Documento finale del tavolo 2 A

Cos'è il neoliberismo e come ci colpisce?

I 53 partecipanti alla discussione al tavolo 2A dell'Incontro Intercontinentale contro il Neoliberismo, tutti zapatisti del mondo, hanno risposto alla convocazione dell'EZLN dai loro luoghi di lotta in Italia, Spagna, Catalogna, Germania, Francia, Messico, Stati Uniti, Paesi Baschi, Irlanda, Canadà e Argentina. Sono giunti all'unanimità, dopo due giorni e mezzo di intenso dibattito, ad un insieme di idee sulle specificità del neoliberismo e sulle strategie di resistenza e ribellione che possiamo e vogliamo mettere in atto.

1. Il neoliberismo è una strategia di organizzazione della produzione e della vita sociale. Costituisce un momento storico dello sviluppo capitalista, che si presenta come una risposta integrale alle contraddizioni del processo di accumulazione del capitale e della lotta di classe. In questa misura, neoliberismo e capitalismo non possono essere disgiunti e una lotta contro il primo implica necessariamente una lotta contro il capitalismo, come sistema di sfruttamento e dominazione sociale. Il neoliberismo è solo l'aspetto attuale del capitalismo.

2. Il neoliberismo subordina tutte le relazioni sociali alla logica del mercato, facendolo apparire come la forma più naturale di organizzazione sociale, convertendolo, così, in un'arma ideologica contro la speranza. Partendo da questa giustificazione della competizione come unica forma di relazione sociale, tutto viene sanzionato dal mercato, trasformatosi in ente universale di validazione. Così il nostro riconoscimento sociale, in accordo con la logica del mercato, è possibile solo nel nostro essere mercanzie e non esseri umani.

3. Il neoliberismo privilegia la dinamica della competizione, cioè presuppone che per poter guadagnare è necessario che qualcun altro perda; quindi presuppone una negazione di tutto quello che ci circonda e di cui non possiamo appropriarci. La competizione implica il proprio rafforzamento e l'indebolimento altrui. L'altro è sempre la negazione di se medesimo e quindi non può essere tollerato, per questa ragione è necessario impedire il suo sviluppo e propiziarne la distruzione. Il capitale si costruisce distruggendo, si arricchisce impoverendo, si appropria di beni, spogliando gli altri. L'umanità non può essere costruita su queste basi, perchè l'umanità è il riconoscimento di se stessi nell'altro, insieme all'altro. La sottomissione dell'altro, la sua distruzione, la sua umiliazione, la sua cancellazione, indispensabili nella logica della competizione, costituiscono la negazione dell'umanità.

4. Una tendenza immanente del capitalismo consiste nella sua espansione per il mondo, non solo attraverso il commercio, ma anche per mezzo della subordinazione della popolazione di molte regioni alle reti industriali e commerciali, simili a quelle si stabilirono nel diciassettesimo secolo tra la schiavitù afroamericana e lo sviluppo del lavoro tessile in Europa. Col trascorrere del tempo l'espansione del capitale ha raggiunto livelli planetari, attraverso il colonialismo ed il neocolonialismo. Il neoliberismo ha globalizzato veramente queste reti e sta cercando di stabilire vincoli sempre più forti fra tutti gli elementi della vita sociale in tutte le regioni del mondo.

Come nel passato queste reti globali di dominazione, creano simultaneamente le condizioni perchè si creino reti globali di antagonismo, di resistenza e di lotta. Come i contadini inglesi hanno resistito all'espulsione dalle loro terre e alla loro incorporazione alla fabbrica, come gli africani hanno resistito alla schiavitù e alla loro incorporazione nelle piantagioni americane, i popoli di oggi resistono alle imposizioni neoliberiste della logica del capitale, della logica del mercato e della subordinazione alienante della vita al lavoro.

E, nello stesso modo in cui i lavoratori del passato diffondevano le loro lotte attraverso le navi commerciali e i trasporti di prigionieri, i lavoratori di oggi diffondono, oltrepassando i confini attraverso le migrazioni a scopo lavorativo le loro lotte, le comunicazioni e la solidarietà, ogni volta più globalizzata.

