Intervista rilasciata dal subcomandante Marcos il 22 ottobre 1995 ad alcuni membri della Convenzione Nazionale Democratica

Bilancio e prospettive della CND

E dopo la Consulta?

"Mi sono trovato davanti persone che partecipano ad una organizzazione politica, ma persino ad organismi politici o a partiti politici, che non sono d'accordo con la scelta elettorale. Invece sono d'accordo con questa costruzione di un movimento sociale e con loro abbiamo già rapporti da tempo.

Bene, tu hai un'idea di quale può essere il risultato di questa costruzione del potere popolare o della presa del potere da parte del proletariato o della costruzione di un nuovo spazio democratico o quello che ciascuno possa concepire come risultato di questo processo.

Ma tutti abbiamo un ostacolo, cioè il sistema del partito di stato ed io ribadisco che non parlo del PRI, credo che la gente di Jalisco abbia ben chiaro questo problema, perché là, ad esempio, è caduto il PRI ma il sistema del partito di stato continua ancora oggi, solo che ha il colore blu, solo che è dipinto di blu, del colore del Partito di Azione Nazionale.

Quello che noi segnaliamo è che dobbiamo trovare i punti di contatto, quando si arriva a questo punto di contatto, ad esempio con la Convenzione o con qualunque altra cosa, si arriva legittimamente a convincere gli altri nel migliore dei casi (o a cavalcare nel peggiore) su quello che si deve fare. Insomma dove deve andare a parare questa alleanza? Questa alleanza deve servire per andare contro il sistema del partito di stato, però deve anche andare in direzione di un processo elettorale in un certo modo. Un po' quello che è successo con la Convenzione Nazionale che era nata alla vigilia delle elezioni. Noi dicevamo che questo sarebbe stato un processo lungo e cercavamo di avvisare quelli che avevano fatto la scommessa che la Convenzione potesse avere dei risultati immediati: un improbabile trionfo delle forze di opposizione il 21 agosto. Cercavamo di avvertire che sarebbe stato un processo più lungo... che era ancora una cosa da definire nei comitati delle scuole, delle fabbriche e dei quartieri: la Convenzione doveva definirsi nella base e non nel Aguascalientes.

Là, al Aguascalientes, siamo arrivati. Tutti abbiamo detto che eravamo d'accordo, tutto bene. Poi c'è caduto il tetto di tela addosso e ci siamo bagnati, e tutto il resto che è successo. Ma infine abbiamo capito che, quello che la Convenzione deve fare, è in basso che dev'essere deciso.

Là è stato il momento in cui ognuno ha cominciato a tirare dalla sua parte, ognuno ha capito la Convenzione come la voleva capire, e là anche noi abbiamo cominciato a fare le stupidaggini, che anche voi del resto fate, insomma non è solo un nostro privilegio. Da qui, noi prendevamo posizione, da qui criticavamo (in che tono!) e tutto questo senza renderci conto di fino a che punto la nostra parola avesse acquisito un certo peso nel mondo politico nazionale. Non eravamo coscienti di questo: che non è la stessa cosa che qualcuno dica qualcosa o che la dica Marcos, non perché sia Marcos, ma perché rappresenta un movimento e tutto questo si può utilizzare sia da una parte che dall'altra. Faccio l'esempio di una foto. C'è chi dice: io ho fatto la foto con Marcos, por questo ti vengo a dire ciò.

Infatti noi capiamo che in questa lotta contro il sistema del partito di Stato ci sono coincidenze a più livelli, c'è chi intende che si può costruire un fronte ampio d'opposizione e che si può fare un fronte classista, e c'è chi vuole privilegiare una cosa rispetto all'altra e c'è chi vuole subordinare l'uno all'altro. Questa è la verità. Quando qualcuno dice che il fronte classista non è possibile, vuol dire che vuole subordinare la costruzione di un fronte di classe all'altro e questa è una posizione politica. Chi dice no, che le posizioni del fronte ampio sono posizioni piccolo- borghesi oppure socialdemocratiche, è perché vuole subordinare il progetto del fronte ampio a quello del fronte classista. Questo può creare uno scontro o forse no, o qualcuno può pure dire che si tratta di due processi paralleli e differenti per livello, e che si può avanzare con tutti e due.

