Bollettino n. 9 - aprile 1999
a cura del Comitato Chiapas di Torino
NOTIZIE
DESAPARECIDAS
DAL MONDO
in questo numero:
AFGHANISTAN - ALASKA - BELGIO - BIRMANIA - BRASILE - CANADA - CILE - CINA - COLOMBIA - COREA - FRANCIA - GERMANIA - GRAN BRETAGNA - GRECIA - GUATEMALA - INDIA - INDONESIA - ITALIA - LUSSEMBURGO - MACEDONIA - MAROCCO - MESSICO - NIGERIA - NUOVA GUINEA - OLANDA - PAKISTAN - PANAMA - PORTORICO - REPUBBLICA CEKA - RUSSIA - SAHARA OCCIDENTALE - SERBIA - SPAGNA - SRI LANKA - STATI UNITI - SUDAN - THAILANDIA - TIMOR - TURCHIA - VENEZUELA - VIETNAM
EUROPA
ITALIA (JUGOSLAVIA), 2 aprile. Sono giorni ormai che si sa: c'è la guerra in Kosovo e un'aggressione da parte della Nato alla Serbia. Ma i poliziotti di frontiera italiani e il questore forse non lo sanno ancora. Oggi una cinquantina di persone (tra cui due neonati e le loro famiglie) provenienti dal Kosovo ed entrate clandestinamente in Italia attraverso la frontiera con la Slovenia, sono stati respinti. Secondo il questore di Gorizia, Umberto D'Acierno, non vi è, in questa decisione, nessuna violazione dei diritti e delle leggi nazionali ed internazionali. Secondo le organizzazioni umanitarie casi come questi vanno segnalati ed anche perseguiti. Secondo l'articolo 17, comma 1, della legge sull'immigrazione in nessun caso uno straniero deve essere respinto se questo può significare trovarsi nuovamente in una situazione di conflitto che metta in pericolo la sua vita.
SERBIA (JUGOSLAVIA), 5 aprile. Secondo l'agenzia Tanjug, oltre mille kosovari di varie etnie, fra cui anche quella albanese, sarebbero rifugiati a Belgrado. Del gruppo fanno parte donne, vecchi e bambini albanesi, egiziani, rom, serbi e turchi e nei prossimi giorni sarebbero attesi nuovi arrivi.
TURCHIA, 5 aprile. Secondo il pacifista Dino Frisullo il conflitto in Kosovo, che paragonato a quello del Kurdistan non rappresenta neppure la minima parte di quanto le popolazioni curde patiscono ormai da anni, rischia di far scomparire il problema della Turchia dall'attenzione internazionale. In questo clima, scrive in una lettera aperta, le elezioni del 18 aprile in Turchia che si apriranno in un clima di terrore ed il processo ad Abdullah Ocalan previsto per il 30 di aprile, rischia di finire in secondo piano. In queste condizioni sarà difficile riuscire a far arrivare in Turchia una delegazione internazionale che vigili sull'effettiva validità del processo.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 5 aprile. La guerra nel Kosovo ha ridato slancio alle tradizionali marce per la pace del periodo pasquale. In Germania hanno sfilato contro i bombardamenti della Nato solo in questo fine settimana 50.000 persone. Le differenze sono grosse tra i dati della polizia e degli organizzatori delle manifestazioni. Solo oggi, l'ufficio per la pace di Francoforte sul Meno, ha dichiarato che hanno sfilato decine di migliaia di persone e nel venerdì santo i cortei simultanei in 150 città tedesche hanno visto riunirsi almeno cinque volte di più il numero di persone che normalmente vi partecipavano. Sono dati che ricordano i cortei contro la guerra del Golfo.
ITALIA, 7 aprile. Nove rappresentanti dei disoccupati napoletani sono stati arrestati oggi dalla Digos per aver organizzato i disordini durante le manifestazioni per il lavoro. Il giudice li ha condannati agli arresti domiciliari. Sono: Giuseppe Ponticelli, Giovanni Vassallo, Giovanni Morescanti, Antonio Buonocore, Salvatore Lezzi, Carmine Raspaolo, Giuseppe Carbone, Giovanni Puglisi e Salvatore Alfiero, tutti aderenti ai gruppi <Alternativa popolare per il lavoro>, <Forza Lavoro disponibile>, <Lista storica per il collocamento> ed altre. Sono stati contestati i reati di blocco stradale, violenza, minaccia e lesioni aggravate a pubblico ufficiale, uso di esplosivi. I disoccupati della <Lista storica> hanno immediatamente risposto con un comunicato stampa in cui parlano di repressione da parte della polizia e di un giro di vite nei confronti delle organizzazioni di disoccupati. <Si sono inoltre adottati i provvedimenti di arresto domiciliare per persone che non possono in alcun modo né scappare né tantomeno inquinare le prove. E' singolare inoltre che provvedimenti di tale genere seguano a pochi giorni la denuncia da noi fatta su assunzioni illegittime come quelle fatte con contratti di formazione>. La nota si conclude con la richiesta al ministro Diliberto di verificare l'operato della procura di Napoli.
ITALIA (JUGOSLAVIA), 7 aprile. Mongolfiere contro i caccia che vanno a bombardare. E' l'idea del <Centro di ricerca per la Pace di Viterbo> che propone piccole mongolfiere, sul tipo di quelle che si lanciano nelle feste di paese, fatte di carta con una piccola intelaiatura di fil di ferro con al fondo un semplice barattolo in cui brucia combustibile che le solleva. Se si riuscissero a lanciare continuamente ed in numero cospicuo nei pressi delle basi aeree, potrebbero provocare la cessazione degli attacchi, soprattutto di notte.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 7 aprile. Gli uffici federali dei Verdi a Bonn sono stati occupati stamattina da manifestanti che protestavano contro la partecipazione ai bombardamenti della Serbia da parte della Germania. I militanti, di organizzazioni antirazziste, hanno chiesto di parlare, una volta nei locali, con gli esponenti di primo piano dei fautori della guerra, attivi fra i Verdi. I manifestanti chiedono anche il diritto di permanenza dei profughi dal Kosovo in terra tedesca. Non è stato richiesto l'intervento della polizia.
ITALIA, 8 aprile. Questa non è una pubblicità, anche se lo potrebbe sembrare, è un'informazione importante che si spera spinga altre realtà del genere ad imitare al più presto l'iniziativa dei Supermercati Esselunga. La catena italiana ha infatti invitato gli oltre 700 suoi fornitori a segnalare con una scheda quali elementi siano completamente esenti da ingredienti e additivi manipolati geneticamente, cosicché chiunque si rechi nei supermercati Esselunga abbia sott'occhio la lista dei prodotti <puliti> e aventi l'autocertificazione comprovante l'assenza di elementi manipolati, siano essi prodotti della casa o di altri. L'iniziativa non è isolata, ma parte da un consorzio europeo che comprende catene svizzere, francesi, belghe, irlandesi e inglesi e risponde all'esigenza di informazione dei consumatori: è vero che i prodotti manipolati geneticamente hanno un'etichetta dove deve essere dichiarato per legge se il prodotto li contiene, ma non quello di indicare se additivi, conservanti, aromi e materie prime siano invece trattati.
REPUBBLICA CEKA (JUGOSLAVIA), 8 aprile. Un monumento dedicato ai soldati statunitensi morti nel liberare la Boemia occidentale dall'occupazione nazista alla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato danneggiato da ignoti. Il monumento, alto due metri e situato nella piazza principale di Cheb, cittadina a 150 chilometri dalla capitale, è stato coperto di svastiche e scritte contro la Nato e contro gli Stati Uniti. Le autorità hanno assicurato che il monumento verrà ripulito al più presto.
ITALIA, 8 aprile. La legge sull'immigrazione prevede una clausola, quella che non possono essere espulse donne incinte durante il periodo di gravidanza e nei sei mesi successivi al parto. A Genova, un gruppo di donne zingare di etnia Rom provenienti dalla Romania, da tempo accampate a Sampierdarena (in tutto sono 40 famiglie) ne hanno sentito parlare e così si sono organizzate. Quelle incinte prestavano i loro certificati alle amiche che non lo erano: ingenue e organizzate, hanno dovuto fare i conti con l'ufficio stranieri che le tiene d'occhio da un pezzo: nel campo risultavano tutte incinte le donne presenti, così la questura ha mandato i suoi uomini che ne hanno caricate alcune su un furgone e portate all'ospedale dove non sono risultate gravide. La polizia ha quindi emesso un mandato di espulsione immediata.
OLANDA, 8 aprile. Gli attivisti di Greenpeace hanno protestato presso il governo olandese che ha intenzione di permettere il temporaneo stoccaggio di rifiuti radioattivi in un impianto situato nella cittadina di Borssele, nel Sud del paese. Questo perché l'impianto di Petten, situato nei pressi di Amsterdam, ha raggiunto la sua piena capacità e quindi le scorie necessitano di essere trasportate in un'altra località. Gli attivisti hanno issato uno striscione sull'edificio del ministero per gli affari economici sul quale campeggia la scritta: <E' un peccato per Zeeland> (è la provincia, densamente abitata, dove le scorie verranno stoccate). Il ministro si è limitato a dichiarare che le scorie verranno trasportate fino a Borssele solo per un breve periodo di tempo, scordandosi di specificare quanto questo sarà lungo e di quanto materiale radioattivo si tratta.
