CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI PROVVISORIE DELLA VI VISITA DELLA CCIODH
MESSICO - FEBBRAIO 2008

CONCLUSIONI

PRIMA

A seguito della sua VI visita e sulla base delle 280 interviste e più realizzate a un totale di 596 persone, la CCIODH ritiene che la situazione dei diritti umani in Messico sia estremamente critica. Indipendentemente dal settore concernente, la vastità delle violazioni e la mancanza di risposte concrete rendono il governo di Felipe Calderón pienamente responsabile delle stesse.

La CCIODH ha potuto constatare che durante il mandato dell'attuale governo non sono stati fatti passi sostanziali in avanti per quanto riguarda le raccomandazioni espresse nelle visite precedenti. Sia nel caso del Chiapas che in quelli di Oaxaca e Atenco, continuano a riprodursi violazioni dei diritti umani che già segnalammo, senza che si sia agito con serietà né contro i loro principali responsabili, né rispetto alle cause che le originano. Per questo, la CCIODH si vede obbligata a confermare le conclusioni e raccomandazioni espresse nei dossier precedenti.

D'altra parte, la CCIODH non ha potuto limitarsi a seguire i casi analizzati nei dossier precedenti, arrivando praticamente ad essere sommersa dalle testimonianze e dalle denunce sulle violazioni avvenute nel 2007. Durante questo periodo è continuato il clima di persecuzione verso le organizzazioni sociali e nelle carceri sono arrivati nuovi prigionieri politici e di coscienza. Allo stesso modo si deve segnalare l'arbitraria detenzione di Ariadna Nieto, Núria Morelló, Ramón Sesén e Laia Serra, lo scorso mese di agosto, con l'intervento delle autorità statali e federali. Nel caso di Laia Serra per di più si tratta di un'aderente della V Visita della CCIODH.

Oltre alle dichiarazioni di intenti e a certi atti diplomatici, la CCIODH non ha registrato nell'esecutivo federale un reale interesse a definire il pieno rispetto dei diritti umani come priorità della sua azione di governo. Il caso della giornalista Lydia Cacho, a cui l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha appena consigliato di lasciare il paese per preservare la sua sicurezza, ci parla chiaramente di questa situazione. Vale la pena citare anche la situazione delle vedove dei minatori di Pasta de Conchos.

D'altra parte, la CCIODH non ha sempre trovato negli organi dell'esecutivo federale l'atteggiamento auspicato. In questo senso bisogna segnalare l'impossibilità di accedere al carcere di massima sicurezza di La Palma, quando la cosa era stata già concordata per telefono; il fatto che, ad oggi, la PGR non ci abbia fornito informazioni minime e indispensabili riguardo il suo lavoro nei casi analizzati - nonostante siano state sollecitate con adeguato anticipo; la circostanza di non essere stati ricevuti dai membri più appropriati degli enti intervistati.

SECONDA

La CCIODH ritiene che i casi di Atenco, Oaxaca e Chiapas illustrino una situazione più generale caratterizzata da un modello di condotta reiterato e comune alle distinte autorità, federali, statali e, in alcuni casi, municipali. Questo modello di comportamento può essere definito come un'autentica politica di Stato, e lo affermiamo in base alla corrispondenza e alla verosimiglianza del grande numero di testimonianze ricevute, sia in questa che nelle visite precedenti.

Di fronte agli spazi di mobilitazione sociale, di costruzioni di modelli alternativi di vita e di soddisfacimento delle necessità più essenziali, le autorità cercano di consolidare il contesto sociale più idoneo all'attuazione di un modello di sviluppo neoliberista, basato sul saccheggio, la privatizzazione e la mercantilizzazione delle risorse fondamentali quali la terra, l'acqua o la biodiversità.

Con questo obiettivo, da un lato, si preparano politiche volte all'indebolimento del tessuto sociale attraverso la divisione delle comunità indigene e contadine e la persecuzione delle organizzazioni sociali più rivendicative.

