Abbiamo appoggio: Maribel e Mesías dell'EZLN

C'E' GENTE CHE STA LOTTANDO IN ITALIA COME NOI QUA

(La Jornada 25 settembre 1997 - inviato: Herman Bellinghausen)

Maribel e Mesías hanno terminato il loro viaggio attraverso l'Italia, sono già a San Cristóbal e stanno per tornare alla loro comunità, nel municipio ribelle "17 di Novembre".

- E' stato importante. Abbiamo visto che siamo appoggiati e che lì sono bene organizzati. Ci è piaciuto molto incontrare gente che sta lottando come noi qui - dice Mesías.

I due delegati tzeltales dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale sono d'accordo su quello che è piaciuto loro di più e su quello che li ha impressionati di più.

La marcia a Venezia, di cui erano alla testa, di 30 mila persone (Liberazione, il giornale di Rifondazione Comunista, calcola 40 mila) e che è culminata in Piazza San Marco, dove ci sono i due leoni, "era la cosa più bella", dice Maribel timidamente.

Senza dubbio, dove sono stati più impressionati è stato a Roma, quando i loro anfitrioni li hanno portati a visitare un accampamento di rifugiati macedoni (dell'ex Yugoslavia).

La loro vita è molto triste - commenta Mesías. - Vivono in mezzo all'immondizia. I bambini vanno così, scalzi, e ci sono molti vetri dove camminano. Abbiamo detto loro di organizzarsi, di togliere un poco i vetri, che non si taglino e che puliscano il cortile. Devono nominare i loro promotori di salute.

- Vivono peggio di noi - interviene Maribel, a cui urge tornare dai suoi tre bambini: il più piccolo ha due anni. Non si era mai allontanata da loro.

I rifugiati nel sobborgo romano "soffrono molto per l'acqua", dice Mesías, "non ne hanno".

- E non hanno documenti, non possono lavorare - aggiunge Maribel.

Durante la loro visita all'accampamento degli zingari macedoni, Toni, il dirigente, ha detto agli zapatisti messicani: "Voi soffrite di più, perché vogliono togliervi qualcosa che è vostro. Qui nulla è nostro.

In tre anni, voi avete fatto più rumore che in molti altri posti dove c'è guerra", ha detto loro Toni il gitano, portavoce del popolo più perseguitato ed assassinato durante la guerra balcanica.

"Siete riusciti a far sì che tutto il mondo vi conoscesse e questo è grandioso, così come il fatto che ora siate qui; adesso sappiamo che esiste il Chiapas e che esistono gli indigeni".

In una delle zone più insicure della capitale italiana, Maribel e Mesías hanno visto che due giornalisti, per azzardarsi ad accompagnarli, hanno sollecitato la vigilanza di due poliziotti in borghese.

Ed hanno registrato una frase del dirigente gitano: "Dobbiamo lottare per il diritto alla dignità".

I delegati dell'EZLN, che prima di viaggiare non conoscevano nemmeno Tuxtla Gutiérrez, si sono trovati nello stadio sportivo di Mestre, Venezia, trasformato in Aguascalientes.

Il giro, su invito del sindaco di Venezia, il filosofo Massimo Cacciari, era pure a carico del partito Rifondazione Comunista e del giornale Il Manifesto e del collettivo Ya Basta.

Maribel e Mesías si sono riuniti pure con deputati, gruppi femministi, intellettuali, altri sindaci e con i presidenti provinciali di Crotona e di Milano. Quest'ultimo ha detto ai delegati zapatisti, secondo Mesías: "Esigeremo, ufficialmente, che il governo del Messico mandi via i soldati dalle comunità indigene".

(tradotto dal Comitato Chipas di Torino)

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