COMUNICATO DEL SUBCOMANDANTE INSURGENTE MARCOS

22.11.98

I. L'economia, la tragedia

"Non sono parole ma realtà: la terra si agita, convulsa, e nel profondo delle sue muggenti viscere erompe il tuono, zigzagano i fulmini nel cielo; un uragano alza turbini di polvere; soffiano furiosi tutti i venti in feroce combattimento ed il cielo ed il mare si confondono in questa lotta; guarda che tormenta scatena Zeus per spaventarmi!".

Prometeo Incantato. Esquilo. Le Sette Tragedie.

Le bombe

Esistono in guerra concetti e realtà che riflettono e si rispecchiano nella politica e nell'economia di una società. Siccome in guerra l'obiettivo è la distruzione dell'avversario, la scienza e la tecnica lavorano nella produzione di macchine di distruzione, dalle baionette ai missili intercontinentali, passando per granate, mitragliatrici, blindati, portaerei, navi da guerra, sistemi di rilevamento elettronici, ecc. La produzione di macchine di distruzione raggiunge ogni volta progressi sempre più raffinati. La teoria militare chiama queste macchine di distruzione con il pretenzioso nome di "ingegno militare".

I manuali dell'esercito nordamericano affermano che l'ingegno militare deve adempiere alla sua missione distruttrice secondo il terreno sul quale quest'ingegno è impiegato. Si vantano di aver scoperto una bomba idonea a terreni irregolari, con colline e ondulazioni che favoriscono l'esistenza di "punti ciechi", cioè, quelli che non sono raggiunti dall'effetto distruttore delle bombe "tradizionali". La bomba in questione non si limita ad esplodere toccando terra o in aria ad una certa altezza, e a distruggere una zona specifica. Questa bomba cade, esplode, distrugge e scaglia altre bombe che, a loro volta, cadono, esplodono, distruggono e scagliano altre bombe, e così via fino a che non si esaurisce la "carica". L'effetto è descritto come quello di "una bomba che rimbalza". Il suo effetto distruttore è veramente terribile ed è più devastante di quello delle bombe "normali".

Nei manuali di politica economica neoliberista e nelle catastrofi che produce nella realtà dei paesi, si può trovare l'equivalente della "bomba che rimbalza": la bomba finanziaria.

L'uomo e la donna comuni, cioè tutti quelli che non appaiono negli elenchi di Forbes, sono le vittime più frequenti di queste "bombe finanziarie".

Grazie alla globalizzazione economica, i problemi finanziari in Russia e nel sudest asiatico "rimbalzano" in pochi secondi (vantaggi delle autostrade della comunicazione) e distruggono economie in Europa ed in America Latina. Per opera e grazie della modernità, se alla Borsa di Tokyo hanno mal di denti, in Brasile agonizzano e nell'economia messicana bisogna far un'operazione d'urgenza.

Nelle ultime settimane e in mezzo a un forte bombardamento finanziario, milioni di messicani hanno ricevuto un corso intensivo di economia neoliberista in ci hanno spiegato che gli aumenti della benzina e delle tasse, la crescita dei prezzi, la diminuzione dei salari, la chiusura delle imprese, la perdita del lavoro, la svalutazione del peso rispetto al dollaro, la riduzione della qualità e quantità dei servizi pubblici per l'educazione, la casa, la comunicazione, l'alimentazione, la sicurezza... sono dovuti non alla fragilità dell'economia messicana, ma di quella russa!

Siamo anche stati opportunamente tranquillizzati da questo illuminato, intelligente e comico conduttore del nostro paese: il signor Zedillo ci ha assicurato che non dobbiamo preoccuparci perché egli "blinderà" la nostra economia per resistere alle crisi "esterne".

Il problema è che i membri del gabinetto economico pensano che il "riparo" sia quello che fa lo struzzo per nascondersi e quindi propongono al Congresso dell'Unione di approvare l'eroico Piano di Bilancio per il 1999, che consiste - in breve - nel fatto che la maggioranza dei messicani, cioè i più poveri, "ripareranno" con il proprio corpo i più ricchi, cioè la minoranza dei messicani (compreso il governo).

Chi aveva promesso "benessere per la famiglia" ora ci sgrida e ci avverte, con tono severo, che i prossimi due anni saranno di austerità, che è il nome con cui il governo chiama la povertà.

