Tonia: Con la situazione che c'è adesso in Chiapas,
i progetti vanno avanti un po' lentamente anche se si continua
a lavorare. Questo vuol dire ad esempio che in alcuni progetti
di costruzione, in cui la mano d'opera è a carico delle
comunità, per la situazione così tesa, i sorvoli
a bassa quota, le aggressioni militari e paramilitari, la gente
non si può allontanare dalla sua comunità.
La situazione è molto delicata adesso, le comunità
sono in una tensione molto grande perché è una risposta
militare quella che sta dando il governo e quindi le comunità
lavorano in mezzo a molte difficoltà.
Per quanto riguarda i progetti: da gennaio fino a metà
marzo è rimasto sospeso il progetto educativo Semillita
del Sol nell'Aguascalientes di La Realidad perché non c'erano
garanzie di sicurezza per gli studenti. Quando si è visto
che le cose miglioravano leggermente, o almeno la situazione si
è un po' tranquillizzata, gli studenti sono ritornati a
scuola e domani 29 marzo c'è la chiusura del primo semestre
di corso nel centro d'educazione ed i nuovi maestri torneranno
ai loro villaggi ad aprire le loro scuole. Quindi continuiamo
a lavorare, anche se con delle interruzioni dovute alla situazione.
Si sta iniziando a costruire il centro d'educazione per promotori
nell'Aguascalientes di Roberto Barrios che sarà il secondo
dopo quello di La Realidad.
Per il progetto di agroecologia, gli agronomi stanno facendo il giro completo dei villaggi e stanno più che altro cercando di fare pulizia di tutta la cattiva influenza che c'è stata sulle comunità, visto che arrivava gente incosciente che gli diceva di seminare ad esempio peperoni dove non era zona buona per coltivarli o caffè dove non viene del buon caffè. Questo discorso non è facile, però significa recuperare a poco a poco quello che realmente si può coltivare in ogni zona. Sta iniziando anche un lavoro di coordinamento con le comunità per vedere che problemi hanno di produzione, di infestazioni, di commercializzazione. Alcuni di questi progetti sono in fase avanzata nella zona di Oventic, dove la produzione del caffè va molto bene e ci sono dei gruppi che si stanno preparando in amministrazione, per poter creare una società cooperativa per la vendita del caffè; vanno pure avanti corsi di formazione sull'uso e sullo sfruttamento della terra, dei suoi prodotti ecc. E' in Oventic dove tutto questo è più avanti.
In generale noi continuiamo a lavorare, le comunità continuano
a lavorare anche se ogni tanto dobbiamo bloccarci, perché
c'è l'allarme rosso e quindi la situazione rimane piuttosto
complicata.
Stiamo terminando già il tetto della clinica e dato che
la mano d'opera è delle comunità andiamo avanti
a poco a poco.
E' già arrivata l'ambulanza che fa parte dell'equipaggiamento
della clinica di San Josè del Rio e da mercoledì
scorso ci sono due paramedici che stanno dando un corso di preparazione
per coloro che si prenderanno in carico l'ambulanza. Così
ci sono dei paramedici indigeni che si stanno preparando per l'uso
e la guida dell'ambulanza, per l'utilizzo dell'equipaggiamento
di cui è dotata come ad es. l'ossigeno ecc., per tutta
la tecnica di pronto soccorso e per l'utilizzo delle medicine.
Adesso sarà un corso breve, però ne seguiranno altri.
Col progetto delle radio abbiamo abbastanza problemi perché
non c'è finanziamento sufficiente per arrivare ad una radio
comunitaria ; inoltre mancano anche le risorse umane nel
senso che abbiamo solo due persone specializzate che potrebbero
insegnare ad utilizzarla. Quindi non vogliamo iniziare il progetto
e poi per mancanza di risorse mollarlo a metà, vogliamo
iniziarlo solo quando ci siano garanzie di continuità,
altrimenti sprecheremmo solo il denaro. Bisogna tener conto che
per una radio è necessario molto materiale: cassette ad
esempio, ne occorrono moltissime, perché vorremmo avere
una rete di giornalisti nelle comunità. Inoltre non potremmo
richiedere mai il permesso al governo perché la radio verrebbe
utilizzata nelle comunità in resistenza e quindi sarebbero
le comunità e i loro governi autonomi, quelli che autorizzerebbero
la radio. Pertanto, ci potrebbero essere problemi con lo stato,
ma con le comunità no. L'altro aspetto importante è
che sono, anzi, saranno radio comunitarie educative e culturali,
ma il governo sta cercando di spargere la voce che si tratta di
radio clandestine, con un uso politico.
Invece per noi sono radio educative dove s'informa sulla situazione
dei progetti, sulle comunità, e poi di cultura varia, d'intrattenimento,
di musica, ossia sulle cose delle comunità. Non si tratta
di nessuna radio clandestina, che voglia far del male a qualcuno,
al contrario si tratta di una radio che vuole aiutare le comunità,
perché si possono far servizi sulle infestazioni alle piante
del pomodoro o al caffè e quindi direbbero come curarle,
come non utilizzare fertilizzante chimico, come non bruciare certe
zone che è meglio non disboscare... quindi sarebbero radio
informative culturali che non dovrebbero avere nessun problema.
Sul problema degli accampamenti e degli osservatori stranieri.
