LA CONSULTA NAZIONALE PER LA PACE E LA DEMOCRAZIA E IL DIALOGO NAZIONALE
Bene, presentiamo i personaggi di questo interessante capitolo della Consulta Nazionale per la Pace e la Democrazia: la prima stella è Durito. Poi nel ruolo del Sup, proprio il Sup. E nel ruolo di Chibo, la tarantola assassina, che rappresenterà il partito di Stato, guardate che agile figura presenta e che spontanea amabilità; attento alla telecamera, se te la assalta Chibo, ti puoi scordare il video e tutto. Questi sono i personaggi che ci divertiranno in questo interessante serial. Punto a capo.
Iniziamo questa spiegazione con una serie di domande e tematiche suggerite da Durito per appoggiare la realizzazione della Consulta.
Durito pone la Consulta come momento importante nei rapporti tra l'EZLN e la società civile e l'intera situazione nazionale. Per spiegare la Consulta Nazionale, facciamo riferimento alla Seconda Dichiarazione della Selva Lacandona, quando abbiamo riflettuto sul ruolo giocato dalla società civile nel bloccare la guerra e nel processo di democratizzazione che, se anche non si è concretizzato, non si è neppure fermato.
In uno dei punti di questa Dichiarazione dicevamo che era necessario aprire un dialogo nazionale con la società civile, e quindi avevamo proposto come primo passo, la celebrazione della CND, che oggi, 8 agosto 1995, compie un anno. Allora la pioggia lavò molte cose in Aguascalientes, Chiapas, vicino al villaggio - oggi occupato dall'esercito federale - di Guadalupe Tepeyac.
Come parte del dialogo nazionale, abbiamo progettato anche questa Consulta, in cui proponiamo una serie di domande che cercheremo di spiegare più avanti, per sapere cosa pensa la società civile delle nostre bandiere, delle nostre lotte e soprattutto, del cammino che dobbiamo seguire o decidere adesso.
Pensiamo dunque che dal momento che non possiamo ascoltare uno per uno i componenti della società civile messicana ed internazionale che abbiano qualcosa da dirci, possiamo provare a consultare tutti con alcune domande molto concrete, molto semplici e ben definite, per sapere chi è d'accordo e chi no.
Questo lo proponiamo come parte del dialogo tra una forza armata ed una forza civile pacifica, con l'obiettivo fisso del passaggio alla democrazia nel nostro paese, e della lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia in tutto il mondo: la Consulta è parte di questo dialogo, di questo processo di interscambio fra una forza e l'altra.
Qui, ciò che noi segnaliamo, è l'importanza del fatto che un'organizzazione politico-militare, decida di confrontare il cammino che sta seguendo con la maggior quantità di gente possibile. Secondo noi ciò non ha precedenti nella storia di questo paese, nonostante che le elezioni vengano spacciate come una forma di referendum o plebiscito.
Il fatto di decidere ciò che si farà e la strada che si seguirà, non solo consultandosi al proprio interno, fra i propri membri, ma consultando la maggior quantità di componenti della società civile, segna una rottura nella tradizione politica messicana, e va nella direzione di obbligare le forze politiche (non solo quelle politico-militari) a confrontare continuamente i loro progetti politici con la maggior quantità di persone e con i più ampi strati della società.
Non siamo solo interessati a che si risponda su una scheda SI o No a ciascuna delle sei domande, ma riponiamo le nostre speranze soprattutto nel processo di organizzazione di questa Consulta, nella sua promozione e diffusione.
Per noi, per l'EZLN, è una tappa fondamentale porre nelle mani della società civile il nostro destino o una parte importante di esso: ed è tuttavia ancora più importante per la società civile potersi confrontare con la propria capacità di mobilitazione. La società civile ha continuamente sottolineato che è necessaria la democrazia e pure la pace. A noi ha ribadito che è possibile una transizione pacifica alla democrazia. Le grandi mobilitazioni del gennaio '94, la Convenzione Nazionale dell'agosto '94, le grandi mobilitazioni del febbraio '95 - per il tradimento del governo di Ernesto Zedillo -, l'hanno dimostrato. È però necessario ora fare un altro passo avanti in modo che questa società si guardi allo specchio confrontandosi con la propria capacità organizzativa.
Le domande o la Consulta Zapatista possono essere considerate un pretesto o un primo passo verso nuove forme di plebiscito, di referendum e di interscambio di opinioni che fluiscano fra le diverse parti della società civile. E la domanda che sta dietro alle sei domande poste dall'EZLN nella Consulta nazionale è: la società civile riesce ad organizzarsi indipendentemente dal governo ed indipendentemente da una qualsiasi forza, in questo caso dall'EZLN? È in grado o no di farlo? Questa è la domanda posta ad Alleanza Civica, come istanza organizzativa, ed alla Convenzione Nazionale Democratica, come istanza promotrice. Questa per noi è la parte più importante della Consulta.
Però ci interessano anche altre cose specifiche e concrete nella Consulta: ad esempio, che abbia successo, che ci sia molta partecipazione da parte dei cittadini, e che ci arrivino le risposte soprattutto alle domande 4 e 5 che si riferiscono in concreto all'EZLN.
Più che una gran quantità di schede votate, che è pure importante, buona parte del successo della Consulta è rappresentato dalla mobilitazione per realizzarla... soprattutto per il grande capitale umano messo in gioco per installare i seggi - stiamo parlando di circa 10.000 seggi - e per costituire i comitati promotori, per la propaganda e la diffusione.
Durito insiste che è necessario inserire la Consulta nel contesto nazionale. Molti dicono che la Consulta è una manovra disperata dell'EZLN, visto che siamo ormai accerchiati e questa sarebbe la nostra ultima carta prima della guerra, prima della rottura del dialogo con il governo.
Noi pensiamo invece che la situazione sia più complessa e che non sia più possibile riferirsi solo ai problemi dell'EZLN, isolandoci - questo è il tentativo del governo - dal resto della problematica della forze democratiche a livello nazionale.
Paradossalmente la gente di Città del Messico si preoccupa molto dell'accerchiamento militare attorno all'EZLN e non percepisce invece l'accerchiamento militare che essa stessa subisce a causa del RIMA (nuova legge speciale appena approvata) che in realtà significa uno stato d'assedio mobile, continuo e permanente di Città del Messico.
È paradossale che non vengano recepite nella loro vera dimensione e gravità, le dittature regionali esistenti negli stati di Guerrero e di Tabasco.