ITALIA, 8 aprile. Anche la giunta regionale delle Marche si dà da fare per regolamentare il <traffico> di alimenti manipolati geneticamente che il piano nazionale di semina prevedeva già per quest'anno nelle aziende regionali. Questo perché sono necessari almeno due anni di coltivazione a pieno campo per poter commercializzare i prodotti una volta che sono stati inseriti in uno speciale registro. A tutt'oggi in Italia ancora nessun alimento vi è stato iscritto e tutto quello che è geneticamente manipolato arriva esclusivamente dall'estero. La decisione della giunta è data dalla motivazione che non esistono certezze scientifiche sugli effetti a posteriori, sui danni ambientali e sulla salute umana derivanti dalla coltivazione in campo di questi nuovi prodotti vegetali. La giunta, cioè si adegua ad altri Paesi europei che hanno scelto una moratoria in attesa di avere maggiori garanzie.
ITALIA (JUGOSLAVIA), 9 aprile. Il sindaco di Grottamare non intende far violenza ai suoi principi: pacifista da sempre e considerato che la tregua nei Balcani non si è concretizzata, ha deciso di prendere carta e penna e ha scritto a Scalfaro. <Le consegno - scrive Massimo Rossi -, quale garante del rispetto della Costituzione, la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica, perché in un momento come questo provo un forte disagio nell'indossarla. Un disagio che nasce dall'offesa alla mia coscienza di cittadino e rappresentante delle istituzioni locali, prodotta dalla sciagurata ed illegittima scelta di guerra operata dal governo>. Di questi tempi gesti dignitosi come questo (tenuto doverosamente nascosto da tutti i media) sono come una sorsata d'acqua fresca.
LUSSEMBURGO (JUGOSLAVIA), 9 aprile. La federazione europea di pallavolo ha ignobilmente sospeso la federazione jugoslava da tutte le competizioni fino al 15 giugno, motivandola con ipotetiche quanto ignomignose <ragioni di sicurezza>. Le nazionali della Jugoslavia saranno pertanto escluse dalle qualificazioni europee per i campionati del mondo juniores che si disputeranno a maggio. Il presidente della federazione europea, Rolf Andresen, ha dichiarato che la sospensione potrebbe proseguire, a seconda di come si svilupperà in futuro la situazione.
ITALIA, 9 aprile. Le esportazioni italiane di armamenti hanno visto nel '98 un incremento delle autorizzazioni ad esportare pari a più 6%, ma hanno segnato un meno 6% per il materiale veramente esportato. Fino a poco tempo fa eravamo i primi esportatori in Europa, ora segniamo il passo. La graduatoria degli esportatori italiani è la seguente: Finmeccanica (43% del mercato). Segue la Whitehead Alenia Sistemi Subacquei (15,32%), la Fiar (9,50%), la Elmer (6,95%) e la Simmel Difesa (4,94%). L'Italia esporta armi sia verso paesi della Nato (43,08%), membri della Ue (28,93%) che paesi non appartenenti al patto atlantico (65,51%).
ITALIA (JUGOSLAVIA), 9 aprile. La direzione di Panorama l'ha ammesso: c'è stato un <piccolo> errore nella pubblicazione delle cosiddette <foto dell'orrore>: erano dell'anno scorso. Non solo, ma le aveva già pubblicate l'Espresso nel marzo del 1998. Ma, sempre secondo Panorama, il senso non cambia: <Il governo di Belgrado - si legge nella lettera inviata a tutti i redattori - ha fatto e fa strage di un popolo. In questi casi l'errore conta, ma conta più l'orrore. E quegli orrori sono uno dei motivi per i quali, ed è la posizione di Panorama, con Milosevic non si può trattare su basi di parità né politica, né militare, né etica>. Secondo Panorama la responsabilità va all'agenzia che ha procurato le foto e l'unico commento al riguardo è stato che in fondo erano sì scattate sulla medesima scena, ma non identiche a quelle dell'Espresso. Se ancora avevamo da capire qualcosa, ora non ce n'è più bisogno.
ITALIA (JUGOSLAVIA), 9 aprile. I piccoli fatti di dignità e di coraggio, ogni giorno, continuano e la resistenza a questo scenario fatto di <non c'era altra via> e <non si può fare nulla di meglio> prosegue ad opera di gente che nemmeno viene nominata sui giornali. Un professore di Teramo, tale Bernardini, ha pubblicamente dichiarato che proseguirà le sue lezioni segnalando tutte le violazioni al diritto internazionale che si stanno commettendo. <Mi riferisco, in particolare, - ha spiegato il docente - alla violazione dell'art. 11 della Costituzione che esclude operazioni belliche non di difesa del territorio nazionale, e alla violazione della Carta delle Nazioni Unite che obbliga tutti gli Stati a portare gli elementi di controversia. Se dovesse passare la linea politica attuata in questa circostanza - aggiunge il professor Bernardini - qualsiasi Stato può intervenire dovunque. La Cina Popolare, per esempio, potrebbe dire che poiché non ritiene giusto ciò che accade in Irlanda, dove ci sono la guerriglia e gli attentati, allora bombarda. E' un principio terribile quello che si sta portando avanti e l'Italia è corresponsabile. Anche il nostro Governo, purtroppo, sta violando tutte le norme>.
ITALIA, 9 aprile. Una inchiesta condotta dalla Cgil ha portato alla pubblicazione di un video dove si dimostra che il lavoro minorile, lo sfruttamento di bambini è una realtà anche in Italia. Mezz'ora di filmato attraverso i racconti dei protagonisti: nel nostro paese i bambini che lavorano sono oltre 500.000. Ma il fenomeno ha dimensioni molto più gravi: in passato i piccoli venivano reclutati soltanto per il lavoro nero, oggi si è passati anche a quello sessuale e criminale, come lo spaccio di droghe.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 12 aprile. Una trentina di persone ha occupato oggi pomeriggio una sede dei Verdi tedeschi, ora al governo e responsabili della partecipazione ai bombardamenti sulla Serbia, nel centro di Berlino. Gli occupanti, dopo aver lanciato una dichiarazione contro chi si preoccupa dell'ambiente ma poi interviene in una guerra senza alcun senso, hanno dichiarato di voler trascorrere la notte negli uffici. I Verdi sono del resto molto combattuti sulla questione: è previsto per il 13 maggio un congresso sulla questione del Kosovo che potrebbe portare ad una spaccatura del partito.
JUGOSLAVIA, 13 aprile. Ecco un diario, in parte riconosciuto da Bruxelles e in parte rimasto senza conferma, degli errori durante i bombardamenti Nato, secondo le denunce serbe. 6 aprile, martedì: un missile diretto verso una caserma, manca il bersaglio e colpisce una strada di residenze private ad Aleksinac. Dodici persone uccise. 7 aprile, mercoledì: Pristina. Missile non colpisce la centrale telefonica e colpisce edifici di civile abitazione. Altri dodici morti. La Nato conferma. 8 aprile, giovedì: colpito un centro medico nella stazione sciistica di Tornjk (Serbia occidentale). Tre morti. 9 aprile, venerdì: Bombardata la fabbrica della Zastava a Kragujevac: feriti i 128 operai che facevano da giorni gli scudi umani per salvare il loro posto di lavoro. 11 aprile, domenica: un missile centra un'abitazione. Tre persone uccise. 12 aprile, lunedì: giorno dell'incidente, tristemente famoso, del treno. La Nato riconosce subito l'errore. Dieci morti. 13 aprile, martedì. Colpiti ospedale e centro ortopedico disgraziatamente vicini di casa di una caserma. Venti feriti.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 14 aprile. Hans Magnus Enzensberger, intellettuale tedesco, scrive oggi su Frankfurter Allgemeine Zeitung un articolo feroce contro la guerra della Nato. Nel suo scritto vengono messi in evidenza alcuni dubbi su questa guerra. Per prima cosa il conflitto in Kosovo non sembra rientrare in tutte quelle categorie per le quali finora era considerata <lecita> una guerra: conquista, lotta per rotte commerciali, ecc. In più vi è l'idea, anche questa assai poco probabile, che in una guerra si possa combattere senza provocare morti e che i civili debbano essere risparmiati. Le vittime, inoltre, non vengono quasi mai interpellate, quasi fossero considerate incompetenti o inutili le loro parole, mentre invece conoscono il territorio meglio di qualsiasi esperto militare Nato. E poi perché - si chiede lo scrittore - i paesi Nato non hanno ancora riconosciuto Parlamento e governo eletti già anni fa dagli albanesi del Kosovo? In AUSTRIA, invece, Peter Handke, insigne scrittore che ricevette il premio Buechner nel 1973, ha restituito i 10 milioni di dollari ricevuti allora, per protesta contro i bombardamenti Nato. Senza dire una parola in più oltre alla promessa pubblica che aveva fatta giorni fa, si è limitato a mandare un bonifico a nome dell'Accademia.
GRECIA (JUGOSLAVIA), 16 aprile. 5000 sono stati i manifestanti oggi di fronte all'ambasciata degli Stati Uniti ad Atene per protestare contro gli attacchi della Nato. Il corteo aveva sfilato di fronte alle ambasciate di Francia, Italia e Gran Bretagna, lanciando uova e pietre e scandendo slogan. La manifestazione, che era organizzata dal Comitato per la distensione internazionale e la pace molto vicina al Kke, partito di estrema sinistra, si è conclusa di fronte all'ambasciata Usa dove sono stati gettati petardi e bengala contro l'edificio. Ma non vi sono stati incidenti di rilievo.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 16 aprile. 10.000 persone hanno sfilato nella serata a Dresda per protestare in silenzio contro gli attacchi Nato alla Serbia. La manifestazione era convocata dal Partito tedesco del socialismo democratico.
