?

R. Ce ne sono molti, molti zapatisti nelle carceri, non soltanto in Chiapas ma anche in altre zone della Repubblica come ci sono anche prigionieri di altre organizzazioni politiche e sociali che stanno lì per il delitto di essere degli oppositori, di essere ribelli e di difendere i loro diritti. La lista è molto lunga, vi chiedo di ricorrere alle organizzazioni non governative nazionali, preferibilmente dei diritti umani; ce ne sono molte e possono darvi informazione veridica.

Ho saltato una domanda su Acteal: l'azione delle bande paramilitari ha provocato il fenomeno di ciò che viene chiamato sfollati, che in realtà non sarebbe il termine più adeguato, meglio quello di rifugiati, perché sono sfollati nel quadro di un conflitto di guerra. Voi, attraverso la stampa, attraverso l'osservazione diretta, vi siete resi conto della situazione. I compagni pensano che la soluzione al problema consisterebbe nel risolvere le condizioni in cui vivono gli sfollati, che stanno in condizioni realmente drammatiche, scandalose per il nostro paese, al limite della morte, e in una forma o nell'altra sarebbe necessario risolvere i problemi di salute, alimentazione e abitazione per questi sfollati, affinché possano sopravvivere. Un altro punto è che dovrebbero esistere le condizioni politiche, sociali ed economiche per il loro ritorno, per rientrare nelle loro case; tra queste condizioni ci sarebbero il disarmo dei gruppi paramilitari, le garanzie di rispetto alla loro vita e ai beni, e, ovviamente, un accordo valido che eviti che si ripeta il fenomeno dei paramilitari e degli sfollati.

Un altro punto importante per risolvere questo problema è l'indennizzo delle vittime e dei danneggiati dai paramilitari, affinché possano ricominciare, perché hanno perso tutto: la loro casa, la terra, i vestiti, gli utensili di lavoro, tutto, sono scappati con ciò che portavano indosso e ora non hanno più niente. Questa è una forma in cui noi vediamo di risolvere il problema, e pensiamo che qui sia molto importante l'appoggio della società civile. Non pensiamo che il governo abbia interesse in questo.

D. Qual è il concetto di autonomia indigena degli zapatisti?

R. Il concetto di autonomia degli zapatisti è quello dei popoli indigeni che hanno fatto sentire la propria voce al tavolo di San Andrés, il concetto di autonomia degli zapatisti è quello degli accordi di San Andrés, quelli firmati dal governo e dagli zapatisti il 16 febbraio del 1996 e che a grandi linee riconosce che gli indigeni sono parte della nazione messicana però che sono differenti, che devono essere riconosciuti e incorporati nella loro differenza e non omogeneizzati come pretendono alcuni. In questo caso omogeneizzazione è annichilamento. Non mi dilungherò su questo tema, c'è molto materiale scritto, tra cui gli Accordi di San Andrés. Questa è l'autonomia che noi vogliamo, non vogliamo l'indipendenza né vogliamo un altro Stato dentro lo Stato messicano, vogliamo un'autonomia includente.

D. La creazione di municipi autonomi è la forma con cui gli zapatisti rispondono al mancato riconoscimento in forma di legge degli accordi di San Andrés?

R. La creazione dei municipi autonomi è la forma con cui le comunità indigene compiono e applicano gli accordi di San Andrés. Gli accordi di San Andrés riconoscono la capacità dei popoli indigeni di governarsi secondo i loro usi e costumi, secondo le loro forme interne, e questo è ciò che si sta applicando e ciò che da senso ai municipi autonomi. Questo è quanto succede ora; anche se il governo non mantiene gli accordi, loro li danno per accordati e li stanno applicando.

D. Chi comanda in Chiapas?

R. In Chiapas da parte del governo comanda l'esercito federale. In una forma o nell'altra qui convivono apparentemente il governo civile ed il governo militare, ma nei fatti il governo civile funziona più come maschera, come volto amabile di un governo militare. Tutta la vita sociale e politica dello stato è militarizzata e le decisioni fondamentali e strategiche dello stato del Chiapas le prendono nella settima Regione Militare con sede a Tuxtla, con il generale che è al comando, e non nel palazzo di governo della stessa città. Loro sono quelli che stanno decidendo dove vanno diretti gli investimenti sociali, i movimenti militari, la struttura della polizia, la distribuzione dei paramilitari.