Il compimento degli intenti neoliberali di imporre la loro logica in tutto il mondo, crea la possibilità di diffondere globalmente le lotte, le rivolte e le rivoluzioni in tutto il mondo. Allo stesso modo, l'universalità della strategia neoliberale provoca l'universalità della resistenza: tutti dobbiamo confrontarci con lo stesso nemico, ma mentre la logica è la stessa, le sue forme e i suoi effetti sono diversi. Non tutti affrontano il Neoliberismo allo stesso modo, questo accentua i conflitti e l'antagonismo, come quelli che si manifestano tra lavoratori nazionali e stranieri, tra uomini e donne, tra giovani ed anziani e tra gruppi etnici; così mentre ci battiamo contro un nemico comune, le forme di lotta cambiano in relazione alle circostanze particolari. Inoltre la resistenza poggia sul rifiuto dell'omogeneizzazione e sull'affermazione dell'autodeterminazione, che si costruisce in tanti modi diversi, suggeriti dalla diversità delle lotte, dall'immaginazione e dalla volontà umana. L'obiettivo politico consiste nel raggiungere la confluenza e la solidarietà tra questi progetti multipli. Come dice la mayor Ana Maria "Dietro al passamontagna ci siete voi che siamo noi".

5. Anche se apparentemente il Neoliberismo tenta una restrizione dello Stato, in realtà contrae solo i programmi e i servizi che proteggono il lavoro dagli attacchi del capitalismo, mentre espande i sussidi al capitale (ad esempio finanziando le autostrade dell'informazione, colonna vertebrale dell'industrie informatiche) e la repressione delle lotte dei lavoratori urbani e rurali.

La privatizzazione di imprese pubbliche riduce lo stato, ma subordina pure i lavoratori pubblici alla competizione del mercato del lavoro dell'impresa privata. Questo attenta al loro potere, al loro salario e al loro controllo sul lavoro. In queste circostanze, la risposta alla resistenza dei lavoratori è un'espansione del potere poliziesco. La privatizzazione della terra comunale o ejidale (con la modifica dell'articolo 27) provoca una resistenza contadina a cui si risponde con un'espansione delle forze militari, che debbono contenere l'insurrezione e la rivoluzione, come nel caso del movimento dell'EZLN e del contrattacco del governo messicano. A queste forze repressive si affiancano numerosi gruppi paramilitari, salariati dal settore privato, a protezione degli indebiti guadagni. Unita alla crescita dei mercati finanziari privati, di istituzioni finanziarie internazionali e di enormi flussi transnazionali di denaro speculativo, osserviamo una vasta espansione dello Stato a livello sovranazionale, attraverso istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Queste istituzioni finanziarie statali impongono sistematicamente politiche neoliberiste repressive in tutto il mondo, mediante la manipolazione del debito pubblico. Le crisi nel settore privato sono guidate dallo Stato, attraverso fondi pubblici, come ha dimostrato la crisi del peso messicano al termine del '94.

Tutto ciò mostra come istituzione pubblica e privati siano complementari tra loro e ci suggerisce che l'atteggiamento neoliberista di attaccare lo Stato per favorire il mercato, sia un velo ideologico.

6. La prolungata crisi capitalista, iniziata nel decennio degli anni '70, dovuta, secondo alcuni, alla caduta del tasso di interesse, e, secondo altri, alla forza delle lotte sociali che riescono a sconfiggere il Keynesianismo-fordismo, è all'origine della nuova forma che assume la dominazione capitalista. Sotto il nome di neoliberismo, il capitalismo contemporaneo sviluppa nuove modalità di subordinazione della vita sociale alla logica della valorizzazione, promovendo politiche economiche che portano:

ad una "mercantilizzazione" violenta dei diversi momenti della riproduzione della popolazione, circoscrivendo la sua qualità di forza lavoro con il taglio del bilancio sociale dello stato e la privatizzazione dei servizi sociali, con ricomposizione dei meccanismi di sottomissione del lavoro mediante la frammentazione del mercato del lavoro, la precarizzazione, l'abbattimento dei salari; con la crescita della disoccupazione e la conseguente competizione tra lavoratori

alla subordinazione della nostra creatività ed immaginazione a una logica di competizione e di mercato, attraverso il monopolio dei mezzi di comunicazione, attraverso le politiche artistiche ed educative, che vedono la popolazione solo come un capitale umano o come un produttore di merci

alla definizione della natura viva come un insieme di risorse naturali morte, che acquisiscono solo il carattere di materie prime utili per il processo di produzione. Un esempio molto eloquente dell'irrazionalità capitalistica di fronte alla natura è l'esempio delle mucche pazze

all'approfondimento delle polarità sociali e alla costituzione di barriere intorno alle differenze o particolarità, di genere, di origine etnica, di preferenze sessuali, di nazionalità, di colore della pelle e altre, che vengono convertite in piattaforme di competizione sociale e di differenti tipi di fanatismo: razzista, sessista, integralista, ecc.

