La Jornada – Mercoledì 7 gennaio 2009
Essere in tanti ci permetterà di sopravvivere alla catastrofe che si avvicina - dichiara a chiusura del festival
Marcos ai sostenitori dell’EZLN: “Non facciamo della nostra forza una debolezza
Hermann Bellinghausen

San Cristóbal de las Casas, Chis., 6 gennaio - "Vogliamo dirvi, chiedervi, di non fare della nostra forza una debolezza. L'essere in tanti e tanto differenti ci permetterà di sopravvivere alla catastrofe che si avvicina e creare qualcosa di nuovo. Vogliamo chiedervi che anche questo nuovo sia differente". Con queste parole il subcomandante Marcos ha riassunto ieri sera il messaggio principale della delegazione zapatista a chiusura del primo Festival della Degna Rabbia.

"Voi e noi abbiamo visto e sentito questa rabbia accumulata", ha detto davanti ai presenti che affollavano le sale dell'Università della Terra fino all'ultima sessione dell'evento.

"A noi non preoccupa chi, o come, o con che cosa si dirigerà questa rabbia. Non ci preoccupa la velocità del sogno. Abbiamo imparato a fidarci delle persone. Non hanno bisogno di chi li guidi. Si dotano delle proprie strutture per lottare e vincere. Prendono nelle proprie mani i loro destini, e lo fanno meglio dei governi che vengono imposti da fuori".

Invece, "ci preoccupa la direzione e la destinzione", ha detto. E che "il mondo che partorirà la nostra rabbia somigli a quello che oggi subiamo". Ha ammesso che "l'EZLN ha avuto la tentazione dell'egemonia e dell'omogeneità". Ma "i popoli ci hanno insegnato che ci sono molti mondi e che è possibile e necessario il mutuo rispetto". Con L'Altra Campagna non ci siamo proposti di organizzare e guidare tutto il Messico".

Riprendendo un concetto del pensatore Jean Robert, ha dichiarato: "Riconosciamo i nostri limiti, le nostre possibilità, la nostra 'dimensione' ". Si è pronunciato "per mettere in relazione le nostre rispettive dimensioni, affinché il paese che ne risulti, il mondo che verrà, sia formato dai sogni di tutti e di ogni diseredato".

Nella prima parte del suo intervento intitolato "Alcuni morti degni e rabbiosi", Marcos ha risposto, senza citarne i nomi, alle domande di Jesusa Rodríguez e Liliana Felipe pubblicate questo lunedì da La Jornada:

"Due persone che amiamo e rispettiamo, forse con loro dispiacere, ci domandano cosa givi al movimento zapatista il fatto che Marcos denigri il movimento lopezobradorista. E che ogni volta che compaio davanti ai media lo faccio, tra le altre cose, per insultare AMLO. Bene, non sono davanti ai media, sono passati i tempi, ma sto ascoltando persone che lottano e pensano in diversi angoli del pianeta".

C'è stato tempo per spiegare come il CCRI-CG dell'EZLN organizza il suo lavoro. Ha spiegato che i popoli zapatisti formano zone. Ognuna "ha una struttura organizzativa, ora parallela a quella di autorità autonoma" dove c'è "un comando collettivo organizzativo". Non militare, ha sottolineato.

Tzotziles, tzeltales, tojolabales, choles, zoques, mames e meticci "hanno i loro problemi e 'modi' di affrontarli o risolverli". L'EZLN è "un ponte di unione tra le zone". Inoltre, "gli tocca" rappresentarli all'esterno.

Così, "anche se è comandante negli Altos, Hortensia non parla a voi degli Altos, per sua voce parla la voce dell'EZLN". Lo stesso è per "chiunque" del CCRI-CG. "Quando Marcos o chiunque di noi parla in pubblico", non lo fa "a titolo personale".

Ha ricordato che nel 2006, durante la carovana dell'Altra Campagna e "nei giorni più vergognosi" della repressione ad Atenco, "siamo stati insultati ed aggrediti in atti pubblici e riunioni da parte del movimento lopezobradorista. Se abbiamo resistito 500 anni di tentativi di dominazione ed annichilimento, 25 nelle montagne, 15 di assedio militare, non vediamo perché non potremmo resistere alle grida isteriche, alle calunnie, alle bugie, alle denigrazioni ed ai veti giornalistici del lopezobradorismo”.

I partiti politici, ha detto, "possono dire una cosa e fare il contrario". Questo si constata "in qualsiasi posto in cui sono al potere", perché "il loro criterio di congruenza è un altro. Per loro è la quantità che possono mobilitare, non importano i metodi". Invece, "noi pensiamo che ognuno deve essere responsabile di quello che dice e fa". L'EZLN è sempre stato responsabile, e ci mette la vita".

Ha sfidato a che "ci dicano chi dei nostri 'alleati' sono persecutori, discriminatori ed assassini di indigeni. Noi sì abbiamo detto chi dei loro dirigenti e 'alleati' lo sono. Chi perseguita, vessa e taglia l'acqua ai nostri compagni zapatisti di Zinacantán sono quelli della CND lopezobradorista". Ha affermato che "dentro e fuori" del suo territorio "sono simpatizzanti di AMLO; chiaro, oltre al governo federale, statale, municipale, i mezzi di comunicazione (ora tutti) l'Esercito, la polizia statale, la AFI, il Cisen, la CIA e gli amici che li sostengono".

Marcos ha chiesto a cosa è servito al lopezobradorismo "allearsi coi Núñez, Monreal, Muñoz Ledo, Sabines, Albores, Kanter, Iruegas, gli ex funzionari indigeni di Fox e quelli che votarono contro gli Accordi di San Andrés". Dove sono al governo "sgomberano, espropriano, reprimono, sfruttano, discriminano, corteggiano il potente e consegnano le ricchezze naturali allo straniero".

Che cosa serve al movimento lopezobradorista, domanda, "non vedere né sentire i morti che sono di sua responsabilità. Possono dire che questo non è AMLO". Ciò nonostante, ha detto, "un dirigente deve essere responsabile di quello che dice e fa lui ed il suo movimento. E così anche i membri di un movimento".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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