La Jornada – Mercoledì 23 aprile 2008
Il Centro Fray Bartolomé chiede la scarcerazione dei due simpatizzanti dell'EZLN
Sono in carcere da 12 anni per un omicidio che le autorità non hanno mai potuto provare - I familiari dei due indigeni reclusi sono in sciopero della fame all'esterno del carcere
Hermann Bellinghausen

"Vogliamo che li liberino. Io avevo 11 anni quando si sono portati via mio papà", dice Prisciliano Pérez Gómez, di 23 anni, figlio di Ángel Concepción Pérez Gutiérrez e nipote di Francisco Pérez Vázquez, che sono in carcere da quasi 12 anni. I due contadini choles della comunità Huapacal (municipio autonomo El Campesino, Chiapas) si trovano nella prigione di Tacotalpa, Tabasco, condannati a 25 anni per un "omicidio aggravato" che non è mai stato provato.

Questo "durante un procedimento penale in cui non è stato garantito il diritto ad un giusto processo", ha denunciato ieri il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) in un appello urgente per chiedere la liberazione di Ángel e Francisco, che da lunedì sono in sciopero della fame.

Prisciliano ha confermato che familiari dei due indigeni sono in sciopero della fame all'esterno della prigione di Tacotalpa, ed ha dichiarato: "Mio papà è malato". Al riguardo il CDHFBC chiede, oltre a "libertà immediata e risarcimento dei danni causati dallo Stato messicano a Francisco, Ángel ed alle loro famiglie", assistenza medica urgente "da parte di specialisti esterni alla prigione e di eseguire le analisi cliniche del caso".

In un comunicato, il CDHFBC sottolinea: "Sono detenuti politici, arrestati nel 1996 nel contesto della persecuzione contro i membri dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). La Giunta di Buon Governo di Roberto Barrios 'Nueva semilla que va a producir' li riconosce come basi di appoggio, li considera prigionieri politici e chiede la loro immediata liberazione".

Nel secondo giorno di protesta, L'Altra Campagna in Tabasco ed il Fronte Nazionale Contro la Repressione denunciano che le autorità non permettono le visite neanche dei parenti. Ángel e Francisco, diabetici, soffrono di dissenteria. Il primo si dice pronto ad arrivare "fino alle estreme conseguenze", mentre i sostenitori al presidio sono intimorito da "brutti ceffi che vanno e vengono con sguardi assassini".

La Voz del Amate, aderente all’Altra Campagna ed il “Grupo Zapatista” del Centro di Reinserimento Sociale (Cereso) numero 14 del Chiapas, hanno espresso solidarietà con i loro compagni in Tacotalpa: “La resistenza pacifica è degna di rispetto”.

Inoltre, hanno rivolto un appello urgente per denunciare "l'abuso che mette a rischio di morte i nostri sette compagni de La Voz de los Llanos nel Cereso 5 di San Cristóbal de las Casas, Chiapas". Denunciano che i loro compagni sono stati "brutalmente percossi e feriti in tutto il corpo; in questo momento non conosciamo il loro stato di salute", ma sanno che 16 giorni dopo aver concluso uno sciopero della fame durato più di un mese, "erano in pessime condizioni di salute".

La Voz del Amate denuncia che l'aggressione nel Cereso 5, il 21 aprile, "è stato ordinato dal direttore Alejandro Galicia Morales, utilizzando la popolazione carceraria per fini repressivi". Esige la "immediata destituzione e detenzione" del funzionario, "perchè responsabile di questo atto di violazione dei diritti umani e delle garanzie individuali". L'aggressione è avvenuta da parte di altri reclusi che, in presenza della polizia carceraria, li hanno rinchiusi nei bagni e lì sono stati torturati e bastonati. Secondo le vittime de La Voz de los Llanos, ogni aggressore "ha ricevuto 100 pesos ed una dose di marijuana" come compenso per il "lavoretto".

I detenuti di El Amate chiedono un'indagine esaustiva e sollecitano l'intervento di Samuel Ruiz García, vescovo emerito di San Cristóbal, e della società civile. Lamentano questa "mancanza di rispetto nei riguardi dei richiami delle organizzazioni che lottano per la libertà".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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