COMUNICATO DEL 25 APRILE DEL SUBCOMANDANTE MARCOS

Alla stampa nazionale ed internazionale

Dame e cavalieri:

Qui c'è una lettera per un potente politico priista. No, non mi riferisco a Zedillo, ma a Fidel Velazquez. Noi stiamo bene, qualche giorno fa ho sentito alla radio la notizia dell'assalto militare all'Ambasciata del Giappone in Perù. Il grande Potere internazionale ha deciso un nuovo crimine sulle terre latino americane ed ha ordinato l'assassinio dei ribelli Tupac Amaru (che, non bisogna dimenticarsene, stavano negoziando col governo di Fujimori la soluzione della crisi) e di una delle personalità che erano in ostaggio. Voi ricordate che si stava cercando di risolvere il problema senza violenza. Però i militari sono entrati sparando. "Operazione pulita", dicono i notiziari. E descrivono un Fujimori sorridente e felice. E, molto al di sopra di lui, sorridono pure i potenti sovranazionali che hanno dato l'ordine dell'annientamento. Per mesi, il governo peruviano aveva finto di negoziare e di cercare una via d'uscita pacifica. In realtà stava solo cercando il momento preciso in cui effettuare il golpe. Così sono il Potere ed i suoi governi neoliberali, che fingono di dialogare e di negoziare, mentre in realtà cercano solo il momento più opportuno per esercitare la loro violenza.

Questo nuovo episodio triste per l'America Latina è un golpe internazionale alla via del dialogo e del negoziato come forma per risolvere i conflitti.

Si affrettano a sorridere Fujimori ed i suoi padroni. Affrettato è stato pure il beneplacito di Zedillo. Manca ancora molta storia da scrivere.

E pensare che c'è chi dice che dobbiamo aspettarci, non un attacco, ma l'adempimento degli accordi che il governo aveva firmato!

Dall'Ambasciata del Giappone, scusate: dalle montagne del Sudest Messicano.

Il Sup con tanta paura che ha avuto persino la diarrea.

Messico, 25 aprile 1997.

P.S. CHE SI AGGIUNGE, MOOOLTO ATTERRITO, AL BENEPLACITO. Facendo sfoggio della paura che ci caratterizza (e per il detto "non ripiegarti su te stesso"), sono stati dati ordini di requisire tutti i "beepers" che portano gli indigeni della zona, abbiamo cancellato tutte le comunicazioni satellitari, e si sta seriamente interrogando una talpa, che scavava tunnel sotto l'orto di Don Abel. Infine, ad ogni modo, lo sviluppo sarà prevedibile: la storia, stanca di camminare, si ripete.

P.S. CHE ALZA AL VENTO IL SUO STRISCIONE NELLA MARCIA.

Felice 1° Maggio ai lavoratori messicani!

Infelice per quelli che vivono sulle loro spalle!


Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

A: Don Fidel Velazquez

Immagine moribonda del Sistema Politico Messicano

Signor Velazquez:

Dicono che si dice che lei morirà presto. Prima che questo accada, ne approfitto per scriverle queste righe. Non sono qui per augurarle che si recuperi, né per chiedere la sua morte (mentre lei invece si è già stancato di invocarla per noi). Le scrivo solamente per ricordare, per fare memoria. Lei vede già quali mancanze di storia e di memoria sono presenti in questo paese e fra quelli che lo abitano.

Dicono che si dice che lei ha già 97 anni, che nacque col XX secolo. "E con il secolo si spegne", aggiungo io. Quasi 100 anni. Non devono essere poche le cose che lei ha visto ed ascoltato: l'inizio della rivoluzione messicana, gli assassini dei miei generali Emiliano Zapata e Francisco Villa, la costituente del 1917, la nascita di ciò che dopo, cioè oggi, è il crimine organizzato fatto partito politico, il Rivoluzionario Istituzionale, e la nascita del controllo ufficiale sul movimento operaio. E dopo la lunga dittatura che si rinnova e si riaggiusta ogni sei anni, quella del PRI al governo. Magari lei si ricorda solo di quando, nel 1946, sostituì Lombardo Toledano come leader della Centrale dei Lavoratori del Messico (CTM).

Signor Velazquez, quanti tentativi di ribellarsi contro quest'assurdo storico che è il sistema di partito di Stato hanno visto i suoi occhi? A quante repressioni e a quanti tradimenti di questi movimenti ha partecipato direttamente? Quante volte lei ha ordinato, nel più di mezzo secolo a capo della CTM, che si picchiasse, che si sequestrasse e si ammazzassero lavoratori che volevano democrazia, libertà e giustizia? Quante volte ha comprato coscienze e lealtà? Quante volte si è venduto? Sì, sono d'accordo con lei, furono così tante in tutto questo periodo che nessuno sembra aver tenuto il conto. Forse la sua coscienza. Però, lei ha ancora una coscienza? No, non mi riferisco a quella che fingeva di mettere in luce nelle sue "conferenze dei Lunedì". Parlo della coscienza, di ciò che rimane della coscienza di ciò che è bene e di ciò che è male, di ciò che dicono ha a che fare con i principi. Lei si annoia con quello che ha a che fare con la morale e l'etica umana? E' vero, è meglio cambiare tema.

