La Jornada 7/10/1996

Accerchiamento ed agguato

Antonio Garcia de Leon

L'imminente Congresso Nazionale Indigeno, nel contesto di una transizione impantanata, può essere considerato come il fatto più importante del paese, un catalizzatore che aiuta a districare la situazione politica nazionale: può essere il detonatore di una riforma profonda dello stato, che oggi si trova sotto stato d'assedio da parte di un governo che vorrebbe preservare l'antico regime fino al ventunesimo secolo. Prima del 1994 e durante più di una decade, una grande quantità di organizzazioni locali indigene di Oaxaca, Chiapas, Guerrero, Veracruz, Las Huastecas, Sierra de Puebla e altre regioni del paese, cominciarono un segreto dialogo fra loro a proposito dei modi di esercitare il potere e di intendere l'esercizio della propria autonomia e della libera determinazione. Alcune di queste organizzazioni governano nelle loro regioni da molto tempo e hanno imparato complesse strategie di sopravvivenza economica e convivenza politica con un partito-governo che continua a considerare le comunità indigene come riserve corporative di voti e di lealtà. Quello che hanno fatto è, semplicemente, esercitare coscientemente un'autonomia antica, che deriva dalle ribellioni che risalgono perlomeno al 1767. Uno dei primi indizi della crisi generalizzata di un ordine arcaico iniziò a mostrarsi (come alla fine del diciottesimo secolo e al principio del ventesimo) in queste regioni, e concise con la nascita di tutta una dirigenza indigena, che ancora non è completamente riconosciuta al di fuori delle proprie regioni e delle proprie reti organizzative. Questo ampio movimento ha molti lati e molti poli di attrazione, raggruppa una grande varietà di organizzazioni locali, regionali e nazionali, che oggi competono o esercitano il potere con la copertura di partiti di opposizione, come il PRD. Queste lotte hanno generato dirigenti e quadri, sia politici che intellettuali, che si trovano, dal momento della ribellione in Chiapas, sotto una vigilanza e un assedio più pressanti da parte del governo. La maggioranza delle regioni indigene sono state militarizzate, dopo l'irruzione dell'EPR nel 1996. Il movimento indigeno nazionale è oggi un'avanguardia di quel grande spettro che spinge a una transizione pacifica alla democrazia e allo stato di diritto. Nella cornice del dialogo di San Andres, gli zapatisti ricevettero l'appoggio e propiziarono l'irruzione di queste voci attraverso il Foro Nazionale Indigeno, realizzato in gennaio di quest'anno. L'ampia gamma delle loro rivendicazioni forma parte organica di una profonda riforma dello stato, che ha già attraversato qualsiasi accerchiamento prestabilito ed è una realtà che si è espressa già a San Andres e in tutti gli spazi possibili. Il congresso riceverà ora rappresentanti di 50 etnie indigene del paese e la sua discussione ci coinvolge tutti, perchè si sta mettendo in discussione in maniera molto seria l'ordine politico esistente, la cornice giuridica viziata, i meccanismi sociali e di potere che vogliono emarginarli e la politica economica fondamentalista di questo governo. Malgrado quello che alcuni media stanno diffondendo, non si riuniranno a discutere "usi e costumi" o "cose da indios", ma principalmente discuteranno gli "usi e costumi" di un regime che da settanta anni è al potere e che ha negato loro (come alla maggioranza dei messicani) la piena cittadinanza, l'accesso alla terra e il rispetto delle proprie differenze. Il congresso, al quale di sicuro assisterà, come invitata, una delegazione di dirigenti indio dell'EZLN, sarà un avvenimento rivelatore del grado di partecipazione, che richiedono ed esercitano le etnie indigene del paese, del dibattito aperto sulle sue forme di esercizio pubblico. "Per garantire una nuova relazione fra lo stato nazionale e i popoli indigeni", dice il documento finale del foro di gennaio, "si deve partire da una democratizzazione della vita politica nazionale, che metta fine al sistema del partito di stato e assicuri il formarsi di uno stato di diritto, basato sul pluralismo giuridico, che dovrà articolare il diritto dello stato con il diritto indigeno". Gran parte delle delegazioni indigene che assisteranno al congresso, come gli zapatisti, che si sposteranno per tutta la lunghezza del paese, dovranno attraversare posti di blocco, evadere ordini di cattura e minacce di morte, che fioriscono nelle loro regioni, dove la spesa sociale è stata sostituita dal controllo militare e poliziesco. Come arriveranno a Città del Messico i dirigenti di Totonacapan, del Guerrero, de Las Huastecas, de La Sierra de Zongolica, di Oaxaca, del Chihuahua e molti altri, assediati militarmente nelle loro regioni? Le carceri del paese sono piene di dirigenti sociali indigeni, la violazione sistematica dei diritti umani si esercita preferenzialmente su di loro e, nonostante tutto, saranno presenti a Città del Messico, in un tempo di "accerchiamento e agguati lungo le strade" (in tzacualli, in homaxac), così i nahuas del sedicesimo secolo chiamarono i grandi eventi storici del periodo turbolento in cui vissero. Il congresso nazionale indigeno sarà senza dubbio uno spazio di dialogo nazionale verso la transizione alla democrazia.

(Tradotto dal Comitato Internazionalista Che Guevara - Bologna)

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