Stralcio dalle Parole dell'EZLN nell'atto di chiusura del Forum speciale per la Riforma dello Stato (6 luglio 1996)

Già detto, cominciare è difficile...

Potrei iniziare, per esempio, parlandovi del nostro presente, dell'esilio nella foresta di centinaia di famiglie indigene ribelli, del degno colore di esseri umani le cui case sono occupate dalla più moderna tecnologia militare e da un esercito che è obbligato a perseguitare e minacciare indigeni messicani, della dignità che li ha portati su per le montagne a cercare un luogo, dove vivere non fosse sinonimo di vergogna. Vi parlerei di questo e, pure, della rapida amnesia di quelli vicini allo zapatismo rispetto a questo presente eroico e dimenticato degli abitanti di Guadalupe Tepeyac, simbolo deserto del tradimento governativo e del disonore militare.

Ed allora vi potrei parlare dell'Heriberto, raccontarvi che ha avuto una discussione ad alto livello e d'alto rigore teorico con la Eva. La Eva, che sa fin dove può arrivare con un'abilità che sconvolgerebbe i Salinas, e che al posto di continuare a discutere con l'Heriberto, se ne va e mi dice, con noncuranza, che l'Heriberto non vuole andare a scuola.

La Eva chiama "scuola" un lungo casermone che gli zapatisti guadalupani, i civili espulsi dall'esercito federale a Guadalupe Tepeyac, hanno costruito sull'alto di una collina che domina l'ordinata povertà dell'esilio di questi indigeni oggi dimenticati da quelli che in quelle terre hanno trovato una tribuna, una piattaforma politica e una scuola di dignità.

- Allora l'Heriberto non vuole andare a scuola - ripeto, mentre accendo la pipa e vigilo l'entrata della porta per vedere se appare il futuro terrorista e il presente delinquente poco comune: l'Heriberto. La Eva sa sempre fin dove può arrivare, così non chiede neanche permesso per prendersi un sacchettino di caramelle ed iniziare a mangiarsele. La Eva sa quello che succederà quando scarterà la prima caramella e il rumore della carta si assommerà al cricri ossessivo dei grilli. Ignoro la reale capacità di convocazione che ha il rumore di una carta che avvolge una caramella, ciò che è fuor di dubbio è che, non importa quanto lontano sia o quanto rumore ci sia intorno, sempre finisce che lì appare, alla porta, il temuto, lo strillo più rapido del sudest messicano, lo stato di diritto, pardon, il terrore delle formiche, l'unico (meno male), l'ineguagliabile (onore a chi onore si merita), lui: l'Heriberto. Gli occhi grandi e neri dell'Heriberto perlustrano tutti gli angoli della stanza. Scoprono il sacchetto di caramelle e la Eva che lo possiede. L'Heriberto cerca di cogliermi di sorpresa con un non necessario "Sono arrivato Ciup". Io cerco di fare il serio ed assumo la stessa posizione flessibile che ha il governo messicano sulla politica economica, cioè, mi dichiaro disponibile a discutere di tutto, però avvertendo che non cambierà nulla.

- Perché non vai a scuola? - gli domando, cercando di frenare la sua avanzata verso il sacchetto di caramelle.

- Perché voglio andare quando so qualcosa, perché se vado adesso, non so nulla e che succede quando il maestro mi sgrida perché non so nulla. Prima voglio imparare e poi vado a scuola - dice l'Heriberto con una caramella che già gl'impasta la voce e con le tasche già piene della zuccherina conquista. La Eva era stata disattenta alle caramelle perché, dimostrando le sue chiare tendenze femministe, stava cercando quel video di Pedro Infante che si chiama "Dicono che sono un donnaiolo". Io fumo, sospiro mentre sto pensando che l'Heriberto potrebbe dar lezioni di logica filosofica e dirigere la Segreteria per la Pubblica Istruzione con identica corruzione però con più intelligenza di coloro che si stanno dimostrando così intolleranti di fronte al crescente movimento dei maestri.