Però, questo può essere chiaro ad alcuni e ad altri no. E questo continuo prendere le distanze: perché unirsi è pure differenziarsi, compagni!... ci fa ritrovare ciò che ci unisce e pure ciò che ci rende diversi. In questo caso può essere relativamente semplice perché voi non avete né armi né passamontagna, però è ben chiara anche qualche altra cosa. Quando noi chiamiamo ad un dialogo, invitiamo a discutere quello che unisce e quello che divide, perché non è il caso di continuare ad ingannarci sulle differenze, visto che le differenze si possono subordinare.

Noi non abbiamo mai detto che subordinavamo le differenze e basta, ma che le lasciavamo latenti e non le dimentichiamo, sono sempre qua. Noi non coincidiamo con voi in questo. Non coincidiamo, ad esempio, sul fatto che si debba costruire un'organizzazione sulle rivendicazioni. Se noi avessimo pensato questo, avremmo organizzato un sindacato, e no... noi invece abbiamo pensato ad un esercito. Questa è una differenza.

Però io so che questo sindacato, o questa organizzazione sociale, riconosce nel suo lavoro politico che il sistema di partito di Stato è l'ostacolo... così come il mio esercito, il nostro esercito, riconosce che questo è il problema, proprio come loro che hanno una composizione molto varia nei sindacati, negli organismi dei contadini o degli artisti, e a volte è difficile poter dire che si tratta di gente proletaria o d'avanguardia, però su questo c'è una coincidenza.

Questa la dobbiamo trovare, quando noi diciamo: andiamo al dialogo, ossia che il fronte ampio non sia un accordo di Convenzione... allora noi ci opponiamo a che ci sia un fronte ampio come nell'accordo di San Cristóbal, perché è come ripetere la Convenzione. Noi diciamo: andiamo a dialogare su quale tipo di fronte vogliamo che ci unisca o che ci differenzi. Lì andiamo a definire e non solo vanno a mettersi d'accordo tra dirigenti perché altrimenti con tutti i dirigenti più "fighi" facciamo un documento e lo firmiamo, domani cade la Borsa Valori, magari cade, però tre giorni dopo risale. Ed alla fine questo fronte non farà niente di efficace, non quaglia: dovete riconoscerlo, tutti voi, che c'è una crescente partecipazione politica di gente che non ha fiducia nei partiti politici e nemmeno in voi. Questo è ciò che fa crescere la CND.

Per esempio quando qualcuno dice che noi siamo plurali, vuole dire che qua nessuno ha l'egemonia, ma in cambio si può dire che la Convenzione Nazionale Democratica di Città del Messico ha due poteri egemonici chiari; e Jalisco dice che no, che nel loro caso non è così, noi siamo un gran casino e siamo diversi, voglio dire che questo definisce come si gioca in questo spazio.

Questa gente è quella che spera e che guarda a noi, all'EZLN, come a una forza politica alla quale si può unire. Non può prendere un'arma o non vuole, però vuole partecipare con noi. Allora noi dobbiamo rispondere pure a questo, dobbiamo rispondere con uno spazio per mettersi in relazione con loro e fare un partito politico con Cardenas o con ciò che rimane del cardenismo o col suo partito. Ma dobbiamo ancora rispondere a tutta questa gente senza partito che vuole una nuova organizzazione politica e che vede nell'EZLN questa possibilità. Per questo noi diciamo che oltre a fare un fronte ampio dobbiamo creare una nuova organizzazione politica sulla base dell'EZLN.

Quindi questo dialogo è quello a cui chiamiamo. Non stiamo convocando a dare l'appoggio al PAN o al PRD. L'esito di questa mobilitazione attrarrà altri partiti politici ed altre forze sociali, e questo mentre si avvicina il 1997: di nuovo le elezioni. Per questo stiamo prendendoci uno spazio dove questo aspetto non si inquini, perché se noi ci trovassimo invece alla fine del '96, sono sicuro che molti, come ad esempio Castillo Peraza, ci ammiccherebbero per interessi elettorali, solo per ottenere voti.

Oggi non succede nulla, sono appena terminate le elezioni chiapaneche. In Michoacan è già tutto definito. Entriamo in un periodo dove non ci devono più essere questi vizi in un processo elettorale: a chi vai a dare il tuo appoggio? Deve essere più chiaro tutto il gioco: per un partito politico legale come per quei partiti politici che cercano l'iscrizione nel registro. In questa congiuntura, o come volete chiamare questo processo, noi andiamo a sederci e a parlare, ma prima parliamo dal basso, cioè quello che noi chiamiamo andare a creare i comitati di dialogo locali.

