Rivista Proceso n°1121 - 26 aprile 1998 - articolo di Rodrigo
Vera
Marcos pronosticò il "viaggio all'inferno" della Chiesa e del governo alleati.
È bastata un'esortazione di Justo Mullor, nunzio apostolico
in Messico, perché l'alta gerarchia cattolica del paese
decidesse di assumersi una maggior ingerenza nel processo di pace
in Chiapas.
Immediatamente, la Conferenza dell'Episcopato Messicano (CEM)
- alcuni suoi membri censurano il lavoro mediatore di Samuel Ruiz,
vescovo di San Cristobal de Las Casas - ha determinato la messa
in moto del suo macchinario, serrare le file e "rafforzare"
il suo piano di pacificazione nella regione, proponendosi addirittura,
come sostituta della Commissione Nazionale di Intermediazione
(CONAI).
Lo stesso Samuel Ruiz ha riconosciuto pubblicamente che la Conai,
da lui presieduta, ha già perso il suo potere di convocazione,
quindi esiste la necessità di creare un "nuovo modello"
di mediazione.
Tuttavia, una delle parti del conflitto sembra non essere d'accordo,
dato che dalla fine dell'anno scorso, il subcomandante Marcos
aveva previsto un'alleanza tra la gerarchia cattolica e il governo
per disattivare lo zapatismo.
Nel comunicato "L'altra guerra che arriva: l'alto clero messicano
dalle porte dell'inferno", Marcos aveva pronosticato che
la gerarchia cattolica avrebbe spiazzato i mediatori con una strategia
tesa a consegnare "la testa degli zapatisti" e ad ottenere
il disarmo "incondizionato" delle forze indigene.
PASTORI SPEGNIFUOCO
Nel suo discorso inaugurale all'assemblea plenaria dell'Episcopato
- durata sino a venerdì 24 -, pronunciato lunedì
20, il nunzio Justo Mullor si era rivolto ai vescovi del paese:
"Invece di seguire schemi di ulteriore complicazione e contrapposizione
tra le parti direttamente interessate nella soluzione del conflitto,
la Chiesa e noi uomini della Chiesa dovremmo saper proporre schemi
di progressivo chiarimento. Dove altri possano avere l'interesse
di aggiungere combustibile al falò, noi pastori siamo obbligati
a immettere elementi che spengano il fuoco. Un tale contributo
non sarebbe in alcun modo politico. Sarebbe pienamente pastorale".
L'atteggiamento dei vescovi riguardo al conflitto, ha detto, non
dev'essere solo "teologico o pastorale", ma anche "pragmatico
e sociale".
Ed ha aggiunto:
"Il prolungarsi di una situazione di stasi nella ricerca
di soluzioni non fa altro che coltivare l'odio e gli antagonismi,
rallentando il processo di dignificazione e normalizzazione delle
popolazioni indigene che costituisce l'obbiettivo prioritario
dell'interesse apostolico dei vescovi".
Il rappresentante papale ha enumerato alcune caratteristiche del
conflitto: la "crescente pretesa di internazionalizzare il
dibattito", le diverse interpretazioni che hanno ricevuto
gli Accordi di San Andres, l'organizzazione di gruppi paramilitari
opposti, la divisione dell'opinione pubblica...
E sull'Esercito Messicano e sul Presidente Zedillo, ha detto:
"Ben lungi da un atteggiamento direttamente offensivo, l'Esercito
nazionale mantiene un atteggiamento prevalentemente difensivo,
molto diverso da quello di altri paesi della regione in situazioni
simili; riguardo al sospetto, manifestato da alcune fonti, di
un cambiamento in questo atteggiamento difensivo per azioni offensive,
il signor presidente della Repubblica ha ribadito nelle ultime
settimane... che la soluzione del problema chiapaneco non sarà
violenta, ma politica e concordata".
Riguardo ai progetti di legge in materia indigena, ha detto che
nessuno di questi deve essere giudicato "a priori totalmente
inutile" ma che i legislatori si devono pronunciare "dopo
discussioni serie e costruttive".
Ha messo in chiaro che uno sviluppo nel Chiapas "non potrà consistere nel rinchiudere i popoli e le comunità indigene in ghetti culturali che, come musei antropologici, si limitino a preservare la loro identità e cultura.