alla gestione della ricchezza pubblica in accordo con criteri che privilegiano la difesa, la promozione del capitale, la crescita del suo controllo sul mondo e non le necessità sociali. Esempio chiaro in questo senso sono i bilanci destinati ai settori militari e polizieschi.

Avendo come base una nuova misura dei capitali, nuove tecnologie e una nuova maniera di centralizzare il capitale, le imprese stabiliscono un nuovo modo di controllo dei diversi settori del mondo del lavoro (includendo il controllo sulle fonti di approvvigionamento, sui trasporti, sulle comunicazioni, sulle infrastrutture, sull'energia, ecc.). In questo modo il capitale riesce ad avere una capacità inedita di movimento su tutto il pianeta, creando nuove ripartizioni dei territori che contengono risorse naturali strategiche e forza di lavoro sfruttabile

7. Così come il neoliberismo costituisce una risposta al keynesismo, così può affrontare crisi durante il suo sviluppo; su questo punto i lavori presentati a questo tavolo mostrano una lettura differente riguardo all'interpretazione del capitalismo contemporaneo. Per alcuni, il neoliberismo è ben lungi dall'essere una crisi e, al contrario, è la base per un profondo processo di ristrutturazione tecnologica ed organizzativa. Il neoliberismo si sviluppa energicamente senza minimamente essere toccato dalle lotte sociali che cercano di combatterlo. La maggioranza dei presenti avverte che non tutti i movimenti sociali attuali hanno un carattere veramente emancipatorio e democratico. La relazione tra l'impoverimento continuo degli esseri umani e l'apparizione di lotte sociali di emancipazione antipatriarcali, anticapitalistiche ed internazionaliste non è automatica, i movimenti e gli spazi di emancipazione e libertari si trovano ancora in fase di costruzione. Quindi dal punto di vista del capitale, il neoliberismo è una strategia di successo, dal punto di vista dell'umanità è distruttivo e rovinoso.

L'altro punto messo a fuoco nel tavolo è stata la valutazione della crisi attuale del neoliberismo. Da un lato il neoliberismo si sta confrontando con le crisi provocate dal suo stesso successo, come quelle monetarie, relazionate agli enormi mercati finanziari, che esso stesso promuove. Tali crisi avrebbero spinto istituzioni sovranazionali, come il FMI e la BM, a intraprendere drastiche e pericolose azioni come i crediti giganti, che le portano a violare le loro stesse regole di prudenza. Dall'altro lato il neoliberismo si sta confrontando con le crisi provocate da suoi stessi fallimenti, come quelle che derivano dalle difficoltà crescenti a contenere la resistenza ai suoi aggiustamenti strutturali. Grandi manifestazioni, sommosse e mobilitazioni rivoluzionarie hanno sfidato e rifiutato questa logica repressiva. Queste due tipi di crisi che confluiscono in Messico con la rivoluzione zapatista e il Trattato di Libero Commercio (NAFTA), portano il governo messicano verso disastrose politiche finanziarie, che provocano massicci movimenti di capitale speculativo, trasformando in incubi i rosei sogni liberisti.

Questi due punti di vista, non sono stati sviscerati completamente in questo incontro, quindi restano come linee di lavoro per incontri e scambi prossimi. Comunque, esiste una convinzione generale che lo zapatismo abbia dimostrato la fragilità essenziale del neoliberismo e la sua vulnerabilità di fronte alla lotta rivoluzionaria. Dipende da noi trovare percorsi per moltiplicare la sovversione nel mondo.

Come resistiamo al neoliberismo.