Per l'una o per l'altra cosa, che piaccia o non piaccia, oggi il potere di convocazione ce l'ha la stella rossa a cinque punte su sfondo nero.

Ogni iniziativa che lancia l'EZLN ha una risposta popolare. Noi diciamo che questa stella di cinque punte deve convocare la formazione di questi comitati di dialogo; non voglio dire che siano della nuova forza politica, ma che siano comitati che si organizzano appunto per discutere, che facciano tutto il dibattito di ciò di cui stiamo parlando ora.

Quando noi diciamo di andare insieme verso tutto ciò, diciamo al MPI e a Ruta 100: tu puoi continuare con il tuo movimento e con la tua prospettiva, ma puoi anche fare un comitato di dialogo in cui puoi domandare dal basso come vedi tutto ciò. Non come lo vede Cardenas, o quello che pensa Barco o Marcos, non tra i leader, ma dal basso. Che cosa pensano in basso di ciò che sta succedendo sotto, e di quanto si può salire verso l'alto.

Sto parlando di un lento e difficile processo, lo so, però più solido che dichiarativo. Questo è ciò che stiamo proponendo; proponiamo cioè di trasportare al resto del Paese, e io vorrei dire a tutto il mondo, il nostro concetto di democrazia, che può non coincidere col vostro o con quello di altri, perché il nostro concetto di democrazia si scontra con il sistema del partito di Stato. Quindi, senza perdere di vista questo, dovete capire che possiamo e dobbiamo prendere distanze, con una critica radicale, da Porfirio Muñoz Ledo, ma dobbiamo anche tendere ponti necessari e possibili con Cardenas Solorzano. Noi non stiamo dicendo: adesso nel PRD ci sarà... e forse i perredisti diranno: aspetta, forse cadrà Muñoz Ledo, che Cardenas rientrerà l'anno prossimo....

Noi siamo in una situazione di guerra, e forse l'anno prossimo non esisteremo più. In questo caso concreto noi dobbiamo prendere le distanze dal PRD, da "questo PRD", se loro dicono che non se ne fa niente con il PRD, allora non si farà niente ma, se credete che sia possibile fare alleanza col cardenismo, lo faremo. Un po' come avete fatto voi nell'incontro di San Cristobal, dove avete invitato Cardenas e Lopez Obrador, che rappresentano dentro il PRD, la corrente contraria al sistema del partito di Stato. E non si può qualificare come perredista questo incontro. Capite? Lo stesso è anche per noi. Non è che ora Marcos, il "pericoloso" dice che prima era perredista e adesso è panista.

Io vi rispetto, rispettate però anche me. Io parlo con voi e allo stesso modo devo parlare con Rosario Ibarra, con Cardenas, con Pricila Pacheco e se si può anche con Saucedo, con Bernal, con Iruegas e con chiunque ci stia davanti perchè in questo processo è così. Noi proponiamo il dialogo e il governo sta prendendo tempo per tornare a colpirci, non abbiamo nessuna speranza che si risolva qualcosa. Ciò che noi stiamo facendo è offrire la tribuna del dialogo a più gente possibile; ora al tavolo degli indigeni abbiamo invitati più indigeni possibili che conoscevamo perché parlino, e nel prossimo tavolo inviteremo tutte le organizzazioni politiche, anche il PROCUP, perché la usi, parli e dica ciò che pensa, perché noi sappiamo che il governo non ci risolverà nulla. Noi scrivevamo a Ruta 100: "Non otterrete niente che non sia con il vostro sforzo".

Alla fine, ciò che il governo mollerà sarà prodotto da questa mobilitazione che ci sarà fuori. Perché mi devo sbattere facendo un grande plico di rivendicazioni al governo se non le porterà a compimento? E' meglio che io mi sforzi a fare contatti con altre forze e capire che la risoluzione dei nostri problemi come indigeni, è lontana, e passerà necessariamente dalla soluzione dei problemi del popolo messicano.

Non sto parlando della fine del mondo, che sia chiaro. Non siamo così imbecilli da pensare che la fine del mondo sia quando c'è una nuova relazione politica. Manca ancora tanta storia.... Bisogna ancora abolire le classi sociali, ci vuole un nuovo sistema politico e un nuovo sistema sociale. Se noi segniamo un orizzonte, non pensiamo certo che finisce lì, non è però neanche da disprezzare, perché, oltre ad essere d'accordo con Castañeda che dice che siamo i riformisti armati; dimenticate un piccolo dettaglio: che gli zapatisti sono abituati ad aspettare, che siamo addestrati ad aspettare, la nostra mente è preparata per i lunghi periodi di tempo e non a breve termine, perché siamo gente che formata in un'organizzazione che ha trascorso decenni a prepararsi a fare qualcosa.