Quello che non ci dice né Zedillo, né Gurría, né il sudato Ortiz, è che arriveranno sempre più "bombe che rimbalzano". E che il loro programma di austerità sarà tanto efficace rispetto alla crisi internazionale quanto lo sarebbe un ombrello per proteggere dalla furia di Mitch. E non ce lo dicono solo perché il calendario già segna l'anno 2000.

Ma il problema non è finanziario, cioè non solo finanziario. È un problema di modello economico, di modi di produzione ed di appropriazione della ricchezza.

Questo modello è chiamato neoliberista ed ha iniziato ad instaurarsi nel nostro paese a partire dal governo di Miguel de la Madrid, ha raggiunto l'ubriacatura con Carlos Salinas de Gortari e ne soffre i postumi con Ernesto Zedillo. "A partire dal 1983, la strategia economica neoliberista sostenuta dall'ideologia ortodossa che attribuisce allo Stato la causa dei mali economici - si dispose a restaurare il ruolo del mercato come meccanismo quasi esclusivo di assegnazione delle risorse, di moltiplicatore della produzione e dei posti di lavoro, di correttore automatico di eventuali guasti economici e di garante degli investimenti produttivi e dello sviluppo economico, trasferendo a soggetti privati ed al mercato, gradualmente ma in maniera sostenuta, le funzioni economiche precedentemente assegnate allo Stato" (José Luis Calva - "Tres lustros del neoliberalismo económico" - El Universal, 13 novembre 1998).

De la Madrid-Salinas-Zedillo, tutti hanno promesso benessere economico, tutti hanno portato catastrofi.

Se osserviamo l'andamento della nostra economia negli ultimi 15 anni, possiamo vedere che la caduta degli indici economici nazionali è costante.

È come se l'orologio dell'economia messicana girasse all'indietro ed ogni nuova amministrazione si sforzasse di superare i suoi predecessori in quanto a ritardi ed atrofia.

"Il prodotto interno lordo per abitante è cresciuto ad un tasso medio annuo del 3,1% tra il 1934 ed il 1982; l'investimento fisso lordo pro capite è aumentato ad un tasso medio annuo del 5,4% tra il 1934 ed il 1982 ed il potere di acquisto dei salari minimo è aumentato del 54% tra il 1934 ed il 1982. Sotto il modello neoliberista - basato sull'apertura commerciale unilaterale e rapida e sulla riduzione della partecipazione dello Stato nello sviluppo economico - il PIL pro capite si è contratto ad un tasso medio dello 0,4% annuo; l'investimento fisso lordo pro capite è diminuito ad un tasso medio del 1% annuo ed i salari minimi hanno perso il 66,4% del loro potere d'acquisto, cioè, si sono ridotti alla terza parte di quelli in vigore nel 1982" (Idem).

Da quando la banda di Zedillo è arrivata al potere, il bombardamento sul popolo messicano non ha avuto tregua: gli "errori di dicembre" del 1994 hanno proiettato la loro ombra sugli anni 95, 96 e 97. Nel 1998 "l'errore" ha preso i nomi di: effetto vodka e effetto dragone.

Nulla è migliorato, tutto è peggio dell'anno precedente. "L'oggi" presentato dal governo e dai mezzi di comunicazione finge "recuperi": "la borsa è salita rispetto la settimana scorsa", "il peso recupera rispetto al dollaro", dicono ciarlatani trasformati in esperti economisti.

Però sulle tavole di milioni di case messicane ci sono sempre meno cose e di peggiore qualità. La disoccupazione è una realtà presente e futura, i prezzi superano i salari, sempre più imprese piccole e medie chiudono, spariscono o sono assorbite.

Di fronte a tutto questo, in quel recinto da struzzi che è il gabinetto economico si è studiato un piano di salvataggio. Ma non per salvare i più poveri, i poveri, quelli non troppo poveri, o i più o meno poveri.

No, il piano era per salvare i ricchi!

Questo piano si chiama Fobaproa, ma non perdiamolo di vista, perché potrebbe cambiare il nome anche se non l'obiettivo. Per salvare i ricchi e blindarli rispetto alla crisi "esterna", il supremo propone che tutti i messicani e le messicane, i loro figli e nipoti paghino il Fobaproa.