Quando la legalità viene abolita, si mantiene un potere di fatto, e questo è il caso del sig. Figueroa, in Guerrero, il quale deve ricorrere all'assassinio, al sequestro, agli arresti, per reprimere, o più precisamente, per poter governare.
Nel caso del Tabasco, è scandaloso che il sig. Madrazo resti al potere, pur essendoci prove evidenti delle frodi elettorali con le quali è stato eletto, per non parlare poi della corruzione e degli inevitabili collegamenti con il narcotraffico regionale ed internazionale che tutto ciò rivela.
Constatiamo anche l'incapacità del regime di Zedillo di dar corpo ad un modo personale di far politica, mentre Salinas fu salinista, così come De La Madrid e Lopez Portillo.
L'unica cosa che ha fatto il regime di Zedillo è stato dare continuità al regime di Salinas, perpetuando gli assassinii e la resa dei conti all'interno del gruppo al potere. Questo succede anche nelle relazioni esterne, in questo caso con i governati. L'unica relazione stabile che il regime di Zedillo ha tenuto con la popolazione messicana, è da una parte la menzogna, e dall'altra la repressione. Questa è la forma in cui il governo parla o si rivolge ai suoi governati. LA MENZOGNA: non starò qui a dire le più ovvie, del tipo "benessere per la famiglia" o "voto per la pace", quando invece non c'è alcun benessere per la famiglia e c'è la guerra, e c'è stata guerra in febbraio, e viviamo continuamente con questa minaccia.
Mi riferisco soprattutto ad una delle proposte principali e che più aspettative aveva suscitato fra i partiti politici di opposizione: quella della riforma politica, che Zedillo irresponsabilmente proclamò "definitiva", dimostrando l'assenza di dialogo persino con le forze politiche con cui dovrebbe avere un rapporto continuo, e che dovrebbero aiutarlo a governare.
La frode scandalosa nello Yucatan ha finito per rompere i legami tra il PRI ed Azione Nazionale, così come non si riesce a concretizzare il dialogo nazionale, che non è in realtà né nazionale, né un dialogo, ma solo un patto tra i partiti (cioè tra il sistema del partito di stato ed i partiti in lotta per il potere: PRD, Azione Nazionale e il Partito del Lavoro).
Se neanche questo si è potuto concretizzare, non possiamo nutrire molte speranze sulla possibilità reali di un dialogo, non dico con una forza politico-militare (come nel caso dei dialoghi di San Andrés tra il governo e l'EZLN), ma anche soltanto tra il governo e la società civile.
È preoccupante ad esempio, che il governo non abbia prestato la benché minima attenzione ad un incontro così importante come all'Incontro Nazionale delle Organizzazioni Cittadine, nel quale molte forze, non di partito ma civili e pacifiche, hanno presentato una serie di proposte e di requisiti a cui il paese deve rispondere per diventare libero, democratico e giusto.
La situazione nazionale dimostra che non c'è dialogo con il governo, che non può esserci dialogo, non per mancanza di volontà dei partiti politici, né per mancanza di volontà delle organizzazioni cittadine (in questo caso le ONG), né per mancanza di volontà dell'EZLN. Il dialogo non è possibile perché il governo non ne ha la volontà, né l'intenzione, pensa che non sia necessario dialogare per governare. Mostra invece disinvoltamente la doppia faccia della menzogna e del bastone e lo dimostra bene la delegazione governativa presente al dialogo di San Andrés. Mentire da una parte e picchiare dall'altra. Pensano che sia possibile governare in questa maniera e mantenere le cose così come sono senza nessun cambiamento.
Già da tempo (infatti il nostro appello alla formazione del Movimento di Liberazione nazionale è del 5 febbraio) abbiamo compreso l'esigenza di un dialogo interno tra le forze d'opposizione e non solo, perché esiste un movimento cittadino forte, di prestigio, che si oppone non solo al regime, ma anche a qualsiasi forma di agire politico antidemocratico.
In effetti, pure un'organizzazione come Alleanza Civica si è guadagnata il rispetto di tutti, dimostrando come un'organizzazione di cittadini possa organizzarsi da sé per vigilare sul potere. La sua esperienza è fuori discussione.
Durito mi dice che c'erano voci di discordia tra Alleanza Civica, la Convenzione e l'EZLN. Il rapporto con Alleanza Civica, da quando abbiamo sollecitato la loro partecipazione, è sempre stato improntato dal reciproco rispetto: ci hanno inviato le loro osservazioni, abbiamo stabilito un accordo. Le domande e l'organizzazione della Consulta sono il risultato di un mutuo accordo, senza problemi di nessun tipo. In nessun modo essi hanno cercato di imporci le loro decisioni o i loro punti di vista, ma ci hanno sempre detto chiaramente che erano disposti ad appoggiare quello che noi avremmo deciso. Noi d'altra parte non potevamo rimanere ciechi di fronte alle loro proposte, alla necessità che loro mantenessero la neutralità e che su questa neutralità si potesse costruire la credibilità della Consulta.
Nel contesto nazionale - come talvolta lo definisce Durito - esiste un'improvvisazione a livello politico; ma quando il potere improvvisa, ricorre a tutte le armi che ha in mano, e cioè: i massicci mezzi di comunicazione, soprattutto elettronici, la menzogna, l'esercito, la polizia, e tutto il resto. Improvvisa, non è capace di pianificare e fa solo le cose che ha a portata di mano.
Il problema è che non è necessario dialogare col governo, ma è necessario dialogare tra di noi.
Perciò voglio insistere nel dire che la Consulta non è il punto finale di niente, né lo spartiacque da cui partire perché tutto cambierà.
Noi pensiamo che sia la tappa di un processo.
Non vogliamo che si ripeta l'errore compiuto nel caso della Convenzione Nazionale Democratica. Noi l'avevamo concepita fin dall'inizio come un percorso che poteva avanzare o retrocedere, senza contare di ottenere subito risultati spettacolari. Invece, dopo l'inizio grandioso dell'8 agosto '94, si è giunti a discussioni e persino battaglie interne.
Noi crediamo che la Consulta Nazionale deve essere parte di un processo più ampio, in cui si terranno altre consulte, plebisciti o referendum. Sarà necessario infatti mettere in discussione la permanenza del sig. Salinas al potere, visto che Zedillo è nominalmente il titolare, ma il potere reale è nelle mani del sig. Carlos Salinas.