Tale e così legittima preservazione non deve essere slegata
dall'apertura dei popoli indigeni alla modernità. Deve
invece portarli alla conoscenza di altre lingue universali, al
godimento di normali beni di consumo, alla progressiva dignificazione
-soprattutto- delle loro persone e dei loro lavori attraverso
l'accettazione e l'uso di schemi universali dei diritti umani".
Riferendosi al lavoro di mediazione di Samuel Ruiz nella Conai,
ha avvertito che deve "essere esercitata da una posizione
di assoluta libertà, in perfetta equidistanza dalle parti
e dagli interessi del conflitto".
Sotto questa condizione, il nunzio ha invitato i vescovi ad appoggiare
don Samuel, e riguardo al suo lavoro di mediazione ha detto:
"Bisogna saper essere comprensivi e solidali con un architetto
che si macchia il vestito di intonaco o permette che si induriscano
di calli le sue mani per porre, anche lui, pietre portanti in
opere giudicate urgenti o necessarie".
Perciò, ha indicato che l'incremento dell'aiuto ecclesiastico
potrebbe "essere utile al paese" e che l'aiuto dei vescovi
a Samuel Ruiz sarà "di orazione, di riflessione congiunta
e fraterna e di consiglio".
In concreto, Mullor ha chiesto alla Commissione di Vescovi per
la Pace e la Riconciliazione nel Chiapas, sorta nel 1994, di avere
un ruolo più attivo nella pacificazione.
COMMISSIONE RISTRUTTURATA
Fedeli alla linea dettata dal rappresentante di Giovanni Paolo
II, i vescovi messicani si sono messi immediatamente all'opera
per ristrutturare la commissione episcopale per il Chiapas.
Mediante votazione, hanno deciso di dare uno "status giuridico"
a detto organo, che prima era praticamente una commissione satellite,
al margine delle 27 commissioni formalmente costituite dentro
l'organigramma ecclesiastico.
Inoltre, hanno disposto di includere Jacinto Guerrero, vescovo
di Tlaxcala e incaricato della Commissione Pastorale Sociale,
come nuovo membro della Commissione per il Chiapas, che ora è
composta da otto vescovi.
Ci sono quattro vescovi del Chiapas: lo stesso Samuel Ruiz, il
suo coadiuvatore Raul Vera, Felipe Aguirre Franco, vescovo di
Tuxtla Gutierrez e Felipe Arzimendi, di Tapachula. Oltre a Hector
Gonzalez, arcivescovo di Oaxaca, Carlos Talavera, vescovo di Cotzalcoalcos
e Luis Morales Reyes, a cui, come presidente dell'episcopato,
corrisponde di presiedere questa commissione.
"Oggi la commissione ha riconoscimento giuridico da parte dell'Episcopato.
D'ora in poi, la commissione deve formalizzare i propri obbiettivi
e le proprie linee di lavoro. Questo la rafforzerà. Continuerà
nelle sue funzioni di riflettere sul problema del Chiapas e sulla
situazione indigena", ha spiegato entusiasta l'arcivescovo
Hector Gonzalez.
E proprio come disposto dal nunzio, "consiglierà"
Samuel Ruiz nel suo compito di mediatore, ha aggiunto Josè
Luis Dibildox, vescovo della Tarahumara.
Nel quadro dell'assemblea episcopale, il mediatore Samuel Ruiz
è stato sincero: ha riconosciuto che la Conai è
transitoria e non ha più il potere di convocazione di prima,
quindi esiste la necessità di creare un nuovo modello di
mediazione.
In una conferenza stampa realizzata mercoledì scorso, aveva
già sottolineato come la Conai "abbia perso forza
morale". Ha aggiunto: "Fintanto che esista il dialogo
e un modello simile a quello che ha generato, questa mediazione
resterà in vigore. Ma se le circostanze fan sì che
il modello e gli attori cambino, allora la Conai sarà sottoposta
a una transitorietà...".
Ha affrontato le critiche contro di lui segnalando che la Conai
non può essere neutrale: "La neutralità, nel
senso come viene intesa ora, fa sì che importi poco cosa
stia succedendo. La mediazione non può essere indifferente
all'ingiustizia, alla verità, ai giochi inadeguati o alle
diverse forme di esprimere le cose concrete che succedono".
