La Jornada 20 dicembre 1998
Ad un anno dal crimine, le conclusioni della PGR nel Libro bianco
Juan Manuel Venegas e Roberto Garduño ¤
La Procura Generale della Repubblica (PGR) ha concluso che il massacro di 45 indigeni nella comunità di Acteal ha avuto la sua origine nelle dispute sociali, politiche e ideologiche tra gli abitanti del municipio di Chenalhó; è stato anche, aggiunge nel Libro bianco reso noto alla opinione pubblica, "conseguenza indiretta" dell'esistenza dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che opera in questa zona dal 1995.
Ad un anno dal massacro, il Ministero Pubblico Federale (MPF) ha offerto un'ampia relazione - in cui non fa nessun riferimento ai gruppi paramilitari che operano in territorio chiapaneco - dei fatti che hanno preceduto il crimine di massa, delle indagini che ha sviluppato durante questi 12 mesi e delle conclusioni a cui è arrivato dopo l'arresto di 328 persone coinvolte negli avvenimenti.
La relazione, che è stata resa nota col nome Libro bianco - perché contiene documenti ufficiali -, avverte che il pluriomicidio di Acteal "s'inquadra in un ambiente di disprezzo dello stato di diritto, allorquando si diffonde la convinzione che l'unica giustizia possibile è quella che si esercita con le proprie mani. E lo stato di diritto, di per sé storicamente precario in queste zone emarginate del paese, si è deteriorato ancor di più sotto la spinta da un lato, di quelli che predicano la non osservanza delle leggi e la mancanza di rispetto delle istituzioni in nome di una nuova legalità rivoluzionaria e dall'altro di quelli che suppongono che una precedente iscrizione formale alle istituzioni significa un'autorizzazione ad infrangere la legge".
Per la PGR il massacro è stato possibile per "la sorprendente assenza di canali e di istituzioni per la soluzione pacifica dei conflitti e per la riconciliazione dei diversi interessi politici delle comunità".
Chenalhó è uno dei municipi indigeni più grandi della regione di Los Altos del Chiapas, con una estensione di 139 chilometri quadrati dove abitano più di 30 mila persone delle quali la maggioranza parla tzotzil e la minoranza tzeltal. Sul totale della popolazione, il 33 per cento è monolingue ed il 51 per cento analfabeta, secondo gli studi sulla popolazione dell'INEGI del 1994.
Questo municipio si trova diviso in tre grandi territori o comunità indigene: San Pedro, Santa Marta e Magdalenas. Nel 1990 si stimava che fosse abitato da 27.022 pedranos, 2.178 chamulas, 2.570 magdaleneros e 1.160 marteños, tutti distribuiti all'intorno in 100 comunità e ejidos.
Conflitti "intercomunitari"
Santa Marta e Magdalenas hanno una relazione storicamente tesa e conflittiva con gli abitanti di San Pedro e si considerano oppressi da questi ultimi. Inoltre, nessuno degli abitanti delle prime due comunità è mai stato presidente municipale di Chenalhó o ha mai occupato incarichi rilevanti nelle cricche del potere municipale.
Alcuni dei conflitti e dei fatti di violenza accaduti nella regione sono sorti dal rifiuto di famiglie e di comunità a cooperare con le autorità politiche tradizionali dei loro municipi o delle loro comunità. Generalmente i problemi sono vincolati a diritti di accesso alla terra o allo sfruttamento delle risorse naturali della regione e finiscono sempre con l'espulsione e la distruzione dei beni o la perdita delle terre e dei prodotti di qualcuno dei contendenti.
Grazie a questa spiegazione, la PGR presenta nel suo Libro bianco su Acteal il racconto di una serie di scontri, omicidi e espulsioni che sono successi in questa regione chiapaneca per dispute sulla terra, politiche e religiose, fino ad arrivare ai tragici fatti successi un anno fa.
Le 45 persone assassinate il 22 dicembre 1997 appartenevano al gruppo Las Abejas, la cui origine data dal 9 dicembre 1992, quando tre indigeni del Raggruppamento dei Popoli Credenti sono stati accusati dell'omicidio di Vicente Gutiérrez Hernández. Las Abejas sono sorti così come risultato di un sopruso delle autorità ed hanno ottenuto il loro primo successo: in un mese sono riusciti ad ottenere la libertà dei presunti responsabili del suddetto crimine.