GRAN BRETAGNA (JUGOSLAVIA), 16 aprile. In un editoriale apparso sul Times a firma di Simon Jenkis, viene criticata aspramente l'azione della Nato, per la quale viene fatto un parallelo con lo sprezzante e arrogante colonialismo di stile vittoriano. A tale scopo viene ricordato il celebre discorso del primo ministro Gladstone davanti alla Camera dei Comuni nel 1877: <Un gruppo di eroi come il mondo raramente ne ha visti sta asserragliato sulle rocce del Montenegro. Vi ha inviato un appello, vi ha chiesto aiuto e protezione... e noi pensiamo che l'Europa unita debba cancellare quel fardello di dolore e vergogna>. <I signori della guerra dell'era del post-colonialismo come i padri dell'impero britannico ostentano la stessa fede nella superiorità dei propri valori e nel dovere dell'Europa di imporsi ovunque nel mondo vi sia disordine> prosegue l'editorialista: <ma ciò che distingue i liberal moderni da quelli del passato, è il loro sprezzante ricorso alla forza, resuscitato dalle ceneri del pacifismo della Guerra Fredda. Se i vittoriani erano convinti che per esercitare potere e giustificarlo fossero necessari carisma personale e capacità di persuasione morale, l'odierna diplomazia occidentale utilizza come deterrente i bombardamenti aerei, da Baghdad a Belgrado, in nome della difesa dei valori non degli interessi. E non ha importanza se poi la Nato progetta di fare del Kosovo una colonia, seguendo le orme dell'Onu in Bosnia. Le implicazioni - conclude Jenkins - sono devastanti. Se il vecchio impero britannico fu costruito sull'assenza di coscienza, il nuovo fa leva sulla moralità. Non so cosa sia peggio>.
ITALIA (JUGOSLAVIA), 17 aprile. La Loc (Lega obiettori di coscienza) nel suo ultimo congresso svoltosi in questi giorni a Napoli ha proposto come strumenti per contrastare le guerre presenti e future, l'obiezione fiscale contro le spese militari (<coi soldi delle nostre tasse stiamo finanziando questa guerra: se non vogliamo essere complici dobbiamo obiettare>), obiezione della partecipazione alla guerra (la Loc sta predisponendo uno staff legale per dare assistenza a chi sceglierà questa strada), obiezione elettorale (<abbiamo disertato il referendum oggi, alle prossime elezioni non daremo legittimità democratica a chi sostiene la guerra>) e aiuti umanitari (<stando attenti a non partecipare a quelle cosiddette operazioni umanitarie che sono congeniali e funzionali alla guerra e a non dimenticare la popolazione serba>).
MACEDONIA (JUGOSLAVIA), 17 aprile. Tre-quattromila persone hanno partecipato stasera ad una manifestazione-concerto di solidarietà con la Jugoslavia bombardata dalla Nato. La manifestazione è stata indetta da una organizzazione di cittadini, <Voce contro la discriminazione e la repressione nei Balcani, in Europa e nel mondo>. Molti partecipanti hanno indossato il simbolo <Target> usato dagli abitanti di Belgrado che facevano gli scudi umani sui ponti. Le bandiere jugoslave sventolavano assieme a quelle della Macedonia, accompagnate dai cartelli <Clinton criminale di guerra>.
GRAN BRETAGNA (JUGOSLAVIA), 17 aprile. Tre donne hanno usato una scala per superare la recinzione che circonda la base Raf a Fairford nel Glouchestershide, si sono recate sotto le ali dei grandi cacciabombardieri e lì hanno steso uno striscione con slogan contro la guerra in Jugoslavia. La polizia le ha accompagnate fuori della base, ma non saranno incriminate.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 18 aprile. Manifestazione pacifista di fronte alla base di Brueggen (Nordreno-Vestfalia), da cui partono i Tornado verso Belgrado. I partecipanti, un centinaio, hanno alzato cartelli chiedendo l'immediato stop dei raid degli alleati e la soluzione del conflitto con mezzi politici. Altre 200 persone si sono ritrovate invece di fronte alla base statunitense di Spangdahlem.
GRECIA (JUGOSLAVIA), 18 aprile. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano di Atene Eleftheros Typos il gradimento per la <spedizione> della Nato contro il diavolo Milosevic ha raggiunto minimi storici in Grecia: il 95,7% dei greci disapprova il modo in cui la Nato ha gestito la crisi del Kosovo, e il 92,4% quello degli Stati Uniti, l'86,8 quello dell'Unione Europea e il 98,6% chiede l'immediata cessazione dei bombardamenti e una soluzione politica per il Kosovo.
ITALIA (JUGOSLAVIA), 18 aprile. <Non dirò più messa alla domenica finché‚ non cesseranno i bombardamenti in Jugoslavia>. Così don Aldo Antonelli, parroco di una frazione di Avezzano (L'Aquila) ha deciso di protestare contro la guerra. <Dopodomani, alla riunione del clero regionale proporrò che la stessa iniziativa venga estesa a tutte le chiese della Marsica, e anche che le campane suonino a morto invece dell'annuncio della messa domenicale. E' l'unica voce che abbiamo per far sentire il nostro no alla guerra e la nostra rabbia>.
SPAGNA E GRECIA (JUGOSLAVIA), 19 aprile. Migliaia di pacifisti hanno sfilato in corteo a Madrid in una manifestazione organizzata dai partiti di minoranza di sinistra. <No alla Nato, no a Milosevic> era lo striscione che apriva il corteo, mentre slogan ironici erano diretti al premier Aznar e al segretario della Nato Solanas. In Grecia le manifestazioni per la pace si sono svolte davanti a cinque basi militari. Erano qualche centinaia a chiedere che la Grecia prenda ulteriormente le distanze dall'operazione militare. Anche ieri il premier Simitis ha rimarcato l'inutilità dell'intervento Nato che non risolve ma aggrava la situazione in Kosovo.
RUSSIA (JUGOSLAVIA), 19 aprile. Il governo russo si è pronunciato sulla logica dei <due pesi e due misure> ormai adottata negli ultimi conflitti dagli occidentali, e in particolare rispetto al conflitto in Kurdistan, dove si rileva, secondo il ministro degli esteri, una situazione assimilabile a quella del Kosovo. <In un caso - si sottolinea - le difficoltà rappresentate dalla soluzione di un complicato problema interno ha portato all'uso della potenza della macchina militare della Nato. Nell'altro si è guardato con occhio cieco alle illegalità commesse contro un paese sovrano>.
SPAGNA, 19 aprile. Nuovi segnali di schiarita da parte del governo spagnolo nel processo di pace coi Paesi Baschi. Il ministro dell'Interno ha dichiarato che la Spagna faciliterà il rientro di persone che abbiano avuto contatti con l'Eta purch‚ non siano ricercate in Spagna per delitti più gravi. Le ambasciate all'estero sono state allertate affinché aiutino i richiedenti che vogliano accertarsi di non avere pendenze con la giustizia in corso nel loro paese d'origine. I paesi dove vi sono più presenze di rifugiati baschi sono Messico, Venezuela e Francia.
ITALIA (JUGOSLAVIA), 20 aprile. Erri De Luca, scrittore, sta cercando di ottenere il permesso di recarsi a Belgrado. <L'unico modo d'opporsi alla guerra e alle bombe è condividere il luogo in cui scoppiano. Viaggerò da solo, perché gli altri scrittori vanno solo ai premi letterari>. Rifiuta di dare giudizi su Milosevic, affermando che pensa <al popolo serbo che non c'entra con questa guerra e la subisce con un torto uguale e parallelo a quello dei kosovari tutti, albanesi e serbi>.
BELGIO (JUGOSLAVIA), 20 aprile. Il generale italiano Giuseppe Marani, in una conferenza stampa tenuta oggi a Bruxelles, ha affermato che la Nato non ritiene che gli stabilimenti jugoslavi di prodotti chimici, obiettivo dei militari, possano essere causa di disastri ambientali. Si è inoltre rifiutato di chiarire se questi obiettivi siano già stati colpiti. <Ogni obiettivo - ha spiegato il generale - lo si seleziona tenendo conto dei possibili effetti collaterali. Se colpiamo una fabbrica di prodotti chimici, non vuol dire che di tali effetti non abbiamo tenuto conto. Si tratta di un obiettivo militare e noi sappiamo cosa facciamo>. Una giornalista serba ha poi chiesto chiarimenti rispetto ad una catastrofe ambientale in corso in Jugoslavia causata da un bombardamento Nato. Marani ha affermato di non esserne a conoscenza.