D. La Cocopa mantiene gli impegni acquisiti come istanza coadiuvante nel processo di dialogo?

R. Pensiamo che è molto presto per rispondere se mantiene o meno gli impegni acquisiti. La Cocopa è come una banderuola nel mezzo della tormenta politica, le pressioni governative dei loro dirigenti di partito, che hanno un processo elettorale alle porte. Il governo insiste nel mettere dalla sua parte la Cocopa per avere un avallo legislativo per la guerra e i colpi che tenta di dare, e in questo senso la Cocopa non riesce a recuperare un posto nella nuova situazione riguardo al conflitto in Chiapas. Ma ciò che più importa sapere è se la Cocopa farà onore oppure no agli impegni acquisiti, sarà la risposta alle osservazioni che fa il governo alla sua iniziativa di legge. La riforma e il contenuto che avrà la risposta della Cocopa a queste osservazioni governative sarà uno dei punti per rispondere a questa domanda, uno dei più importanti per definire il poi.

D. Bene, ritorniamo ancora negli studi della televisione zapatista di televisione intergalattica parlando adesso di una delle altre istanze, la Conai. La domanda è: qual è l'importanza della Conai come istanza di mediazione?

R. Dentro il governo e dentro certi gruppi di potere in Messico ci sono varie posizioni che insistono che il dialogo deve essere diretto, senza mediazioni, e in questo senso, sia la Conai che la Cocopa sarebbero un ostacolo per la soluzione del conflitto. La visione dell'EZLN al riguardo è che deve esserci una mediazione per la soluzione del conflitto, e questa mediazione deve essere una specie di ponte con la società civile, che è stata quella che si è messa in mezzo alle parti in conflitto.

Quando accade il sollevamento zapatista e iniziano i combattimenti tra l'Esercito federale e l'Esercito Zapatista, c'è un movimento nazionale e internazionale che si mette in mezzo ai due combattenti e dice: bisogna dialogare. Questa è la mediazione che appare, che dà questa caratteristica speciale al conflitto in Chiapas dal 1994.

C'era bisogno di una specie di testimone, di occhi, orecchie e mani della società civile a questo tavolo di negoziato, affinché ciò che succede lì, sia realmente serio, profondo e conduca a un impegno per la pace.

Quando il governo vuole sostenere un dialogo diretto e lasciare da parte la mediazione e la coadiuvanza, non è perché vuole rendere più rapida la cosa ma perché punta sul fatto che un dialogo diretto potrebbe assorbire l'EZLN in una logica della politica di Stato, di trattative, di tacitamento, di accordi con le dirigenze, in fine, di compra-vendita di coscienze, che è quello che succede di solito.

In questo senso, la Conai, e non mi riferisco a un individuo ma ai membri della commissione, è importante nella misura in cui si riflette il sentire e l'interesse della società civile per il conflitto.

Inoltre si colpisce la Cocopa attraverso la strategia governativa. Colpi nascosti attraverso i partiti politici, le loro rappresentanze legislative. Nel caso della Conai, i colpi sono più grossolani e ostentati. Quando la Conai dichiara qualcosa che serve alla loro strategia di isolamento dell'EZLN, immediatamente si parla benissimo della mediazione, si difendono i mediatori. Ma quando la Conai dichiara che non esistono le condizioni per riprendere il dialogo, e si pronuncia contro la militarizzazione e contro i gruppi paramilitari, viene allora immediatamente accusata di essere parte del conflitto e non una mediazione. Riguardo alla Conai e alla Cocopa, noi pensiamo che sia importante che le istanze di mediazione e di coadiuvanza si mantengano e si rafforzino e non abbiamo alcun interesse perché l'una o l'altra si debilitino. Contrariamente alla strategia governativa, che sì ha bisogno che la coadiuvanza e la mediazione spariscano o per lo meno si abbassino significativamente di profilo per lasciare libere le mani al governo del Messico di imporre l'unica cosa che resta, l'uso della forza, nella misura in cui alla ragione non viene presentata alcuna possibilità.


TERZA E ULTIMA PARTE

Siamo tornati. Chiediamo scusa alla nostra audience, una formica si è infiltrata nelle posizioni dell'EZLN e nella cinepresa del nostro cameraman.

Abbiamo qui un'altra domanda della Commissione Civile di Osservazione per i Diritti Umani che dice: Cosa pensate del lavoro di questa commissione di osservazione? e quale opinione avete sulla presenza degli stranieri nella zona di conflitto?