Ha chiarito inoltre: "Non siamo mai stati rappresentanti
né dell'EZLN verso il governo né del governo nei
confronti dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, per
farci adattare al modello che si desidera. Cerchiamo di stare
al centro del dialogo tra le parti, ossia, nel processo di pace".
Ai suoi accusatori, ha detto: "Lì ci sono i miei atti.
Coloro che chiedono la mia rinuncia, che la richiedano efficacemente".
Tra i suoi più severi critici troviamo membri eccellenti
dell'Episcopato, tra cui il cardinale Norberto Rivera Carrera,
arcivescovo del Messico e Juan Sandoval Iniguez, arcivescovo
di Guadalajara, come pure Onesimo Cepeda, vescovo di Ecatepec
e portavoce della CEM.
GLI ATTACCHI A SAMUEL RUIZ
Poco prima che si aprisse l'assemblea dell'episcopato, Nuevo Criterio,
la pubblicazione dell'arcidiocesi di Rivera Carrera, aveva lanciato
dei duri attacchi contro il lavoro di don Samuel, segnalando che
i mediatori "hanno smesso di esserlo" dato che "non
sono filo conduttore, ponte di comunicazione, ma giudici e parte
del conflitto stesso, e quindi intellettualmente e, per questo,
deplorevolmente, smettono di rappresentare il ruolo a cui aspiravano".
Inoltre: "Sarebbe desiderabile che non ci fossero mediatori.
Che le parti parlassero tra di loro e si comprendessero, senza
ostacoli o interpretazioni che deformino il messaggio e impediscano
la comunicazione".
Nuevo Criterio, nel secondo numero di aprile, ha citato dichiarazioni
fatte da Sandoval Iniguez e Onesimo Cepeda nel programma televisivo
'Hablemos Claro' di Lolita de la Vega. Entrambi i prelati avevano
detto che "la Conai ha perso la sua obbiettività e
imparzialità nell'esercitare la mediazione".
Un settore del clero dell'arcidiocesi del Messico ha protestato
per questa posizione di Nuevo Criterio. In una lettera di appoggio
a Samuel Ruiz, del 13 aprile, l'ha considerato come parte della
"campagna di deprestigio" contro il vescovo.
Ora, sono stati proprio Sandoval Iniguez e Rivera Carrera, i primi
ad esternare la possibilità che l'episcopato entrasse in
pieno nella mediazione.
"Non stiamo pensando che la mediazione, di cui parla il nunzio,
debba entrare nella Conai per rafforzarla. No. Sarebbe una mediazione
molto più ampia, perché sarebbe patrocinata dalla
Conferenza Episcopale", ha affermato Sandoval Iniguez.
E ha messo le cose in chiaro: "Non daremo appoggio a Samuel
Ruiz. Daremo appoggio alla pace. La Conai l'ha costruita Samuel
Ruiz ed è stata accettata dalle parti in quell'epoca. Ora
si tratta di una mediazione chiesta dalle parti e organizzata
dalla Conferenza Episcopale".
Giovedì 23, Rivera Carrera ha confermato la buona disposizione
della CEM, anche se ha chiarito che non le viene chiesta la mediazione:
"Fino ad ora non abbiamo nessuna offerta. Le parti in conflitto
sono quelle che devono decidere."
- Accetterete se i legislatori ve lo chiedono?
- Quando lo faranno, inizieremo a pensarci.
Con cautela Sandoval Iniguez ha menzionato l'altra parte nel conflitto:
"Bisognerebbe domandarlo anche all'EZLN. Non c'è motivo
perché abbiano sfiducia di noi; siamo persone oneste".
L'ALTRA GUERRA
La sfiducia era stata espressa dal subcomandante Marcos, lider
dell'EZLN, dal 27 ottobre dell'anno scorso, attraverso il comunicato
"L'altra guerra che arriva: l'alto clero messicano dalle
porte dell'inferno".
In quello scritto anticipava gli accordi che ora sono stati presi
nell'assemblea della CEM. Allora aveva già affermato che
la gerarchia cattolica avrebbe assunto "un ruolo più
attivo" in Chiapas e avrebbe spiazzato i mediatori.