FRANCIA, 21 aprile. Proprio mentre in Francia sta per partire la nuova organizzazione delle 35 ore di lavoro settimanali, negli stabilimenti Renault e Douai si segnala il forte aumento dei decessi dei dipendenti che da 11 che erano nel 1997 sono saliti a 27 nello scorso anno. A denunciare la cosa è un settimanale satirico, <Le Canard Enchaine> in cui si parla delle catene di montaggio della Scenic ove vi sono stati il maggior numero di morti dovute a cancro, crisi cardiache e a suicidi (6); gli articolisti denunciano il fatto che la casa automobilistica, anche se guidata da Louis Schweitzer, noto come <uomo di sinistra e di dialogo>, non ha aperto alcuna inchiesta per accertarne la ragione. Il sindacato comunista CGT sostiene da tempo che le cattive condizioni sia degli ambienti di lavoro, sia delle turnazioni molto pesanti possono essere causa di forti tensioni e depressioni.
GRECIA (JUGOSLAVIA), 21 aprile. I greci continuano a darsi da fare nel loro impegno contro i bombardamenti sulla Jugoslavia. Un convoglio di aiuti per Belgrado, scortato da 70 persone che si sono offerte come scudi umani, è partito oggi da Atene. Lo ha organizzato la <Società per l'amicizia greco-serba>. Il convoglio trasporta 350 tonnellate di alimentari e medicine raccolte grazie a collette: verrà consegnato alla Croce Rossa di Belgrado. Gli scudi umani dovrebbero restare a Belgrado solamente per alcuni giorni. Intanto ad Atene continua l'impegno dei movimenti pacifisti. Nuovamente oggi si sono avute manifestazioni di fronte all'ambasciata degli Stati Uniti dove si sono radunate un migliaio di persone tenute a bada da un massiccio intervento della polizia. Un secondo raduno è stato organizzato da i medici di un vicino ospedale. Alcuni dimostranti hanno preso di mira con una fitta sassaiola la rappresentanza dell'Unione Europea. La popolazione greca si sente molto legata a quella serba anche per ragioni di fede, essendo tutti cristiano-ortodossi e non c'è giorno che la Grecia non sia teatro di manifestazioni e di scontri contro l'intervento Nato.
GRECIA (JUGOSLAVIA), 22 aprile. Nuovi disordini in serata ad Atene dove è stata presa di mira l'ambasciata americana. La manifestazione era organizzata dalla confederazione dei lavoratori e dalle organizzazioni giovanili politiche. Quando il corteo è arrivato di fronte alla sede diplomatica statunitense, un gruppo ha lanciato pietre e molotov. La polizia ha arrestato una decina di persone.
GERMANIA (JUGOSLAVIA), 22 aprile. Cento pacifisti sono partiti stasera da Dresda diretti a Milano per chiedere la fine della guerra in Kosovo, quella dei bombardamenti Nato e il ritorno alle proprie case di tutti i rifugiati. L'iniziativa è organizzata dalle <Madri contro la guerra> e aveva come prima destinazione Belgrado. Ma gli ultimi bombardamenti, che hanno messo fuori uso strade e ponti in Serbia, hanno costretto a cambiare il percorso dei manifestanti che originariamente dovevano attraversare, a bordo di tre autobus, Praga, Vienna e Budapest per arrivare poi a Belgrado.
AFRICA
SAHARA OCCIDENTALE, 8 aprile. Il territorio del Sahara Occidentale verrà sminato quanto prima grazie ad un accordo firmato tra le Nazioni Unite e il fronte indipendentista saharaoui Polisario. Lo sminamento non riguarda però la zona a ridosso del muro che i marocchini hanno eretto per dividere la parte di Sahara controllata da loro dal resto del paese. Ma il conflitto più grande tra Polisario e Marocco non riguarda tanto questi particolari, quanto la questione su chi avrà diritto a votare per l'indipendenza o l'annessione al paese invasore.
NIGERIA, 9 aprile. Gli abitanti del delta del fiume Niger - zona molto ricca del cosiddetto "oro nero" - si sono appropriati di barche ed attrezzature degli oleodotti delle maggiori compagnie petrolifere chiedendo ulteriori risarcimenti per la fuoriuscita di petrolio avvenuta l'anno scorso. L'associazione delle vittime del disastro ecologico - che rappresenta 61 comunità del delta del Niger - che distrusse l'allevamento di pesci e le coltivazioni agricole della regione (ricchissima di petrolio ma tra le più povere e disastrate del paese zona) ha chiesto un ulteriore rimborso di 20 milioni di dollari,. Gli abitanti hanno preso il controllo di 13 stazioni dell'oleodotto e di alcune barche appartenenti alla francese Shell e all'italiana Agip. L'associazione ha affermato che sono previste incursioni anche per ciò che riguarda i possedimenti della Mobil. Le stazioni sono importantissime nella rete petrolifera e sono usate per pompare l'olio nero in grossi serbatoi dove viene stoccato per l'esportazione. Periodici appropriamenti di attrezzature sono frequenti e hanno iniziato ad essere usate come arma dall'associazione delle vittime nella guerra sostanzialmente pacifica che è iniziata contro le grosse compagnie che calpestano i diritti degli indigeni e che hanno iniziato ad aprire le condotte di petrolio chiedendo in cambio denaro per sopravvivere. Alcune delle azioni più recenti, come il sabotaggio della maggiore conduttura dell'area avvenuta lo scorso mese, ha causato una perdita nella produzione di petrolio della Nigeria pari a 150.000 barili in un giorno.
MAROCCO, 9 aprile. L'alta commissione per i diritti umani dell'ONU e il governo marocchino hanno firmato un accordo perché venga presto aperta un'agenzia per l'osservazione nel Paese.
ASIA
INDIA, 1 aprile. Hanno perso la vita 25 persone in Kashmir a causa di violenti scontri tra forze di polizia e guerriglieri secessionisti. Una buona parte dei deceduti erano guerriglieri, oltre a tre militari e ad alcuni civili. Gli episodi più gravi sono avvenuti a Sopore, nel nord del paese. La rivolta dei secessionisti dura dal 1989 ed in questi dieci anni ha causato più di 20.000 vittime.
SRI LANKA, 1 aprile. Reparti militari governativi, dopo aver teso un'imboscata nei pressi di Nedunkerni, hanno ucciso almeno 22 guerriglieri tamil. La zona è contesa tra esercito e tamil e nella guerra, che infuria dal 1983 sono già morte 60.000 persone.
CINA, 1 aprile. Il giornalista Shi Binhai, 37 anni, commentatore del "China Economic Times" è stato scarcerato per mancanza di prove. L'uomo era stato arrestato il 5 settembre dell'anno scorso senza alcuna motivazione: gli agenti avevano perquisito il suo appartamento e sequestrato del materiale. Cercavano prove per accusarlo di aver intervistato l'ex segretario generale del partito comunista Zhao Ziyang, destituitosi per protesta contro la sanguinosa repressione di piazza Tienanmen. È agli arresti domiciliari da allora e non può fare dichiarazioni. Anche il giornalista aveva passato i suoi guai: è stato in carcere due anni per aver partecipato al movimento democratico di piazza Tienamen. Non potrà avere contatti con la stampa estera per un anno.
TIMOR EST, 5 aprile. Xanana Gusmao, il leader indipendentista di Timor Est, da poco uscito dal carcere dove stava scontando una condanna a 20 anni di galera ma ancora agli arresti domiciliari, ha lanciato un appello affinché‚ i guerriglieri riprendano le armi contro l'esercito indonesiano dopo che alcuni soldati e altri indonesiani hanno ucciso 17 persone a Liquisa. Altri scontri del genere sono avvenuti in varie località di Timor, e il bilancio è di 45 morti in tutto. Secondo il racconto di un prete, a Liquisa alcuni uomini armati vestiti da paramilitari hanno iniziato a lanciare granate all'interno della chiesa, dove erano radunate circa 2.000 persone, spalleggiate dall'esercito indonesiano: questa affermazione è stata rafforzata da quella di monsignor Belo, Nobel per la pace 1996. Un alto ufficiale dell'esercito ha negato che il numero delle vittime sia così alto, affermando di averne uccise solo due: ufficiali dell'esercito indipendentista che avevano provato a scappare dal posto di blocco davanti alla chiesa. Secondo Gusmao la strage è la evidente dimostrazione che l'Indonesia non ha alcuna intenzione di giungere ad un trattato di pace, ma continua ad assoldare paramilitari per spargere violenza. Il governo ha subito risposto tramite Anwar, portavoce del presidente Habibie, che ha detto che "le dichiarazioni di Gusmao sono pericolose e contribuiranno ad infiammare ancora di più la situazione a Timor Est". Per sua parte Gusmao ha ribadito che solo se le Nazioni Unite interverranno per disarmare la polizia indonesiana lui revocherà il suo appello alle armi. Ma il ministro della Giustizia si è permesso di dire che se Gusmao continuerà a lanciare proclami così estremisti, la sua posizione di arresto domiciliare potrebbe essere rivista. Da dopo l'assegnazione del Nobel a monsignor Belo, vescovo di Timor, gli indipendentisti erano riusciti a coinvolgere nel processo di trattative anche il Portogallo. Nell'agosto dell'anno scorso Portogallo e Indonesia hanno potuto annunciare l'avvio degli accordi di pace all'Onu e l'8 agosto Giakarta si è ritirata ufficialmente dall'isola lasciandovi però ben 5.000 poliziotti. Intanto la struttura dei ribelli ha preso la forma più ufficiale di un'assemblea presidenziale con a capo il leader Xanana Gusmao. In dicembre il Portogallo ha chiesto l'estradizione di Suharto, ex presidente destituito grazie alle lotte eroiche degli studenti di Giakarta, come responsabile del genocidio di un terzo della popolazione. Ma dopo le ultime dichiarazioni tra governo indonesiano ed indipendentisti, le nazioni occidentali si sono affrettate a condannare le parole di Gusmao, perché, hanno spiegato, il territorio è zeppo di armi e basterebbe poco per scatenare nuovamente l'inferno.
