di Marta Duran de Huerta Patiño
Siamo andati in Chiapas per portare aiuti ai profughi "desplazados"
del Municipio di Chenalhó. La Carovana "Para todos
todo" ha messo insieme durante alcuni mesi, medicine, cibo,
attrezzi, giocattoli, ma mentre stavamo arrivando alla comunità
un gruppo di paramilitari crivellava di colpi una popolazione
inerme e indifesa. Ad Acteal c'erano solo donne, bambini ed anziani
che stavano pregando. Li hanno uccisi mentre stavano digiunando
e chiedendo a Dio la pace. Sono morti inginocchiati, o colpiti
alle spalle quelli che tentavano di scappare.
Il massacro in se' è già qualcosa di terribile,
ma la brutalità, la cattiveria con cui lo si è realizzato
possiede un significato politico. I paramilitari non hanno usato
solamente pallottole esplosive che lasciano un foro di dieci centimetri
di diametro, ma una volta uccise le loro vittime, le hanno mutilate
e spogliate nude; alle donne incinta hanno aperto il ventre per
prendere il feto e lanciarlo a terra. Che senso ha tutto questo
? Perché attaccare donne e bambini?
Martha Figueroa Mier, avvocatessa ed attivista del gruppo di donne
di San Cristobal e membro del Collettivo Incontro tra Donne, è
una specialista nella difesa di donne e bambini indigeni, vittime
della violenza. Martha afferma che l'attacco ad Acteal non è
casuale. Gli aggressori sapevano bene che lì avrebbero
trovato solamente donne e bambini indifesi, che gli uomini erano
nella piantagione di mais, oppure stavano raccogliendo caffè
o erano rimasti a Questic e Pantelhó. Sapevano che gli
uomini avevano portato le loro famiglie a Acteal convinti che
nessuno sarebbe stato capace di attaccare questi deboli disarmati,
ma in una guerra di bassa intensità come quella che si
sta' sviluppando impunemente in Chiapas, le donne diventano un
obiettivo strategico per offendere il nemico nella maniera che
più fa male: colpire le sue donne, i suoi figli.
Le donne sono le riproduttrici per eccellenza della cultura indigena,
le donne sono la comunità, sono il quotidiano, sono coloro
che trasmettono la tradizione, la lingua, la religione, i valori
fondamentali, sono coloro che procurano il cibo, sono il cuore
della base di appoggio, ed anche il punto più vulnerabile.
Esse non combattono, ma neppure fuggono; non corrono, soprattutto
quando sono gravide, hanno sempre un giocattolo in mano affinché
i bambini non piangano quando passano i soldati. Le donne delle
comunità sono l'indispensabile retroguardia, sono fornitrici
e anima della resistenza, forza morale e fonte di amore, per questo
dovevano massacrarle, per dare un castigo esemplare e per lanciare
un messaggio molto chiaro.
Una delle sopravvissute raccontò che durante l'attacco
gli assassini gridavano "dobbiamo farla finita con le sementi",
mentre aprivano i ventri delle donne affinché non riproducessero,
perché non ritornassero a partorire, per tagliare il legame
con la terra, per strappare la cultura alla radice. Questi orrori
si praticarono in Guatemala e nel Salvador, la differenza con
il Messico è che in Centro America fu l'esercito governativo
il responsabile delle atrocità, mentre in Chiapas i soldati
e la Pubblica Sicurezza semplicemente si sono dedicati a coprire
e a dare protezione ai paramilitari, sono stati coloro che hanno
patrocinato, addestrato, curato ed armato gli assassini.
Martha Figueroa afferma che si tratta di un genocidio contro la
popolazione indigena, messo in marcia già da vari anni,
un piano di sterminio che va dall'aggressione diretta come la
mattanza di Acteal, ed arriva fino alle politiche ufficiali nel
settore della salute, dove per le donne indigene gli studi si
limitano esclusivamente al controllo delle nascite. E' una logica
molto "gringa" - afferma Martha - e lo si vede molto
bene nei finanziamenti nordamericani per gli anticoncezionali,
per frenare la "mancha cafe". Quando Patrocinio Gonzalez
Garrido fu governatore del Chiapas - continua l'avvocatessa -
depenalizzò l'aborto. Questa scelta la prese in maniera
quasi clandestina e non lo fece certo perché era femminista.
In Chiapas le donne muoiono di parto, muoiono avendo figli oppure
muoiono anche se non ne hanno. Dopo due mesi di battaglia con
la chiesa e con la parte conservatrice della società civile,
Patrocinio ritornò a penalizzare l'aborto. Si trattò
di un esperimento politico per contrattare posti di potere e far
piacere al Fondo Monetario Internazionale.
Le donne indigene povere non servono al capitale, danno solo fastidio
ai progetti di sfruttamento delle ricchezze naturali che esistono
nelle terre che esse abitano.