Ma questo è solo l'aperitivo di un incubo distruttivo in azione. Tutto il modello economico sta operando per minare l'economia nazionale. Mentre Zedillo ci fa il favore di blindare il paese verso l'esterno, all'interno continuano la loro opera di distruzione le bombe che si chiamano: Fobaproa, piano di Legge di Bilancio della Federazione, aumento della benzina che rimbalza sui prezzi dei prodotti base, tasse che esplodono e rimbalzano sui prezzi di tutte le piccole e medie imprese fallite e vendute a prezzi stracciati.

Il problema non è esterno, il capitale estero è già incorporato nell'economia nazionale. Il capitale finanziario internazionale è il reale regolatore delle politiche economiche e delle politiche nazionali.

In Messico si continua a produrre ricchezza, ma questa se ne va all'estero, sotto altre forme, attraverso il pagamento del debito, delle regalie e degli interessi agli investitori stranieri nella Borsa Valori Messicana. Con questa promessa, il capitale speculativo che va a caccia di denaro facile e rapido, cerca il maggior rendimento e non la maggiore produzione.

Inoltre, l'apertura del mercato nazionale agli investimenti stranieri ha distrutto la struttura produttiva nazionale. Le piccole e medie imprese nazionali stanno sparendo e solo la grande industria ha potuto resistere, anche se con sempre meno risorse e coraggio. Risultato: maggiore disoccupazione, sottooccupazione e apologia dell'economia "informale".

Proseguendo così questo modello economico, non resterà in piedi nulla che si potrà chiamare "economia messicana". Né gli indigeni, né gli operai, né i contadini, né gli impiegati, né i maestri, né gli industriali potranno aspettarsi di migliorare. Nuove "bombe" stanno per essere lanciate e una di esse potrà essere quella finale: l'Accordo Multilaterale per gli Investimenti (AMI) che l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCDE) sta preparando.

Questo AMI è un accordo internazionale che darà agli investitori stranieri diritti totali di penetrare in tutti i settori economici delle nazioni, prelevare fondi e ricevere migliori trattamenti delle imprese nazionali. L'AMI darà agli investitori stranieri il diritto di installare imprese e possedere il 10% delle azioni, senza contrarre alcun impegno rispetto all'economia nazionale nella quale investono.

Cosa potranno fare le imprese nazionali di fronte ai colossi finanziari, industriali e commerciali, senza una politica economica che protegga gli investitori messicani? Quanta disoccupazione porterà? Quali settori strategici per la sovranità nazionale passeranno in mano straniera? Quale cultura potrà sopravvivere a questa offensiva?

Che nessuno si illuda. Se questo modello continuerà, la nazione messicana presto offrirà un panorama simile alla Hiroshima del 7 agosto del 1945.

Quanto durerà questa guerra di distruzione? Che cosa resterà in piedi quando finirà? I dubbi sono superati dalla realtà vertiginosa. Ogni giorno ci aspetta una nuova sorpresa economica pescata dal cilindro dell'apprendista stregone che si dice viva a Los Pinos. Prenda nota delle sorprese che arriveranno: privatizzazione totale del Petrolio Messicano, della Commissione Federale dell'Elettricità, dell'Istituto Messicano di Previdenza Sociale, trasformazione del peso in dollari, dimagrimento fino alla scomparsa della spesa sociale.

I "costi politici" e sociali che sembrano tanto poco importanti a Zedillo, saranno molto alti. Non solo il PRI ed i suoi alleati di sempre o congiunturali dovranno pagarne le conseguenze, lo scontento unirà settori tradizionalmente nemici, la delinquenza aumenterà, la disoccupazione e la disperazione saranno promesse e realtà per milioni di giovani. Insomma, quello che si prospetta è un incendio nei terreni della ...

 

II. La politica, la commedia

"Governare il popolo non è da uomini ben istruiti, né di buone maniere... ci vuole un ignorante, un malvagio! Per questo non disprezzare quello che ti offrono gli dei nei loro oracoli"

Los Caballeros. Aristófanes. Le undici commedie

I pompieri

I tecnocrati - questa specie cibernetica, miscuglio di mediocrità umana, sapienza matematica e goffaggine politica - ora detengono il potere politico. E pianificano di restarci fino al termine del loro lavoro. Con il neoliberismo come arma e scudo compiono il loro dovere nella grande e santa crociata della globalizzazione economica.