AFGHANISTAN, 5 aprile. Gli Hazara sono una minoranza etnica che vive nella valle di Kalu, nei pressi di Bamyan, professano la religione sciita dell'islam mentre la maggioranza degli afghani è di fede sunnita. Secondo fonti Hazara di Kabul, l'esercito dei talebani sta deportando in massa queste popolazioni conducendole nell'Afghanistan centrale e i profughi sarebbero ormai tra i 1500 e i 2000. Ma il governo centrale ha smentito.
INDONESIA, 6 aprile. Duecentocinquanta esponenti di Timor, tra professionisti, accademici ed esponenti politici sono da oggi riuniti a Melbourne, in Australia, per discutere il futuro della piccola isola indonesiana, una volta sotto la giurisdizione del Portogallo. I 250 sono riuniti principalmente per discutere la via della transizione verso l'indipendenza principalmente per ciò che riguarda servizi come sanità ed istruzione. Sono presenti anche osservatori di associazioni non governative ed esperti di diverse aree tecniche provenienti da ogni parte del mondo. Il leader indipendentista Xanana Gusmao ha potuto intervenire - via video in quanto obbligato agli arresti domiciliari - per denunciare l'avvenuto massacro da parte dei militari indonesiani ed il clima di intollerabile repressione in cui la sua gente è ancora, nonostante gli interventi internazionali, sottoposta.
NUOVA GUINEA, 7 aprile. Governo e chiesa in Papua Nuova Guinea sono giunti ai ferri corti dopo che l'arcivescovo Brian Barnes ha chiesto al primo ministro Bill Skate di dimettersi per non rischiare una rivolta contro il suo malgoverno. Secondo il governo è la chiesa che, ignorando gli insegnamenti della Bibbia, incita il popolo alla ribellione, mentre dovrebbe appoggiare i suoi sforzi per riportare l'ordine nell'isola. Secondo l'alto prelato il governo è corrotto e non fa nessuno sforzo per rimediare alla crisi economica che sta colpendo il paese in maniera irrimediabile e che sotto la mano di Skate vi è stato un aumento della disoccupazione, dell'inflazione e del crimine. A sostegno del vescovo ha preso posizione alzando la voce anche il consiglio nazionale delle chiese che ha accusato Skate di non fare nulla per alleviare le sofferenze della popolazione: "C'è gente che muore perché sono stati chiusi i centri di salute" ha detto Barnes, di origine australiana, ma che vive nell'isola da 40 anni.
PAKISTAN, 7 aprile. Un gruppo attivo per i diritti umani ha chiesto oggi al governo pakistano l'inasprimento delle pene che proteggono le donne in Pakistan, il giorno dopo l'assassinio di una donna da parte dei suoi parenti per aver chiesto il divorzio. Oggi si sono riuniti ad Islamabad per protestare contro la morte di Samia Imran. Samia, 32 anni, è stata uccisa di fronte al suo avvocato a Lahore, la capitale del Punjab. La polizia ha detto che il killer era sicuramente assoldato dalla famiglia, visto che è giunto nell'ufficio dell'avvocato in compagnia della madre di Samia. "Questi assassinii sono cosa normale in Pakistan - hanno detto i rappresentanti del movimento per i diritti delle donne e dei bambini - e le autorità non fanno molto per proteggere le donne, anzi molto spesso spalleggiano le famiglie che le vittimizzano in nome dell'onore". Samia arrivava da una provincia molto conservatrice, dove le donne devono ancora essere coperte da capo a piedi ed i matrimoni vengono organizzati dalle famiglie. Le convenzioni rigide e tribali in molte aree del Pakistan giustificano un padre o un fratello che uccidono una figlia o una sorella se pensano che queste abbiano disonorato la famiglia. In questo panorama un divorzio è considerato una vera e propria disgrazia e un marito può uccidere una moglie anche e solo se pensa che questa le è infedele.
TIMOR EST, 7 aprile. Continuano le dispute sul massacro di Liquisa, dopo che monsignor Belo si è recato sul posto a constatare di persona quante siano le vittime e le modalità dell'accaduto, mentre l'esercito arriva a sostenere che non vi sia alcun morto. Fonti giornalistiche oggi citano un testimone che avrebbe parlato di cinque morti e 21 feriti gravi, colpiti da armi da fuoco o da machete. Nella chiesa, dove si possono vedere chiaramente tracce di sangue a terra e sui muri, sono ancora asserragliate un centinaio di persone, tra cui molti dei feriti. Le comunicazioni telefoniche con Liquisa sono impossibili. In una conferenza stampa molto tesa, organizzata nella sua casa di Dili, monsignor Belo, Nobel per la pace, ha affermato davanti ai giornalisti solo che: "Posso dire che è stato un massacro. Stiamo entrando nel terzo millennio, ma dopo questo incidente siamo tornati indietro al Medioevo". Belo ha invitato tutti alla calma e ha chiesto che il governo di Habibie faccia luce su quanto accaduto nella chiesa e alla comunità internazionale di aiutare a prevenire ulteriori violenze nell'isola. Belo ha aggiunto che il massacro è stato confermato anche dal comandante militare responsabile delle forze indonesiane a Timor, generale Tomo Suratman, che ha accompagnato lui ed alcuni giornalisti fino a Liquisa. Il prelato di Liquisa ha anche affermato che uomini armati hanno sparato alla cieca su centinaia di persone che cercavano rifugio in chiesa o nelle loro case e molti civili sono stati decapitati a colpi di machete. L'esercito indonesiano si è limitato a guardare. Tutte le vie del villaggio, compresa la piazza davanti alla chiesa sono coperte di sangue e abitanti del villaggio hanno detto ai giornalisti che molte delle vittime erano bambini. Membri delle milizie a dozzine sono stati invece visti girare tranquillamente per le vie del villaggio. Gli indipendentisti assicurano che è il governo indonesiano, attraverso il suo esercito, che paga e arma civili affinché destabilizzano il processo di pace in corso nell'isola in vista delle elezioni per l'indipendenza.
INDONESIA, 7 aprile. Anche il Borneo chiede da tempo l'indipendenza e ci sono da molti mesi scontri con l'esercito indonesiano che tenta disperatamente di mantenere il controllo sugli indipendentisti. Oggi sono scoppiate nuove violenze quando la polizia ha aperto il fuoco contro un gruppo di sostenitori che chiedevano il rilascio di circa 100 persone arrestate per le violenze della scorsa settimana. Negli scontri che hanno avuto luogo sulla costa occidentale sono rimaste uccise 10 persone. Gli scontri, che vanno avanti ormai da settimane, hanno provocato finora più di 200 vittime. La televisione di stato aveva invece parlato di sole tre persone, uccise dalla folla gigantesca che premeva contro le barricate erette dall'esercito fuori della città.
THAILANDIA, 8 aprile. Contrariamente alle previsioni che vedevano la Thailandia (considerata la Svizzera dell'Oriente fino a non molto tempo fa) in ripresa dalla crisi finanziaria da dopo la prima metà del 1999, il ministro dell'Industria ha annunciato oggi che si prevede che più di 2.000 fabbriche chiuderanno entro la fine dell'anno. Il numero, basato su una analisi compiuta dal ministro, può subire correzioni entro la fine di questo mese, ma é più basso di quello dell'anno scorso e del 1997, anno dello scoppio della crisi economica. Più di 51.000 lavoratori hanno perso il posto nel 1998 e 45.000 nel 1997 con la chiusura di magazzini per il riso, fabbriche di vestiti, saldature e fonderie, fabbriche di gesso e plastica, che sono quelle che hanno fatto il maggior numero di fallimenti.
TIMOR, 8 aprile. Il governo australiano, a seguito delle notizie sul massacro di Liquisa avvenuto nei giorni scorsi ad opera di gruppi paramilitari e con l'avallo dell'esercito indonesiano, ha chiesto all'Indonesia di disarmare ufficialmente le milizie di anti-indipendentisti. Gli ultimi avvenimenti, secondo l'opposizione, devono suggerire all'opinione internazionale di premere sul governo indonesiano affinché chiuda definitivamente la questione dei gruppi paramilitari e accetti la presenza di forze di pace internazionali nell'isola. Così oggi si è svolta una manifestazione di studenti e di esuli davanti al ministero degli Esteri australiano affinché l'Onu decida l'invio delle milizie internazionali. La consultazione su autonomia o indipendenza totale è prevista per il mese di luglio ma è tuttora a rischio a causa dei massacri e per la fine del cessate il fuoco da parte dei guerriglieri indipendentisti.