La violenza contro le donne indigene del Chiapas è presente
in tutti gli aspetti della vita. Semplicemente si può vedere
la maniera con la quale vengono maltrattate dai medici degli ospedali
pubblici o dai commercianti meticci, o dalle padrone, dai passanti,
dai "caciques", dalla polizia e da tutti in generale.
C'è una guerra non dichiarata, e la maggior parte delle
aggressioni vanno contro le comunità indigene disarmate,
e naturalmente contro le donne che sono coloro le quali devono
resistere alle fustigazioni dei soldati, alle violazioni ed alle
umiliazioni. Ufficialmente viene detto che i soldati rimangono
per aiutare e proteggere, ma al posto di costruire alberghi,
mandano tanques armati di artiglieria. Quando i paramilitari attaccano
le popolazioni, i soldati non le difendono. Essi operano quando
si dà loro un ordine, però fino ad ora non si è
dato loro nessun ordine di intervenire quando vengono minacciati
attacchi.
Il 5 di gennaio una carovana che portava viveri ai rifugiati di Polhó, fu aggredita dai PRIisti di Chenalhó. I soldati erano molto vicini, ma come d'abitudine non intervenirono.
Allora: quale protezione? Ancora di più, secondo un documento
dell'esercito recentemente reso pubblico dalla rivista Proceso,
si è scoperto il piano di strategia militare secondo il
quale si dovranno rafforzare quei gruppi che faranno il lavoro
sporco di provocare e spingere affinché gli indios si uccidano
tra di loro in conflitti causati artificialmente.
Il giorno della befana, morì un altro bambino, fu a causa
di una polmonite. Morì nell'accampamento dei profughi di
Polhó dove 6000 persone abbisognano di alimenti, vestiario
pulito ed asciutto, vaccini, un tetto, gabinetti e servizi sanitari.
Ma quando arrivarono i soldati con l'intenzione di creare un accampamento
militare, proprio queste donne, le sopravvissute alla carneficina,
si posero davanti e impedirono loro il passo.
Queste indigene che hanno perduto la loro terra, i loro figli,
le loro case, a loro rimangono solo tre cose: la vita, il più
profondo dei dolori e la dignità.
Il mondo e le tradizioni indigene sono sconosciute alla maggior
parte dei messicani. Il mondo indigeno è completamente
differente da quello occidentale; i valori, le abitudini e tutto
il resto è diverso, senza parlare poi delle concezioni
magico-religiose.
Alcune abitudini ancestrali ciapaneche comprendono pratiche che
ai nostri occhi appaiono ingiuste o crudeli e che vengono esercitate
sulle donne indigene. Per esempio il fatto che sia il padre a
regolare il matrimonio della figlia e che il corteggiamento consista
in una serie di regalie o di danaro per il padre della fidanzata.
Tutti danno la propria opinione, tranne la ragazza che molto
precocemente e senza aver goduto della sua gioventù, viene
data ad un uomo al quale dovrà servire ed obbedire, così
come comanda il "costume".
Vita quotidiana, tradizione e religione sono intimamente connesse
e inseparabili. La comunità decide e per una donna indigena
non ci sono possibilità per vivere al di fuori di queste
tradizioni, essendo ella costretta ad accettare tutte le regole,
le restrizioni ed i castighi che, per le donne stesse, sono estremamente
severi. Per esempio l'adulterio, che in alcuni casi è una
delle peggiori infrazioni dentro la cumunità: per la donna
il castigo è molto più severo che per l'uomo.
Gli indigeni chiapanechi hanno una concezione molto particolare
del matrimonio; questo infatti non si considera consumato con
l'atto sessuale, ma per il fatto di cucinare per il marito, lavargli
i vestiti o tessergli un "chuc" (un vestito di lana
tipico degli Altos del Chiapas), tutti atti considerati molto
intimi.
Le donne vengono valutate non per la loro bellezza, ma per le
loro abilità come cuoche, tessitrici o lavoratrici. Coloro
le quali tessono bene o riescono a portare molta legna, avranno
molti più pretendenti di una che sia solo carina.
La vita delle indigene è molto dura e non solo perché
sono costrette a confrontarsi con la povertà, la discriminazione
razziale e lo sfruttamento, ma anche per il costume e le tradizioni
molto ingiuste. In alcune etnie le donne non hanno diritto di
parola, di voto e nemmeno possono ereditare la terra; picchiare
le donne è un diritto dei genitori, dei fratelli e del
marito.
Le donne non possono decidere nelle cose più importanti
della loro vita come il matrimonio o la maternità. Nessuno
chiede la loro opinione ed esse debbono obbedire e seguire la
tradizione per non essere emarginate dalla comunità, dato
che la loro esistenza fuori dal collettivo è impensabile.
La rivolta zapatista non fu solo uno scossone ai politici della
capitale, ma colpì anche le tradizioni delle comunità
indigene che si unirono al movimento, dal momento in cui l'EZLN
portò molti elementi modernizzanti alle basi di appoggio
ed alle popolazioni che lo costituirono.