Ovviamente il modello neoliberista incontra problemi e resistenze. Uno di questi è costituito dalle vecchie strutture politiche e giuridiche. La resistenza di queste a "modernizzarsi", cioè, ad adattarsi al modello neoliberista, si spiega perché questa modernizzazione implica la scomparsa di tutta una classe politica e di tutta una cultura di relazioni politiche. I vecchi politici sono duri a sparire, quindi lottano contro i nuovi politici. Il cambio delle "regole" delle relazioni politiche cozza contro le vecchie relazioni, per tanto si incrociano segnali e letture.

Risultato? Una crisi politica senza precedenti, una crisi dello Stato.

Ma la crisi attuale dello Stato non è solo la crisi della classe politica al governo, ma anche di tutti i protagonisti politici e sociali, cioè, di tutta la nazione messicana. Organizzazioni sociali e politiche di tutto il ventaglio ideologico, partiti politici, organizzazioni non governative, chiese, eserciti, mezzi di comunicazione, governi, apparati di sicurezza, organismi industriali, centrali sindacali... tutto sta per essere scosso da una crisi di intensità variabile.

Le conseguenze si stanno per vedere, ma bisogna segnalare che buona parte di questa crisi si deve all'emergenza della società civile. L'individuo non organizzato ora è più critico e più attivo rispetto a quello che accade quotidianamente. Tutto quello che dovrebbe essere accettato tranquillamente, ora viene messo in discussione, analizzato, interrogato e sanzionato dalla "gente". Qualunque "personaggio politico", cioè, "pubblico" non può evitare dal vedersi interrogato, giudicato dalla "gente".

Il fattore "gente" non esiste nella scienza politica moderna e non è tenuto in considerazione da nessun politologo serio e rispettabile. Ma poiché noi non siamo politologi né seri e né rispettabili, teniamo in considerazione la gente. Ma parleremo di questo in un'altra occasione.

Per quanto riguarda la crisi della classe politica messicana, diciamo quanto segue: il modello neoliberista esige la creazione di una nuova classe politica, una vecchia classe politica ricostruita. Non si tratta di governare un paese, ma di gestirne la sua distruzione. Per gestire non importano i credo o i colori, importano i risultati.

La globalizzazione è abbastanza tollerante in termini politici. Al capitale finanziario non interessa il simbolo politico-ideologico che riveste il governo di una nazione. Quello che gli interessa è che questo governo non si opponga al modello economico. Di conseguenza, le porte del potere politico cominciano ad aprirsi in tutto il mondo a tutte le posizioni politiche come effetto della globalizzazione. Il potere economico - il potere per eccellenza - concede ora che il potere politico sia giocato da più forze, incluso quelle che prima vedevano vietato questo terreno.

Ma mentre le classi politiche si rinnovano, il neoliberismo continua la sua opera di distruzione delle nazioni, distribuisce bombe finanziarie come fossero caramelle in "jalogüín", e provoca incendi sociali regionali che lascerebbero allibito Nerone.

Nell'Europa dell'"euro", la cosiddetta terza via presenta un nuovo "maquillage" per occultare il sangue ed il fango della globalizzazione. Il neoliberismo "dal volto umano" assume nella socialdemocrazia una nuova gestione politica della crudeltà economica. Rimbalza quindi in America Latina e in Messico. Il centro politico diventa l'oscuro oggetto del desiderio di forze politiche che vanno da un estremo all'altro. Ed è qui che la classe politica, quella messicana in particolare, produce e presenta i suoi pompieri.

Da tutte le correnti politiche, di destra, centro e sinistra, compaiono pompieri pronti a spegnere il fuoco prevedibile dello scontento popolare. Ma i programmi economici sono disegnati nelle loro piattaforme politiche o addirittura sono una copia di quello che portano avanti i tecnocrati.

Il cambio di guardia dei tecnocrati si presenta desiderabile e possibile ma deve ingraziarsi chi detiene il potere reale ed offrire garanzie che fondamentalmente non soffrirà alcun cambiamento trascendentale.

Per preparare questo cambio di guardia, la classe politica messicana ha deciso di anticipare il calendario e decretare che il 2000 è già qui. Non solo questo però, pretende che tutti noi corriamo con loro in un tempo che non è il nostro, che non segue la nostra logica, che non capiamo, che ci viene imposto. Questa frenetica adorazione del calendario politico viene rinnovata dalla ricorrente apparizione di candidati e precandidati alla già vuota sedia presidenziale.