TIMOR, 9 aprile. Centinaia di appartenenti alle milizie anti-indipendentiste, molti dei quali accusati dell'eccidio di Liquisa, hanno giurato oggi di rafforzare la loro lotta contro i separatisti che vogliono la separazione di Timor dall'Indonesia. Circa 2 mila miliziani, tutti armati alcuni con bastoni e spade artigianali, hanno manifestato a Maliana, a 140 chilometri dalla capitale Dili. "Molti di loro cantavano "Lunga vita all'Indonesia" e sventolavano bandiere indonesiane rosse e bianche", ha detto un prete al telefono da Maliana. Gli organizzatori hanno detto che vi hanno partecipato almeno 13 gruppi armati. Il capo delle milizie anti-indipendentiste ha detto di avere in mente altre imprese, come il massacro di Liquisa, a cui sono seguite le dichiarazioni di richiamo alla guerra del leader indipendentista Xanana Gusmao, che peraltro si è affrettato ad ammorbidire le sue parole, dicendo che i timoresi hanno il solo dovere di difendersi e che i gruppi paramilitari si sono nuovamente armati e rafforzati per terrorizzare gli abitanti dei villaggi in vista del referendum per l'indipendenza previsto fra pochi mesi.
BIRMANIA, 9 aprile. In un video inviato a Ginevra alla sede della commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, Aung San Suu Kyi, la leader della opposizione alla giunta militare birmana, ha dichiarato che il 1998 è stato l'anno peggiore per il movimento per la democrazia e la sua lotta. Più della metà degli attivisti sono infatti in carcere e lei stessa ha definito le azioni del governo contro di lei come criminali: "Quello che abbiamo sofferto nell'anno passato è stato molto peggio di quanto abbiamo sofferto negli ultimi sei o sette anni" ha detto Suu Kyi. E' dal 1997 che la giunta militare ha deciso far sì che la leader della resistenza birmana non possa fare alcuna apparizione in pubblico e men che meno i giornalisti possono avere a che fare con lei. Le interviste sono quindi molto rare, nonostante il fatto che gli attivisti riescano ogni tanto a far uscire dal paese alcuni nastri. Già nel 1991 Suu Kyi riuscì a far arrivare alle Nazioni Unite un appello in cui scongiurava i paesi occidentali di prendere una ferma opposizione contro la Birmania per la questione dei diritti umani negati: "Ciò di cui abbiamo più bisogno ora - dice nel suo ultimo messaggio la donna - è molto di più di mere parole. Noi abbiamo necessità di azioni concrete, perché la nostra gente sta soffrendo". Aung San Suu Kyi è agli arresti domiciliari fin dal 1989, dopo che i militari nel 1988 avevano massacrato moltissimi oppositori al regime. Durante le elezioni del 1990 la Lega Nazionale per la Democrazia aveva raggiunto l'82% dei seggi, ma i militari rifiutarono di riconoscere il valore del voto e di cedere il potere. Nonostante i ripetuti tentativi da parte dei democratici per giungere ad accordi di pace e finalmente alla democrazia, i generali hanno sempre rifiutato il dialogo, limitandosi ad incarcerare quanti si rifiutavano di piegarsi. Più di 1000 appartenenti alla Lega sono stati arrestati e fra loro molti deputati eletti nel Parlamento. I militari hanno dichiarato con boria che almeno 10.000 iscritti alla Lega hanno dato le loro dimissioni, ma la Nobel per la pace ha raccontato nell'intervista che le dimissioni vengono estorte con la forza dai soldati. Un mese fa la disumanità della giunta ha raggiunto livelli tragici quando ha negato il visto al marito inglese di Aung San Suu Kyi, malato di tumore allo stadio finale, che voleva rivedere la moglie per l'ultima volta, sperando che finalmente lei facesse le valigie per raggiungerlo. Lei rifiutò ben sapendo che, se lo avesse fatto, non avrebbe mai più potuto tornare in Birmania a dare forza e corpo alla resistenza per la democrazia nel suo paese. Suu Kyi ha ancora due figli giovani in Inghilterra che non vede da molti anni.
SRI LANKA, 9 aprile. Una particolare manifestazione si è svolta oggi a Colombo, la capitale: circa 250 persone, appartenenti sia all'etnia Tamil che a quella Cingalese, hanno dimostrato per chiedere che venga fatta luce sulle centinaia di sparizioni avvenute nella guerra civile che divide il paese dal 1983. E' la prima volta che le due fazioni in lotta si uniscono per chiedere le stesse cose. "Parents for Peace" dicono che le Tigri Tamil hanno rapito in questi anni un numero non definito di persone, ma anche il popolo Tamil ha visto sparire nel nulla fratelli, sorelle, amici e parenti nelle aree sotto il controllo della polizia: il sospetto è che i corpi, che non sono mai stati ritrovati, siano stati bruciati o seppelliti in fosse comuni. I gruppi per i diritti umani stimano che i desaparecidos dello Sri Lanka siano almeno 60.000 e solamente negli anni che intercorrono tra il 1988 e il 1990. Ultimamente le Tigri Tamil sono in crisi poiché molti dei leader sono morti mentre erano in stato di arresto.
GIAPPONE, 13 aprile. Tredici anni e sette mesi passati in isolamento per aver osato criticare il sistema carcerario giapponese ed incitato i suoi compagni alla rivolta: È questo il trattamento subito da Yoichi Isole, 55 anni, condannato all'ergastolo per l'omicidio di un poliziotto, che si è rivolto alla Corte Distrettuale di Asahikawa, dove ha sede il carcere, chiedendo un risarcimento per il trattamento disumano ricevuto. Ma la corte ha risposto che "ogni crudeltà è lecita se serve a mantenere l'ordine": in Giappone il periodo di isolamento consentito nelle carceri è di un massimo di sei mesi, ma è anche previsto che possa essere rinnovato di volta in volta se lo si ritiene necessario. Il Giappone è stato citato dalla commissione per i diritti umani come il paese dove più è violato il diritto all'interno delle galere, e Amnesty International, con l'avallo delle testimonianze di alcuni ex detenuti, sostiene che i regolamenti interni arrivano a imporre ai carcerati anche la posizione da assumere quando sono sdraiati o seduti.
INDIA, 15 aprile. Human Rights Watch denuncia che negli anni '90 le violenze contro la casta degli intoccabili, che sta alla base della piramide della società indiana, si sono moltiplicate soprattutto in questi ultimi anni. A dispetto della Costituzione indiana che vieta discriminazioni basate sull'appartenenza alle caste, gli episodi di razzismo violento si sono moltiplicati. Come nel Bihar del Nord dove 400 "intoccabili" - contadini senza terra - sono stati assassinati dai paramilitari assoldati dai grandi proprietari terrieri. Le donne, che sono la parte più debole di ogni società, sovente vengono stuprate, picchiate e costrette ad andare nude per la strada. Tutto questo avviene da quando gli intoccabili hanno iniziato ad organizzarsi ed alzare la testa: nel Bihar le uccisioni hanno preso l'avvio da quando i contadini hanno cominciato a rivendicare il diritto di essere pagati come gli altri braccianti, cioè secondo quanto prescrivono le leggi statali.
CINA (JUGOSLAVIA), 16 aprile. Anche il quotidiano cinese in lingua inglese China Daily prende posizione contro i bombardamenti sulla Yugoslavia, dicendo che il parallelo tra Milosevic e Hitler prima di tutto minimizza quanto hanno fatto i nazisti in Europa ed in più deforma la vera natura della crisi kosovara. Il giornale ironizza sul modo con cui la stampa occidentale dipinge Milosevic, quasi fosse un mostro assetato di sangue, mentre il quotidiano ribadisce che all'origine della "deportazione" di migliaia di profughi, non vi è alcuna pulizia etnica ma i bombardamenti indiscriminati sul paese. La Cina, del resto, si oppone del tutto a qualsiasi ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano.
PAKISTAN, 16 aprile. Amnesty Internationl denuncia oggi l'indifferenza del governo pakistano rispetto alla tutela dei diritti delle donne, in conseguenza del feroce episodio di Samia Imran, avvenuto ad inizio del mese. Ora ad essere in pericolo sono le due avvocatesse che si sono occupate del caso, che hanno ricevuto minacce di morte. Leader religiosi della regione da cui la donna proveniva, tramite annunci pubblicati sui giornali locali, incitano i fedeli a punire le due avvocatesse, mentre alcuni imprenditori locali di Peshawar hanno offerto addirittura un premio in denaro a chi le farà fuori. Ma il governo - denuncia AI - è stato zitto, senza una parola contro questo pubblico incitamento all'assassinio e all'odio dimostrando così una preoccupante indifferenza.
TIMOR, 17 aprile. Altre 30 persone sono rimaste uccise nella capitale dopo gli scontri provocati da miliziani pro Indonesia che hanno da alcuni giorni dichiarato di avere aperto una feroce "caccia all'indipendentista". Una delle prime case ad essere colpita è stata quella di un nome famoso tra gli abitanti di Timor, l'indipendentista Manuel Carrascalao, che ospitava nel suo giardino un centinaio di profughi. Il figlioletto di Carrascalao è rimasto ucciso. Anche l'albergo dove sono ospitati i giornalisti stranieri è stato colpito con colpi di arma da fuoco: la polizia non è mai arrivata sul posto e l'esercito ha sostenuto di non poter intervenire trattandosi di conflitti fra timoresi. A seguito delle proteste internazionali - quelle dell'Australia in prima fila - l'esercito si è affrettato ad ammettere che i responsabili sono proprio loro, ma che continua l'impegno per arrivare ad un accordo di pace.