Durito mi dice che ora resta da far chiarezza riguardo alla scelta di parlare con i falchi o con le colombe all'interno del governo, che è per il movimento democratico nazionale un vero specchietto per le allodole.
... e qui Chibò, la tarantola assassina, racconterà la sua storia.
Chibò è una tarantola, chiamata anche "yerba"; il suo morso è mortale ed il suo veleno è assai velenoso. Se Chibò incontra un'altra tarantola, l'ammazza. Sta bene solo quando è in calore o in periodo elettorale, mentre per il resto passa il suo tempo a lottare per affermarsi: é così che ha ammazzato il suo compagno. È perfetta nel suo ruolo di Sistema di Stato in questo interessante film prodotto dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale per la gioia di grandi e piccini.
Insisto: la scelta non è questa. L'opzione per far avanzare questo paese è la seguente: parliamo tra di noi - e con noi intendiamo le forze democratiche - non solamente quelli che si suppongono o si auto-denominano rivoluzionari, ma tutte le forze che vogliono la transizione alla democrazia, che vogliono un paese migliore. O parliamo tra di noi, dialoghiamo e ci accordiamo, oppure continueremo a restare divisi, ognuno per suo conto, magari anche scontrandoci e permettendo così che continui il doppio gioco del governo di: menzogna-repressione, governando o facendo finta di governare.
La crisi economica è solo il risultato di questa forma di governo.
La crisi politica è il modo di governare: il PRI mantiene in crisi il paese e così paralizza le forze democratiche costringendole a confrontarsi esclusivamente su come uscire dalla crisi oppure come approfittarne.
Noi invece vogliamo liberare la discussione da questo terreno. In questo terreno non ha futuro. L'unico futuro è la divisione, la cooptazione, la distruzione. La posizione del governo rispetto all'EZLN è la stessa: o ti assorbiamo o ti distruggiamo.
Bisogna liberare la discussione da questo terreno.
La transizione alla democrazia non si decide col governo. La transizione alla democrazia si decide tra le forze democratiche. E noi proponiamo una strada: in questo caso la CONSULTA. Sappiamo che non è l'unica, e ci hanno detto inoltre: "ma perché queste domande, dovevano essercene altre, o di più". Sì, ce ne possono essere molte di più, ma questo dipende soprattutto dal successo di questa Consulta nella sua organizzazione e promozione. Proponiamo questa Consulta: parliamo, discutiamo, stabiliamo un tavolo per il dialogo non col governo, ma fra noi stessi, e che questo tavolo sia sufficientemente grande, come può essere un canale di Internet attraverso i computer, o per telefono, per interrogarci sulla Consulta, per ascoltarci, per iniziare a produrre risultati.
Partendo dalla Consulta arriveremo a dei risultati. E faremo qualcosa a partire da questi risultati. Così dovrebbero comportarsi tutte le forze politiche se davvero si confrontano con la società, per produrre una nuova maniera di far politica.
Ora passiamo al seguente insieme di questioni.
Durito dice che fin qui sono stato molto schematico ed involuto, che sembro ... un candidato del PRI al posto di governatore!
LA QUESTIONE DELLE DOMANDE
Cercherò di spiegare quello che pensiamo di ognuna
La prima domanda dice: sei d'accordo che le principali richieste del popolo del Messico sono: terra, casa, lavoro, alimentazione, salute, educazione, cultura, informazione, indipendenza, democrazia, libertà, giustizia, pace, sicurezza, lotta alla corruzione, difesa dell'ambiente?
Questa domanda contiene tre elementi:
le 11 richieste originarie del gennaio 1994, della Prima Dichiarazione della Selva Lacandona: tetto, terra, lavoro, pane, salute, educazione, indipendenza, democrazia, libertà e pace, in base alle quali ci ribellammo
le richieste apparse in seguito (grazie alla CND ed al grande sviluppo democratico che si è avuto in alcuni mezzi di informazione ed all'intervento di artisti ed intellettuali nella lotta per la pace che fecero sì che già a febbraio le nostre 11 richieste diventassero 13 riguardanti il diritto all'informazione e il rispetto della cultura
le ultime tre richieste molto importanti (aggiunte su proposta dei compagni di Alleanza Civica) riguardanti il problema della sicurezza, della lotta alla corruzione e della difesa dell'ambiente. Questi tre problemi (che noi non percepivamo come urgenti) sono considerati invece immediati ed urgenti da ampi strati della popolazione a livello nazionale.
Qualcuno non è d'accordo che queste siano le richieste principali. La realtà è che nessuno si è preoccupato di chiedersi se queste sono le richieste giuste e se quelli che detengono il potere debbano risponderne. La domanda non finisce qui. Se queste sono le richieste, allora, perché non viene data una soluzione, o perché non si elabora un programma di governo che le prenda in considerazione?
Pensiamo che la lettura della risposta a questa prima domanda debba mettere seriamente in discussione le forze politiche, le forze governative e tutti i cittadini.
Bene, se siamo tanti e se siamo tutti d'accordo, allora perché non si fa nulla? perché non si fa ad esempio un programma di lotta che incorpori questi 16 punti? perché non si fa un programma di governo che incorpori questi 16 punti? perché non si fa un piano per risolverli uno dopo l'altro, a tappe, a medio, a corto o a lungo termine?
Ed infine, per quanto ci riguarda: gli undici punti per cui stiamo lottando vanno bene? ossia, gli undici punti per i quali abbiamo preso le armi, sono undici richieste nazionali? o no! Oppure si riferiscono davvero solo alla problematica indigena, locale, chiapaneca, così come dice il governo?
Insomma, chiediamo alla nazione se le 11 richieste originarie dell'EZLN siano solo nostre o possano essere realmente delle rivendicazioni nazionali.
Abbiamo aggiunto le altre richieste: cultura, diritto all'informazione, lotta alla corruzione, difesa dell'ambiente, perché le condividiamo. Pensiamo che sia giusto che anche tutte le altre forze politiche aprano i loro programmi a possibili arricchimenti per coinvolgere più forze possibili.
Non vogliamo che l'interpretazione di questa domanda sia: se siete d'accordo con queste richieste, allora siete d'accordo con l'EZLN. Diciamo invece: se si è d'accordo con questo, allora bisogna fare qualcosa. E qui si pongono altre questioni, a cui devono rispondere le forze che vogliono organizzarsi per la transizione alla democrazia, visto che dal governo non possiamo aspettarci nulla.