Ma non ci dobbiamo disperare se pensiamo che da questi arriverà un programma economico alternativo che eviterà il domani di distruzione che promette il neoliberismo. Se i temi economici vengono toccati dalla classe politica è solo per segnalare alcuni "eccessi" che, ovviamente, il dichiarante saprà evitare se arriverà al potere.

I pompieri politici non hanno vita facile. Oltre alla resistenza della vecchia classe politica nel vedersi spodestata - il che può raggiungere livelli sanguinosi, come dimostrano gli omicidi di Colosio e Ruiz Massieu - i neopolitici si scontrano con lo scetticismo della popolazione e con una vorace globalizzazione che digerisce i suoi bocconi nazionali, anche prima di averli tra le proprie fauci. Ma questo non farà arretrare i "salvatori del paese". I dinosauri e tecnocrati si dibattono in mezzo al fango ed al sangue del sistema politico agonizzante e la globalizzazione pare pronta a cambiare volto ideologico e segno politico. Dopo tutto si tratta di arrivare al potere, non importa che gli uomini di Stato non ne abbiano né la vocazione né la statura. La politica moderna offre ampi spazi agli ignoranti e malvagi, non li persegue né li mette in disparte, li elegge capi e consegna loro i destini della nazione.

Esperti dell'improvvisazione, dell'ignoranza, del patetico e dell'imbecillità, i tecnocrati hanno dimostrato che chiunque può "governare" ed hanno lasciato il paese pronto al requiem neoliberista o ad essere "salvato" con spot pubblicitari. Nel Messico di oggi abbondano pompieri, perfino con stivali da vacchero.

Però non è di pompieri quello di cui questo paese ha bisogno, tra l'altro perché pretendono di spegnere il fuoco con la benzina, ma anche perché l'incendio nazionale richiede mezzi più audaci di quelli di tentare di contenere lo stato sociale o di "limare i fili del neoliberismo".

La soluzione (che esiste) non sta là in alto, nei piani alti dove la classe politica messicana ha i suoi laboratori di alchimia. No, la soluzione è più in basso. Là dove si vede qualche piccola luce sfavillare, là dove abita...

 

III.- La società civile, la profezia

"In questo modo si perfezionò l'opera, quando la eseguirono dopo aver pensato e meditato sulla sua felice conclusione".

Popol Vuh

Le lampadine

Il modello neoliberista incontra resistenze non solo nella vecchia classe politica. Nascono e crescono, ogni volta in maggior promiscuità, lotte di settori sociali più svariati e numerosi di prima.

Se il "vecchio" sistema politico messicano offriva ieri al capitale bassi salari e "pace sociale", oggi quest'ultima è fatta a pezzi. La insurrezione indigena zapatista, la comparsa dell'EPR e poi del ERPI, più un movimento operaio che resiste combattivamente contro le riforme dell'articolo 123, una società civile che lotta per la democrazia cittadina, artisti ed intellettuali toccati dalla crisi in tutti i sensi, giovani anticonformisti e ribelli, donne indomite, pensionati che rivendicano il diritto alla dignità, omosessuali e lesbiche che escono dagli armadi ed invadono tutti gli ambiti sociali, organizzazioni politiche d'opposizione e indipendenti, sempre più all'opposizione e sempre più indipendenti, organizzazioni sociali che non demandano tutto al "trionfo" ma che costruiscono la loro alternativa di società, tutti questi ed altri si ribellano ed organizzano la loro ribellione al modello economico che subiscono.

Come lampadine nell'albero sociale, qui e là si accendono lotte, esperienze e storie che forse illuminano solo territori locali, ma che insieme fanno brillare la speranza di un altro paese possibile, necessario, imprescindibile.

Queste luci sparse, intermittenti, anche se flebili, cominciano a proliferare in tutti gli ambiti sociali. Di colori diversi, in forme diverse, con differenti bandiere, i movimenti sociali e cittadini cominciano ad promuovere la nascita di un altro modo di fare politica. Sanno di essere lo specchio l'uno dell'altro e gli sfavillii si alimentano tra loro. Là spunta un'assemblea indigena, qua una riunione sindacale, da un'altra parte una riunione cittadina, da questa un'organizzazione di negozianti, improvvisamente, da qualche parte, appaiono nastri colore rosa, in tutte le parti e con inevitabile costanza emergono e riemergono giovani e donne.

