La Jornada – Sabato 15 marzo 2008
Nessuno possiede elementi “per autodichiararsi prigioniero politico”, afferma il governatore Sabines
Da dieci giorni in sciopero della fame nove indigeni rinchiusi nel carcere di San Cristóbal
 Le autorità penitenziarie si rifiutano di fornire informazioni sulla protesta dei reclusi

 In totale, compresi gli altri tre istituti penali in Chiapas, sono 37 le persone in sciopero della fame a tempo indeterminato
Hermann Bellinghausen - Inviato

Los Llanos, Chis., 14 marzo - Dietro le mura della prigione nei boschi di San Cristóbal de las Casas, dal lato di Huixtán, risuonano gli spari. "Pratica di tiro", risponde la guardia nella guardiola interrogato al riguardo. Dietro queste mura da dieci giorni sono in sciopero della fame i nove detenuti de La Voz de los Llanos che si sono uniti all'azione iniziata dai loro pari nella prigione di Cintalapa; il 12 febbraio da Zacario Hernández, il 25, la Voz del Amate ed altri ancora.

Nel Centro Statale di Reinserimento Sociale dei Condannati (il significato di "Cereso" da queste parti), numero 5, chiedono la loro liberazione e si dichiarano "prigionieri politici" Tiburcio Gómez Pérez, Pedro Guadalupe Enríquez Santiz, Julio César Méndez Luna, José Luis Gómez Morales, Diego Rodríguez Hernández, Guadalupe Gómez Cruz, Manuel Ruiz Hernández, Antonio Ruiz Pérez e Mario Jiménez López

Poliziotti armati, anche se gentili, sono l'unico sportello al quale il giornalista ha potuto accedere questo venerdì. Alla richiesta di informazioni sulle persone in sciopero della fame, le autorità della prigione, attraverso agenti in divisa, si dichiarano non autorizzate a parlare. Nemmeno ad ammettere esplicitamente che là dentro è in corso uno sciopero della fame di cui si parla ogni giorno sempre di più.

Attraverso l'etere entrano ed escono dal Cereso 5 chiamate radio in codice. Con sollecitudine, a domanda si risponde. Lo stesso tempo che ci vuole per ordinare un panino nel chiosco di fronte ai tribunali della prigione, pagarlo ed ascoltare un paio di barzellette piccanti mentre la donna del chiosco infila qualche peperoncino nel panino che lei chiama "piscia di gatto". Dall'area di accettazione esce un ufficiale di polizia con un block notes pieno di geroglifici, qualcosa di simili all'alfabeto etiope; qui riporta la domanda che una volta scritta risulta illeggibile. Gli spari continuano. Nessuno si scompone, nemmeno una donna chamula ed i suoi cinque figli piccoli che vanno a visitare qualche recluso.

L'unico sportello al quale si può inoltrare la domanda è quello del segretario di Pubblica Sicurezza dello stato, Juan Jesús Mora y Mora, nei suoi uffici di Tuxtla Gutiérrez. "Telefono?" "No, non abbiamo il numero", si giustifica l'ufficiale. Ma dal suo illeggibile block notes decifra l'indirizzo: Tercera Poniente Sur 157, tra viale Central ed Octava Sud.

Interpellato ogni giorno da organizzazioni civili, vescovi, collettivi ed organizzazioni sociali, il governo di Juan Sabines oggi ha pubblicato su alcuni giornali locali una risposta che incomincia dicendo che "nessuno ha argomenti per autonominarsi 'prigionieri politico' ". A meno non "per quanto riguarda la presente amministrazione". Annuncia che esaminerà 360 richieste di scarcerazione di "prigionieri politici", alle quali risponderà "entro e non oltre un mese".

Da un mese e un giorno non mangia, nel Cereso 14, El Amate, il catechista di Tres Cruces, San Juan Chamula, Zacario Hernández. Ed in tre carceri del Chiapas sono ormai 37 i detenuti in sciopero della fame a tempo indeterminato, più altri dieci in digiuno solidale. Più della metà sono dell’Altra Campagna, come la Voz de los Llanos, che ieri ha inviato un messaggio all’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, agli abitanti di Atenco ed ai detenuti di Playas de Catazajá.

A questi mandano a dire: "Ci fa piacere scrivervi sapendo che avete cominciato lo sciopero della fame in resistenza al malgoverno. Vogliamo solo dirvi di essere forti e non lasciarsi umiliare dalle autorità, anche se ricevete minacce, poiché in questa lotta incontriamo sempre ostacoli. Vogliamo anche dirvi che, anche se siamo lontani, non siete soli".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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