La domanda 1 potrebbe essere più corta: sei d'accordo che le principali richieste del popolo messicano sono: il suo diritto ad essere un essere umano, la qual cosa vale per tutto il mondo? ...perché tutte le richieste in essa contenute sono le minime necessarie affinché chiunque possa definirsi un essere umano.
È importante che questa domanda sia compresa dalla Consulta Internazionale, cioé da coloro che vi stanno partecipando in altri paesi, perché dovrebbero capire che queste richieste non valgono solo per il popolo messicano, ma per qualsiasi essere umano in qualsiasi parte del mondo.
In questo senso l'EZLN, innalzando questa bandiera, innalza la bandiera della lotta internazionale: non solo locale, non solo di quattro municipi della cosiddetta "zona in conflitto", né solo a livello nazionale. Le richieste dell'EZLN sono mondiali, e questo lo ha compreso - prima del governo - la gente in Europa, in Spagna, in Italia, in Francia, Germania, Danimarca, Svizzera, Svezia, Inghilterra, USA, Sudamerica, Canada. Credo che stiano già arrivando le risposte dall'Australia e dalla Nuova Zelanda. Dicono che è già arrivato un voto dalla Cina, da Pechino.
Tutte queste persone comprendono che questa bandiera è in realtà di tutti.
La seconda domanda dice: devono le diverse forze politiche democratiche unirsi in un ampio fronte cittadino, sociale e politico di opposizione e lottare per queste 16 richieste principali?
Qui c'è stato un cambiamento rispetto alla domanda originaria che diceva: devono unirsi in un ampio fronte politico d'opposizione. Il fatto che si sia unito cittadino e sociale, rende più ampio questo fronte e la sua capacità di coinvolgimento. Quindi penso che sia stato giusto modificarla per sviluppare il carattere cittadino e sociale di questo fronte.
Il problema che notiamo è che tutti parlano di unità e nessuno la concretizza, nessuno fa niente per iniziarla.. Molte volte l'unità tra le diverse forze politiche viene concepita come subordinazione. Cioè, "ti unisci a me, però ti subordini al mio programma perché è quello buono, oppure non ci uniamo per niente e litigheremo". "È più quello che ci separa che quello che ci unisce". "Perché devo unirmi a te se non ne ho bisogno?". Ed altre varie argomentazioni che non sono così esplicite come quelle appena dette, che però vengono fuori al momento della discussione sull'unità. Bisogna dunque tirar fuori il problema della discussione sull'unità tra le forze politiche e portarlo alla società tutta, perché questo è il concetto di "comandare obbedendo". Le forze politiche o sociali o cittadine devono obbedire a coloro che dicono di rappresentare. E se un ampio strato della popolazione è d'accordo nel rispondere SÌ a questa domanda, allora è come se desse mandato alle forze politiche di unirsi, indicando inoltre su cosa. Non si dice di unirsi per una battaglia elettorale o per un candidato, o per appoggiare l'EZLN., ma si dice: unitevi per lottare per le 16 richieste principali presentate nella prima domanda. È un modo di interpellare, di chiedere una risposta alle forze politiche e non solo all'EZLN sul problema dell'unità. Così come prima dicevo che bisognerebbe spostare la questione dal dialogo con il governo al dialogo tra le forze, ora bisogna spostare il problema della unità dalla discussione tra le forze politiche alla società. La società deve imporre la necessità di questo processo di unità, che dunque deve fondarsi su queste 16 richieste.
Se la maggioranza della gente risponde SÌ, allora la domanda successiva a cui dovranno rispondere le forze politiche è: dunque, cosa aspettiamo a farlo, che aspettiamo ad unirci? Se sono d'accordo sul fatto che queste 16 richieste siano le principali e che bisogna unirsi, allora perché non si fa? Se è SÌ, allora bisogna iniziare a farlo.
È chiaro che anche qui si potrebbe rispondere NO, che non c'è bisogno di un fronte cittadino, sociale e politico. Che basta una sola forza a capo e che le altre possono aggregarsi. Ciò è perfettamente valido. Insistiamo nel dire che non stiamo facendo delle domande alle quali vogliamo che si risponda in una determinata maniera. È chiaro che se una grande quantità di gente pensa che sia necessario unirsi, bisogna unirsi, e, che se una grande quantità di gente non lo ritiene necessario, vuol dire che l'appello zapatista a formare un fronte di opposizione deve essere ripensato, che non è questa la strada. Questo è ciò che dice la domanda numero due.
Le domande 1 e 2 sono quelle che presentano meno problemi, però sono quelle che più problemi pongono alle forze di opposizione ed alle forze democratizzatrici, dopo il risultato. Le risposte alla 1 e alla 2 sono quelle che mettono veramente in discussione la società, più che l'EZLN.
La domanda 3 dice testualmente: Noi messicani dobbiamo fare una riforma politica profonda che garantisca la democrazia (rispetto del voto, registri elettorali affidabili, organismi elettorali imparziali ed autonomi, libera partecipazione cittadina, compresa quella non partitica e non governativa; riconoscimento di tutte le forze politiche nazionali, regionali e locali a parità di diritti)?
Questa domanda si riferisce soprattutto alle condizioni della lotta politica. In realtà ciò che si domanda è se sia necessario un nuovo spazio di lotta politica che garantisca a tutte le opinioni, a tutte le forme organizzate di poter competere in modo paritario. Anche se la maggior parte delle caratteristiche di questa profonda riforma politica riguarda la riforma elettorale, io penso che dal momento che questa domanda fa appello ai messicani e non al governo, è qualcosa che la società deve costruire, indipendentemente dal governo o addirittura nonostante esso. Sono i messicani che devono costruire o costruirsi un proprio spazio di democrazia, e questo spazio di democrazia dev'essere poi imposto al regime, qualunque esso sia. Il problema della democrazia non sta nel potere, ma nella cittadinanza, qualunque sia l'opposizione che arrivi al potere, Azione Nazionale, o il Partito della Rivoluzione Democratica o altri. Non chiediamo: dobbiamo dire al governo che operi una profonda riforma politica? NO. Noi proponiamo: dobbiamo creare noi dei nuovi rapporti politici, riformare il modo in cui ci rapportiamo così da garantire la democrazia e poter imporre al governo un corretto processo elettorale? Tutto questo è valido non solo per le elezioni.