Sono due domande in una. Il lavoro della commissione, per quanto abbiamo visto e ci raccontano i compagni dei villaggi, è stato un lavoro rispettoso delle parti, in nessun momento avete abbandonato la posizione neutrale e obbiettiva che una commissione di questo tipo richiede. Avete parlato in pratica con tutti gli attori, solo con noi no, però stiamo usando questo mezzo per dirigerci a voi. Siete stati sia rispettosi che coraggiosi nella stessa maniera. Siete arrivati in un momento in cui è in atto una campagna feroce contro gli stranieri, di cui spiegherò poi.

Nonostante questa campagna di molestie e persecuzioni che state ricevendo avete mantenuto il vostro programma.

Abbiamo la speranza che tutto quanto avete visto e sentito nei giorni in cui siete stati qui nelle terre del Chiapas, e con tutto quello che avete ottenuto in interviste con i funzionari, con i mediatori, con i coadiuvanti e con gli attori diretti del conflitto, mi riferisco ai popoli indigeni, questo verrà trasmesso a differenti organizzazioni e organismi dei vostri paesi e speriamo che si conosca realmente, come dicevate voi, la verità di quello che sta succedendo qui.

Vediamo anche che vi siete convertiti in una specie di occhi di un settore dell'opinione pubblica internazionale e che in questo senso non avete mostrato alcun intento di ingerenza negli affari interni del Messico. Vi siete dimostrati molto rispettosi su quanto accade qui. Inoltre, ha permesso un bilancio di quanto successo in questa zona dopo il massacro di Acteal, cosa è stato risolto, cosa si è aggravato, ed è importante che si sappia in Messico e in tutto il mondo.

Riguardo alla nostra opinione sulla presenza degli stranieri nella zona di conflitto, fa parte di ciò su cui stiamo insistendo attraverso gli ultimi scritti e comunicati. C'è una strategia, un piano che, in senso stretto, si riduce al fatto che il governo vorrebbe annichilare gli zapatisti, come spiegheremo ampiamente. Riguardo agli stranieri, il governo li vuole usare in tre sensi. Primo, usarli per ottenere una legittimità che non possiede all'interno del paese. Il Messico è un paese molto nazionalista, molto orgoglioso del proprio nazionalismo. Però adesso che il principale violatore della sovranità nazionale è il governo messicano, questi parte in difesa dei valori nazionali e contro gli stranieri. Cerca di ottenere con altri mezzi l'appoggio e la legittimità che ha perso. Questo è uno degli utilizzi di questa campagna di xenofobia. L'altra parte di questo piano e di eliminare scomodi testimoni internazionali che possono fare rumore, che possano diffondere in molti posti quello che sta succedendo. E non mi riferisco solo a testimoni di una disgrazia che può accadere, la guerra o una mattanza come quella di Acteal. Mi riferisco a testimoni di quanto esiste già ora, della guerra che adesso esiste e che voi, della commissione civile internazionale, avete appena finito di passare da parecchie comunità. Vi sarete resi conto che molte volte non ha l'impatto da ottenere le otto colonne a livello mondiale, ma che significa una guerra di logoramento, un orrore quotidiano con cui le comunità indigene stanno vivendo. Il governo non vuole testimoni di questo orrore quotidiano, e l'unico che deve fare è evitare che gli scandali vengano risaputi. Questo è quello che vuole fare, fare una guerra piccolina, sorda, che non sia molto scandalosa per poterla condurre a termine.

L'altro uso che vogliono fare degli stranieri attraverso questa campagna di perseguitare chiunque violi la propria condizione migratoria, è che colpendo loro, si colpiscono le comunità. Uno dei passi seguenti dentro la strategia governativa sarebbe di attaccare gli Aguascalientes e le comunità indigene dove ci sono accampamenti di pace, con il pretesto di controllare i documenti e cacciare gli stranieri che non stanno compiendo con le leggi migratorie.

Con il pretesto di colpire gli stranieri e buttarli fuori dal paese, colpiranno le comunità, faranno perquisizioni, detenzioni e occuperanno gli Aguascalientes. Questo pensiamo che faranno... ...Siamo di nuovo qui, cari telespettatori. Questa ripresa è stata fatta per i feticisti. È che dicono che questo programma è molto noioso. Quindi si è messo a fare un disegno. Questo è il segno di autenticità di questo programma, dica no alla pirateria, o dica di sì ma metta questo logotipo: sistema zapatista di televisione intergalattica. Sì alla pirateria. Siamo in conclusione per vedere il nostro seguente programma. Mancano alcune domande. Una dice: se il governo non è disposto a dare compimento agli accordi di San Andrés né l'EZLN è disposto a ritornare al dialogo se non si compiono le cinque condizioni, quindi, quali alternative rimangono per risolvere il conflitto? Cosa bisogna fare?

