Masiosare (supplemento de La Jornada)
domenica 28 dicembre 1997
L'acqua e il fuoco
Luis Hernández Navarro
L'autore abbozza la strategia governativa che darà continuazione ai fatti accaduti in Chenalhó: pretendere che il massacro sia dovuto a conflitti intercomunitari, insistere che l'EZLN si sieda a negoziare, ripetere che rispetterà gli accordi di San Andrès, cercare di sostituire la Conai con la Cocopa, sacrificare pezzi minori dello scacchiere politico chiapaneco e, addirittura, accettare che la legge della Cocopa si presenti al Parlamento (sempre e quando i partiti la modifichino). Questa strategia, sostiene, non aiuterà la pace a progredire.
Nel paese delle nebbie
E' trascorso già più di un anno da quando la possibilità
di raggiungere la pace in Chiapas è svanita, dietro al veto governativo
all'iniziativa di riforme costituzionali in materia di diritti e cultura
indigeni elaborata dalla Cocopa.
Oggi, a quasi quattro anni dalla dichiarazione di guerra dell'EZLN contro
il governo federale, la pace è più lontana che mai.
Il massacro di 46 civili disarmati nella comunità di Acteal ha lanciato
il processo di pace nel regno delle nebbie.
L'ordine di organizzare, pochi giorni or sono, un nuovo massacro degli
innocenti, ha chiuso, nel corto periodo, la porta della riconciliazione
nella regione.
Il messaggio è evidente: aldilà delle parole del potere che
offrono pace e negoziato, il linguaggio che oggi parla è quello
che nasce dalla canna dei fucili.
Chi pensa che il massacro è stato un fatto isolato o fortuito, prodotto
dal fanatismo di fazioni indigene che si scontrano per problemi intra o
intercomunitari, si sbaglia.
In Chiapas c'è una guerra, e non c'è attività umana
più pianificata di questa.
Acteal è stata una azione bellica che ha risposto ad una sua logica
profonda: quella della scalata del conflitto, quella, secondo Clausewitz,
di quando due eserciti si scontrano e "devono divorarsi tra di loro
senza tregua, come l'acqua e il fuoco, che giammai si equilibrano".
La logica della guerra
L'enorme costo che, almeno nel corto periodo, deve pagare il governo
federale non contraddice l'idea che Acteal è parte della guerra?
Quale è la sua logica?
Per districarla bisogna partire, come nelle storie di polizia, ad investigare
su chi si beneficia con un crimine.
E il fatto più importante e significativo che si apprende dal massacro
è che la presenza dell'Esercito in Chiapas è cresciuta significativamente
(più di 5 mila effettivi in più), e si è autorizzata
la sua partecipazione nella prevenzione di nuovi fatti violenti, attraverso
misure come la vigilanza dell'ordine e la custodia delle armi da fuoco.
Si sono spostate verso le Vallate più truppe dislocate in Campeche
e Yucatán e nel medesimo tempo si sono installati nuovi accampamenti
nella regione di Los Altos.
Tale e tutto ciò viene affermato dallo stesso Esercito con la dichiarazione
pubblicata dal Financiero del 26 dicembre: quello che c'è
nella regione è un "Controllo totale dell'Esercito".
Il nuovo movimento di truppe ha, inoltre, una copertura pubblicitaria:
l'Esercito non va (per il momento) a perseguitare ribelli ma ad evitare
che continuino a scontrarsi fra di loro gli indios.
Non è, presumibilmente, parte del conflitto senza soluzione.
In sintesi, l'istituzione che più si è rafforzata nella regione
a partire dal massacro, è l'Esercito Messicano, curiosamente, il
responsabile di incoraggiare nell'area la lotta contro la ribellione.
La crescita in effettivi militari e la loro ricollocazione in Los Altos
non rispondono a movimenti di truppe zapatiste come ha dichiarato l'Esercito
(questi non sono mai esistiti), e neanche alla pretesa di frenare l'azione
dei paramilitari (questi hanno attuato nella più assoluta impunità
dentro il campo di operazione dell'Esercito), ma invece ad un fatto molto
più semplice: stabilire un nuovo accerchiamento militare per lo
zapatismo, un nuovo cordone sanitario, per cercare di frenare la sua espansione
ed il funzionamento dei municipi autonomi.
Dopo tutto Chenalhó, oltre che un baluardo zapatista, è il
cuore di Los Altos, un corridoio naturale che collega questa regione con
la Selva.