Dall'altro lato, e in maniera complementare, si realizzano in modalità generalizzata arresti arbitrari di membri dei movimenti sociali (e in alcuni casi dei loro famigliari, per il solo fatto di esserlo). È consuetudine che le persone detenute vengano sottoposte a tortura e maltrattamenti. Per giustificare gli arresti, vengono falsificate le prove: la tendenza è stata quella di utilizzare reati progettati per reprimere le forme della protesta sociale (reati di sommossa, attacco alla vie di comunicazione, associazione a delinquere, sequestro di persona, sequestro ^equiparado^ [reato che consiste nel sequestro di un funzionario pubblico; è stato introdotto nel Codice Penale dello Stato del Messico nel 2001 a seguito delle forti proteste scaturite contro la costruzione dell'aeroporto di Texcoco, ndt], ecc.), come nel caso di Ignacio del Valle, Felipe Álvarez ed Héctor Galindo, condannati per i fatti di Atenco; o in quello di David Venegas e Flavio Sosa, processati e arrestati per i fatti di Oaxaca; oppure di accusare falsamente di detenzione di droga o armi, e in certi casi anche di altri reati come furto, aggressione sessuale e perfino omicidio. La logica di questi meccanismi è quella di criminalizzare gli attivisti dei movimenti sociali evitando inoltre che vengano considerati prigionieri politici.

In questa logica, il ricorso al carcere come misura cautelare si presenta come lo strumento più offensivo. Questa situazione è stata accertata dalla CCIODH attraverso le interviste realizzate nelle carceri di Chiapas e Oaxaxa ad un totale di 70 detenuti. Non è stato così per i penitenziari di Molino de Flores e La Palma, nello stato di Messico, in quanto nonostante aver sollecitato l'autorizzazione in anticipo, la CCIODH non è stata ammessa ad entrare. In certi casi si tratta di carceri di massima sicurezza e di situazioni di isolamento, dove i diritti del prigioniero vengono ridotti ai loro minimi termini. La situazione vissuta dai fratelli Sosa Villavicencio in seguito ai fatti di Oaxaca è in questo sento paradigmatica, come anche quella di Ignacio del Valle, Felipe Álvarez ed Héctor Galindo, cui è stato prolungato l'isolamento anche dopo la formulazione del verdetto che li condanna a 67 anni di reclusione.

TERZA

La CCIODH avverte nuovamente che il modello di repressione e persecuzione degli spazi sociali di rivendicazione non si riferisce solamente al comportamento dei distinti corpi di polizia, locali e federali. Insieme ad essi, si deve menzionare il ruolo ogni volta più attivo dell'Esercito messicano. Una delle principali scommesse del governo attuale mira precisamente a rafforzare il protagonismo dell'Esercito nella persecuzione dei reati di narcotraffico e commercio di armi, così come nel controllo delle frontiere.

Nel caso del Chiapas sono stati usati questi argomenti per giustificare la continuità della sua spropositata presenza nel momento in cui l'insurrezione armata dell'EZLN ha smesso di costituire un pretesto sufficiente. La CCIODH ha raccolto, come già fece nelle sue visite precedenti, numerose denunce sul grado di impatto che la suddetta presenza ha nella vita quotidiana delle comunità indigene e contadine. In altri casi, come ad Atenco e Oaxaca, l'Esercito è stato presente anche attraverso la sua collaborazione nelle operazioni congiunte dei diversi corpi di sicurezza.

Allo stesso tempo, la CCIODH constata con inquietudine la continuità e l'impunità dei gruppi parapolizieschi e paramilitari. Nel caso di Oaxaca, come rilevammo nell'ultimo dossier, numerose prove segnalano l'esistenza di gruppi armati che in connivenza con la polizia parteciparono alla repressione della protesta sociale. Nonostante ciò, e a differenza della durezza mostrata verso i partecipanti delle mobilitazioni, non si è proceduto all'identificazione e alla condanna degli aderenti di questi gruppi.

Durante la sua sesta visita, la CCIODH ha ricevuto inoltre denunce di nuove azioni di gruppi con queste caratteristiche in ambito urbano come pure nei municipi o nelle comunità delle aree rurali, legati a gruppi di potere locali che vogliono imporre il proprio comando e la cui attività risulta confacente ai progetti di divisione e indebolimento comunitario. Questo è ciò che accade tanto a Oaxaca come in Chiapas, dove in determinate zone si registra con chiarezza una loro riattivazione. Risulta preoccupante, inoltre, che si continui a cercare di presentare queste situazioni come conflitti intercomunitari, proprio come venne fatto nei giorni del massacro di Acteal. Nel caso del Chiapas, la CCIODH ha ricevuto diverse testimonianze che indicano in maniera unanime l'organizzazione OPDDIC come gruppo che entrerebbe in questa logica paramilitare e parapoliziesca.