Il problema non è se si compiono solo gli accordi di San Andrés, o se si compiono o meno le cinque condizioni. Ciò che c'è sotto le cinque condizioni, ciò che è in gioco in questa disputa sul processo di dialogo, questo è fondamentale: se il dialogo è o meno la via per risolvere il conflitto.

Ora che il governo dice "non compiamo gli accordi di San Andrés", sta dicendo che non risolveremo il problema per la via del dialogo. Così mette in crisi tutte le speranze che può avere la società civile e l'EZLN nel dialogo. Perde credibilità, perde fiducia e non può esserci un dialogo se non c'è fiducia. Ciò che è in gioco è se la via è il dialogo oppure la guerra. Le cinque condizioni non stanno proponendo la resa, non sono condizioni militari di resa né niente del genere. Si riferiscono alla volontà di dialogo, volontà di pace e abbandono definitivo della volontà guerriera per risolvere il conflitto.

Se quanto è in gioco è la viabilità, la credibilità, la fiducia che deve esserci nel dialogo, noi pensiamo che l'alternativa sia tornare a porre il dialogo come qualcosa di fidato e credibile. L'unica forma di ottenerlo è che il governo mantenga la parola perché restituisca al dialogo la fiducia e la credibilità. Come? Compiendo gli accordi di San Andrés. Questo potrà venire solo da un grande movimento della società civile. L'alternativa è di ritornare a dare al dialogo credibilità e fiducia, cioè, che si mantengano gli accordi a cui si arriva.

D. Qual è la validità di queste cinque condizioni che l'EZLN ha posto per ritornare al dialogo?

R. La prima condizione è che si compiano gli accordi del tavolo uno sui diritti e cultura indigeni e che, quindi, si istalli una Commissione di Seguimento e Verifica, che si incarica di vedere che si mantengano questi accordi. Questa richiesta è completamente bloccata. Non dà segni di soluzione, il governo accetta sì di aver firmato questi accordi ma non accetta la sua responsabilità per compierli. Ha rifiutato più volte, con diversi argomenti e con differenti pretesti, l'iniziativa della Cocopa, ha fatto di tutto per sabotare la Commissione di Seguimento e Verifica e non c'è alcuna speranza, alcun indizio che il governo compirà con questa richiesta che sintetizza le altre quattro. E che sintetizza quanto dicevo: ciò che è in gioco è la via al dialogo o la via della guerra per risolvere il conflitto.

La seconda delle condizioni si riferisce a una proposta seria per il tavolo due che è su democrazia e giustizia. Come ricorderete, il tavolo due non arrivò ad un accordo perché al tavolo il governo aveva il proposito di far saltare il dialogo. C'è bisogno di una proposta seria di questo tavolo, ma visto che non c'è compimento sugli accordi già firmati, non c'è alcuna speranza che ci siano altri accordi in questo dialogo. La terza delle condizioni si riferisce alla cessazione della persecuzione e del fustigamento militare e paramilitare nelle comunità indigene del Chiapas. Molti di voi avrete visto o vi sarete resi conto attraverso la stampa, che questo non solo si è fermato ed è retrocesso, ma che sta crescendo.

Se qualcuno pensava che Acteal era il culmine di un processo di militarizzazione, paramilitarizzazione e attacco verso le comunità indigene, ora, due mesi sappiamo che no, che l'orrore può arrivare ben oltre, che possono esserci incubi peggiori di quello di Acteal come quelli che si stanno vivendo quotidianamente nelle comunità indigene del nord del Chiapas, los Altos, nella Selva, nella Costa, in tutte le comunità indigene del sudest messicano. Non si vede alcuna possibilità di controllo o di marcia indietro in questo senso. Oltre ai paramilitari, l'Esercito ha aumentato le sue posizioni, ha aumentato i suoi effettivi, migliorato la sua tecnica militare, la sua tecnologia è ogni volta più sofisticata. Il posizionamento dell'Esercito federale non è per un dialogo ma per un golpe. La persecuzione e gli attacchi contro le comunità e le basi zapatiste sono sempre più sfacciate. Hanno iniziato il primo gennaio 1998 e tutti i giorni si ripetono più volte con il pretesto dell'applicazione della legge d'armi da fuoco, la ricerca di marijuana, il lavoro sociale,; a volte senza nessun pretesto, i soldati continuano ad aggredire le comunità indigene. Dietro di loro arrivano i convogli di rinforzo: la prostituzione, le droghe, l'alcolismo, ovviamente, la decomposizione sociale delle comunità.