Il Fray Bartolomè ha optato in questo momento di utilizzare
solo osservatori con visto FM3 nelle Brico (Brigate Civili di
Osservazione). Noi, come Enlace Civil, continueremo a lavorare
con gli internazionalisti, con i visitatori che sono persone che
vogliono conoscere la situazione in Chiapas delle comunità
indigene in resistenza. Questi osservatori s'interessano ai lavori
che si stanno facendo nelle comunità, ai progetti produttivi.
Noi non abbiamo problemi ad accettare osservatori che non abbiano
l'FM3, insomma accettiamo tutte le persone che vogliono in coscienza
aiutare le comunità: tutti sono benvenuti. Non abbiamo
nessuna restrizione, solo che non siano pazzi o schizzofrenici!
E' chiaro che sono benvenuti tutti quelli che vogliono venire.
Noi siamo qui apposta per questo e siamo molto contenti che venga
gente a vedere la situazione visto che al governo non piace che
ci siano occhi internazionali che vedono i massacri che sta facendo,
tutte le barbarie che avvengono qua in Chiapas... per cui noi
vogliamo che veniate numerosi.
Domanda: Il problema è quello di non essere buttati fuori...
Tonia: Chiaro che questo è un problema grosso. Noi
però, ci preoccupiamo sempre di cercare di indicare loro
il percorso, affinché non abbiano problemi, tenendo in
considerazione che corrono dei rischi... come tutti però...
qui c'è la guerra... siamo in guerra.
Domanda: Avete bisogno di qualcosa in particolare in questo momento?
Tonia: Naturalmente. Abbiamo bisogno di una grande pressione
a livello internazionale sul governo affinché realmente
adempia agli accordi di San Andrés, perché non continui
a dire che li sta rispettando quando non è vero.
Infatti la proposta di legge che Zedillo ha presentato al Parlamento
è una farsa, una vera farsa, perchè non ha assolutamente
consultato i diretti interessati che sono le comunità indigene
e sta invece facendo ciò che non dovrebbe fare, cioè
sta ignorando la CONAI e la COCOPA che sono quelle che dovrebbero
sempre essere a conoscenza delle varie proposte e non sono neanche
state convocate per rivedere insieme queste proposte legislative.
Quello che vuole questo governo è riuscire a far passare
le sue proposte a maggioranza nel Senato e dato che la maggioranza
è priista, la proposta passerà e al governo non
importano le ragioni e i benefici reali per il popolo, quello
che gli interessa sono i benefici che può ricavare il piccolo
gruppo che manipola il governo. Quindi necessitiamo di moltissimo
appoggio internazionale, soprattutto politico, che faccia pressione
sul governo e poi... di aiuti umanitari, soprattutto in alimenti.
Lo so già che non ci potrete mandare una tonnellata di
mais dall'Italia! Può trattarsi semplicemente di un appoggio
economico che noi poi traduciamo in alimenti per le comunità,
ricordando che ci sono sfollati non solo in Los Altos, non ci
sono solo gli sfollati di Chenaló e di Acteal, ma ci sono
degli sfollati fin dal 1995, dall'offensiva militare del febbraio...
cioè gli sfollati della zona della Selva, quelli di Guadalupe
Tepeyac, di Vincente Guerrero, di Nuevo Momon e di altre comunità
della zona di Frontera. Nella zona Nord continuano ad esserci
compagni sfollati così come nella zona di Los Altos.
Approssimativamente si parla di 18.000 sfollati, ma non si sa
bene, forse arrivano anche a 22.000: sfollati di guerra, dovuti
agli attacchi militari e paramilitari.
Noi dobbiamo portare aiuti a tutta questa gente ed è un
problema terribile. Il governo ha preferito che ci fossero tutte
queste migliaia di sfollati dalle loro case piuttosto di ritirare
mille paramilitari. E' impressionante come non dia importanza
alla condizione miserrima della gente, che sta vivendo fuori della
sua casa, non ha terra da coltivare e pertanto non ha nulla da
mangiare.
Come possiamo aiutare 18.000 persone sfollate? Dimmi.
Tu porti 20 tonnellate di mais, per quanto tempo basta loro? e
per quanti?
E' niente. Rimane sempre troppo poco...
Però tutto quello che arriva va bene, anche se è
solo un chilo di riso. Ma la situazione resta terribile.
Le comunità della Selva, dal 1995 sono sfollate: sono tre anni che vivono fuori dalle loro case e perché? Voi avete visto ad esempio Guadalupe Tepeyac: è occupato dall'esercito federale, il villaggio è occupato e la terra che coltivava la gente di Guadalupe Tepeyac è occupata.
Allora perché non ritirare i militari, quando il popolo dovrebbe essere padrone della sua terra.
Questa è la situazione: è terribile, è realmente una situazione di guerra, di guerra totale e con dei morti. E noi - e quando dico noi, sto parlando pure per le comunità -... crediamo che l'attacco di Acteal sia stato una prova per vedere se c'era una risposta o no, per poter continuare con il massacro, però dato che non ha funzionato questa tattica di ammazzare in gruppo, allora adesso stanno ammazzando uno alla volta ed il più recente caso è il compagno Trinidad Cruz Perez, dell'Aguascaglientes di Roberto Barrios, assassinato da sei paramilitari di Paz y Justicia. Ci sono già state moltissime minacce che continueranno ad ammazzare uno alla volta per mezzo dei paramilitari. Non gli ha funzionato il gruppo di 45 e così ne ammazzano uno alla settimana.
E quindi la situazione è molto delicata...
(intervista e traduzione a cura del Comitato Chiapas di Torino)
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