Marcos aggiunse che questo è parte di una alleanza tra
Justo Mullor e la Secretaria de Gobernacion (ministero degli interni
messicano, ndt.), alleanza che qualificò come "un
vero e proprio viaggio all'inferno degli alti circoli governativi
e clericali".
In cambio della "testa degli zapatisti", -diceva il
subcomandante-, l'alto clero e il nunzio apostolico tentano di
negoziare con il presidente Ernesto Zedillo una nuova riforma
dell'articolo 130 costituzionale, con l'obbiettivo di ottenere
maggiori benefici per la Chiesa.
"In questo nuovo fronte di combattimento contro gli zapatisti,
l'alta gerarchia cattolica pianifica, prima, di assumere un ruolo
più attivo nel conflitto (e a lungo termine) e spiazzare
i mediatori. Poi, far sì che la diocesi di San Cristobal,
o meglio ancora la Conferenza Episcopale Messicana, si converta
in "attore politico" del conflitto e utilizzi la propria
influenza sugli indigeni in maggioranza cattolici dell'EZLN per
"condurli" presto ad una firma di pace, alla consegna
incondizionata delle armi e all'allontanamento e all'attacco alla
direzione politica e militare dell'Esercito Zapatista di Liberazione
Nazionale".
Ha avvertito: "Il nunzio l'ha capito immediatamente e comincia
a dispiegare le sue attività. Convince la CEM che la Chiesa
deve partecipare più direttamente nel conflitto chiapaneco,
non appoggiando però Samuel Ruiz e la sua diocesi (anche
se lo faranno credere), ma sostituendosi nella mediazione. Per
questo, sono necessari vari passi: prima bisogna cercare di disfarsi
o cancellare la parte civile della Conai; poi bisogna fare tutto
il possibile per intervenire con più vigore, come CEM,
nei negoziati, oltre a ciò bisogna cercare di obbligare
il vescovo Ruiz Garcia per fare uso della propria autorità
morale nelle comunità indigene ribelli, con o senza la
Conai, e far pressione, dal basso, ossia attraverso gli agenti
pastorali, per una firma rapida e incondizionata della pace.
Passi che bisognerà vedere se avranno successo."
Il subcomandante Marcos sottolinea che, nel caso che questi obbiettivi
si realizzino, il nunzio e l'Episcopato "si convertirebbero
nei grandi pacificatori... e la direzione dell'EZLN sarebbe obbligata
a seguire le sue basi nella sconfitta o ad isolarsi definitivamente
o ad essere annientata dalle forze federali".
Nel suo comunicato Marcos si riferisce a una "imboscata"
tesa dal nunzio apostolico: durante la marcia dei 1.111 zapatisti
a Città del Messico, realizzata in agosto dell'anno scorso,
Justo Mullor fece invitare una delegazione zapatista ad una messa
nella Basilica di Guadalupe, con il "fine occulto" di
riunirli lì con Pedro Joaquin Coldwell, allora delegato
per la pace in Chiapas. Tuttavia, la sua "operazione Basilica"
fallì perché gli zapatisti rifiutarono l'invito.
Questo comunicato raffreddò le relazioni tra l'EZLN e la
gerarchia cattolica. I vescovi del Chiapas dissero a Marcos che
le sue affermazioni erano "dolose ed equivoche".
Venerdì 24, alla chiusura dell'assemblea, Luis Morales
Reyes, presidente della CEM, chiese all'Esercito Zapatista e al
governo "di avanzare, di rinunciare e di parlare; ad entrambi
chiediamo segnali positivi di pace".
Ha ribadito la disponibilità dei vescovi a mediare nel
conflitto, sempre e quando lo richieda "l'istanza legislativa".
Ha rivelato inoltre che all'episcopato piacerebbe offrire la "pace
firmata" al Papa Giovanni Paolo II durante la visita che
questi realizzerà in Messico dal 22 al 25 gennaio prossimo.
"Invito tutti i cattolici a lavorare per offrire al Papa,
ma soprattutto al Messico ed agli indigeni, la pace firmata da
un paese riconciliato", ha concluso.
(tradotto dal Consolato Ribelle del Messico-Brescia)
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