Durante il decennio degli anni ottanta le politiche di austerità hanno propiziato la morte di milioni di persone. Per la stessa ragione la lotta contro le severe politiche di aggiustamento, le ribellioni al FMI, hanno costituito una parte integrante delle lotte di classe internazionali. Scioperi, rivolte, manifestazioni e la grande varietà di aspetti informali delle lotte si sono confrontati con i programmi di crescita dei prezzi, di abbassamento dei salari, di tagli ai servizi sociali e di licenziamenti massicci di lavoratori. È stato il caso dei paesi produttori di petrolio in Africa, America Latina e Medio Oriente (Algeria, Giordania, Gabon, Nigeria, Marocco, Trinidad e Tobago, Venezuela), dove i lavoratori hanno subito un drastico abbassamento del loro tenore di vita durante il periodo 1988/1990, quando si sono ribellati contro queste politiche di austerità. Sono state tutte insurrezioni popolari che hanno colpito profondamente i rispettivi governi; tutte queste lotte erano ubicate nelle città del terzo mondo. Da allora il neoliberismo avanza distruggendo, tra le altre cose, le condizioni di vita delle comunità indigene, negando loro il diritto alla terra e la lotta si è allargata verso le aree rurali (Ecuador: 1992, Messico: 1994, India: 1994, Nuova Guinea: 1995, Paraguay e Brasile: 1996) contro la privatizzazione della terra e l'allevamento del bestiame imposti dalle politiche neoliberiste. Tutte queste lotte sono state represse selvaggiamente e nonostante ciò hanno introdotto la battaglia contro il neoliberismo nel primo mondo: la stessa battaglia è stata sostenuta attraverso gli scioperi dei lavoratori del trasporto in Francia nel 1995, con le manifestazioni italiane contro i tagli delle pensioni nel 1994 e con le lotte dei portuali inglesi.

Pure le nostre lotte contro il neoliberismo sono partite da iniziative difensive e di carattere immediato, ricorrendo a vecchie forme di lotta (scioperi di settore e generali, mobilitazioni nazionali ed internazionali, ecc.), ma in questo processo sarà necessario inventarne altre nuove. La recente esperienza dei lavoratori e delle lavoratrici francesi, durante i 22 giorni di lotta contro le misure adottate dal loro stato nell'ambito del trattato di Maastricht, ha dimostrato al di là di ogni aspettativa come lo sciopero continui ad essere uno strumento di lotta insostituibile, che inoltre permette di ricostruire speranze e di definire nella coscienza generale dei combattenti la necessità di creare forme organizzative che privilegino la comunicazione e la discussione tra i diversi lavoratori in lotta, favorendo la moltiplicazione di spazi collettivi di resistenza.

Nella misura in cui il neoliberismo distrugge le conquiste ottenute dai lavoratori durante questi ultimi due secoli a favore della loro riproduzione (salute, educazione, casa, ecc.), propizia allo stesso modo un altro tipo di risposte immediate di resistenza, nelle quali popolazioni segregate e condannate a morte tendono ad riprendere nelle proprie mani l'autogestione di uno o più di questi aspetti e anche se cominciano proponendo solo azioni immediate di resistenza e sopravvivenza, queste si trasformano in lotte offensive sempre più ampie, con la possibilità di un progressivo rafforzamento organizzativo degli oppressi.

Come attacchiamo il Neoliberismo

I lavoratori e la popolazione in generale, durante lo sviluppo delle loro lotte, possono riuscire a cambiare alcune delle loro condizioni materiali e sociali grazie a rivendicazioni che ottengono, dove e fin dove è possibile, nuove condizioni di sopravvivenza meno inumane. Da qui risulta aver senso compiuto, all'interno di una battaglia globale contro il neoliberismo, esigere dal capitale la riduzione sistematica della giornata lavorativa, salari di sussidio per i disoccupati o i sotto occupati, i diritti universali ad abitazione, alimentazione, salute ed educazione. Bisogna lottare contro il modo in cui il capitalismo organizza la dislocazione mondiale degli esseri umani, classificandoli polarmente come emigranti della periferia o turisti della metropoli, optando invece per una personalità o appartenenza universale, per l'accesso democratico a tutti i mezzi di comunicazione, per il diritto ad occupare terre o edifici o mezzi di produzione abbandonati; in vista della creazione di nostre realtà.

