La Jornada - Los de Abajo - Sabato 3 gennaio 2009
Gloria Muñoz Ramírez
15 ANNI

Piccoli e con tutto contro, degni, rivolti in avanti, liberi in mezzo alla precarietà, resistendo alla persecuzione esterna ed alle mille sfide interne, innalzando i sogni di migliaia di persone in tutto il mondo, i popoli zapatisti del Chiapas compiono i loro primi 15 anni di lotta ed organizzazione, mentre, lo stesso giorno, a poca distanza, una piccola isola dei Caraibi celebra mezzo secolo di rivoluzione. Niente di più ozioso che i paragoni di due casi storici irripetibili. Valga la coincidenza della data per risaltare la grandezza di due insurrezioni che continuano ad essere, benché per diversi motivi, ispirazione e speranza per il mondo che si oppone al capitalismo.

Le strade di Santiago, a est di Cuba, si riempiono di gente di tutto il pianeta. È mezzo secolo dall'entrata vittoriosa dell'esercito ribelle nella città e, come si dirà nell'atto commemorativo, ancora tutto rischia di crollare. Il popolo cubano si aggrappa ai suoi trionfi in salute, educazione, scienza, arte e sport. Quest'anno tre uragani hanno scosso l'isola e l'austerità si avverte ad ogni angolo, ma non c'è posto per la disperazione. E tanto meno nella città si Santiago, culla del son e del rum, tomba di José Martí ed origine di tutte le battaglie indipendentiste di questo paese.

Primo gennaio 1959. Un esercito trionfa a Cuba ed i suoi dirigenti prendono le redini del cambiamento. Primo gennaio 1994. Un esercito ribelle, uno molto altro, si alza in armi nel sudest messicano, dichiara guerra all'Esercito federale ed al governo messicano ed intraprende una strada diversa. Non si pone la presa del potere, ma la presa dei mezzi di produzione e l'esercizio di fare politica in altro modo, includente, dal basso, di sinistra ed anticapitalista.

L'ispirazione del trionfo cubano incoraggia, come in tutta l'America Latina, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), benché l'insurrezione maya costruisca abbondantemente la propria strada. Si sente un affetto molto speciale nelle comunità verso il popolo di Cuba. Nella Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona c'è un messaggio chiaro degli zapatisti: "E vogliamo dire al popolo di Cuba, che resiste da molti anni sulla sua strada, che non è solo e che non siamo d'accordo col blocco che subiscono e che vedremo il modo di mandare qualcosa, magari mais, per la loro resistenza". La promessa zapatista si realizza ed un carico di mais parte dalla selva verso il porto di Veracruz, e da lì verso l'isola dei Caraibi. Poco si sa dell'accoglienza cubana, ma hanno ricevuto questa piccola dimostrazione di solidarietà dei più poveri che, come loro, non si fermano quando si tratta di fratelli ed offrono quello che hanno e perfino quello che non hanno. Congratulazioni.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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