Nel gennaio del 1994 si è formata la Società Civile Las Abejas. Già in scena l'EZLN e già iniziato il conflitto armato nelle Vallate, i componenti di questo raggruppamento - secondo le testimonianze raccolte dalla PGR - hanno deciso di non allinearsi al movimento zapatista e al contrario si sono nominati come i primi "rappresentanti di pace" ed hanno deciso che "noi siamo un gruppo di pace, di non violenza, per cui non staremo né al fianco del PRI o del governo, né dalla parte dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale".
E così come Las Abejas hanno definito la loro posizione, "sicuramente" lo hanno fatto anche i simpatizzanti del municipio costituzionale di Chenalhó, quelli del Partito Cardenista e quelli che hanno propeso per le idee dell'EZLN, riferisce la PGR ed aggiunge che nonostante la "posizione indefinita di Las Abejas, la loro relazione principale era con il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, dipendente dalla diocesi di San Cristóbal".
Al momento della formazione del consiglio municipale autonomo di Polhó - una delle 100 comunità di Chenalhó -, che "si autoproclamò nell'aprile del 1996 come autorità di fatto del municipio, i simpatizzanti priisti e del Partito Cardenista hanno ripudiato la sua autorità ed hanno continuato a riconoscere le istanze ufficiali come le uniche legalmente costituite; intanto, Las Abejas non hanno mai dato dimostrazione evidente di prendere effettivamente le distanze da detto consiglio né dalle sue azioni. È per questo che i simpatizzanti del municipio di Chenalhó e del Partito Cardenista pensano che Las Abejas siano zapatisti".
Questo giudizio, secondo la PGR, ha portati priisti e cardenisti ad espellere dalle loro comunità i componenti di Las Abejas, che si sono visti costretti a costruire vari accampamenti, tra di cui quello nei paraggi di Acteal, dove è successo il massacro.
Il MPF attribuisce alla disputa del banco di sabbia di San José Majomut l'antecedente diretto degli scontri fra priisti-cardenisti e Las Abejas, che ubica come simpatizzanti del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) e dell'EZLN.
Il terreno in questione è stato acquistato dalla Segreteria della Riforma Agraria (SRA) agli inizi del 1995 per essere consegnato ai beneficiari che si erano costituiti nella Società di Solidarietà Sociale Campano Vits (campana del monte). Il 13 agosto 1996, "un gruppo di quattordici persone guidate da Javier Ruiz Hernández, presidente del consiglio municipale autonomo di Polhó, con machete in mano, così come armi da fuoco, occuparono con la violenza il banco di sabbia, dichiarando che tutto quello che esiste come patrimonio della nazione è di tutti e tutto ciò che dà in concessione il governo sarà spodestato dalla gente che simpatizza con l'EZLN... Gli indigeni del municipio autonomo si sono dichiarati amministratori del banco di sabbia".
La PGR afferma che a partire da quella dichiarazione i simpatizzanti del municipio autonomo hanno minacciato ed hanno assassinato componenti del Partito Cardenista ed hanno impedito con la violenza che le autorità costituzionali usufruissero della sabbia del Campano Vits. Di fronte alle aggressioni sofferte - insiste il documento -, ejidatari affiliati al Partito Cardenista hanno sollecitato l'intervento dei governi federale e statale "per evitare aggressioni, sequestri, minacce di morte e invasioni di terra da parte di suddetti autonomi zapatisti".
In questo clima, i simpatizzanti o componenti di una e dell'altra banda si sono armati, senza che le autorità facessero niente per arrestare l'ondata di scontri, aggressioni, minacce, sparizioni e omicidi che si sono inaspriti tra i mesi di settembre e dicembre dell'anno scorso. Secondo la PGR, tanto gli zapatisti come i gruppi di "autodifesa" cardenisti e priisti avevano armi di alto calibro: AK-47 e R-15.
Le settimane ed i giorni precedenti
L'intensità dei conflitti "ha obbligato" i priisti-cardenisti a sollecitare la presenza dell'Esercito Messicano, dato che assicuravano che "i zapatisti si addestrano, fanno pagare lungo la strada un'imposta di guerra e in varie comunità non lasciano più seminare quelli che non simpatizzavano con loro. Di fronte all'indifferenza del governo ed alla caparbietà degli zapatisti nel continuare ad imporre la loro volontà, ci difenderemo da qualsiasi aggressione".