Come parte integrante di questa lotta si rende quindi necessario rompere il dominio e il monopolio dei discorsi ideologici del potere e, allo stesso tempo, promuovere una restituzione di significato alle parole che ci permetta di riconoscerci in esse e di riappropriaci del linguaggio. Quindi è necessario combattere la proprietà monopolistica dei mezzi di comunicazione, che generano e diffondono pseudo verità per giustificare le atrocità del capitalismo (sviluppo e sottosviluppo), occultando che la produzione capitalista di ricchezza genera simultaneamente miseria, la nostra miseria. È necessario costruire e dare contenuto al noi, a tutti quelli che siamo e possiamo essere, per ricrearci come collettività; come tutte le collettività possibili. La riappropriazione del linguaggio e dei mezzi di comunicazione è indispensabile in questa battaglia e, per questo, la creazione di reti di comunicazione alternativa riveste per noi un'importanza primaria.

Risulta inoltre indispensabile ridurre le spese militari, dato che in questo campo si occupano fondi equivalenti alle entrate della metà più povera della popolazione mondiale, che, con la soppressione di queste spese, potrebbe in realtà duplicare le sue entrate, migliorando gli attuali livelli di vita. Questo contribuirebbe, inoltre, alla convergenza delle lotte per la pace e contro il militarismo.

Consideriamo che le domande fondamentali del popolo messicano, sollevate dagli zapatisti, hanno, in realtà, un respiro universale a causa del modo con cui il capitalismo neoliberista procede, deteriorando le nostre condizioni di vita e negandoci il diritto a esistere. Le sottoscriviamo quindi come domande generali di lotta contro il neoliberismo, intendendole come una piattaforma per sviluppare nuove proposte di azione.

Non abbiamo avuto il tempo sufficiente per discutere le particolarità delle nostre differenti lotte; lasciamo questo argomento per i futuri incontri, dichiarando la necessità di discutere i diversi modi in cui articolare queste differenze. Si sono identificati diversi modi di raggruppare queste lotte - come lotte nell'ambito della produzione o della riproduzione della forza lavoro, negli spazi del primo o terzo mondo, oppure come lotte intorno alla difesa della terra o alla difesa dei diritti di lavoro - tali raggruppamenti ci possono aiutare a pensare al modo in cui queste diversità convergono o si complementano.

Per la stessa ragione si è enfatizzato sulla necessità di sviluppare vincoli tra i differenti tipi di lotta, che in contrapposizione alla crescente atomizzazione neoliberista creino forme comunitarie di organizzazione e di comunicazione (radio pirata, programmi indipendenti di televisione via cavo, internet, ecc.), sia attraverso incontri o attraverso mobilitazioni di massa coordinate a livello nazionale o internazionale.

Nella nostra lotta contro il neoliberismo dobbiamo riconquistare il tempo e lo spazio a favore delle nostre esperienze. In questo contesto ha senso compiuto coordinare la lotta per la riduzione della giornata lavorativa con l'occupazione di spazi nelle città o con la autodeterminazione all'accesso delle risorse naturali.

Le nostre alternative politiche, economiche e sociali potranno svilupparsi solo se riconosceremo come punto di partenza la varietà delle forme e degli obiettivi nelle lotte sociali democratiche e di emancipazione, le differenze locali e nazionali, dovute a differenti processi storici e se svilupperemo una battaglia integrale, che nella sua insubordinazione contro la relazione capitale-lavoro incorpori anche la lotta contro altre forme di dominazione della società capitalista contemporanea, come il patriarcato o l'esistenza degli stati nazione. Le lotte democratiche e di emancipazione, dunque, non debbono essere solo anticapitaliste ma anche, congiuntamente, antipatriarcali ed internazionaliste.

La lotta zapatista ci ha insegnato l'importanza di creare spazi di convivenza e discussione destinati a noi stessi, le virtù dei principi di organizzazione basati sul comandare obbedendo, l'importanza del significato delle lotte che non passano per lo Stato nazionale ma che risultano ugualmente globali. Quindi l'articolazione mondiale di tutte le nostre lotte ci obbliga, in realtà, a pensarle partendo dal superamento delle identità nazionali definite dagli stati. Di fronte alla forza delle reti internazionali di dominazione capitalista è necessario costruire reti internazionali di insubordinazione e ribellione.

(Tradotto dal Comitato Internazionalista Che Guevara - Bologna)

Indice dell'Incontro Intercontinentale