31-Agosto-1996


QUE VIVA MEXICO La sovranità messicana mai così in dubbio


PINO CACUCCI

Il viceministro degli interni aveva appena dichiarato che l'Ejercito popular revolucionario è un fenomeno circoscritto allo stato del Guerrero, quando due "inediti" comandanti, "Oscar" e "Vicente", hanno preso contatti con il quotidiano La Jornada portando un giornalista e un fotografo (bendati e sdraiati sul fondo di auto diverse) in un rifugio nei dintorni di Città del Messico, dove montava la guardia una dozzina di miliziani a volto coperto.

Questa volta i toni risultavano molto meno militaristi e da "avanguardia del proletariato", rispetto ai comunicati e alla precedente conferenza stampa sulle montagne: si dichiaravano insorti per autodifesa, dicevano di voler evitare la guerra e che avrebbero risposto solo se attaccati, affermavano di temere di essere usati come pretesto per arrestare i leader delle lotte contadine, e ribadivano che l'accusa di essere legati al narco-traffico (nello stato di Guerrero prosperano vaste piantagioni di papavero da oppio) è "pura guerra psicologica", rifiutavano persino di costituire un elemento destabilizzante, perché "a destabilizzare questo paese sono soltanto i magnati della speculazione finanziaria".

Inoltre, sottolineavano a più riprese il massimo rispetto per l'Ezln e la sua scelta di raggiungere un accordo di pace.

Governo e organi inquirenti hanno continuato a considerare l'Epr una "pantomima" priva di appoggi e strutture, un "gruppo armato che è tale solo per avere le armi ma ben lontano dal costituire una formazione guerrigliera".

Ma mercoledì di fronte all'attacco concentrico in sei diversi stati messicani, sulla "pantomima" in molti hanno dovuto probabilmente ricredersi.

Il politologo Héctor Aguilar Camìn (che come romanziere è noto in Italia per Morire a Veracruz edito da Donzelli) ha denunciato il rischio insito nel negare credibilità all'Epr: "Potrebbe trasformarsi in una triste riedizione della guerra sporca degli anni Settanta, una sequela di sanguinose vendette tra forze di sicurezza e gruppi guerriglieri che si svolge, apparentemente, al margine della vita politica, e al governo forse converrebbe verificare fino a che punto una parte dell'attuale corruzione nella polizia, soprattutto in relazione al narcotraffico, abbia avuto origine dalla pratica di premiare i comandanti che id quella guerra sporca si fecero carico, premiarli dando loro mano libera nell'arricchirsi su altri fronti".

Ma sembrano tempi duri anche per la polizia, in Messico.

Ben settecentotrentasette funzionari della Federale sono stati rimossi dall'incarico senza preavviso. Un terremoto salutato con soddisfazione da alcuni e con apprensione da altri: i più spiritosi si chiedono come poterli tenere sotto controllo adesso che, da "disoccupati", si dedicheranno al crimine a tempo pieno...

Più seria, e preoccupante, è la dichiarazione di un funzionario della procura generale di Monterrey (grande città industriale del nord, polo economico di notevole rilevanza), secondo cui "la purga è solo un altro passo verso la militarizzazione, voluta espressamene dal governo degli Stati uniti", e sarebbe stata imposta nei recenti incontri tra il ministro della giustizia americano, Janet Reno, e il procuratore generale della repubblica messicano, Lozano, assieme ai ministeri della difesa di entrambi i paesi.

"Povero Messico, così lontano da Dio e così vicino agli Usa...". Mai la sovranità nazionale dell'orgoglioso Messico era stata minacciata quanto negli anni '90.

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