il manifesto

22 Gennaio 1998


Un mondo per il Chiapas

In Chiapas arrivano centinaia di volontari da ogni parte del mondo. Aiutano le comunità indie zapatiste a diventare economicamente autonome, ma devono scontrarsi con la "guerra sporca" dell'esercito e delle bande armate filo-governative

GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

MERCEDES OSUNA è la coordinatrice di Enlace Civil, l'Organizzazione non governativa con sede a San Cristóbal che orienta gli osservatori stranieri e realizza progetti per dotare le comunità indie filo-zapatiste di un'autonomia economica, oggi più necessaria che mai.

Malgrado l'avversione del governo, Enlace Civil riesce a realizzare un'utile attività di assistenza ai desplazados e alle comunità, strangolate dall'incremento della presenza militare.


Qui in Chiapas vengono visitatori da molti paesi per partecipare agli "accampamenti di pace" e svolgere attività di osservazione; un'iniziativa che non è certo ben vista dal governo messicano. Che rischi corrono in concreto questi giovani?

Di questi tempi, in Chiapas, con tutti i posti di blocco militari e della polizia immigratoria, gli stranieri non hanno la vita facile, specialmente se sono sudamericani. E' possibile che la Migración ordini di abbandonare il paese in cinque o dieci giorni: è già successo con molti argentini e brasiliani. Se poi si visitano municipi filozapatisti come Las Margaritas, Ocosingo, Chenalhó, Altamirano, Bochil, che sono considerate zone proibite, i rischi di espulsione aumentano, anche se nessun ufficio del turismo avverte sull'esistenza di limitazioni alla libertà di movimento. Ma queste limitazioni, di fatto incostituzionali, esistono, e un giovane visitatore può venire citato all'ufficio della Migración di San Cristóbal, sottoposto a un interrogatorio e, secondo l'umore del delegato, invitato perentoriamente a lasciare il paese entro pochi giorni.

Mi ricordo il caso, piuttosto appariscente, di una dozzina di stranieri che furono espulsi nel marzo scorso per aver partecipato ad una manifestazione...

In realtà non stavano partecipando. Stavano solo osservando la manifestazione, facevano fotografie, intervistavano i manifestanti. Di fatto, questa politica va avanti dal 1995 e funziona ancora adesso. Da quando la Migración ha posti di blocco speciali a Zaragoza, San Quintín, Puerto Caté, Altamirano, Ocosingo e Palenque ci sono stati molti problemi.
Nell'ultimo anno si sono verificate almeno una ventina di espulsioni.
L'ultimo caso è stato quello dell'italiano Riccardo Vitale, che è stato praticamente sequestrato dalla Migración qui a San Cristóbal, trasferito a Città del Messico e messo su un aereo, senza che gli fosse permesso di telefonare a un amico, avvisare l'ambasciata o procurarsi un avvocato. Tra l'altro, non solo è semplicemente incostituzionale limitare la libertà di movimento, ma anche mettere posti di blocco immigratori così distanti dalla frontiera.

Oltre ad orientare gli osservatori internazionali, che attività svolge Enlace civil?

Siamo una Ong che realizza vari progetti, sia sociali che produttivi. Sono progetti di salute, educazione, agroecologia e radiocomunicazione per le comunità. Stiamo lavorando per dare alle comunità delle emittenti radio, gestite da loro, che trasmettano nelle varie lingue maya. Come organizzazione siamo nati formalmente nel 1996, ma molti del nostro gruppo lavorano già da prima in progetti di cooperative di produzione nelle comunità. I nostri progetti attuali nascono tutti da esplicite richieste delle comunità en resistencia.

E a che punto sono questi progetti?