Quando parliamo di rispetto del voto, non ci riferiamo solo al voto per eleggere i rappresentanti. Per quanto riguarda il voto in un sindacato ad esempio, o in questo tipo di consultazione, la costruzione di liste elettorali affidabili e di organismi elettorali autonomi, è una maniera di contattarci, di verificarci attraverso referendum e plebisciti sulle iniziative. Non ci riferiamo al governo né alle forze politiche legali e riconosciute, e nemmeno al PRI: Potrebbe anche esserci un'altra forza al potere: sarebbe in ogni caso necessario garantire la democrazia.
Ma può darsi invece che non sia così. Molti dicono che se ci fosse una riforma politica profonda, la questione della rivoluzione sarebbe eliminata... Non si tratta di una riforma, bensì di una rivoluzione; non si tratta di cambiare qualche cosa, bensì di cambiare tutto dalle fondamenta: questa è una tesi perfettamente valida e quindi bisognerebbe rispondere NO alla domanda, il che significherebbe: non dobbiamo fare una riforma, ma dobbiamo fare la rivoluzione... questa sarebbe la logica. Dobbiamo operare un cambiamento del tutto radicale, di fondo, questo dice la domanda; avrebbe potuto dire: dobbiamo fare una riforma politica profonda o una rivoluzione perché ci sia democrazia? ma ciò sarebbe opzionale, poiché in realtà qui si sta chiedendo se sia ancora possibile fare una riforma politica che sia opera nostra e non del potere, o se invece dobbiamo fare una rivoluzione che cambi e rivoluzioni anche i modi di rapportarci tra noi. Per questo le due ultime parti della parentesi (riconoscimento di tutte le forze politiche nazionali, regionali e locali), possono riferirsi al governo, ma soprattutto alle stesse forze politiche, perché tra le forze politiche non tutte si riconoscono tra loro come tali. I partiti nazionali non riconoscono le organizzazioni regionali come forze politiche a pieno titolo, ad esempio nessuno riconosce l'EZLN come forza politica, ci danno solo lo status di forza belligerante. Infatti nella CND di febbraio in Queretaro noi abbiamo chiesto che ci riconoscessero come forza politica. Ci vogliono come esercito, non come forza politica, perché con una forza politica devi rapportarti in modo paritario.
Dato che i partiti politici non riconoscono l'EZLN come forza politica, alcuni personaggi, senatori di qualche partito di opposizione, dicono persino che l'EZLN non ha diritto di porre problematiche politiche.
Ma noi dobbiamo riconoscerci e trattarci su di un piano paritario anche se fra di noi ci sono forze locali come quelle di un municipio o di una regione. Naturalmente dobbiamo esigere questo riconoscimento anche dal governo, ma ciò è ancora più difficile, se già le stesse forze di opposizione e democratizzatrici non lo fanno.
Tutte le domande, la 1, la 2, la 3, la 4 e la 5 cercavano il dibattito e credo che questo si sia ottenuto: ci sono state molte discussioni su riformismo e rivoluzione, ecc. Va bene che ci sia questa discussione, però nessuno ha colto il nodo. Nessuno si è reso conto che qui si diceva: noi messicani dobbiamo fare una riforma politica, e non che il governo deve fare una riforma politica.
Poi seguono le domande quattro e cinque, che sono quelle che hanno causato più confusione e problemi. La maggior parte delle domande o delle preoccupazioni sono in buona fede. Alcuni si chiedono come l'EZLN o Marcos possano essere così stupidi da mettersi il cappio al collo domandando: l'EZLN deve diventare legale? o disarmarsi? o diventare partito politico?. Questo però non è scritto nelle domande quattro e cinque. Alcuni dicono: l'EZLN si sta mettendo nelle mani della società per diventare una forza politica legale, ma qui non si menziona la "legalità". "Si sta mettendo il cappio al collo quando dice che diventerà un partito politico, allora diventerà corrotto come i partiti politici", ma qui non si parla di "partito politico".
"Si sta mettendo il cappio al collo perché dice alla gente che deporrà le armi", ma qui non sta scritto che "si deporranno le armi".
Quelli che si allarmano per il disarmo dell'EZLN, sono preoccupati per la sua esistenza: sanno che la sopravvivenza dell'EZLN sta nelle armi. Se l'EZLN consegna le armi, lo distruggeranno, questo è logico, questo lo sappiamo noi, lo sa il governo, lo sa la società e lo sa tutto il mondo. Altri sono preoccupati perché dicono che la forza politica dell'EZLN è nelle armi... è una lettura anche questa. Un'altra interpretazione ancora è: l'EZLN ha la capacità di convocare o di essere ascoltato perché ha le armi, e se non avesse le armi nessuno gli darebbe retta. "Se diventa un partito politico è un problema perché ci toglierà i clienti": non voglio suggerire quale partito politico possa pensare così e nemmeno quale presidente o senatore la pensi così e possa essere preoccupato per questo. O "se diventano partito politico ci prendono i clienti", anche, all'altro lato dell'estrema sinistra; "meglio che rimangano come sono, che rimangano guerriglieri, piccoli indios che stanno in montagna, mandiamo loro carovane e aiuti e scriviamo volantini, ma non vogliamo che ci disputino lo spazio politico". Ma l'EZLN non sta chiedendo se deve diventare legale, o se deve incorporarsi alla legalità contro la quale sta combattendo: una legalità falsa, corrotta, autoritaria. Non sta chiedendo se deve essere un partito politico e non sta chiedendo se deve disarmarsi.
L'EZLN non si disarma, per disarmare l'EZLN bisogna ucciderci tutti, ognuno di noi, tutti, assolutamente tutti; non c'è altra possibilità di disarmare l'EZLN. Il governo lo sa, il governo è quello che ha le idee più chiare su questo, è meno preoccupato per questa domanda che alcuni settori della società civile, sa che non ci disarmeremo e sa che ci deve distruggere per disarmarci e sta facendo tutto il possibile per farlo. Su questo non c'è da ingannarsi.