Potrei raccontarvi questo, però all'improvviso penso che no, che questa è la solenne chiusura del "Forum Speciale per la Riforma dello Stato" e che non è conveniente parlare in questa sede dei fatti delittuosi dell'Heriberto.

Allora penso che sia meglio parlarvi del Beto, di come vive la sua disperazione per crescere mentre la sua gente è asfissiata dalla politica sociale antiguerriglia del governo. Il Beto è già cresciuto, è già grande, il Beto non cade già più nel fango. Il Beto gira già per i campi e lì incontra un bambino di un villaggio vicino. Quel tale Nabor gli racconta che nel suo villaggio il governo dà tanti aiuti alle famiglie ad un'unica condizione, quella che non siano più zapatisti e che denuncino quelli che continuano ad andare avanti.

Il Nabor non capisce molto, però comprende le cose principali. Raccoglie una pietrina per la sua fionda e dice e chiede al Beto: - La mia famiglia è perseguitata perché non prende quello che il governo dà. Dice il mio papà che è naturale che la dignità provochi la fame. E voi vi arrenderete? -

- No, naturalmente. Ci siamo già messi d'accordo che no. Che non ci arrendiamo, così ci siamo messi d'accordo - dice il Beto mentre punta la sua fionda verso un disegno di un carro armato.

Ma mentre vi sto raccontando questo, mi ricordo di qualche cos'altro e penso che sia meglio parlarvi de... la Toñita che va con un piccolo fascio di legna a spalle. Sei anni pesa l'infanzia sulle spalle della Toñita.

Fra fango e spine del sentiero che scende dalla collina, la Toñita inizia a curvare le spalle per equilibrare anni e legna. Io rimango senza parole quando mi rendo conto che la Toñita, quella del bacio rifiutato perché "pizzica molto", cammina con il fascio di legna. Non è per la dolorosa immagine di una bimba schiacciata dalla miseria di un carico di legna, no, non è per questo o perché la guardi con rancore perché mi ha rifiutato un bacio. Quello che mi lascia senza parole e, quindi, mi rende incapace di parlarle è che, ve lo giuro, la Toñita sta sorridendo. E sta sorridendo pure l'Olivo. A differenza della Toñita, l'Olivo è Tojolabal e sta facendo il diavolo a quattro con gli stivali che gli hanno regalato. Dando calci a pietre, alberi, maiali e porte, l'Olivo impara ciò che è stato sempre negato a bambini come lui: che si può giocare ed essere bambini, fino a che essere adulto non gli ferirà la pelle. L'Olivo non usa le sue scarpe per camminare. Quando vuole andarsene in giro, va scalzo. Però quando arriva la breve ora del gioco, l'Olivo e la sua banda si uniscono e giocano a chi ha le scarpe e danno calci al suolo e a tutto ciò di animato ed inanimato che incontrano. Sono un potentissimo gioco le scarpe per l'Olivo che, mi dicono, ora reclama un pallone affinché il suo gioco possa arrivare lontano in collettivo.

E, in collettivo, con altre bambine, arrivano la "Yeniper" e la "Chaga" fino al posto dove sono per vedere se ci sono ancora o me ne sono andato. E sì, sono lì e non me ne sono andato, così che la "Yeniper" mi può far domande mentre un elicottero militare sorvola il villaggio. La "Yeniper" guarda l'elicottero armato e mi domanda se i passeri pure si spaventano, come i bambini della realtà chiapaneca, per il minaccioso rumore delle ali della morte. L'elicottero si stanca di cercare trasgressori e la "Yeniper" se ne va a raccogliere legna senza aspettare la mia risposta. Un passerotto, con le piume vestite di lilla e azzurro, vola di nuovo a fianco della "Yeniper". Da lontano non si distingue bene chi dei due cammina e chi vola.

E per finire, dopo averci pensato a lungo, sono arrivato alla conclusione che non sarebbe serio e rispettoso parlare di bambini zapatisti in qualcosa di così rispettabile e serio come questa cerimonia di chiusura del "Forum Speciale per la Riforma dello Stato".

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