Quale energia alimenta queste luci? Con quale forza pretendono di sfidare il monopolio dell'opaco verde-dollaro e contrapporre questo che pare un arcobaleno? Perché si impegnano ad illuminare gli oscuri sotterranei e labirinti di questo paese? Perché non restano abbagliate dall'intensa illuminazione mercantile delle passerelle della classe politica? Perché si applaudono tra loro? Perché si gridano viva e sostegno? Hanno dimenticato di essere i perdenti? Si sono ricordati che possono smettere di esserlo? Come possono sorridere in mezzo a tanto dolore e angustia? Perché tante braccia tese per proteggere ed abbracciare questo sangue scuro irriverente e passato di moda?

Là in alto si fanno queste ed altre domande. Non trovano risposte. Non le vogliono. Credono di non averne bisogno.

Per scoprire il complicato legame che dà energia a questa luce moltiplicata, la classe politica, per ora, prescinde dall'esistenza di questa debole e sparsa luminosità e si dedica a preparare vestiti, affilare spade, lubrificare pistole Taurus calibro 38 ed affinare voci. Arriverà l'ora di ricordarsi che esiste la gente e che si dovrà ricorrere ad essa per comprare voti.

Ma a queste lampadine ribelli pare importare poco il disprezzo con cui vengono trattate da quelli che stanno in alto e cercano e si cercano tra storie di ieri e di oggi. E si trovano.

In questo ignorato gioco di luci e specchi del Messico di quelli che stanno in basso si disegnano proposte e si scommettono vite per qualcosa di meglio per tutti.

Tra tutte, una piccola luce che pare una stella rossa a cinque punte pone e propone tempi e tappe.

Così dice quello che chiamano neozapatismo:

Uno. I tempi ed i venti politici che marcano e promuovono la possibilità di un altro Messico, più giusto, più libero e più democratico, cioè, migliore, non nascono né percorrono i corridoi che stanno in alto. Né i calendari né i venti del potere sono nostri.

Due. Il nostro vento soffia la lotta contro il modello economico neoliberista, per il passaggio alla democrazia e per saldare i conti in sospeso con la storia nazionale.

Tre. La nostra ora parla il tempo della lotta contro il modello economico neoliberista. Non solo perché la sua essenza è ingiusta, ma anche e soprattutto perché il suo obiettivo è la distruzione del Messico come nazione sovrana e indipendente. La lotta contro il neoliberismo è una questione di sopravvivenza per il paese.

Quattro. Il nostro vento spinge la barca delle lotte per la democrazia diretta e per la democrazia rappresentativa. Il problema fondamentale non è chi sarà il candidato alla presidenza nel 2000, ma come farla finita con il presidenzialismo e con tutto ciò che si chiama il partito-stato. La partecipazione diretta dei governati nelle questioni che li riguardano (cioè, tutte) ed obbligare i rappresentanti eletti a "comandare obbedendo" sono cammino e tappe nel passaggio alla democrazia.

Cinque. Il nostro calendario segna il tempo di riconoscere che siamo formati da diversi e che i diversi hanno diritti. Uno di questi è il diritto a stare con gli altri senza smettere di essere diverso. I diritti dei popoli indios devono essere riconosciuti. Non solo perché è giusto farlo, ma anche perché niente non sarà mai completo se una parte viene dimenticata.

Sei. È necessario un nuovo modo di fare politica. Quella che include sempre più protagonisti, che riconosce la loro differenza ed il loro peso e che sa includere queste differenze. E pesi per fare una storia comune che fa una nazione. Domandare a tutti, consultarli su che cosa si deve fare, su come farlo, quando farlo e perché farlo, è una parte importante di questo nuovo fare politica. Parlare e far sentire il peso della parola è la sfida della società civile messicana. Costruire il meccanismo per farsi sentire e la bilancia sulla quale far valere il suo peso è costruire il riflettore che concentri la luce oggi sparsa e dirigerla dove deve dirigersi, cioè, al domani.

Sette. Dall'alto arriveranno solo guerre e catastrofi. Dal basso nascerà la pace con democrazia, libertà, giustizia e dignità ed è così che noi chiamiamo il mondo che vogliamo per tutti.

Dalle montagne del sud-est messicano

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, novembre 1998


(tradotto dal Comitato Chiapas "capitana Maribel" - Bergamo)

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