21 marzo 1997
Taccuino di oltraggi alla Diocesi di San Cristobal
de las Casas
Dalla rivista Este Sur. Chiapas.
Isaín Mandujano.
La detenzione dei gesuiti Gerónimo Alberto Hernández López
y José Luis Gonzalo Rosas Morales, liberati cinque giorni dopo "con
riserva", si traduce nell'ennesimo attacco alla Diocesi di San Cristobal
de las Casas, presieduta dal Vescovo Samuel Ruiz Garcia.
I primi attacchi.
Questa serie di attacchi contro la Diocesi di San Cristobal, ha i suoi
inizi nel 1990, negli anni in cui era al potere l'ex governatore Patrocinio
Gonzalez Garrido.
Il parroco del municipio di Soyatitán, Marcelo Rotsaert (di nazionalità
belga), fu il primo religioso detenuto, il 22 luglio 1990, accusato di
essere l'autore intellettuale di invasioni di terra nel municipio di Venustiano
Carranza, secondo la pratica penale numero 57B/990. Il primo giorno del
mese di agosto, il sacerdote belga fu obbligato a prendere un aereo che
lo destinava al suo paese. Il pretesto : "le sue carte non sono in
regola". Senza la minima opportunità di provare il contrario,
Padre Rotsaert abbandonò le terre del popolo indigeno.
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L'arresto del parroco del municipio di Simojovel, Joel Padron Gonzalez, il 18 settembre del 1991, fu un altro dei più scandalosi fatti successi fra la Chiesa e lo Stato. Nella pratica 3546/991 era accusato di sfratto, danni, furto, minacce, provocazioni e apologia di delitto. Lo si accusava anche, direttamente, di istigare un gruppo di contadini ad occupare i poderi della regione dell'ambra.
Fu liberato dopo 49 giorni, il 6 novembre dello stesso anno.
Nella seconda metà del 1993 la pressione politica si fece notare
in alcuni settori sociali che esigevano dal nunzio apostolico Girolamo
Prigione e dal sommo pontefice Giovanni Paolo II, l'espulsione del vescovo
Samuel Ruiz Garcia, domanda che non ebbe mai esito.
Espulsioni, aggressioni, pane di tutti i giorni.
Con il sollevamento armato, all'alba del 1994, la repressione contro
la Diocesi di San Cristobal con il pretesto che il subcomandante Marcos
era un sacerdote, versione negata dallo stesso "incapucciato",
si fece ancor più dura. Al principio dell'anno, Padre Geronimo Hernandez
fu confuso con il portavoce zapatista e da quella data viene perseguitato.
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Il sacerdote Miguel del Alba Cruz, fu vittima di un tentato omicidio
nel municipio di Chicomusuelo, il 10 gennaio del 1995, da parte di allevatori
e guardie bianche; gli stessi che chiusero la parrocchia.
Successe in quei giorni che la chiesa di San Mateo del municipio di
Tila, presieduta dal parroco Heriberto Cruz Vera, fu l'oggetto di un attentato
con bombe molotov. Per paura di essere detenuto, padre Cruz Vera oggi transita
per le strade e attraverso i blocchi polizieschi protetto giuridicamente.
Giorni dopo, alcuni seminaristi della diocesi di San Cristobal furono
perseguitati e minacciati di morte. Il 10 febbraio dello stesso anno, l'assessore
della Commissione Nazionale di Intermediazione, Jorge Santiago Santiago,
fu preso e recluso con Javier Elorriaga Berdegué, come presunto
zapatista. Mesi dopo fu liberato.
Il 19 febbraio del 1995, la cattedrale e la casa episcopale furono oggetto
di un'aggressione da parte di autentici "coletos" che cercarono
di appiccare il fuoco; le scene degli scontri con gli indigeni che facevano
"cordone", proteggendo la cattedrale, furono registrate dalla
stampa nazionale ed internazionale. Si accusò di questo fatto, come
di altri, l'ex assessore, oggi legislatore locale del PRI, Jorge Mario
Lescieu Talavera. Nei giorni dell'attacco contro l'EZLN da parte del governo
federale, il sacerdote Víctor Anguiano, de La Trinitaria, fu aggredito.