La quarta condizione che abbiamo posto è la liberazione dei prigionieri zapatisti che ci sono in tutto il paese. Non solo nelle carceri del Chiapas ci sono prigionieri zapatisti, ma anche in altre parti della Repubblica.

Stiamo esigendo la loro liberazione. Se parliamo di dialogo per risolvere le cose, come possiamo continuare a ricevere il trattamento di delinquenti. Bisogna essere coerenti, bisogna dare il trattamento di una forza con cui si sta dialogando e non di delinquenti agli zapatisti che sono in prigione.

La quinta condizione che abbiamo posto si riferisce alla necessità che il governo metta o nomini un incaricato, o agli incaricati che già ci sono, si sia capacità decisionale, per poter risolvere il problema. C'è bisogno che questi commissionati si dirigano con il rispetto e serietà nei colloqui.

In questo caso, da quando si inoltrò la richiesta, sono passati due incaricati, sono andati via il signor Bernal e il signor Pedro Joaquin Coldwell, e ora c'è Emilio Rabasa Gamboa, che ha dimostrato di non avere indipendenza, né serietà al riguardo. Di tutti gli incaricati, Rabasa è l'unico che non è stato presentato protocollarmente con una delle parti, in questo caso noi. Non si è mai riferito all'EZLN come EZLN, non ha mantenuto un trattamento serio verso la parte. Pensiamo che neppure questa condizione sia stata compiuta. Però ciò che c'è dietro queste cinque condizioni, ciò che è in gioco sia precisamente la via del dialogo come qualcosa di possibile.

L'ultima domanda più o meno sintetizza il tema del dialogo e quanto seguirà. La domando dice testualmente: se il governo approva la legge sui diritti e la cultura indigeni elaborata dalla Cocopa, se presenta una proposta seria sul tema di democrazia e giustizia, se smette la persecuzione militare e paramilitare verso le comunità indigene del Chiapas, se nomina un incaricato con capacità decisionale con rispetto e serietà nella negoziazione e se libera gli zapatisti prigionieri, se questo accade, sarebbe l'EZLN disposto a ritornare al dialogo senza porre nuove condizioni e senza pretesti?

La risposta è sì. Se si compiono le cinque condizioni ritorneremo al dialogo. E anche se dal momento in cui si posero le cinque condizioni sono apparse nuove situazioni, il conflitto si è aggravato, l'EZLN non ha aggiunto altre condizioni a quelle cinque poste nel 1996, da quando il dialogo con il governo è rimasto sospeso. Se il governo accetta l'iniziativa della Cocopa, se fa una proposta seria di democrazia, se smette di perseguitare e molestare le comunità indigene, se concede capacità decisionale, serietà e rispetto al proprio incaricato, se libera gli zapatisti prigionieri, se succede tutto questo, allora sì saremo disposti a ritornare al tavolo del dialogo.

Disgraziatamente il governo non compirà alcuna condizione, neppure una. Il governo non pensa che il dialogo sia la via per risolvere il conflitto.

Quanto vuole fare rispetto al dialogo e al negoziato è utilizzarli ambedue per guadagnare tempo per la sua vera via, quella militare. Non vediamo nessuna possibilità di aggiustamento da questo lato e per questo pensiamo in questa interlocuzione, questo messaggio che portate a casa vostra, perché è ancora la società civile quella che può generare questo movimento e di ottenere che il dialogo torni al ruolo che merita. Cioè, risolvere pacificamente il conflitto.

Ringraziamo l'attenzione prestata e speriamo che restiate attenti al prossimo programma del sistema zapatista di televisione intergalattica.

Dica sì alla pirateria, un delitto in più di quelli che già abbiamo.

"Andiamo Tachito?"

"Andiamo".

È tutto...Luci, camera, taglio...


logo

Ritorno ai video con traduzione in italiano