L'unico ancora sulla carta è quello delle stazioni radio. Gli altri tre sono già in marcia. Quello educativo, nell'Aguascalientes (una delle cinque entità amministrative che dividono le zone zapatiste, ndr.) de La Realidad, va avanti già da un anno e abbiamo creato un centro per la formazione di educatori. Il nostro obiettivo è quello di formare almeno due maestri per comunità. Stiamo formando anche maestri per alfabetizzare gli adulti. Fra i problemi educativi c'è anche quello della diserzione dei maestri, che hanno smesso dal 1994 di lavorare nelle zone di conflitto o quello di certi municipi autonomi, come Roberto Barrios, che emettono certificati di nascita, indispensabili per iscriversi, che non vengono poi accettati dalle scuole. In altri municipi ancora, come è il caso di Chenalhó, le scuole sono occupate dall'esercito e trasformate in caserme.

E nel campo della sanità?

Stiamo costruendo una clinica nell'Aguascalientes de La Realidad, dotata di un'ambulanza e di un pronto soccorso. L'obiettivo è quello di equipaggiare una clinica in ognuno dei cinque Aguascalientes e il prossimo passo è quello di costruire una sala operatoria e un laboratorio di analisi cliniche a Oventic. Stiamo cercando i fondi per questo. Nel campo agroecologico, stiamo formando degli istruttori che insegnino la produzione di caffè organico, riso e ortaggi per la commercializzazione.
Sono progetti volti a costruire l'indipendenza economica delle comunità.

Tornando ai visitatori stranieri, chi sono in maggioranza e cosa vengono a fare?

La maggioranza assoluta, almeno di quelli che vengono a trovarci, è costituita da giovani italiani, che saranno il 60-70 per cento. Poi ci sono baschi, spagnoli, francesi, tedeschi, statunitensi, greci e sudamericani.
Vengono per visitare le comunità, condividere le condizioni in cui vive la gente, fare attività di osservazione e ritornare nelle loro realtà documentando quello che hanno visto.

Puoi suggerire un breve codice di comportamento per questi visitatori?

Normalmente vengono con l'accreditamento di qualche gruppo o associazione del paese di origine e, in genere, con un minimo di informazioni preliminari. Qui ci limitiamo a dargli alcune indicazioni sul comportamento da tenere nelle comunità, come l'astensione dalle droghe e dall'alcol, fare il bagno nei fiumi rispettando la divisione tra uomini e donne e il senso del pudore delle comunità, il comportamento da tenere con l'esercito federale e cose del genere. Certo non possiamo controllare il comportamento di tutti quelli che vengono.

Quali sono i maggiori problemi delle comunità che resistono?

In questo momento sono i gruppi paramilitari che stanno proliferando nelle zone considerate filo-zapatiste. Sono sovvenzionati dal governo e addestrati dai militari e utilizzano metodi come quelli dei kaibiles guatemaltechi. Saccheggiano le comunità e seminano il terrore, con violenze e stragi come quella di Acteal. Ogni giorno nascono nuove sigle e si stanno espandendo dal nord dello stato alla regione degli Altos.

Le stesse televisioni filogovernative ammettono che in Chiapas ci sono attualmente più di dodicimila "desplazados" che vivono in condizioni disumane. Che iniziative efficaci può assumere la solidarietà internazionale?

Credo che se tutti scrivessero al governo messicano, esigendo il ritiro dell'esercito, il disarmo delle bande paramilitari e il rispetto degli accordi di San Andrés, questo tipo di pressione produrrebbe sicuramente degli effetti. La situazione delle comunità espulse è particolarmente drammatica, perché quest'anno non possono contare su nessun raccolto, e se non ci sono le condizioni di un ritorno in primavera perderanno anche il prossimo raccolto e tutto sarà ancora più grave.

E se qualcuno in Italia volesse aiutare concretamente?

Per contribuire ai quattro progetti cui accennavo prima, raccogliamo fondi nella banca Bancomer, a nome di Enlace Civil A.C., conto in dollari n. 1000754-2, plaza: 437-2, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas.

Per un aiuto umanitario immediato si possono mandare contributi sempre alla banca Bancomer, a nome di Mercedes Osuna, conto di credito n. 4555-4541-0000 1577, plaza: 437, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas.


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