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Un mese dopo, priisti, capeggiati dal presidente municipale, perseguitarono
e minacciarono di morte frati e monaci della chiesa di San Jacinto, nel
municipio di Ocosingo, con il pretesto che questi avevano ordinato la morte
di un allevatore ricco.
Un'altra delle provocazioni contro la Diocesi di San Cristobal, fu la
detenzione, il 22 giugno del 1995, e la veloce espulsione, un giorno dopo,
dei sacerdoti Loren Riebe Star, di nazionalità nord-americana, parroco
di Yajalón da quasi più di 17 anni; Jorge Alberto Barón
Gluttfein, argentino con più di 10 anni nella Diocesi, incaricato
della comunità cattolica di Venustiano Carranza, e Rodolfo Izal
Elorz, che era stato assegnato alla parrocchia di Sabanilla.
Nell'ambito di quanto accaduto, il 25 luglio del 1995, la Segreteria
di Governo del Chiapas, con in carica Eraclio Zepeda Ramos, in un bollettino
ufficiale accusò di "attività politiche" e di "violenza"
i sacerdoti di Tumbalà, Tila, Sabanilla, Salto de Agua e Yajalon.
Quattro giorni dopo, la frazione priista dei deputati federali del Chiapas
inviò una missiva a Papa Giovanni Paolo II chiedendogli la destituzione
di Samuel Ruiz Garcia da vescovo.
Un gruppo di catechisti che lavoravano nella parrocchia di San Mateo,
a Tila, furono espulsi da priisti, con la minaccia : "se tornerete,
morirete".
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Mentre i tre sacerdoti - Riebe, Izal, Baron, - arrestati in operazioni
quasi simultanee, svolte da agenti della polizia Giudiziaria, appoggiati
da elementi della Sicurezza Pubblica e polizia giudiziaria dello stato,
erano deportati, in un comunicato numero 194, la Segreteria di Governo
spiegava che l'arresto e la deportazione rapida era dovuta a causa di "presunti
vincoli dei preti con il gruppo ribelle" che dichiarò guerra
il 1° gennaio 1994.
Il 25 ottobre dello stesso anno, il presidente Zedillo dichiarò
che l'estradizione dei tre preti che lavoravano per la Diocesi di San Cristobal,
si era realizzata "in modo conforme al diritto".
Il gruppo paramilitare Paz y Justicia, il 13 settembre del 1995 accusò
i sacerdoti di Salto de Agua di reclutare persone per le fila dell'EZLN.
Al parroco di Salto de Agua, le autorità migratorie proibirono
l'entrata nel paese, il 24 settembre ; un giorno prima, la Diocesi di San
Cristobal annunciò che il governo "teneva d'occhio" altri
cinque religiosi stranieri per espellerli dal paese.
Secondo atti del consiglio pastorale della più volte citata Diocesi,
ci fu un tentativo da parte di elementi dell'esercito di infiltrarsi fra
i catechisti di questa.
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Nel novembre del 1995 il catechista Martin Rodriguez , della comunità
Arturo Albores, municipio di La Trinitaria, fu condotto al penitenziario
di Cerro Hueco, a Tuxtla Gutierrez, dove senza una causa giustificata rimase
per un mese. Nel mese seguente, un altro catechista dello stesso municipio,
ma della comunità di Ocho de Agosto, identificato come Hugo Hernandez
Santos, fu portato allo stesso penitenziario, dove rimase per sei mesi.
Inoltre in dicembre, il giudice quarto del ramo penale, con sede nella
capitale chiapaneca, diede ordine di arresto nei confronti del parroco
di Tila, Heriberto Cruz Vera.
Nuove accuse, nuove persecuzioni.
Padre Cruz Vera, nel gennaio del 1996, fu segnalato, da gruppi paramilitari,
come autore dell'assassinio di una persona, come venne denunciato negli
uffici del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas.
