La Jornada, 29 luglio 1996
Con l'impressione che gli Aguascalientes sono "un'enorme
Torre di Babele in cui si parlano tutte le lingue, a partire da
quelle del Chiapas", ma con la certezza che, a differenza
dell'altra torre, questa "ha destinazione nella sua strada
al cielo poiché affonda le radici nelle profondità
del mondo, e si tratta di lingue che si uniscono per parlarsi
insieme, parole condivise che trasmettono la medesima energia
- anche quando alcune di loro sono disprezzate o non utilizzate
- come giustizia, solidarietà, identità e allegria",
lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano è venuto a unire
la sua voce contro il neoliberismo e per l'umanità.
- Sì, e si inizierà a parlare senza intenzione di
formulare ricette. Non siamo venuti qui con l'intenzione di ricevere
o dare ricette, ma per dire: questa è la malattia e qui
c'è il rimedio. Per esperienza personale mi sono abituato
a non nutrire fiducia in chi fornisce ricette. La realtà
è molto complessa e l'importante è iniziare ad unirsi
per pensare insieme, a partire da una convocazione realizzata
da un gruppo di persone che da migliaia di anni sono soliti sognare
insieme. Ciò ha salvato le culture indigene che così
hanno potuto sopravvivere in America, mentre molte altre sono
state sterminate ed altre ancora sono state deformate fino ad
essere quasi irriconoscibili; quelle che si son salvate, lo sono
state grazie a questo, cioè a questa capacità di
fissare lo sguardo oltre l'infamia. Così inizieremo a predire
un altro mondo possibile, forse all'inizio dando legnate alla
cieca, ma partendo dalla certezza che questo mondo che identifica
la libertà del denaro con la libertà delle persone
si sta trasformando in una sorta di campo di concentramento per
la maggioranza dei suoi abitanti in cui chi non è condannato
alla fame di pane, è condannato alla fame di abbracci.
- Non crede che di fronte alla mancanza di modelli da seguire, esiste il pericolo che qui la gente desideri che gli si dica come farne uno?
- Sì, certo: è la nostalgia del catechismo che abbiamo
tutti. Credo che la vita sia un'avventura della libertà
e che dobbiamo guadagnarci la libertà di pensare togliendoci
di dosso i modelli, partendo dalla certezza che il mondo così
com'è non-fun-zio-na e che inoltre commette quotidianamente
crimini che ci suicidano tutti. A partire da questa certezza essenziale
inizieremo a preparare qualcosa di diverso, di nuovo, che sarà
anche molteplice, poiché ogni luogo sarà differente
dagli altri, non comunicherà sugli altari di una cultura
dominante che confonde il prezzo con il valore e che converte
le persone e i paesi in merce. Riunioni come questa stanno innalzando
bandiere che hanno a che vedere tutte con la dignità umana
e che implicano una comunanza di linguaggio dicendo cose essenziali
che servono alla dignità umana.
- Antonio Machado diceva: "tra tutte le voci ne ascolto una": crede che in questa diversità si potrà ascoltare una voce che sia quella dell'America latina?
- Chiaramente, la cosa migliore che ha questa voce è il
suo essere diversa, molteplice e contraddittoria, così
da contraddire se stessa, e questa è la prova che è
viva. C'è chi dice: come parleranno di America latina?
Cosa ha a che vedere un haitiano con un argentino, un indio del
Chiapas con un abitante di Sao Paulo? E' una fortuna avere questa
diversità, poiché in un mondo in cui chi non muore
di fame muore di noia, non vogliamo essere affamati, ma neanche
annoiati.
- Non è importante che tutti coloro che sono qui non intendono le stesse cose?
- Se lo facessero, sarebbe come un oppio, e nessuno potrebbe sopportare
una riunione simile. Artigas era solito dire: "la contraddizione
è l'unica prova della libertà". Io direi di
più: sì, la contraddizione è l'unica prova
della libertà perché è l'unica prova della
vita e mi sembra stupendo che esista a partire da un asse che
ha riunito persone molto diverse, venute da luoghi differenti
perché permette di confermare la fiducia in quest'unità
essenziale della condizione umana a partire dalla sua diversità.