Se è sicuramente vero che l'EZLN fece propri molti elementi
della cultura indigena, come l'organizzazione politica interna,
i meccanismi per prendere decisioni e la ripartizione delle responsabilità,
è altrettanto vero che, a sua volta, l´EZLN immise
elementi democratizzanti nelle assemblee delle comunità
dove per millenni il consiglio degli anziani (uomini) aveva l'ultima
parola, come l'aver fatto aumentare la partecipazione delle donne
alla vita della comunità. Le donne zapatiste insorte hanno
redatto la legge Rivoluzionaria delle Donne i cui punti non sono
molti, ma fanno fare un salto di anni luce per quello che riguarda
i contenuti che propongono.
Questa legge dà alle donne la possibilità di decidere
sul matrimonio, sulla maternità, sul diritto a prendere
decisioni, uguaglianza davanti agli uomini, diritto all'educazione
ed a poter praticare la religione che più le aggrada. Questa
legge fu valida tra le file dei ribelli, ma le donne insorte stanno
lottando affinché si renda valida anche tra le basi di
appoggio, cioè dentro le stesse comunità. In alcune
di queste si sta applicando e si vede il cambiamento, persino
nella divisione del lavoro domestico dove gli uomini aiutano un
poco più di prima le loro donne.
Senza stare a rifare tutta la storia dell'EZLN si può segnalare che gli spazi che si aprirono "le insorte" fecero in modo che molte adolescenti si arruolassero massivamente. Entrare nell'EZLN significava salvarsi da un matrimonio non voluto, apprendere il castigliano, imparare a leggere e scrivere, avere la possibilità di fare carriera nella gerarchia dell'EZLN, inclusa la possibilità di arrivare al comando. Essere indigene monolingue nel contesto del razzismo chiapaneco significa essere meno che umano. Però le indigene parlano la loro lingua materna, quella di alcune popolazioni vicine e quella del loro sposo. In realtà i monolingue sono i meticci. Ma entrare nell'EZLN costava un prezzo molto alto, significava rompere con la maggior parte della comunità. Una ragazzina che va nella selva "tra uomini solamente" non è benvista ed al suo ritorno sentirà il rifiuto di molti.
Se è un uomo ad andare non vi sono gli stessi problemi.
Nonostante questo, le ragazze si arruolarono nell'EZLN e non disertarono.
Sono quelle che hanno dovuto sopportare le maggiori difficoltà.
Quando le indigene iniziarono a chiedere autonomia, vennero forniti
una cascata di argomenti contro; da quelli più assurdi
che le accusavano di essere separatiste, secessioniste, di volere
trasformare il Chiapas in un altro Paese, fino alle dichiarazioni
di Jorge del Valle, membro della delegazione ufficiale dei dialoghi
di San Andrés il quale affermò pubblicamente: "non
può prosperare un'autonomia basata sugli usi e costumi
indigeni al di fuori della legge, dai partiti politici dalla cultura
nazionale. Autonomia Indigena? Merda! sarebbe come istituire una
nicchia, un ghetto sussidiario". L'etnocentrismo e l'ignoranza
non permettono che una democrazia sia includente e tollerante
verso coloro che sono diversi e non per questo non vogliono essere
considerati non - messicani.
Persino alcune femministe, seriamente preoccupate che l'autonomia
significasse il perpetuarsi della discriminazione e della violenza
contro le indigene, si opposero all'autonomia. Organizzarsi sugli
usi e costumi - dicevano alcune - può rappresentare un
pericolo poiché dà una impronta legale alle violazione
dei diritti delle donne. Nonostante queste opinioni, le indigene
appoggiano le domande di autonomia e dichiarano "che non
ci usino come pretesto per non darci l'autonomia; noi stesse cureremo
i nostri diritti umani. Noi vogliamo la tradizione, però
non la tradizione che ci maltratta, bensì quella che non
fa danno a nessuno. Quello che domandiamo ai nostri uomini è
chi è che decide che cosa è 'il costume'. Noi vogliamo
decidere sulle cose che ci riguardano e definire pure quello che
è 'il costume'".
Malgrado l'opposizione decisa dei vecchi e delle vecchie delle
comunità a questi cambi, gli adolescenti, tanto uomini
che donne, stanno cambiando i loro valori, conformandoli alle
idee e necessità, riscoprendo le proprie radici, però
combinandole con elementi che possono dare loro più libertà.
Le "femministe" indigene in nessun momento hanno separato
le loro proposte e critiche dai problemi generali delle loro comunità.
Non si isolano e non si identificano come un gruppo che combatte
esclusivamente per le proprie richieste di genere, ma che hanno
una visione olistica del cambiamento e, in poche parole, lo spiegano
dicendo: "Se non c'è pace e giustizia per tutti, non
ci sarà pace e giustizia per nessuna".
(traduzione a cura di Massimo Boldrini)
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