In marzo di questo stesso anno, militanti del PRI e agenti municipali
dello stesso partito perseguitarono ed arrestarono Mariano Sanchez Perez,
coordinatore dei catechisti della comunità di Paste, municipio di
Zinacantan. Nel mese seguente, in aprile, padre Herve viene arrestato nel
municipio di El Bosque da un gruppo di priisti e poliziotti della Sicurezza
Pubblica, che lo interrogarono per tre ore chiedendogli se era incaricato
di organizzare le comunità indigene.
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Il 16 aprile, il presidente municipale di Sabanilla accusò il
sacerdote di Tila di aver sequestrato cinque persone e di "cercare
lo scontro".
Il 5 maggio del 1996, a San Jeronimo, Bachajon, il gruppo chiamato Los
Chinchulines, simpatizzanti del PRI, cercarono di plagiare il vescovo coadiutore
Raul Vera Lopez ; dieci giorni dopo, lo stesso gruppo armato marciò
a Chilon esigendo l'espulsione dei sacerdoti della zona.
La casa parrocchiale con il prete di San Mateo, a Tila, il 22 maggio
fu occupata da effettivi dell'esercito federale e della Polizia di Sicurezza
Pubblica.
Il 19 giugno, padre Joel Padron e un gruppo di catechisti vennero accusati
da membri del Partito del Lavoro (PT) di aver ammazzato un paio di membri
di un'organizzazione contadina e questo causò una rappresaglia da
parte di questa organizzazione verso i sacerdoti cattolici.
Il gruppo Paz y Justicia esigette, il 3 luglio, l'espulsione dei sacerdoti
della Diocesi di San Cristobal, dicendo che "i clerici non vogliono
la pace".
Grazie alle reazioni causate dalle dichiarazioni di Samuel Ruiz contro
i gruppi che guidano Paz y Justicia, il sottosegretario di Governo, Aturo
Nuñez, il 29 giugno dichiarò che sacerdoti e catechisti "fanno
parte del problema del Chiapas più che della soluzione".
Agenti del Centro di Inchiesta e Sicurezza Nazionale (Cisen), il 31
luglio accusarono i catechisti della Diocesi di San Cristobal della strage
nella zona nord.
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In agosto, il tempio di Guadalupe, nella comunità di Jesus Carranza,
municipio di Sabanilla, viene profanato da evangelici che si autoproclamano
priisti ; nella stessa giurisdizione, ma nella comunità di Moyos,
il tempio di San Francisco diventa anch'esso oggetto di diverse aggressioni.
Il 4 dicembre del 1996, elementi dell'esercito federale occupano come
se fosse una caserma il tempio cattolico della Adoracion Nocturna, nella
comunità di Quintana Roo, di Sabanilla. Nello stesso mese, a Tumbalà,
autorità dell'ejido chiudono il tempio cattolico della comunità
di Emiliano Zapata.
Sconosciuti, perpetrano un attentato contro il tempio domenicano di
Santo Domingo, a San Criastobal de Las Casas, appiccandogli fuoco nel mattino
del 29 dicembre.
Storia immutabile.
Di fronte all'arresto dei gesuiti, il sabato 8 marzo del 1997, il vescovo
Raul Vera Lopez rimase coinvolto in un duro dibattito con la Segreteria
di Governo.
I sacerdoti detenuti sabato 8 marzo, all'incirca alle ore 14, nella
città di Palenque, insieme ai contadini Ramón Parcero Martínez
e Francisco González Gutiérrez, entrambi dirigenti del Coordinamento
di Organizzazioni Sociali e Indigene Xi' nich, furono accusati di aver
realizzato un'imboscata contro un convoglio di poliziotti di Sicurezza
Pubblica nel quale due persero la vita e cinque furono feriti.
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L'origine di tutto questo si deve al fatto che, venerdì mattina,
un contingente approssimativamente di 150 elementi di Sicurezza Pubblica
sfrattò violentemente delle famiglie indigene che occupavano, dal
1994, i poderi di Emiliano Zapata e Plan de Ayala del municipio di Palenque,
proprietà di Manuel Huerta, con una estensione di 600 ettari.