QUARTA

Dietro la generalizzazione di questi comportamenti si trova la continuità dell'impunità dei funzionari pubblici. In relazione alle gravi violazioni dei diritti umani di Atenco e Oaxaca nel 2006, ad oggi le condanne sono state limitate all'abuso di autorità e hanno avuto un caratterere fondamentalmente amministrativo. Così, in questo momento, l'impunità nasconde i responsabili delle gravi torture e abusi sessuali che accompagnarono gli arresti nel caso di Atenco, essendo necessario ricordare il particolare accanimento e la brutalità diretti contro le donne arrestate. Sulla stessa linea, non si può accettare che la Procura Generale della Repubblica abbia decretato l'archiviazione delle indagini per i casi di morte nel conflitto di Oaxaca, insistendo sul fatto che siano le vittime stesse a dover apportare le prove.

Nel 2007 vi sono nuovi casi di estrema crudezza dell'intervento poliziesco nella repressione del libero esercizio delle libertà di riunione e manifestazione della società civile. Un buon esempio di questo lo costituisce la brutalità con cui si eseguì la dispersione della Guelaguetza popolare il 16 luglio, arrivando a mettere in grave pericolo la vita di Emeterio Marino Cruz y Raymundo Velasco. Nei casi in cui si è proceduto all'arresto e alla detenzione preventiva di agenti di polizia, la CCIODH considera che, di fronte alla generalizzata violazione dei diritti umani registrata, si tratta di decisioni meramente simboliche, senza che per il momento rappresentino sintomi di un cambiamento reale.

Altro esempio paradigmatico di impunità lo costituisce il caso di San Pedro Yosotatu, sulla sierra mixteca, i cui abitanti hanno denunciato, indicando per di più i responsabili, la morte di sette loro membri, l'ultimo di essi il 24 dicembre del 2007, e la scomparsa di altri tre senza che le autorità abbiano intrapreso alcuna azione al riguardo nonostante le denunce e le prove addotte.

La CCIODH considera che la prassi di concedere aiuti alle vittime di violazioni dei diritti compiute da funzionari pubblici non è da intendersi in nessun caso come sostituzione del processo giudiziario che deve fare giustizia e indicare le responsabilità giuridiche pertinenti. Così lo hanno inteso, tra gli altri, i famigliari di Alexis Benhumea, morto in conseguenza dell'intervento poliziesco ad Atenco, rifiutando il risarcimento stanziato in quella circostanza. Anche nel caso di Acteal ci troviamo di fronte al rifiuto della proposta governativa di riparazione economica da parte dei sopravvissuti e del tavolo direttivo della comunità di Las Abejas.

Le riforme del sistema penale avviate dal governo federale fanno persino un passo ulteriore, in quanto presuppongono la legalizzazione di pratiche poliziesche attentatrici ai diritti e l'introduzione permanente di una legislazione d'emergenza. Così ci sarà la possibilità di realizzare perquisizioni senza previo mandato del giudice, l'aumento sproporzionato del periodo di isolamento o delle misure cautelari personali e l'intercettazione delle comunicazioni. Nel caso dello stato del Chiapas, la CCIODH considera preoccupante l'introduzione del nuovo reato di ^istigazione alla violenza^, poichè la sua estensione lo renderebbe applicabile a tutto l'attivismo sociale che si inserisca in contesti di rivendicazione.

La convinzione sulla portata dell'impunità che hanno i funzionari pubblici permette, inoltre, che la dinamica repressiva venga generalizzata, superando la strategia di lotta contro la mobilitazione sociale per arrivare a colpire qualsiasi cittadino o cittadina. Esempio di questo sono i casi di pedofilia denunciati a Oaxaca e che ad oggi non hanno ottenuto riposte adeguate da parte delle autorità.