L'ha pure segnalato Paulina Fernández (La Jornada, 26 dicembre):
basta controllare le ripetute dichiarazioni del Commissario Governativo
per la Pace in Chiapas, Pedro Joaquín Coldwell e del governo del
Chiapas, contro le municipalità autonome, per vedere come queste
si sono trasformate in un autentico incubo per il governo federale.
I municipi autonomi sono passati ad occupare, nella logica geopolitica
ufficiale, lo stesso posto che le zone liberate zapatiste avevano prima
dell'offensiva militare del 9 febbraio 1995, o gli stessi Aguascalientes
durante la crisi di dicembre di quello stesso anno.
*****
La maggioranza di quelli che sono stati assassinati in Acteal erano
componenti del gruppo "Las Abejas".
Impegnati nella lotta democratica e anticaciquil, rifiutavano la via armata
e erano fermamente impegnati nella ricerca di uscite pacifiche al conflitto.
La loro morte serve, nella logica antiguerriglia, come castigo esemplare
per quelli che si impegnano nel non allineamento con il potere.
Gli omicidi cercano di aprire, per mezzo del terrore, un buco nell'acquario
perché esca l'acqua, per lasciare uno di fronte all'altro, senza
mediazioni di nessuno tipo, gli zapatisti ed i gruppi di potere.
Il costo immediato dell'azione per chi l'ha perpetrata, "attenuato"
dall'azione di logoramento e dal dimenticatoio delle date natalizie, ha
in questa logica un guadagno di lungo periodo: eliminare le opzioni intermedie,
diluire la resistenza civile, collocare il conflitto chiapaneco come uno
scontro tra gruppi di interesse, come una dimostrazione evidente del selvatichezza
degli indios, e come un conflitto tra apparati militari. Appena il giorno
prima del massacro di Acteal, il PRI chiapaneco aveva posto in marcia una
offensiva propagandistica a fondo -diretta da Juan Carlos Gómez
Aranda e dal deputato Albores Guillén, componente della Cocopa e
coordinatore dei deputati del Chiapas nella Camera-, il cui asse centrale
era presentarsi come vittima di una ben orchestrata campagna contro di
lui.
L'obiettivo di tale campagna, secondo i priisti chiapanechi, era coinvolgerlo
con i gruppi paramilitari per cercare di "deteriorare la civiltà
e la legalità" del suo partito nella regione.
Appena tre giorni prima, nelle pagine del Nazionale, il membro della delegazione
governativa responsabile dei negoziati per la pace in Chiapas, Gustavo
Hirales, difendeva "Pace e Giustizia" segnalando che classificarlo
come gruppo paramilitare era "un mito".
La cortina di fumo non è servita per niente, dunque è svanita
con i primi venti della tormenta che pretendeva di coprire tutto.
Per quanto si strappino le vestiti e piangano lacrime di coccodrillo, loro
istigatori sono rimasti, nel migliore dei casi come tonti utili e nel peggiore
come complici del massacro.
A due mani
Alla fine di agosto del 1996 è stato sospeso il dialogo di San
Andrès tra governo federale e EZLN. Per riallacciarlo gli zapatisti
hanno stabilito cinque condizioni minime: rispetto di ciò che si
è accordato nel tavolo 1 su "Diritti e cultura indigeni"
e installazione della Commissione di Continuazione e Verifica; ristabilirsi
del tavolo 2 su "Democrazia e Giustizia", distensione militare
in Chiapas, liberazione dei detenuti zapatisti e la nomina di un commissario
governativo con capacità di decisione.
Il massacro di Acteal farà scattare alcune di queste condizioni?
Ovviamente no.
Al contrario, aggraverà la situazione ancora di più.
Le proposte del segretario di Governo per ripristinare negoziati con l'EZLN
senza risolvere queste condizioni minime non portano a niente di nuovo
nel processo di pace.
Emilio Chuayffet ha fatto dichiarazioni similari in diverse occasioni e
niente è cambiato.
Però ancora di più, nell'attuale situazione dello stato non
è molto chiaro se la soddisfazione di quelle cinque condizioni sia
sufficiente per ritornare al tavolo dei negoziati.
Acteal ha modificato il processo di pace nella regione e fa diventare più
costosa la via del dialogo.
Praticamente da quando si è fatto carico della presidenza, Ernesto
Zedillo ha tenuto verso il conflitto chiapaneco una politica a due mani.