Potrei approfittare di queste righe, per esempio, per ricordarle ciò che la brutale guerra neoliberale ha prodotto nel suo nemico mortale: i lavoratori. Potrei parlare, è un esempio, della distruzione delle conquiste storiche dei lavoratori messicani, della caduta del salario reale, della riduzione dell'occupazione, degli attacchi ai contratti collettivi, delle riforme reazionarie alla Legge Federale del lavoro, dei golpe all'IMSS ed a Infonavit, dell'eliminazione dei sussidi al consumo popolare, della criminale liberalizzazione dei prezzi. E alla fine di tutto questo, che si denomina "modernizzazione tecnologica" dai tempi di Miguel de la Madrid, passando per Carlos Salinas de Gortari, ed arrivando fino ad ora, alla goffaggine di Ernesto Zedillo Ponce de León.

Potrei fornire qualche dato, e segnalare, è un esempio, che i prodotti di base necessari giornalmente, che si compravano nel 1987 con 8 ore e 36 minuti di lavoro, nel mese di gennaio del 1997 richiedevano 25 ore e 13 minuti di lavoro per ottenerli. Forse lei non se lo ricorda più, signor Velazquez, però un giorno è composto solo di 24 ore (con tutto e compreso l'orario dell'estate). Con il sistema politico che lei rappresenta, è stato capace di tutto, tranne che la durata del giorno, questo significa che i lavoratori devono ora, se hanno ancora un posto di lavoro, vivere con meno della terza parte dei prodotti necessari a sopravvivere.

Potrei, anche questo è un esempio, ricordarle che questa politica economica che lei ha appoggiato, ha aumentato i licenziamenti, la chiusura di fonti di lavoro, le prevaricazioni in sindacati prima democratici, l'intransigenza e la repressione come politica del lavoro del governo messicano. E infine, ricordare che tutto questo ha fatto sì che il movimento operaio messicano ("il MOM", come lo chiamavamo nei giorni della clandestinità urbana) passasse alla resistenza.

Però non lo farò, non le ricorderò nemmeno che le scadenze contrattuali si sono trasformate, da un'opportunità per migliorare le condizioni di lavoro, in uno spazio dove i padroni attaccano le conquiste dei lavoratori.

Nulla di ciò che ho detto prima le ricorderò, signor Velazquez. Né questo né che lei ha ricevuto molti "premi" per patrocinare o permettere tutti questi golpe ai suoi lavoratori. E' meglio parlare un po' più di questi suoi lavoratori.

Lei lo vede di sicuro, signor Velazquez, che le statistiche non vanno d'accordo. Alcune dicono una quantità ed altre la diminuiscono o l'aumentano. Così lei mi perdonerà se non sono sicuro: da 7 a 9 milioni di lavoratori sono iscritti a circa 16 mila sindacati. Di questi lavoratori, la quasi totalità (il 93,6 per cento), sono affiliati al Congresso del Lavoro, quella gran macchina di controllo e repressione operaia che lei, meglio di tutti, conosce molto bene. Tutto ciò lascia dai 16 ai 18 milioni di lavoratori senza organizzazione sindacale e più di 9 milioni di disoccupati o con occupazioni temporanee. Le loro condizioni di vita e di lavoro? Cattive, molto cattive le une e le altre.

Però, le avevo già detto che le scrivevo per fare memoria. Così torniamo ai ricordi. Sono sicuro che lei non l'ha presente, però quando il secolo e lei avevano dieci anni, il 3 settembre del 1910, un "trasgressore della legge" di allora, dal nome Ricardo Flores Magon, così scriveva agli operai messicani:

"Tenete conto, lavoratori, che siete gli unici produttori della ricchezza. Case, palazzi, ferrovie, navi, fabbriche, campi coltivati, tutto, assolutamente tutto viene fatto per opera delle vostre mani creatrici e, senz'altro, siete carenti di tutto. Tessete i tessuti e siete quasi nudi; mietete il grano e avete appena un miserabile tozzo di pane da dare alla famiglia; edificate le case e i palazzi, e abitate in piccole tane e soffitte; i metalli che estraete dalla terra servono solo per rendere più potenti i vostri padroni e, ugualmente, per rendere più pesante e dura la vostra catena. Mentre producete di più, siete sempre più poveri e meno liberi, per la semplice ragione che fate i vostri signori più ricchi e più liberi, perché la libertà politica è solo per i ricchi."

E' vero che, 87 anni dopo, si potrebbe dire lo stesso ai lavoratori che soffrono in questo fine secolo? Non solo questo, i nostri (già, non i suoi, signor Velazquez) lavoratori hanno sopportato lei per più di 50 anni. Lei e il suo sistema politico, che si spiega a lei e si spiega a se stesso nello specchio che offrono la sua stessa immagine e la sua storia.