COREA, 19 aprile. La Kctu è di nuovo in lotta. Questa volta sono i lavoratori della metropolitana di Seul che hanno iniziato una serie di scioperi contro i massicci licenziamenti prospettati dal governo a seguito della crisi che dal 1997 continua a indebolire il Paese asiatico. Il governo ha risposto a muso duro, dicendo che non tollererà nessun atto volto a turbare la pace sociale e la fiducia degli investitori stranieri: 19 sindacalisti sono così stati arrestati. La tensione ha continuato a crescere così tanto che un gruppo di circa 2.000 lavoratori, coadiuvati dagli studenti, hanno dato vita ad un raduno di protesta di fronte all'università di Seul: dopo le minacce di sgombero della polizia, il corteo si è sciolto alle 4 del mattino. Per il primo maggio la Kctu ha deciso una grande giornata di lotta alla quale sono invitati tutti i disoccupati del paese; questi ultimi, nel 1997, erano più o meno mezzo milione, in poco più di un anno sono passati a più di 2 milioni di persone.
VIETNAM, 20 aprile. Tre contadini sono morti mentre erano nella loro risaia, uccisi dall'esplosione di un residuato bellico che stavano cercando di smontare per recuperare il ferro. L'ordigno era uno dei tanti residuati della guerra del Vietnam, ricordo degli intensi combattimenti che si svolsero proprio in quella zona.
COREA, 20 aprile. A dare manforte ai lavoratori della metropolitana in sciopero da giorni, si sono uniti alla protesta migliaia di operai della Daewoo che protestano contro la casa-madre che vuole cedere a stranieri la produzione cantieristica al fine di risanare i propri bilanci. Oltre 3.000 lavoratori si sono dati appuntamento sull'isola di Koje dove hanno dichiarato che lo sciopero proseguirà ad oltranza. Il giorno 27 scenderanno nuovamente in piazza i lavoratori della metropolitana di Pusan, grande centro industriale del Sud, e dal 26 aprile sciopereranno anche i dipendenti della Korea Telecom. Il presidente ha mostrato irriducibilità nel perseguire la sua politica economica di tagli occupazionali nelle grandi aziende, giudicati necessari per mantenere stabile l'economia. Ha anche minacciato che qualsiasi sciopero verrà contrastato in modo risoluto. Dal 1997 - anno dell'inizio della crisi economica - i disoccupati nel paese sono quadruplicati.
AMERICA DEL NORD
CANADA, 1 aprile. Non è uno scherzo: una patria per gli eschimesi, da oggi, 1 aprile, è nata in Canada. Il nuovo Stato si chiama Nunavut ed è grande sette volte l'Italia anche se ospita meno di 30 mila persone, dato che il suo territorio è gelato per gran parte dell'anno. In base ad un accordo col governo canadese siglato sei anni fa, Nunavut ha raggiunto la piena autonomia. Gli Inuit hanno rinunciato alla completa indipendenza in cambio dell'autogoverno e dei diritti minerari esclusivi su un'area di 350.000 kilometri quadrati. La capitale, sede del governo, è Igaluit (5.000 abitanti), sull'isola di Baffin. I 19 membri dell'assemblea nazionale di Nunavut hanno eletto il loro primo ministro che governerà affiancato da sette ministri: sarà competente sulla giustizia, la sanità, l'istruzione, la cultura, gli alloggi e gli affari sociali.
STATI UNITI, 1 aprile. La linea dura del sindaco Giuliani, finalmente, mostra qualche falla e per giunta in piena campagna elettorale contro Hillary Clinton, sua avversaria. Oggi sono stati giudicati colpevoli di omicidio quattro poliziotti, accusati di aver ucciso un giovane immigrato africano, Amadou Diallo, con 19 dei 41 proiettili che gli agenti gli avevano sparato contro mentre entrava nella sua casa del Bronx senza aver fatto assolutamente nulla e mentre era disarmato e senza alcuna difesa. I quattro hanno ascoltato il verdetto senza mostrare alcuna emozione e sono riusciti persino a dichiararsi innocenti. Sono stati comunque rilasciati dopo aver versato una cauzione di 180 milioni di lire: semplicemente sono stati sospesi dal servizio per 30 giorni dal capo della polizia. Secondo la difesa i poliziotti erano convinti che Diallo fosse armato (basta questo per uccidere un uomo?) perché un oggetto scuro gli sporgeva dalla tasca. Al fianco dei genitori del giovane assassinato vi erano tutti i gruppi di difesa civile mobilitati per chiedere giustizia e rinnovare gli attacchi alla feroce politica di Giuliani. Nei giorni scorsi durante le proteste a favore di Diallo sono stati arrestati persino Jesse Jackson, l'attrice Susan Saradon e l'ex sindaco di New York David Dinkins. La popolarità di Giuliani è ormai scesa ai minimi storici: 40%.
ALASKA, 7 aprile. Dieci anni dopo l'incidente della petroliera Exxon Valdez che disperse nel mare 41,5 milioni di litri di petrolio e che distrusse l'eco sistema dell'intera zona, l'inquinamento di allora continua ancora oggi a fare danni: le uniche due specie selvatiche che sono riuscite a sopravvivere nonostante tutto sono l'aquila americana e la lontra. Questa è la denuncia di Greenpeace che aggiunge inoltre che, nonostante la Exxon dichiari che ormai la zona sia completamente bonificata, resistono moltissime chiazze appena sotto la superficie dell'acqua. Ma quello fu, secondo l'organizzazione ecologista, solo uno degli episodi che ogni anno avvengono nei nostri mari. Dal 1960 ad oggi sono stati 39 i casi di incidenti di così vaste proporzioni ma nonostante tutto le industrie petrolifere continuano nella loro politica di espansione. Le loro mire sono ora su una parte di Alaska che il governo ha dichiarato tempo fa come protetta per la sua ricchissima specificità biologica.
STATI UNITI, 7 aprile. A seguito del caso Diallo la soluzione adottata da Giuliani per risalire la china del gradimento nei suoi confronti è stata quella di "insegnare le buone maniere" agli arcigni (e violenti) poliziotti di New York. Se la cosa non vi fa ridere, sappiate che l'operazione si chiama "operazione gentilezza": d'ora in poi i poliziotti dovranno rivolgersi ai cittadini in tono rispettoso (per esempio, per favore la devo ammanettare, porga le braccia la prego).
STATI UNITI (JUGOSLAVIA), 14 aprile. Oggi il Los Angeles Times apre con una corrispondenza abbastanza critica da Pristina. Innanzitutto si fa riferimento ai bombardamenti intelligenti e al fatto che questi non risparmiano né case né scuole. Viene anche criticato l'atteggiamento del generale Clark che nei suoi "briefing" amichevoli con i giornalisti di tutto il mondo, non fa assolutamente mai cenno agli "sbagli" delle sue munizioni radioattive, non menzionando mai gli obiettivi civili colpiti dall'aviazione della Nato. Viene riportato il racconto di una donna di Pristina che ha visto distrutto il suo appartamento, quando una bomba ha centrato il centro giochi del palazzo, normalmente affollato di bambini. La donna si augura che anche agli americani capiti un giorno di venire bombardati (ricordiamo che, nella storia, non è mai successo a loro) così che i loro figli possano crescere nella paura e nel panico. La donna termina l'intervista dicendo che considera "atto terroristico" la bomba lanciata sulla sua casa.
STATI UNITI, 21 aprile. A Washington i barboni si sono ribellati: volevano farli sparire dal centro della città per ripulirla in occasione del vertice della Nato previsto per il 23 e 25 aprile. Sono state ripulite le strade, potati gli alberi, uccisi i topi che infestano ogni buona città americana perché il sindaco aveva fatto una vera campagna di pulizia (etnica?) in attesa dell'arrivo dei grandi della Nato. "Siamo pronti al 70%". Gli manca quel 30%: gli insolenti barboni.
STATI UNITI (JUGOSLAVIA), 21 aprile. Se la guerra si può fare con il computer, un hacker di Belgrado è riuscito a colpire, purtroppo senza successo, una installazione militare negli Stati Uniti, quella di Patuxent River nel Maryland. Il Washington Post scrive che è arrivato un messaggio e-mail che diceva "Serbia is here" (la Serbia è qui) ma i servizi informatici del Pentagono sono riusciti a sventare l'attacco prima che collassasse il computer della base, che è il quartier generale del Sistema di Comando dell'Aviazione Navale, quello che ha collaudato i missili "Tomahawk" ora impiegati nei bombardamenti sulla Jugoslavia. Non è la prima volta che gli hacker di Belgrado riescono a colpire obiettivi della Nato. Lo scorso mese è stato attaccato il sito Internet della Nato a Bruxelles. Anche dalla Russia sono partiti attacchi informatici: sono stati colpiti i computer del Centro per l'Informazione medica della US Navy sempre nel Maryland.
AMERICA LATINA
CILE, 4 aprile. Henry Kissinger, in un intervento sul settimanale britannico Sunday Telegraph, ha chiesto che venga abbandonata l'estradizione nei confronti del generale cileno Augusto Pinochet. "Sarei molto felice - ha scritto - se si permettesse a Pinochet di rientrare in Cile". Ed ha aggiunto: "Questo episodio è durato abbastanza e il generale ha tutta la mia simpatia". Sotto la dittatura di Pinochet - dal 1973 al 1989 - vennero assassinate (o fatte scomparire) più di 3000 persone.