Prima parlavamo della giustizia, ma l'altro asse fondamentale
di una riunione come questa è il rispetto del prossimo,
il rispetto dell'identità dell'altro: amare l'altro proprio
nella sua differenza e ciò è molto importante affermarlo
oggi più che mai, poiché mai il mondo è stato
così disuguale come ora nel fornire opportunità.
Mai è stato così ingiusto nel ripartire i pani e
i pesci, ma mai è stato così uguagliante negli usi
che impone, così capace di cancellare le differenze culturali
che fanno della condizione umana un allegro arcobaleno.
- In questo il Chiapas è un ricco campionario, però, come dice la poetessa Dolores Castro, all'improvviso tutte le lingue sono un'unica fiamma.
- Ciò che accade è che la condizione umana è
così dappertutto: è un arcobaleno, ma noi non lo
vediamo. Noi che condividiamo l'avventura umana nel mondo di fine
secolo, siamo ciechi di fronte a questo arcobaleno perché
ci impediscono di vederlo in tutta la sua bellezza e il suo fulgore
le maschere che ci hanno costretto ad usare come il razzismo,
che impedisce di recuperare la pienezza della condizione umana,
o il maschilismo che ci mutila riducendoci alla metà, o
l'elitarismo, il militarismo, o qualsiasi altra cosa che ci impedisce
di recuperare l'ostinata allegria della nostra diversità.
- Pensa che gli zapatisti siano dunque riusciti a rompere con i vecchi vizi, compresi quelli della sinistra?
- Non solo gli zapatisti, perché già ci sono stati
altri movimenti che hanno rivendicato in modo assai salutare un'inversione
del cammino percorso dalla sinistra tradizionale. Gli zapatisti
hanno raccolto molto bene un'eredità che viene da altri
processi rivoluzionari degli ultimi anni, poiché, quella
che si potrebbe definire la sinistra di origine europea, però
latinoamericana, era all'inizio viziata da un'idea che le ha impedito
di coagulare pienamente nelle nostre realtà e di radicarsi
come era auspicabile, ed era l'idea che la rivoluzione avrebbe
salvato il popolo e che gli intellettuali avrebbero illuminato
la plebe. A partire dalle rivoluzioni cubana e sandinista e dai
molti processi popolari che ci sono stati nei paesi latini, si
è resa possibile questa sollevazione del Chiapas che propone
una strada inversa: viaggia da dentro e dal basso, contraddicendo
così il vecchio schema di civiltà e barbarie all'interno
del quale si trovava prigioniera la sinistra latinoamericana -
e che ancora lo è, ma molto meno - poiché in quello schema la verità veniva dall'esterno e dall'alto, mai da
dentro e dal basso.
- Sarebbe questo un modello da seguire?
- Non ci sono modelli. In America Latina abbiamo avuto un'esperienza
sufficientemente triste al riguardo. Nessun processo di cambiamento
deve essere imposto come modello in altri luoghi, non dico in
ogni paese, perché in America Latina ci sono paesi che
contengono altri paesi; quindi, ogni nostro luogo deve percorrere
la propria strada.
- La novità di questo movimento è nel linguaggio?
- Sì, è un movimento di persone dal volto coperto che è riuscito a smascherare il potere su scala regionale, nazionale e mondiale, grazie soprattutto al linguaggio che lo esprime. E' un linguaggio assai fresco, vivo e con un gran senso dell'umorismo: prende in giro se stesso, completamente alieno alla tradizione di solennità caratteristica della sinistra tradizionale, e in esso non si propongono più statue di marmo o di bronzo quando si parla, ma al massimo, di mais o di cioccolato. Credo che perciò abbia avuto questa meravigliosa capacità di contagio nel mondo.
Eduardo Galeano resterà in questo municipio per partecipare
al quarto tavolo che tratterà delle nuove forme di organizzazione
e resistenza civile.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
Indice dell'Incontro Intercontinentale