Io vorrei domandarle non perché lei abbia vissuto tanti anni, ma perché sia stato per tanti anni nella posizione che ancora ricopre. Perché la ricopre ancora, o no, signor Velazquez? Lei ha qualche dubbio? Mi creda, non è l'unico.

Da molto tempo lei non dovrebbe stare dove sta. Se il sistema politico messicano lo ha appoggiato perché lei crescesse e diventasse potente (perché non sono state poche le volte in cui l'esercito, la polizia, smargiassi, provocatori e crumiri hanno frenato gli intenti ribelli degli operai messicani), è stato perché aveva bisogno di lei.

Aveva bisogno di lei. Che paradosso quello della base "moderna" dello Stato messicano! Ha avuto bisogno del più vecchio e corrotto per simulare d'essere nuovo e limpido. Un giorno si farà la cronaca del lungo incubo che lei e ciò che rappresenta avete significato per i messicani. Allora ci chiederemo perché abbiamo tardato tanto a svegliarci, però sicuramente la domanda la faremo senza che lei e ciò che lei rappresenta ci minacci con la sua ombra.

Lei ha detto una volta che sparando avevano preso il Potere e solo sparando glielo avrebbero tolto. Forse, però, non solo sparando. Anche e soprattutto con mobilitazioni. La forma (o il "metodo", come si dice adesso), ogni giorno importa meno. Il suo movimento operaio (perché era suo, signor Velazquez), ogni giorno è più scontento, ogni giorno è più ribelle.

Certo è che una grande parte ha ancora paura. La minaccia della disoccupazione, l'attacco ai sindacati non corporativi e le correnti democratiche e l'onda conservatrice che si impossessa di non pochi sindacati, completano il terrore che disegnano le polizie militarizzate, le mafie sindacali, i picchiatori assoldati, il mito della crescita macroeconomica. Soprattutto, la possibilità di perdere il lavoro in una società che attraversa una delle sue peggiori crisi economiche, si converte nella principale preoccupazione dei lavoratori e in un forte argine alla loro ribellione. Senz'altro, qualcosa si avverte nell'aria. Una specie di rancore, di ribellione, di voglia di dire "Ya basta!".

Alla fine, se non fosse per la storia (questa ostinata realtà che perseguita ed incalza), si potrebbe dire che avete vinto voi, signor Velazquez. Voi, i padroni di tutto, quelli che conducono questo paese verso nessun luogo.

Dev'essere triste avere la certezza, da vivo, che quando uno morirà molta gente, milioni, potranno rallegrarsi della sua morte. Perché lei può avere questa certezza, signor Velazquez. Quando alla fine arriverà, la sua morte sarà salutata da milioni di lavoratori e lavoratrici in tutto il paese.

Quelli che adesso la accompagnano e la adulano, cercheranno di affogare questo entusiasmo con grandi e ostentati funerali, però in poco tempo, loro stessi si incaricheranno di riportare alla luce i crimini e i tradimenti che l'hanno resa potente, signor Velazquez.

Io capisco che non la preoccupino i festeggiamenti e le risate che porterà la notizia della sua morte a milioni di operai ed operaie. Però certamente deve essere un po' fastidioso pensare che risate e feste ci saranno pure nelle grandi case e nei palazzi di coloro che lei, ed altri come lei, hanno aiutato ad innalzare.

Loro, i potenti che hanno condiviso con lei tante ricchezze e tanti crimini, loro desiderano la sua morte. Noi no. Noi sappiamo che non sono le persone quelle che debbono morire, ma il sistema che rende possibile questi crimini: un sistema antidemocratico, ingiusto, inumano, il sistema del partito di Stato.

Nessuno si lamenterà per la sua morte, signor Fidel, nessuno la piangerà. E i ricordi su di lei e sulla sua figura si divideranno fra la burla ed il rancore. Ed allora ritornerà ancora una volta il ricordo di Ricardo Flores Magon e la sua frase, questa "E che morte e che crepuscolo, così senza gloria e così senza splendore".

Questa parte grigia della nostra storia come Nazione, quella che vi vede protagonisti impugnando il crimine e l'ingiustizia, sta per terminare. Non sarà la sua morte, signor Velazquez, quella che detterà la fine. Sarà una nuova alternativa che, senza dubbio, nascerà sopra le vostre rovine.

Il vostro regno sta per terminare. Lotteremo affinché quella che seguirà non sia una nuova casta, ma ciò che si definisce democrazia, libertà e giustizia. La sua parte nella storia sta già terminando. Di quella potremo dire con Flores Magon:

"Nessuno l'ha ammazzato: si è suicidato!

Un calcio pietoso, e scomparirà,

nelle nebbie della sua propria opera".

Bene. Nonostante tutto, saluti. E che la storia vi riponga dove ve lo meritate, vale a dire, nella vergogna e nell'oblio.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Ribelle Marcos

Messico, 25 aprile 1997

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)


logo

Indice dei Comunicati EZLN