Con la mano sinistra parla di cercare uscite politiche, mentre con la mano
destra organizza soluzioni militari. nell'interim scommette che il conflitto
si putrefaccia, che le forze si logorino, che l'oblio sconfigga la memoria.
L'offensiva di febbraio del 1995 è continuata con la guerra sporca.
Le conversazioni di San Andrès sono sempre state nell'occhio dell'uragano.
Mentre si negoziava la pace, la polizia dello stato sgomberava ed ammazzava
contadini.
Più che differenze tra "falchi" e "colombe"
dentro il governo c'erano le due facce della stessa moneta, la vecchia
storia del poliziotto cattivo e del poliziotto buono.
Silenziosamente il primo, con caramelle e piattini dopo, si preparava la
seguente fase della guerra: la paramilitarizzazione.
I paramilitari hanno sull'Esercito regolare il vantaggio di non avere da
presentare a nessuno i conti dei loro atti.
L'espansione dell'EZLN in nuove regioni dello stato e la formazione di
municipi autonomi, evidenziati dalla marcia di mille 111 zapatisti alla
Città del Messico, hanno segnato la scalata del conflitto: l'azione
dei paramilitari si è intensificata e si è estesa ad altre
zone.
La strategia ufficiale, per affrontare una opinione pubblica avversa e
una forte pressione internazionale, sarà una miscela di piccole
nuove concessioni e la continuazione della politica applicata durante tutto
1997.
Pretenderà, con tutti i mezzi, di affermare che il massacro si è
originato per ragioni inter o intracomunitarie.
Insisterà in maniera diretta ed attraverso i portavoce ufficiali
- come il senatore della Cocopa Oscar López Velarde - che l'EZLN
deve sedersi a negoziare, e che è disposto a rispettare gli Accordi
di San Andrès, sempre e quando si facciano alcune modificazioni
di redazione.
Cercherà di guadagnare tempo.
Si riunirà con la Cocopa per annunciare che è disposto a
considerare la possibilità di risolvere le cinque condizioni dell'EZLN.
Cercherà di far sì che la Commissione legislativa sostituisca
l'intermediazione della Conai, proprio come ha fatto tra ottobre e dicembre
del 1996.
Sacrificherà pezzi minori del scacchiera politica chiapaneca come
Homero Tovilla, segretario di Governo di César Ruiz Ferro.
E, nell'ultimo dei casi, accetterà che la iniziativa di legge della
Cocopa sia presentata al Parlamento perché i partiti la modifichino.
Senza dubbio, questa strategia non aiuterà la pace a progredire.
La Cocopa non può sostituire la Conai.
Non importa che siano cambiati i suoi componenti: l'istituzione è
la stessa e già nel passato recente la Cocopa non ha potuto o non
ha voluto garantire che la sua proposta di pace per la regione si realizzasse.
La sua funzione di avallo del negoziato è fallita, e la maggioranza
dei suoi componenti si sono rifiutati di accettare la loro responsabilità
in questa sconfitta.
Fin dove può il governo federale continuare a sostenere Ruiz Ferro,
come governatore dello stato del Chiapas, è un enigma.
I suoi argomenti per farlo sono esattamente gli stessi che si sprecano
per cercare di evitare la caduta di Eduardo Robledo Rincon tre anni fa.
Però se Ruiz Ferro non se ne va, si starà inviando un segnale
molto brutto al processo di pace.
E pensare d'altra parte che la caduta del segretario di Governo nella regione
è sufficiente per mitigare le critiche è una dimostrazione
di superbia e sordità.
In Chiapas c'è una guerra, e aldilà delle dichiarazioni governative
a favore di una via d'uscita pacifica, il governo continuerà a organizzare
la via militare.
Nella sua logica, la via d'uscita non consiste nel negoziare con l'EZLN
la soluzione o la creazione di condizioni per la soluzione delle cause
che hanno originato il conflitto.
La sua offerta si riduce alla resa zapatista, ad offrire condizioni "degne"
per il suo reinserimento nella vita civile.
L'incremento di truppe, lo ristabilirsi su nuove posizioni e la proliferazione
dei paramilitari continueranno ed essere l'altra faccia della moneta. Aldilà
delle parole, la sua azione pretende divorare la ribellione "senza
tregua, come l'acqua ed il fuoco, che giammai si equilibrano".
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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