Qui stiamo domandando un'altra cosa: se l'EZLN deve convertirsi in una forza politica, oltre a ciò che è. Attualmente l'esercito zapatista è una organizzazione costituita per la maggior parte da indigeni messicani che si sono levati in armi per 11 richieste. Questo è l'EZLN, per questo sta combattendo con le armi e non le deporrà, né ha intenzione di smettere di combattere finché non si siano raggiunti gli 11 punti. Così viene detto nella Prima Dichiarazione della Selva Lacandona che recita: dichiariamo che non smetteremo di combattere fino a quando questi 11 punti non saranno raggiunti in un paese con un governo libero e democratico. Solo allora finirà la lotta dell'EZLN, questo sarebbe il finale... il prezzo dell'EZLN, della sua sparizione, è che cambi tutto quanto. Il problema che noi abbiamo è che dobbiamo combattere, ma appena inizia la guerra, immediatamente ci sono mobilitazioni contro la guerra. Però noi dobbiamo combattere, se non facciamo una lotta armata dobbiamo fare una lotta politica, qualcosa dobbiamo fare.
Questo è quello che stiamo chiedendo. Magari la gente dice: "no, quello che dovete fare è combattere, non fare politica", allora, questo vuol dire: combattiamo. Però non possiamo stare senza lottare; se non possiamo lottare con le armi, che non vuol dire deporle, bensì tenerle preparate senza usarle, noi dobbiamo fare qualcosa e una possibilità è che diventiamo una forza politica, ossia, che non diciamo più alla gente "organizzati", ma che le possiamo dire "organizzati in questo modo", "organizzati con noi in questo modo", non più per fare la guerra, "organizzati per fare queste altre cose che sono pure necessarie nella lotta per la democrazia; non organizzarti prendendo un'arma né passando alla clandestinità, né mettendoti un passamontagna. Organizzati là dove sei, ma secondo l'impostazione dell'EZLN, seguendo le direttive zapatiste".
Non stiamo organizzandoci per fare un partito politico, perché il termine "forza politica" può voler dire molte cose, fra le altre c'è quella della presa del potere. Un partito politico si prefigge di giungere al potere, se non è così non diventa un partito politico. Una forza politica può essere molte altre cose. Può essere ad esempio di contrappeso al potere, può essere parte di un movimento più ampio che presenta delle richieste, ma senza necessità di contendere seggi nelle elezioni popolari. Quindi, il problema è questo: che dobbiamo fare...? Pensate che possiamo avere un'altra forma di lotta a parte la lotta armata? O no? Se è "no", le risposte alle domande quattro e cinque devono essere "no". "No, l'EZLN deve continuare così com'è, sempre con le armi e sempre in montagna, combattendo e deve combattere con le armi". Se è "si", può diventare un qualunque altro tipo di forza politica. In Messico ci sono molte forze politiche che non sono partiti: movimenti, fronti, organizzazioni che sono politici ma non sono partiti, non hanno la struttura del partito.
Il disarmo è fuori discussione. Anche se si facesse una consulta sul nostro disarmo, non la obbediremmo. Per questo stiamo facendo delle domande a cui siamo disposti ad obbedire. Se noi facessimo quella domanda dovremmo dire: "Se risponderete che dobbiamo disarmarci, non vi obbediremo".
La differenza fra la quattro e la cinque è che una esclude l'altra, ossia, non si può rispondere "si" ad entrambe. Supponiamo che i cittadini siano d'accordo a che l'EZLN diventi una forza politica che può organizzare altri cittadini non per la lotta armata, né per la clandestinità, ma per la lotta politica aperta, per la transizione alla democrazia in Messico. Questo l'EZLN come può farlo? deve farlo da solo? senza allearsi con nessuno? Vale a dire, l'EZLN si converte nella forza politica "X", da solo, con le sue sole forze e se qualcuno vuole entrare può farlo, ma in questa organizzazione politica. Questo è ciò che chiede la domanda quattro, ovvero: deve convertirsi in una forza politica senza nessun altro, da solo? "sì" o "no"? Poi possono unirsi altre forze politiche che però sarebbero subordinate all'EZLN. E la domanda cinque, ugualmente: deve diventare una forza politica unendosi ad altre organizzazioni ed insieme produrre una nuova organizzazione politica che non sarebbe più l'EZLN, ma neppure nessuna delle altre organizzazioni, e sarebbe invece qualcosa di nuovo. In questo "qualcosa di nuovo" l'EZLN continuerebbe ad essere l'EZLN e le altre continuerebbero ad essere le altre organizzazioni, ma in questo qualcosa di nuovo si lavorerebbe in un nuovo modo. Questo è ciò che chiede la domanda cinque.
C'è una cosa importante che devo far notare: credo sia chiaro che la 4 e la 5 si escludono a vicenda. Perché se pensate che non dobbiamo fare un lavoro politico ma dobbiamo continuare ad essere una forza armata e clandestina senza nessuna possibilità di incidere nella vita politica nazionale, senza nessun diritto di essere trattati come le organizzazioni non governative o le organizzazioni cittadine o gli altri partiti politici, allora dovete rispondere "no". Se pensate che, a parte ciò che siamo ora, dobbiamo organizzare i cittadini, dovete rispondere "sì" e scegliere a seconda di come la pensate e di come analizzate, se conviene unirsi ad altri o essere soli.
Precisiamo che non stiamo chiedendo se dovremmo unirci ad una delle forze già esistenti. A questo neppure obbediremmo e perciò non lo chiediamo... non chiediamo: "Deve l'EZLN mettersi con un partito politico già esistente? Deve entrare nel PRI?" No, non chiediamo questo, chiediamo solo se dobbiamo unirci ad altri per fare qualcosa di nuovo oppure dobbiamo farlo da soli.
Questo chiediamo nelle domande 4 e 5. Questa arma, le armi zapatiste, rimarranno nelle mani degli zapatisti in entrambi i casi, sia che ci uccidano o che in questo paese ci sia un governo libero e democratico che garantisca un tetto, terra, lavoro, pane, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e una pace libera e giusta. Allora queste armi spariranno oppure dovranno ucciderci per prenderle. Su questo non si discute.
E per ultima la domanda 6. Originariamente questa domanda non c'era. In realtà è una proposta, un suggerimento che ha immediatamente incontrato grande favore fra le donne zapatiste, che hanno subito protestato dicendo: "bene, è certo che non domandi niente sulle donne, maschio cabron! Per questo ti piace Pedro Infante, perché sei un maschilista!" e non so che altro. È il riconoscimento di una realtà esistente all'interno dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, ossia, una partecipazione femminile non paritaria. Sì, c'è partecipazione ma non quanto le donne meriterebbero, non per quanto hanno combattuto. Questa domanda produrrà effetti non solo in altre organizzazioni, ma anche nell'EZLN. Se molta gente, donne e uomini, pensano che debba esserci una partecipazione egualitaria, allora deve avvenire una riforma o una rivoluzione profonda nelle strutture del comando dell'EZLN per garantire la partecipazione paritaria delle donne. A me sembra che la domanda sia buona, che riconosca una realtà e che sia un quesito importante per molte forze politiche e per il governo e anche per l'EZLN. Pure nell'EZLN le donne dovrebbero avere più responsabilità e più rappresentatività.