COLOMBIA, 5 aprile. Il bilancio delle rivolte in due carceri del paese è finora di 12 morti e molti feriti. Nel carcere di Bogotà una rissa tra detenuti ha provocato la morte di 9 persone in un carcere dove sono detenuti insieme guerriglieri e trafficanti di droga. A Ibague, altro carcere a 200 chilometri a sud della capitale, tre detenuti sono stati uccisi, ma non sono note le ragioni del fatto. E' stata peraltro confermata l'avvenuta evasione dal carcere di Girardot (130 kilometri da Bogotà) di sei detenuti.
CILE, 6 aprile. Nove ex ufficiali dell'esercito cileno sono stati arrestati oggi per l'inchiesta in corso sull'uccisione avvenuta nel 1982 del sindacalista Tucapel Jimenez, oppositore del regime. Venne assassinato dopo un appello in favore del ritorno della democrazia in Cile e per la lotta contro Pinochet. Il cadavere venne ritrovato nei dintorni di Santiago del Cile con la gola tagliata il 25 febbraio del 1982.
MESSICO, 7 aprile. Nell'ultima settimana sette uomini hanno denunciato di aver subito torture dalla polizia messicana affinché ammettessero di aver commesso degli assassini anche se loro erano innocenti. Gli uomini erano coinvolti in tre diversi casi che hanno provocato in tutto più di 100 vittime. Comuni a tutti e tre il fatto che gli indagati siano stati picchiati a lungo dalla polizia dopo essere stati arrestati. "La tortura è largamente praticata quando vi sono pressioni politiche per risolvere un caso - ha detto Adriana Carmona di una associazione per i diritti umani - e la polizia non è in grado di investigare a fondo. I poliziotti sono mal pagati e mal equipaggiati e sono sotto pressione per la nuova filosofia messicana per la quale i casi vanno risolti il più in fretta possibile, non importa come". Il problema è poi complicato dal fatto che quando gli indagati arrivano davanti al giudice in tribunale, tutti fanno finta di non vedere i segni di torture che questi hanno addosso. La scorsa settimana a Cuernavaca un uomo ha accusato la polizia di averlo picchiato e minacciato di rapire sua moglie e di portar via suo figlio se non confessava di aver ammazzato 137 persone. Le autorità non hanno risposto.
GUATEMALA, 7 aprile. Alcuni esperti giuristi hanno scoperto tre fosse comuni che conservavano i resti di almeno 40 persone tra donne, uomini e bambini che pensano siano le vittime di un massacro perpetrato dall'esercito durante i 36 anni di guerra civile. Le fosse sono state trovate il 22 marzo a Huehuetenango nella parte occidentale del paese: forze paramilitari avevano attaccato il 12 giugno del 1982 e molti degli abitanti vennero massacrati. Furono più di 220 i villaggi distrutti nella campagna di guerra del 1980, che venne scatenata contro i ribelli dell'Unità Nazionale Rivoluzionaria. La guerra civile terminò ufficialmente nel 1996 con gli accordi di pace. A febbraio la "commissione per la verità" ha dichiarato che i 150.000 morti e i 50.000 scomparsi furono uccisi per il 93 per cento dall'esercito, per il 3 dai ribelli e solo il 4 per cento dei casi rimane ancora oscuro.
CILE, 7 aprile. Altri tre fermi in seno alle alte cariche dell'esercito sono stati effettuati per l'inchiesta sull'assassinio del sindacalista Tucapel Jimenez. Tutti questi arresti, secondo gli osservatori, sono solo il tentativo di dimostrare al mondo che il governo cileno è in grado di arrestare da solo i colpevoli dei reati, nonostante appartengano ad alte sfere dell'esercito, e quindi anche il generale Augusto Pinochet potrebbe essere giudicato all'interno del suo paese.
PANAMA, 8 aprile. Il governo di Panama ha formalmente richiesto agli Stati Uniti l'estradizione per l'ex generale dittatore Noriega per l'assassinio di soldati durante il tentato colpo di Stato del 1989. I giudici panamensi hanno fatto richiesta alla luce dell'ultima decisione della corte distrettuale degli Stati Uniti che ha ridotto la sentenza di carcerazione per l'ex presidente di 10 anni. "Questo per impedire che Noriega possa scappare in un altro paese del mondo" hanno dichiarato i giudici della corte suprema. Noriega venne arrestato nel 1989 dopo l'invasione degli Stati Uniti a Panama e incarcerato per riciclaggio di denaro sporco e traffico di droga. Ha trascorso finora 9 anni in una cella-suite di due stanze in una prigione federale nei pressi di Miami con un trattamento per prigionieri di guerra speciali. A Panama invece è stato condannato a 14 anni di prigione per gli eccidi da lui perpetrati ai danni anche di ufficiali dell'esercito nel 1989.
VENEZUELA, 8 aprile. Il presidente Hugo Chavez dichiarerà lo stato di emergenza se il Parlamento perseguirà nel suo rifiuto di dargli poteri più ampi per poter affrontare la disastrata economia riportandola ai livelli del passato. "E' probabile al 99% che lo stato di emergenza verrà dichiarato" - ha detto aggiungendo che è sua intenzione stabilizzare l'economia. Ma molte sue affermazioni, compresa quella di delegittimare il parlamento, hanno creato un clima di incertezza. Il presidente, che sette anni fa inscenò un fallito colpo di stato, aveva raggiunto la popolarità per 23 milioni di venezuelani, ma molti, soprattutto nella comunità economica, hanno paura che la politica di Chavez degli ultimi due mesi possa preludere ad un ritorno alla tradizione delle dittature latino-americane. Lo stato di emergenza, infatti, può far sì che il presidente sospenda le garanzie costituzionali e che legiferi per decreto. Il Venezuela sta soffrendo una forte crisi soprattutto a causa del crollo dei prezzi del petrolio, che è il maggior prodotto di esportazione, e molte agenzie d'affari sono andate in bancarotta negli ultimi tempi.
COLOMBIA, 9 aprile. Un gruppo di 15 contadini, rapiti dalle milizie di estrema destra una settimana fa nel Nord Est del Paese, sono stati assassinati. Erano tutti membri della comunità di pace San Francesco d'Assisi che opera in una zona dove da anni i paramilitari assoldati dai latifondisti, e i guerriglieri delle Farc si scontrano per il controllo del territorio.
CILE, 12 aprile. Anche George Bush, guarda caso, si è ufficialmente schierato al fianco del "suo amico Augusto", meglio conosciuto come Pinochet. Del resto Bush non è solo nel perorare questa causa. Infatti ha scritto al generale Norman Lamont che sta organizzando una campagna per la liberazione di "Augusto". Di questa bella brigata di amiconi fa parte nientemeno che la baronessa (tale è diventata) Margareth Thatcher e l'ex segretario di Stato Henry Kissinger. E' attesa nei prossimi giorni la sentenza per l'estrazione di Pinochet in Spagna, dove lo attende trepidante il giudice Garzon, che è ora al lavoro per valutare la documentazione riguardante desaparecidos di origine ebraica.
CILE, 15 aprile. Parlamentari, scrittori e artisti hanno consegnato al presidente della corte suprema di Santiago una gigantesca forbice dopo che questi mercoledì aveva disposto il sequestro del "Libro nero della giustizia cilena" della giornalista Alejandra Matus, appena uscito nelle librerie. Ieri c'era stata una analoga manifestazione di giornalisti, che hanno sfilato per ore davanti al tribunale con un bavaglio sulla bocca. Alejandra Matus è immediatamente partita per l'Argentina, onde evitare l'arresto, mentre nella casa editrice entravano poliziotti a sequestrare tutte le copie del suo libro. Cosa spaventa tanto i giudici cileni? Il fatto che nel libro vengono descritti episodi che finora erano rimasti nascosti, del ruolo che la giustizia cilena ha avuto durante il regime di Pinochet. Si descrivono contatti segreti avuti tra magistrati e generali golpisti, e il silenzio assoluto dei magistrati nei confronti dei parenti dei desaparecidos.
BRASILE, 16 aprile. La conferenza episcopale brasiliana (CNBB) ha diramato un documento dal titolo "Analisi della congiuntura" in cui critica apertamente le misure economiche adottate dal presidente Cardoso ma che "di fatto sono dettate dal Fondo Monetario Internazionale e dal segretario del tesoro statunitense". Il testo mette in evidenza la preoccupazione della Chiesa tutta per "la vulnerabilità dei paesi emergenti di fronte al processo di globalizzazione" e "Giovanni Paolo II vede attualmente l'ordine economico globale come una delle maggiori fonti di violazione dei diritti umani". Secondo la CNBB la globalizzazione penalizza i paesi poveri provocando disoccupazione e questa a sua volta violenza, miseria, analfabetismo e malattie. Viene criticata aspramente la condotta di Cardoso sulla questione delle riforme sociali e della riforma agraria e "l'ingerenza dei gruppi finanziari internazionali nella politica economica brasiliana". Cardoso ha sinteticamente risposto che "così come io non mi permetto di opinare sui dogmi della Chiesa, sarebbe meglio se i vescovi non intervenissero nei temi economici".
PORTORICO, 20 aprile. Due aerei F-16 impegnati in un'esercitazione hanno "sbadatamente" lanciato per errore due bombe su un posto di vigilanza della Marina Militare degli Stati Uniti. Tre civili sono rimasti feriti ed uno è morto. Altri cinque militari sono rimasti colpiti dalle schegge della bomba che anziché‚ colpire l'obiettivo, hanno centrato una delle palazzine della base.
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