Per quanto riguarda il massacro di Acteal, dieci anni dopo possiamo affermare che l'impunità continua. La creazione, da parte del nuovo governo statale, della Procura speciale per il caso di Acteal non ha ottenuto alcun sviluppo significativo al riguardo. La detenzione di soggetti già condannati per questi fatti, la revisione delle sanzioni amministrative già imposte o la firma degli accordi con la comunità senza il riconoscimento della verità sui fatti sono semplicemente atti politici di carattere simbolico, inutili al conseguimento della giustizia.
Anche i casi di sfollamento e le sparizioni forzate sono espressione di un'impunità di fronte alla quale nessuna autorità può declinare le proprie responsabilità. I proclamati progetti di infrastrutture ed ecoturismo, comuni ai casi di Atenco, Oaxaca e Chiapas causeranno sicuramente ulteriori situazioni di sfollamento. Rispetto alle sparizioni forzate, nell'anno 2007 sono stati denunciati cinque casi nello stato di Oaxaca. Nel caso di Lauro Juárez, la Commissione interamericana dei diritti umani ha chiesto al governo del Messico l'assunzione di misure urgenti per stabilire dove si trova. La CCIODH considera di estrema gravità i casi di sparizione e la mancanza di risposte da parte delle autorità dato che se questa situazione arrivasse a consolidarsi ci collocherebbe in un contesto non molto lontano da quello della guerra sporca degli anni settanta.

QUINTA

L'impunità si regge sull'esistenza di un sistema giudiziario che mostra chiari segni di incompetenza e inefficacia, quando non di una evidente mancanza di volontà, di porre fine alla stessa. In alcuni casi, la connivenza con le autorità governative risulta più che evidente. Il provvedimento di ingiustificati mandati ufficiali di arresto, l'apertura di procedimenti penali senza sufficienti elementi probatori, le dilazioni indebite, l'assegnazione di casi a giudici non predisposti dalla legge - tra le altre irregolarità - lasciano senza contenuto le garanzie derivate dal diritto al giusto processo.

L'indipendenza del potere giudiziario risulta profondamente messa in questione e con essa uno dei pilastri essenziali dello Stato di diritto. La dipendenza al potere esecutivo si esplica in parte attraverso il sistema di nomina dei giudici, in particolar modo quando è diretto, così come in altri aspetti come l'inesistenza di una legge di incompatibilità delle cariche pubbliche che impedisca, ad esempio, che la massima autorità giudiziaria di Oaxaca oggi in carica sia stata Segretario di Governo nei due mandati precedenti. Però, al di là di queste circostanze, la mancanza di indipendenza incontra la sua ragione d'essere nella radicata cultura del clientelismo e dell'^amiguismo^ che regna nei meccanismi di nomina delle cariche pubblicche. Sebbene questa situazione sia rilevante in special modo negli organi di stato, il potere Giudiziario della Federazione non è da meno.

É particolarmente preoccupante la condotta giudiziaria di fronte alla detenzione preventiva, che come abbiamo segnalato è parte del modello di repressione dei processi di organizzazione e rivendicazione sociale. Nelle tre regioni visitate dalla CCIODH sono stati riportati numerosi casi di persone detenute per più di un anno che sono state alla fine assolte senza che vi sia conseguita alcuna responsabilità dei giudici né alcuna riparazione del danno delle persone colpite.

La mancanza di indipendenza del Potere Giudiziario modella un clima generalizzato di sfiducia nelle istituzioni. La popolazione frequentemente vede in esse una minaccia al sistema istituzionale nel suo insieme. Il rifiuto delle vittime di denuciare violazioni in casi da cui si possono desumere responsabilità pubbliche o la valanga di testimonianze che la CCIODH ha ricevuto in questa VI visita, lo documentano con evidenza.

In tale contesto, il lavoro dei difensori dei diritti umani e dei mezzi di comunicazione si dimostra, se possibile, più che essenziale. È successo, proprio per questo, che entrambi i collettivi abbiano subito aggressioni e persecuzioni negli ultimi tempi. Ancora una volta il caso di Lydia Cacho è paradigmatico.

SESTA

Dieci anni dopo la sua prima visita, la CCIODH constata con preoccupazione che le cause strutturali che stanno dietro le gravi violazioni dei diritti umani rilevate rimangono intatte. Le regioni visitate presentano tutte una situazione sociale attraversata da profonde dinamiche di emarginazione e disuguaglianza. Queste dinamiche sono in particolar modo intense per quanto riguarda le donne e la popolazione indigena e campesina, la cui condizione di esclusione sociale, economica, politica e culturale dipinge il contesto in cui si riproducono le violazioni dei diritti menzionate.