Queste sono le sei domande. Rispondere "si" o "no" dipende da molte cose e dipende da ciò che ognuno pensa. A noi serve molto che rispondiate e, a seconda se sarà si o se sarà no, trarremo le conclusioni, soprattutto per quanto riguarda le domande 3, 4, 5, 6. In queste domande è valido sia il sì che il no ed entrambi hanno il loro preciso significato. Insisto nel dire che alle domande 4 e 5 non si può rispondere affermativamente ad entrambe, mentre si può rispondere "no" a tutte e due.
Se la maggior parte della gente che partecipa alla consulta pensa che noi dobbiamo continuare come ora.... non dobbiamo diventare forza politica, dobbiamo seguire solo la via militare, ossia, essere solo il braccio armato della società civile, allora così sarà, questa è la risposta. Se pensate che abbiamo diritto alla partecipazione politica, .... non preoccupatevi: non diventeremo un partito politico, non ci uniremo al PRD e non consegneremo le armi! Nessuna di queste tre cose!
Quello che faremo, sarà parte di un altro processo e di un'altra discussione. Perché dopo la consulta arriva la grande domanda: Bene, adesso che sappiamo questo, cosa succederà? Così si farà un altro passo nel processo di dialogo nazionale: "sappiamo già che migliaia di persone, - non so quante parteciperanno - pensano questo, e adesso cosa facciamo?" A queste domande però non dovrà rispondere solo l'EZLN, ma anche le forze democratiche, la Convenzione Nazionale Democratica, i partiti politici d'opposizione, le organizzazioni non governative e le organizzazioni antigovernative che ci sono (e l'EZLN è una di loro).
Bene, passiamo al tema seguente. Durito propone di dire qualcosa sull'ineffabile commissione.... la delegazione del governo al dialogo di San Andrés!
La delegazione governativa e la Segreteria del Governo dicono che cercheranno di agevolarci in tutti i modi e per questo hanno fissato il prossimo incontro a San Andrés per il 5 di Settembre, per non interferire con la consulta e questa è una dimostrazione di buona volontà e distensione. Sono pure stupidaggini! Ciò che noi abbiamo proposto è che la riunione avvenisse prima del 20 di Agosto e loro hanno avuto paura che questo servisse per promuovere la consulta. Loro scommettono che la consulta sarà un fiasco, per cercare di imporre delle condizioni ancora più umilianti nel dialogo di San Andrés. Dicono: meglio impedire all'EZLN di avere qualunque contatto con i mezzi di comunicazione (sanno che abbiamo questa possibilità in San Andrés) e allora decidono un mese intero di intervallo affinché non possiamo parlare con i giornalisti, con nessuno. E così possono scommettere che la consulta sarà un fiasco, che nessuno ci farà caso, così potranno arrivare a San Andrés con una posizione più forte e imporre condizioni più umilianti. Questo è il motivo per cui il governo non ha voluto che la prossima sessione fosse il 20 agosto.
Il governo sta facendo di tutto perché la consulta sia un fiasco, perché un fiasco della consulta è un trionfo del governo. E qui arriva la domanda: che cosa è per noi, per l'EZLN, un successo o un fiasco della consulta?
Per noi la consulta è già un successo, perché abbiamo già ottenuto che si muovessero settori della società civile che sembravano apatici o immobili, a causa della crisi economica e dello scetticismo che provoca l'arbitrarietà politica che regna attualmente.
Noi vedevamo la necessità di una iniziativa che mobilitasse la gente in qualcosa e che portasse dei risultati, non una carovana della pace, aiuti umanitari, non accampamenti per la pace, non cordoni della pace, ma qualcosa che richiedesse una maggiore partecipazione e che desse risultati immediati e diretti.
E dalla Consulta nasce ancora un'altra piacevole novità: dalle informazioni giunteci, abbiamo constatato che si stanno muovendo settori che dopo l'8 agosto erano rimasti apatici o addirittura si erano scontrati l'uno contro l'altro. Questo appare chiaramente nel caso della Convenzione Nazionale Democratica in cui naturalmente continuano le differenze e le discussioni e le lotte già esistenti: mi sembra che sia normale e salutare che queste differenze esistano e si manifestino. Ma pensiamo che in determinati momenti queste dispute possano essere messe da parte e persino venir sospese per un tempo determinato mentre si realizzano determinate attività. Noi guardiamo con speranza al fatto che i due principali gruppi o forze che partecipano alla Convenzione Nazionale Democratica, anche separatamente, abbiano accettato di partecipare alla Consulta e di realizzarla, nonostante differiscano nelle valutazioni e nelle risposte da dare. È perfettamente valido che delle forze politiche pensino che si debba rispondere "no" alle domande 4 e 5: hanno tutto il diritto di farlo e di promuovere le loro idee, così come quelle che pensano che si debba rispondere "sì" a una e "no" all'altra. Questo perché sono domande d'ordine politico e in politica ci sono molte opinioni. Noi diciamo a tutte le forze politiche che partecipano alla Consulta, che non si preoccupino di come devono rispondere ad una domanda o all'altra, è necessario che ognuno risponda coerentemente col proprio pensiero e che tutti partecipino alla Consulta. A noi servono tutte le risposte, sia affermative che negative.
Non vogliamo una Consulta indotta o una Consulta che ratifichi ciò che l'EZLN è, vogliamo una Consulta che rispecchi quello che la gente pensa che l'EZLN debba essere. In questo senso, siano benvenute le posizioni della CNOSI, del PRT, del PRD, del Movimento Proletario Indipendente, del SUTAUR, di tutto l'arco politico.
