La Jornada – Venerdì 21 novembre
2008
Jaime Martínez Veloz
EZLN:
primo quarto di secolo
Mentre nel 1983 l'allora presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, lanciava con un grande spiegamento teatrale la sua iniziativa di difesa strategica, denominata Guerra delle Galassie, che supponeva una rivoluzione nella strategia della dissuasione nucleare, nella comunità di Ibarra, municipio di Ocosingo, nelle profondità della selva chiapaneca si davano appuntamento i comandanti, subcomandanti, miliziani e miliziane per formalizzare la formazione dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale: più di 5 mila miliziani, miliziane e comandanti superiori marciarono in una dimostrazione di organizzazione, disciplina e destrezza militare raggiunta in molti anni lavoro e sforzo collettivo.
Mentre il mondo assisteva all'invasione dell'esercito statunitense della piccola isola di Granada, in un luogo appartato del Chiapas un nucleo sempre più grande si organizzava nel rigore del lavoro clandestino.
Quando il Chiapas in termini politici era concepito solo come un serbatoio di voti del PRI, in questo stesso territorio avanzava la creazione dell'organizzazione politica non elettorale più consistente del Messico contemporaneo.
L'apparizione pubblica dell'EZLN il primo gennaio 1994 fu il risultato di molti anni di sforzo ed apprendistato collettivo. Nessuno poté criticare o squalificare le cause né le bandiere zapatiste. Almeno nessuno, tanto meno il governo, aveva l'autorità morale per farlo. Dopo la tappa dello scontro militare la mobilitazione nazionale chiese il silenzio delle armi e risposte per le giuste istanze zapatiste. L'EZLN, benché ben preparato militarmente, accettò la sfida di affrontare sul terreno della politica la soluzione delle sue cause, ma i politici mancarono in questo.
La creazione di uno spazio per la costruzione di accordi e lo sforzo fatto da EZLN, organizzazioni della società civile, la Conai e la prima Cocopa furono gettate nella spazzatura, prima dal governo di Ernesto Zedillo, e poi da quello di Vicente Fox, davanti all'indifferenza e compiacenza delle direzioni di partito.
In parallelo con i dialoghi, il governo finanziava organizzazioni paramilitari per scontrarsi con lo zapatismo con episodi come l'odioso crimine di Acteal o, al colmo della politica rissosa, si fomentarono e promossero presunte diserzioni zapatiste, reclamizzate con la parodia della "consegna delle armi" in cambio di aiuti ufficiali.
In questi anni lo zapatismo ha evitato ogni tipo di provocazione e denigrazione attraverso azioni e lavoro creativo sorto dalle stesse comunità zapatiste.
Dopo il rifiuto delle istituzioni dello Stato Messicano di applicare gli Accordi di San Andrés, l'EZLN ha creato le giunte di buon governo che hanno mantenuto la coesione delle comunità zapatiste, con un atteggiamento di resistenza, che solo con le loro modeste risorse e quelle delle organizzazioni solidali sono andate avanti con i progetti educativi, di salute, di lavoro e di ogni tipo che si sono proposte di realizzare.
È necessario puntualizzare che il detonatore della modifica della geografia politica o la trasformazione dell'infrastruttura statale è stata in larga misura la presenza zapatista. Farlo risulterebbe meschino e sebbene l'EZLN non abbia mai chiesto alcun riconoscimento, la cosa certa è che senza lo zapatismo il Chiapas sarebbe diverso, con problemi più grandi di quelli che attualmente esistono. Tuttavia, in molti casi e luoghi si sono minimizzati gli sforzi dello zapatismo in un inutile tentativo di sminuire la presenza di un'organizzazione che dalla sua apparizione è sopravvissuta quattro presidenti della Repubblica e sette governatori.
L'organizzazione comunitaria e la forza della sua struttura militare non solo sono intatte, ma si sono rinnovate con l'arrivo delle nuove generazioni di giovani, molti dei quali non erano ancora nati quando lo zapatismo percorreva le sue prime tappe.
È vero che le condizioni nazionali sono cambiate e chissà che oggi non si possano concretizzare gli aneliti zapatisti, ma hanno imparato a stabilire i tempi per sapere quando bisogna tacere e quando agire. Bisogna sapere ascoltare i loro silenzi e non fraintenderli.
I loro tempi non sono quelli della politica ufficiale, tanto meno hanno interesse alle dispute palatine, ma non sono nemmeno negligenti né smemorati. Hanno memoria, hanno ricordi, ma non perdono mai di vista l'orizzonte né il loro proposito originale.
Mentre succede tutto questo, come nell'83, quando nessuno pensava agli indigeni messicani, oggi 25 anni dopo, le istituzioni della Repubblica dovrebbero imparare da questa ostinata maestra che si chiama "realtà sociale" ed ammettere che le cause che diedero origine all'insurrezione zapatista continuano ad essere presenti, e che presto o tardi riappariranno nello scenario nazionale, sempre più complesso e contraddittorio.
Congratulazioni agli zapatisti ed al loro primo quarto di secolo.
(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)
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