Gli allarmanti indici di povertà ed emarginazione degli Stati di Chiapas e Oaxaca contrastano con l'enorme ricchezza culturale ed ecologica che custodiscono. In questo modo, il problema principale si colloca nella distribuzione e nel controllo delle risorse essenziali per la sopravvivenza e il libero sviluppo individuale e collettivo. Questa situazione è storica ma negli ultimi tempi si è rafforzata a causa degli sviluppi delle politiche neoliberiste attuate dai governi statali e federali che si sono susseguiti. In Chiapas, fatti, tra i molti altri, come quello di Bolom Ajaw nella zona di Agua Azul, ci pongono nella logica di progetti di sviluppo che divengono contrastanti. Anche Atenco fornisce un chiaro esempio di scontro tra il modello di sviluppo degli abitanti più direttamente colpiti, da un lato, e quello del governo e dei gruppi imprenditoriali, dall'altro. Nel caso di Oaxaca, ci sarebbe da parlare di conflitti come quelli che sono stati e che potrebbero essere causati nella regione dell'Istmo. La CCIODH vuole evidenziare la responsabilità dei gruppi economici multinazionali (con un'importante presenza dell'Europa, degli Stati Uniti e del Canada), i cui interessi portano a processi di appropriazione e saccheggio che colpiscono in maniera negativa la popolazione nel suo insieme.

In questo contesto, risulta preoccupante che popoli, i quali per secoli hanno vegliato sulla preservazione delle risorse naturali, vengano stigmatizzate come le principali responsabili della depredazione ambientale. Come nel caso della Riserva della Biosfera dei Montes Azules in Chiapas, dove le comunità indigene lì stanziate sono minacciate da uno sfollamento di massa. Inoltre, la CCIODH ha percepito l'uso politico delle domande di accesso alla terra per attuare programmi che più che garantire il suddetto accesso e la certezza del possesso, promuovono la sua privatizzazione e favoriscono l'emigrazione dalla campagna.

La CCIODH avverte la contraddizione tra i modelli governativi di sviluppo e la costruzione delle autonomie indigene, specialmente delle comunità zapatiste e della loro esperienza delle Giunte di Buon Governo. Vi sono anche altri casi, come quello di San Juan Copala a Oaxaca e lo stesso processo degli abitanti di Atenco, che disegnano un percoso simile. Dinnanzi all'imposizione di politiche che disattendono la partecipazione dei soggetti coinvolti e cercano di dividere il tessuto comunitario, i processi di autonomia indigeni generano spazi propri di partecipazione sociale, economica e politica la cui intensità trascende i contesti istituzionali e affronta profonde dinamiche di dominio culturale ancora in vigore.

SETTIMA

La CCIODH constata l'inoperosità istituzionale rispetto a misure minime che cerchino una riparazione integrale dei danni individuali e collettivi originati nei casi di grave violazione dei diritti umani, come lo sono in modo chiaro i fatti di Acteal, Atenco e Oaxaca.

La CCIODH crede che l'assenza dei meccanismi di riparazione da parte delle istituzioni prolunghi la loro situazione di vulnerabilità e abbandono. La CCIODH osserva con preoccupazione la persecuzione e le minacce ai membri e agli attivisti sociali che fanno parte di questa società civile organizzata in quanto impedisce che quei processi di recupero vengano canalizzati e le ferite si cicatrizzino.

Le situazioni di esilio e clandestinità aumentano e allungano queste condizioni, non solo per le persone colpite ma anche per il loro contesto famigliare e comunitario.
Di fronte a ciò, deve essere fatta menzione dell'importanza delle riposte collettive davanti alla persecuzione. Allo stesso modo, bisogna segnalare le esperienze di organizzazione all'interno delle carceri (^La Voz de los Llanos^ e ^la Voz del Amate^) e i presidi che fin dal primo momento sono stati realizzati per chiedere la libertà dei prigionieri politici nel caso di Atenco e che servono da spazi di consolidamento della solidarietà comunitaria.

 

RACCOMANDAZIONI

PRIMA

Resta imprescindibile la risposta alle cause profonde del conflitto, cioè ai problemi strutturali di povertà, cacicchismo, disparità di accesso alle risorse, la posizione subalterna della donna, la mancanza di mezzi per l'istruzione, la salute e l'alloggio, l'assenza di canali di partecipazione democratica e l'incapacità di comprendere la diversità culturale come base della convivenza sociale.

Il rispetto per le forme specifiche di sviluppo, particolarmente resistenti nei territori dove vi è presenza di popoli indigeni, e l'abbandono dei progetti che non trovino consenso nelle popolazioni colpite costituisce il primo passo per risolvere alcuni dei conflitti più gravi presenti al momento. La rivitalizzazione del progetto dell'aeroporto internazionale ad Atenco, come qualsiasi altro, potrà essere tollerabile solamente se verrà realizzato a partire dal dialogo, dalla piena partecipazione e dal consenso degli abitanti. Senza questi elementi, oggi del tutto assenti, si riprodurrebbero le stesse condizioni che hanno dato origine al conflitto.