Insomma, il successo già c'è. È un successo che Alleanza Civica abbia accettato di organizzare, impegnandosi con serietà ed indicando tutti i requisiti che doveva avere questa Consulta per ottenere il suo avvallo organizzativo. È un successo che si stiano già formando molti gruppi promotori, che s'installino i seggi elettorali, che si siano aperte tutte queste discussioni e che appaia in alcuni mass media qualche notizia sulla Consulta. Però per noi, il successo maggiore sarebbe che la maggior quantità di gente possibile, in tutto il paese e facente parte dei più diversi strati sociali, partecipasse alla promozione e all'organizzazione della Consulta. Voglio dire: è importante l'impegno per il successo di Alleanza Civica, é importante quello dei convenzionisti seri e pure la quantità di gente che va a votare la scheda, perché non è qualcosa che tu possa fare così senza pensarci, ma impone uno sforzo minimo: andare fino al seggio e fermarti per il tempo necessario a rispondere alle 6 domande, però bisogna pure andarci con un documento d'identificazione... il fatto che la gente abbia questa disponibilità, si prenda il disturbo di perdere questo tempo per andare a rispondere all'EZLN, per noi è veramente importante, e più gente lo farà, meglio... perciò sia chiaro che la gente, con questa sua adesione, sta partecipando ad un processo di pace, per la democrazia.
Per questo la Consulta si chiama "Consulta per la pace e la democrazia"; non state avallando la guerra, non state votando la guerra, state aiutando un'organizzazione politico-militare e state aiutando il governo (anche se il governo questo non lo capisce) e pure la società civile a trovare la strada nel processo per una pace giusta e degna, per una pace con democrazia. State aiutando ad aprire la strada per una nuovo modo di fare politica. Io conservo la speranza che un sistema così assurdo, così stupido, come il sistema politico messicano, possa arrivare a produrre, come contraddizione, una nuova morale politica, delle nuove relazioni politiche, che siano così rivoluzionarie, da riuscire a colpire l'attenzione internazionale.
Qui devo toccare il punto della Consulta Internazionale, che ha avuto un successo che noi non speravamo, perché si sono uniti due elementi: un gruppo di convenzionisti in gamba ed attivi nella Commissione Internazionale di Enlace e soprattutto, una forte organizzazione dei gruppi di solidarietà all'estero, soprattutto, in Europa, Stati Uniti e Canada, che ha permesso che la Consulta si sviluppasse quasi immediatamente dopo la sua convocazione. Ossia: mentre a livello nazionale si stava ancora discutendo "se questa domanda o quest'altra", o "come si fa ad organizzare", e via di questo passo, in vari paesi si stavano già facendo le votazioni e stavano riempiendo le schede, con un'inventiva che sorprenderebbe tutti: usano il telefono, Internet, le comunicazioni via satellite, persino il semplice telegramma, scrivono lettere e si hanno già dei risultati. Da come va la Consulta Internazionale, pensiamo che sia già un successo. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di voti, perché nell'ultimo rapporto che ho ricevuto all'inizio di luglio, solo fra Italia, Spagna e Francia eravamo sui centomila. E questo perché? Noi pensiamo che a livello internazionale si siano sentite le bandiere dell'EZLN come bandiere mondiali, e che pure il modo di fare politica dell'EZLN sia stato sentito come l'apertura di un nuovo modo di fare politica dalle molte forze che lottano per la democrazia in tutto il mondo. Il ruolo che ha giocato la solidarietà internazionale è molto grande ed è stato molto importante per noi. Per fare un esempio voglio far risaltare l'attività e l'atteggiamento tenuto dagli stranieri negli accampamenti per la pace nella zona del conflitto: questa gente si è sacrificata, si è dedicata tutta, è stata molto rispettosa - soprattutto - della vita comunitaria, della politica - non si sono messi in mezzo - e si sono resi disponibili a fare qualsiasi servizio toccasse e... tutto questo in mezzo all'ostilità delle forze del governo, dei servizi di migrazione e, non poche volte, dei loro stessi compagni, messicani, dell'accampamento. Per il solo fatto di essere stranieri sono stati molestati, li si è criticati di più, si è stati più duri con loro e nonostante che questo clima di ostilità non arrivasse sempre necessariamente dal nemico, ma invece molte volte dagli stessi amici, questa gente ha fatto il suo dovere e continua a farlo, e lo fa bene, con discrezione, senza attendersi nessun applauso e nessuna ricompensa. Rappresentano il riflesso, m'immagino, di quello che succede nei loro paesi, della simpatia per l'EZLN, che da loro non si manifesta solo con la mera solidarietà, ma che si traduce in far proprio questo insegnamento, riadattandolo, ricominciando da qui per creare qualcosa di nuovo nel modo di fare politica.
Noi non speravamo questo, non ci aspettavamo niente. Non ci aspettavamo un movimento di solidarietà internazionale così creativo come quello che è nato attorno all'EZLN, così creativo non solo nel campo della pura solidarietà. Da molte parti infatti questa solidarietà con l'EZLN ed il popolo indigeno chiapaneco, ha permesso l'unità fra forze politiche che non si potevano vedere nemmeno da lontano; insomma quello che non è riuscito a fare l'EZLN in Messico, cioè promuovere l'unità delle forze politiche, all'estero sì, pare proprio che da qualche parte si sia riusciti a farlo.
Che cosa possiamo dire ancora della Consulta? Eventualmente, se ci riusciremo, potremo preparare un altro video e spedirvelo, però pensiamo che vi annoierete già abbastanza con questo, che dura un'ora, un'ora e mezza...
Vogliamo mandare un saluto a tutti quelli della CND, di qualsiasi gruppo politico siano o di qualsiasi Convenzione siano, perché dicono che ci sono due Convenzioni, e augurare loro che capiscano come interpretare lo zapatismo, che capiscano che nessuna strada che porti al successo è rapida, o è in discesa, ma ci sono tante difficoltà, tutto costa, tutto è difficile.
Durito mi aveva detto che arrivati a questo punto dovevo tirarlo fuori perché vuole invitare il popolo del Messico, tutta la gente, a partecipare alla Consulta. Questo vuol dirlo proprio lui con parole sue a beneficio delle sue ammiratrici.
(Durito al microfono). Credo che sia stato chiaro, non c'è bisogno di ripetere.
Da parte mia voglio invitarvi a partecipare: non avete niente da perdere e molto da guadagnare. Qualsiasi contributo (nella promozione o nell'organizzazione, o anche solo col voto) è un contributo alla nuova storia di questo paese che si sta costruendo nonostante il suo governo; cioè, nonostante la stupidità, la ragione inizia a prevalere.
DALLE MONTAGNE DEL SUD-EST MESSICANO, PER LA TELEVISIONE ZAPATISTA, IL SUP
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