Secondo quanto dice la Procura, le autorità municipali di Chenalhó hanno fatto un appello all'EZLN e al PRD perché esortassero i loro militanti e simpatizzanti ad incanalare la loro lotta in modo pacifico. Durante i giorni 25, 26, 27 e 28 novembre si sono effettuati dei tentativi da parte dei governi statale e federale per il ritorno dei profughi priisti-cardenisti delle località di Chimix, La Speranza, Pechiquil, Tzajacalum, Canonal, Aurora Chica e Bajoveltic. La PGR spiega che gli zapatisti ed i perredisti profughi di Polhó, Acteal, Xoyep e Poconichim hanno rifiutato l'aiuto che si è offerto loro.
"Quasi nessuno dei fatti delittuosi accaduti prima dei lamentevoli fatti di Acteal è stato perseguito e punito in termini di legge e ciò ha accresciuto le tensioni ed ha dato via libera a scenari con soluzioni di volta in volta più violente", dice il Libro bianco della PGR.
In un lasso di dodici mesi c'erano stati 35 omicidi di uno e dell'altro lato; in questo contesto la PGR ubica l'aggressione che il 17 dicembre 1997 ha sofferto un gruppo di priisti - quando è stato assassinato Agustín Vázquez Secum - come "la goccia che fa traboccare il bicchiere" e che ha provocato il massacro dei 45 indigeni tzotziles nei paraggi di Acteal.
Ed è che prima di questo crimine, "su istanza del governo dello stato" e con la mediazione della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai), del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, della Commissione Nazionale dei Diritti Umani e della Commissione Statale dei Diritti Umani, si erano riuniti nella comunità di Las Limas, rappresentanti del municipio di Chenalhó, del consiglio municipale autonomo di Polhó e del Partito Cardenista.
C'erano state tre riunioni (il 2, il 5 ed il 11 dicembre) senza che si arrivasse a nessun accordo tra le parti. Sul tavolo sono stati messi temi come il disarmo dei gruppi antagonisti, la diminuzione della violenza, la necessità di rafforzare la presenza degli elementi di polizia di sicurezza pubblica, il disarmo delle guardias blancas e dei gruppi paramilitari, il ritorno dei profughi ai loro luoghi di origine e il banco di sabbia di Majomut. Niente ne è venuto fuori.
Il 22 dicembre 1997
Per la PGR la formazione del consiglio municipale autonomo di Polhó e la sua vicinanza con lo zapatismo "ha portato ad altri livelli di violenza i tradizionali conflitti tra le comunità ed il fattore che ha potenziato i violenti scontri tra entrambi le parti è stata l'espropriazione del banco di sabbia di Majomut da parte del municipio autonomo, danneggiando i legittimi proprietari".
Aggiunge che di fronte all'assenza della giustizia in Chenalhó e di politiche ferme di sicurezza pubblica, i simpatizzanti del municipio costituzionale ed i membri del Partito Cardenista hanno formato in ciascuna comunità delle loro proprie "commissioni di sicurezza e di vigilanza per controllare l'ordine e per proteggersi di fronte alla presenza delle basi di appoggio dell'EZLN nel municipio".
Qualifica di "assolutamente ingiustificabile" il fatto che elementi della Polizia di Sicurezza Pubblica siano stati coinvolti nell'azione o addirittura nell'equipaggiamento di queste commissioni di sicurezza, "che più che corpi di autodifesa, hanno finito per trasformarsi in unità sotto il comando dei caciques" regionali.
La PGR sottolinea nella sua relazione un fatto che attribuisce per lo meno ad atto di omissione e di negligenza delle autorità statali: la presenza sul luogo del massacro del generale ritirato Julio César Santiago Díaz, allora direttore della Polizia Ausiliare e coordinatore dei consiglieri della Direzione di Sicurezza Pubblica dello stato. Questi aveva viaggiato da Tuxtla Gutiérrez a Chenalhó la mattina di quel fatidico giorno e per più di due ore - tra le 12 e le 2 del pomeriggio - è rimasto sulla sua camionetta all'entrata della comunità di Acteal. Questo ex funzionario, adesso sotto processo, ha riportato "non ci sono novità..."
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
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