L'unico modo per evitare che si rigenerino contesti di violazione dei diritti umani passa attraverso l'attenzione alle cause originarie dei conflitti. Rispondere in maniera giusta e adeguata alle rivendicazioni e rispettare i processi specifici di organizzazione deve costituire, per tanto, il punto di partenza di qualsiasi condotta dei poteri politici.

SECONDA

È improrogabile smantellare completamente il modello di repressione contro le espressioni di dissidenza sociale, culturale e politica.

Il comportamento dei diversi corpi e forze di sicurezza dello Stato deve essere sottoposto nella pratica, e non solo sul piano formale, alla normativa costituzionale e internazionale in materia di diritti umani. In questo senso emerge l'esigenza di riconsiderare integralmente le linee indicate nella riforma penale sostenuta dal governo federale.

Costituisce una necessità improrogabile ridurre e controllare il ruolo dell'Esercito per limitarlo strettamente allo sviluppo delle funzioni costituzionali segnalate, evitando a tutti i costi la sua incidenza sulla vita delle comunità.

Si deve procedere immediatamente al disarmo dei gruppi paramilitari e parapolizieschi ed esigere le responsabilità penali dei loro membri e della autorità politiche, di polizia e militari che li hanno appoggiati, protetti o tollerati.

TERZA

È imprescindibile garantire la responsabilità penale dei funzionari pubblici che realizzino qualsiasi azione di violazione dei diritti umani. Il mantenimento dell'impunità, elemento comune e ad oggi non corretto nei casi di Atenco, Oaxaca e Chiapas, non solo mette in questione la legittimità delle autorità, non solo aumenta la sfiducia della cittadinanza nelle istituzioni, ma si mostra anche come la principale causa di generalizzazione degli abusi di potere.

QUARTA

È improrogabile che lo Stato riconosca, corregga e ripari gli abusi commessi. In questo senso, è necessaria l'assunzione delle responsabilità politiche. Al momento la situazione è molto diversa: chi era Segretario della Sicurezza Pubblica federale durante i fatti di Atenco, il sig. Eduardo Medina Mora, dal dicembre 2006 occupa la carica di Procuratore Generale della Repubblica.

Allo stesso modo è urgente che le procure statali e quella Generale della Repubblica procedano all'archiviazione di tutti i processi in cui l'accusa si basi sul modello repressivo indicato in precedenza, così come alla revisione della situazione di privazione della libertà di tutti i prigionieri politici e di coscienza, presenti nelle carceri di Chiapas, Oaxaca e dello Stato di Messico e, ad ogni modo, all'applicazione immediata dei benefici carcerari cui hanno diritto. Oltre alla necessità di rivedere le sentenze comminate ai prigionieri legati ai conflitti politici, la CCIODH ritiene assolutamente ingiustificabile la permanenza di Ignacio del Valle, Felipe Álvarez ed Héctor Galindo in un carcere di massima sicurezza e in stato di isolamento, tenendo conto inoltre delle irregolarità rilevate nel processo.

La CCIODH considera di vitale importanza che le indagini attualmente in corso, che potrebbero portare alla cancellazione di responsabilità di funzionari pubblici, si concludano con totale imparzialità, trasparenza e rigore. Si tratta dei processi speciali esaminati dalla Suprema Corte di Giustizia nei casi di Atenco e Oaxaca e della causa sui reati di lesa umanità che ha istruito la PGR nel caso di Oaxaca.

QUINTA

È immediatamente necessario affrontare una riforma profonda delle istituzioni dello Stato nella Repubblica messicana a partire dalla sua stessa configurazione costituzionale. Queste riforme devono toccare i processi elettorali così come gli elementi che assicurino una effettiva separazione dei poteri. Nel caso di Oaxaca urge il pieno rispetto delle forme di rappresentazione basate sugli usi e i costumi, la cui noncuranza da parte delle autorità statali risulta essere causa di gravi conflitti.