Al ritorno, nella sera del venerdì, vicino al capoluogo, nelle
immediate vicinanze del paese di San Martin Chamizal, il gruppo di poliziotti
subì un'imboscata da persone sconosciute nella quale persero la
vite i poliziotti Carlos Urbina Méndez y Fredy Molina Jiménez,
e risultarono feriti i poliziotti Ismael Hernández Cruz, Julián
Roblero Roblero, Edgar Méndez Reyes, Rósemberg Silvestre
Francisco e Rafael Domínguez Hernández.
Per i fatti precedenti, il coordinamento della Comunicazione Sociale
del Governo dello Stato emise il comunicato di stampa numero 2071 nel quale
si accusavano direttamente "membri dell'organizzazione Xi' nich di
aver aggredito a colpi di pistola poliziotti disarmati" ; per questo,
la Procura Generale della Giustizia dello Stato aprì la pratica
legale numero 166/CAJ7/997.
Posteriormente, Comunicacion Social emise il comunicato 2073 nel quale
accusava il sacerdote Gonzalo Rosas Morales come "responsabile diretto
dell'aggressione" agli elementi di Sicurezza Pubblica ; e nello stesso
bollettino, informava che la PGJE era in qualità di testimone a
carico.
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I sacerdoti erano stati presenti il sabato mattina alla marcia per il
Giorno Internazionale della Donna nella città di Palenque e quando
al ritorno si stavano dirigendo verso San Martin El Chamizal, nelle loro
rispettive camionette, furono intercettati e arrestati dalla Unione di
Allevatori di questa località.
Geronimo Alberto Hernandez fu trasportato con due dirigenti dell'organizzazione
Xi'nich per via terrestre alla capitale dello stato e Gonzalo Rosas Morales,
in elicottero.
La domenica 9 marzo del 1997, un gruppo di avvocati del Centro dei Diritti Umani del Fray Bartolomè de Las Casas e Miguel Augustin Pro, capeggiati da Pilar Noriega , Federico Anaya y José Montero, cercarono i detenuti nelle celle d'isolamento della PGJE, Sicurezza Pubblica e nel penitenziario di Cerro Hueco, senza alcun risultato; presentarono, allora, un ricorso a favore degli incolpati perché il governo non continuasse a cercare di "guadagnare tempo per fabbricare delitti", però fu rifiutato dal giudice Secondo del Distretto con sede in questa capitale.
Nel frattempo, la Compagnia de Jesus, attraverso Mario Lopez Barrio,
provinciale dell'organizzazione a cui appartengono i sacerdoti, rifiutò
l'accusa dichiarando che la detenzione era una "provocazione contro
lo stato di diritto, la pace e i diritti umani" e domandò la
libertà dei detenuti.
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Le reazioni non si fecero aspettare. Mentre il vescovo Samuel Ruiz Garcia
era in Europa, dove ricevette la laurea ad honorem dall'Università
di Barcellona, in Spagna, le organizzazioni sociali, civili, indigene,
eccetera, del Chiapas e del Distretto Federale principalmente, manifestarono
per la libertà dei sacerdoti.
Ugualmente, i poliziotti, in solidarietà con i compagni, a Palenque,
Chiapas, marciarono manifestando con delle bare; in detta marcia esigevano
il castigo per i sacerdoti menzionati "per aver capeggiato l'imboscata".
Quelli che chiamarono in causa i sacerdoti nel processo giuridico 166/CAJ7/97
erano il comandante di Sicurezza Pubblica Antonio del Carmen López
Nuricumbo e gli ufficiali José Darwin Esponda Camacho, Ruelino Ortiz
Martínez, José Alejandro Ruiz Guillén e Víctor
Manuel Ramos Méndez.
Il vescovo Raul Vera, coadiutore della Diocesi che presiede il vescovo
Ruiz Garcia, fece visita ai gesuiti incarcerati e considerò di fronte
ai mezzi di comunicazione che i fatti erano "una questione politica
che pretende di togliere credibilità e fiducia al lavoro della chiesa
nello stato". Affermazioni con cui coincidevano i legislatori federali
del PRD Mario Saucedo e Juan Guerra, che il procuratore Jorge Enrique Hernández
Aguilar si rifiutò di ricevere.
