La Jornada – Venerdì 14 novembre 2008
Erano stati espulsi dall’organizzazione Paz y Justicia
Il governo del Chiapas disattende le promesse fatte alle famiglie dei profughi

HERMANN BELLINGHAUSEN

Nove famiglie choles, originarie della comunità Andrés Quintana Roo, nel municipio di Sabanilla, Chiapas, da tre anni sono profughe a Tapijulapa, Tabasco, dopo essere state espulse con violenza da elementi dell'organizzazione Paz y Justicia. Malgrado il governo chiapaneco avesse promesso di risolvere la loro situazione e fareo giustizia, continuano a vivere abbandonati fuori dello stato.

Sono 63 persone, “tra adulti e bambini” che attraverso il loro rappresentante, Lorenzo López Gómez, dichiarano: "In questo momento conduciamo una vita davvero insostenibile con le famiglie ogni giorni in cerca di lavoro, maltrattati e malpagati, le nostre donne lavano i vestiti di altri e perfino i più piccoli dei nostri figli vanno in giro in cerca di lavoro".

Le aggressioni che subivano nella loro comunità erano giunte al culmine il 9 giugno 2005. "Abbiamo lasciato la nostra comunità nativa lasciando le nostre cose, perdendo i nostri beni perché eravamo seriamente minacciati di morte, ci hanno sparato addosso ed hanno bruciato le nostre case".

Il testimone aggiunge che "i paramilitari di Paz y Justicia" li hanno aggrediti "solo perchè non volevamo entrare nella loro cattiva organizzazione". Paz y Justicia, che ufficialmente non esiste più come tale, ma sotto altre sigle, sempre priiste, fu protagonista della violenza contrainsurgente che infestò lo zona nord dello stato tra il 1995 e 1998. Causò decine di morti e cacciò centinaia di famiglie choles che in maggioranza non hanno mai più potuto ritornare nelle proprie comunità. Molte di loro hanno poi formato i municipi autonomi zapatisti.

Il gruppo paramilitare non è mai stato disarmato, né sono stati puniti i suoi soprusi. Da questa impunità, sempre vicini alle truppe federali, hanno mantenuto il controllo di diverse regioni a Sabanilla, Tila ed altri municipi ufficiali del nord. Come rivela il caso di Quintana Roo, la violenza e gli sgomberi non sono cessati.

I profughi raccontano: "Ci siamo rivolti al governo per chiedere giustizia e che siano puniti i colpevoli, ed anche assistenza materiale ed aiuti comunitari. Ma la cosa princiaple che chiediamo è la terra per il nostro ricollocamento, perchè non abbiamo terra da coltivare né un posto dove costruire casa. Non possiamo tornare nella nostra comunità, non ci sono condizioni sicure a causa degli elementi di Paz y Justicia che vivono in quel villaggio".

Nel loro esilio di Tapijulapa pagan affitti di 500 o 600 pesos al mese. "Noi uomini, donne e bambini siamo malati e non abbiamo assistenza medica. I nostri figli a scuola vanno male ed alcuni hanno abbandonato la scuola perchè non possono soddisfare le richieste della scuola, come le divise, materiali e contributi per ogni maestro".

Intanto, “i paramilitari di Quintana Roo lì continuano a fare quello che vogliono e minacciano. Molti compagni dormono in montagna. Ma non solo non vogliono vedere i profughi, ma tutti i compagni del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD)". Solo a febbraio del 2008 un altro gruppo di indigeni è stato espulso da Paz y Justicia ed ha dovuto formare un nuovo insediamento.

Né il governo chiapaneco né il PRD hanno appoggiato gli indigeni. "Abbiamo fatto lo sforzo di rivolgerci al governo per trovare una soluzione ai tanti problemi. Il governo aveva accettato di risolvere i problemi e risolvere le nostre richieste ed aveva promesso di farlo in pochi giorni. Ci aveva riempito di gioia sapere che il governo era tanto gentile di aiutarci e di risolvere i problemi causati dai paramilitari, ed avevamo una grande speranza per il nostro presente e futuro".

Delusi, dicono: "Ormai abbiamo appurato che tutto quella che il governo aveva promesso sono solo bugie. Da allora ad oggi non ha fatto niente. Né giustizia per punire i colpevoli né la terra per il nostro ricollocamento. Avevano cominciato a farci avere un po' di viveri, ma oggi si sono ormai dimenticati di mandarli".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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