Una delle massime priorità si colloca nell'assicurazione di una reale ed effettiva separazione del potere giudiziario da quello esecutivo. In questo senso, risulta improrogabile una revisione del modello di nomina dei giudici per assicurare la loro indipendenza, imparzialità e inamovibilità, così come l'istituzione, là dove ancora non esista, di un sistema di concorso pubblico che garantisca l'accesso secondo il merito e le capacità. Altresì imprescindibile si presenta una legge di incompatibilità delle cariche che eviti l'interferenza tra i poteri. Allo stesso modo si è necessario assicurare la reale accessibilità di una difesa d'ufficio di qualità e la presenza dei traduttori di fiducia che garantiscano i diritti linguistici delle persone indigene. In fine, si deve permettere alle vittime di poter partecipare ai processi come parte in causa, abbandonando il monopolio del ministero pubblico.

Questa riforma integrale delle istituzioni passa anche, come condizione per la costruzione di una democrazia veramente inclusiva, per il pieno riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene e in particolare del loro diritto ad autodeterminarsi. Gli accordi di san Andrés, non riconosciuti dalla riforma costituzionale del 2001, devono tornare a far parte del punto di partenza, insieme ai progressi che presenta la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni, approvata dalle Nazioni Unite nel 2007. Il Messico deve includere nella sua legislazione i diritti riconosciuti in questa dichiarazione, in accordo all'impegno politico assunto. In questo senso, risulta urgente conferire vigore normativo a provvedimenti come quello dell'art. 32.2, relativo all'obbligo degli Stati di realizzare consultazioni con le popolazioni indigene ^al fine di ottenere il loro libero e informato consenso prima di approvare qualsiasi progetto che coinvolga le loro terre o territori o altre risorse, in particolar modo in relazione allo sviluppo, utilizzo o sfruttamento delle risorse minerarie, idriche o di altro tipo^.

SESTA

Mentre il Potere giudiziario continua ad essere incapace di garantire la sua piena indipendenza di fronte al Potere esecutivo, la CCHIODH sollecita la società civile messicana a dare seguito ai processi di organizzazione in difesa dei diritti e delle libertà e a mettere in moto i meccanismi di protezione internazionale dei diritti umani, in special modo gli stessi del sistema interamericano e di quello delle Nazioni Unite. Il Governo messicano deve, in tali circostanze, rispettare e promuovere detti strumenti, così come favorire le condizioni necessarie affinché le organizzazioni dei diritti umani possano continuare ad apportare le proprie valutazioni in materia.

La CCIODH considera prioritario che le istituzioni dell'Unione Europea attuino il più brevemente possibile meccanismi che permettano di monitorare l'adempimento delle esigenze della clausola democratica inclusa nell'Accordo Globale con la Repubblica del Messico.

La CCIODH, come già fece nella sua ultima visita, raccomanda allo stesso modo che il governo federale e quello statale sollecitino in particolar modo la presenza dell'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani a Oaxaca.

Si deve altresì rivedere a fondo il sistema di nomina e il tipo di funzioni che devono realizzare le commissioni statali e nazionali dei diritti umani al fine di conseguire fiducia nel loro lavoro, al momento molto screditato.

Mentre l'impunità continua ad essere la regola e non l'eccezione, come ce lo continua a ricordare dopo dieci il massacro di Acteal, la CCIODH ritiene necessario e opportuno rivolgersi agli organismi di conferimento di giustizia esistenti oltre lo Stato messicano, al fine di progredire nella lotta contro l'impunità di casi di grave violazione dei diritti umani. In questo senso, la CCIODH ritiene di enorme rilevanza la causa di Cristina Valls presentata in Spagna davanti al Tribunale Nazionale contro 40 agenti dei corpi di polizia Federale Preventiva, dello stato di Messico e del municipio di Texcoco, per torture psicologiche, fisiche e sessuali subite durante i fatti di Atenco nel 2006.

SETTIMA

La CCIODH considera imprenscindibile che si affronti un insieme minimo di misure di riparazione dei danni individuali e collettivi causati nei casi di violazione massiva e grave dei diritti umani, come lo sono in maniera evidente i fatti di Acteal, Atenco e Oaxaca. Si tratta di progredire nella realizzazione della piena giustizia che, come già segnalammo nei dossier precedenti, passa per l'adozione di misure di riparazione che abbiano il consenso degli stessi soggetti coinvolti e che come minino deve includere:

Città del Messico, 19 febbraio 2008

http://cciodh.pangea.org/?q=es/node/173

(traduzione a cura di Radio Silvanetti)

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