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Da parte sua, la Conferenza Episcopale Messicana, condannò la
violenza ed esigette la costruzione di un vero stato di diritto; così
disse che le autorità "violarono i diritti fondamentali e l'integrità
fisica dei sacerdoti detenuti". Di fronte alle denunce emesse da differenti
settori non governativi la Commissione Nazionale dei Diritti Umani, attraverso
il suo presidente, Mirelle Rocatti, informò che avrebbe indagato
sull'arresto dei sacerdoti gesuiti.
Nel mentre, le marce si facevano sempre più quotidiane nei municipi
della regione e della capitale del paese.
Nella dichiarazione di fronte al giudice quarto penale del distretto
giudiziario di Tuxtla Gutierrez, Fausto Blas Lopez, i detenuti negarono
tutti i carichi di imputazione e riaffermarono che erano state violate
le garanzie individuali nell'essere detenuti senza ordine di arresto fatto
da un giudice, inoltre denunciarono che erano stati per molte ore nell'impossibilità
di comunicare e sottoposti a torture psicologiche.
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Antonio Garcia de Leon, nella sua intelligente collaborazione con la
Jornada, scoprì nel suo archivio storico che l'arma da fuoco calibro
38, marca Star, immatricolata con il numero S735977, che presuntamente
ritrovarono nella borsa a padre Geronimo Hernandez, era la stessa che undici
anni fa apparì negli atti del Ministero Pubblico come l'arma portata
dall'allora giornalista e dirigente contadino Jorge Enrique Hernandez Aguilar,
nel blocco stradale nel maggio del 1986. L'arma da fuoco, era stata persa
da un generale della settima regione militare in uno "sgombero pacifico"
dove ci furono morti, feriti, sparizioni e detenuti.
Nei sei giorni di intensa attività giuridica sul caso dei gesuiti,
Geronimo Hernandez disse che "è incredibile il razzismo esistente
in Messico e nel Chiapas. I gruppi di potere credono che gli indigeni non
abbiano la capacità di vedere e risolvere i propri problemi, li
credono inferiori e questo li fa credere che dietro di loro ci siano gruppi
che li manipolano, senza sapere che loro stessi stanno generando le proprie
richieste e noi rappresentiamo un elemento scomodo per certi gruppi al
potere".
Da parte sua, Francisco Gonzalez Gutierrez, dirigente dell'organizzazione
Xi'nich, ricorda che "questa non è la prima volta che applicano
questo trattamento. Vogliono che torniamo indietro, ma si sbagliano perché
le comunità indigene si stanno sollevando e mai più torneranno
a dormire. Pensano che prendendo i sacerdoti torneremo ad essere quelli
che eravamo".
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Così, dopo una guerra di bollettini fra Governo e Chiesa, furono
liberati i sacerdoti gesuiti Gerónimo Hernández e Gonzalo
Rosas, e i dirigenti contadini di Xi'nich Francisco González e Ramón
Parcero perché "non si provò sufficientemente la probabile
responsabilità penale nell'aver commesso i delitti loro attribuiti,
però che all'apparire di altri elementi probatori che irrobustiscano
le dichiarazioni contenute fino al momento nell'indagine, si procederà
nei termini legali conseguenti", secondo un comunicato del Potere
Giudiziario dello Stato del Chiapas. Il passato giovedì 13 marzo,
all'incirca intorno alle 11 della mattina, le quattro persone detenute
abbandonarono il Centro di Riabilitazione e Prevenzione Sociale numero
1 del penitenziario di Cerro Hueco. Le reazioni di fronte alla notizia
non si fecero aspettare. Il governatore dello stato ribadì che "non
c'è campagna di aggressione contro la chiesa, si applicò
solo la legge". Di fronte all'arbitraria detenzione, il gruppo di
difensori dei gesuiti, capeggiato da Federico Anaya e Pilar Noriega, presenteranno
una lamentela di fronte alle autorità corrispondenti "per mancanza
di impartizione di giustizia"
(ESTE SUR 129/CHIAPAS)
(Tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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