Questa è la nostra mentalità. Noi non guardiamo nè al 97, nè al 2000. Ci sembrano pochi 5 anni per un'organizzazione che da 12 è nella montagna, ma che esiste da 20. Cosa sono 5 anni!

Noi segnaliamo ciò che vediamo nell'immediato ma non perdiamo di vista ciò che va più in là.

In quest'immediato che vediamo, pensiamo che possono coincidere vari gruppi che non si sopportano per le loro differenze, però vi dico ancora che l'EZLN [qui il subcomandante mostra una collanina che gli hanno appena regalato. N.d.T.] è il filo che permette di tenere insieme tutti questi ciondoli, se lo volete tagliare, si perderà tutto il collare. Se voi dite all'EZLN di non parlare con i trotzkisti, sto facendo solo un esempio, noi risponderemo di no e se altri ci dicono di non parlare con l'estrema sinistra, anche a loro diremo di no. Dovete aver fiducia che ciò che sto dicendo a voi lo dico anche a loro, il criterio è: "...siccome l'abbiamo visto con loro, lo avranno già convinto, quindi vaffanculo Marcos, è un riformista, andiamo ad appoggiare le vere basi zapatiste...".

Dovete capire questo, a me possono cantarmi la messa sia gli uni che gli altri ed io sia negli uni che negli altri devo riconoscere quello che ci unisce, che è poi questa lotta contro il partito di Stato.

In questo dobbiamo andare d'accordo fra di noi, e adesso dobbiamo approfittare di questo tempo per parlare con voi, tra un po' ci sarà un altro 9 febbraio e bisognerà correre. Vi chiedo solo di capire questo e di avere fiducia che state parlando con noi, con gente che ha la vostra stessa statura morale, quella che concedete a voi stessi: se vi considerate onesti e coerenti, anche noi siamo onesti e coerenti. Però dobbiamo parlare con molta gente e lo continueremo a fare. Non vi bevete il fatto che siamo dei panisti.

Ora si può, però dopo non si potrà più. Ciò che sto dicendo è che assumiate il fatto che non sarà possibile, che adesso si lo è e non potrà dopo chiarire tutto. Quindi vi dico: facciamo accordi generali e su questi andiamo avanti.

C'è il problema dei mezzi di comunicazione. Stiamo cercando di fare una nuova relazione con Televisa, a cambio chiediamo che sia più obbiettiva nei commenti. A noi non interessa usare la televisione, ma pensiamo che non faccia male al movimento indigeno nazionale che la sua immagine ricorra al mondo. Se si fa questa relazione è perché loro sono interessati alla nostra immagine, ma noi diciamo: si, ci andiamo, ma insieme a noi vengono anche tutti gli altri. Io penso che a Ruta 100 non farebbe male che si potesse diffondere questo. Noi stiamo cercando di mettere come assessori ed invitati gente il più ampio possibile perché usi questa tribuna con i mezzi che possiede l'EZLN.

Non ci stiamo vendendo, non miro certo ad essere il personaggio di una telenovela. Noi vogliamo aprire questo spazio senza dimenticare gli altri, in questi spazi che di per sé già abbiamo.

Comunque oggi ci si può vedere, domani Zedillo fa qualche altra stronzata e dobbiamo correre e non si potrà più farlo. Quindi la proposta, anzi no, non è una proposta, ma è dirvi che noi faremo questo.

Andiamo avanti con il fronte, ma andiamo a risolvere anche quello che riguarda la nuova forza politica, e dovrà essere risolta con base nell'EZLN: nel processo di dialogo costruiremo una nuova forza politica. Non partitica, diciamo ora, ma può anche accadere che la gente dica che bisogna farlo con i partiti. Noi pensiamo che il problema non sia nell'avere un posto nelle elezioni popolari, ma chi è che esercita il potere e non chi è al parlamento o alla presidenza, di fatto la nostra posizione è stata questa. Non condanniamo la gente che fa lotta elettorale. E' lì che fa trappole Muñoz Ledo quando dice che siamo contro la lotta elettorale. No!

Noi siamo contro l'imbroglio!

Quindi ci sono altri mezzi per prendere contatti.


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