La Jornada – Martedì 12 febbraio 2008
Luis Hernández Navarro
La CCIODH e la mappa dell’impunità in Messico

L’immagine della democrazia messicana all’estero è ben lungi dall’essere bella. Il termine democrazia alla messicana all’estero è usato come sinonimo di una falsa democrazia. Si associa alla simulazione ed all’ipocrisia.

La situazione dei diritti umani nel paese è ancora peggiore. Uno dietro l'altro, diversi rapporti di organismi internazionali che si occupano di vigilare sulle garanzie individuali rendono conto dell'enorme deficit che il paese presenta su questo terreno.

Ovviamente, il fatto di essere una falsa democrazia ed il paese dell'impunità impedisce che le grandi potenze economiche vogliano fare affari col paese. Nell'era dell'unilateralismo statunitense, dell'invasione dell'Iraq, di Abu Ghraib, di Guantanamo, le mancanze messicane sono un peccato veniale. Ma questo non vuole dire che all'estero si nutra rispetto per le nostre istituzioni politiche.

Il fatto che le élite economiche e politiche internazionali siano disposte a sorvolare sulle violazioni dei diritti umani non significa che settori attivi della società civile di Europa, Canada e Stati Uniti la pensano nello stesso modo. Neppure che organizzazioni come Amnesty International ignorino quello che succede.

Una delle organizzazioni più attive nel controllo di quello che succede in Messico è la Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani (CCIODH). Si tratta di un'iniziativa nata dalla preoccupazione presente in settori della società civile internazionale attorno alla violenza in Chiapas. Il massacro di Acteal, il 22 dicembre 1997, fu la sua data di nascita.

Proprio in questi giorni la CCIODH sta realizzando la sua sesta visita nel paese. Partecipano ai lavori cinquanta persone di nove paesi.

Il motivo di questa visita è il decimo anniversario di Acteal, la grave preoccupazione per la situazione in Chiapas, con un incremento delle denunce per aggressioni e violazioni dei diritti umani delle comunità indigene zapatiste e la necessità di dare seguimento alle conclusioni e raccomandazioni delle visite realizzate ad Atenco e Oaxaca.

Quando nacque la prima commissione si augurò di non sopravvivere più di pochi mesi; tuttavia, sono già trascorsi 10 anni. Alcune delle organizzazioni dei diritti umani tradizionali la guardavano con sospetto, perché i suoi membri provenivano da reti sociali alternative, al di fuori dei canali istituzionali tradizionali. Il suo lavoro, tuttavia, ha avuto una consistenza, continuità ed una visione d’insieme invidiabili.

In un primo momento la commissione fu snobbata. Oggi, tuttavia, è una voce imprescindibile sulla situazione dei diritti umani in Messico. I suoi rapporti ed opinioni sono un riferimento sia tra i politici europei interessati al paese sia nel mondo della sinistra altromondista ed i difensori dei diritti umani.

Alla prima visita, nel febbraio del 1998, parteciparono 210 osservatori di 11 paesi. Constatò il grave deterioramento dei diritti umani in Chiapas.

Nella seconda, a novembre del 1999, la commissione era formata da 41 persone di 10 paesi. Confrontò e valutò la situazione rispetto a quella registrata nel 1998.

Nella terza, tra il 16 febbraio ed il 3 marzo 2002, parteciparono 104 persone di 14 paesi. Cercò di valutare la situazione del conflitto in Chiapas un anno e mezzo dopo l'insediamento di Vicente Fox.

La quarta visita si svolse tra maggio e giugno del 2006. Vennero in Messico 28 persone di 7 paesi, avallate da più di mille persone ed organizzazioni.

Concentrarono il loro lavoro sull'osservazione delle gravi violazioni de diritti umani a Texcoco e San Salvador Atenco. Comprovarono un operativo poliziesco eccessivo, irragionevole e non necessario nel quale le forze repressive non operarono secondo lo stato di diritto.

La quinta commissione era formata da 39 persone di paesi come Francia, Nuova Zelanda, Italia, Spagna, Danimarca e Stati Uniti. Si concentrò sul monitoraggio della situazione repressiva a Oaxaca che riguardava il movimento guidato dall'Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO).

La commissione è formata da avvocati, psicologi, giuristi, intellettuali, cineasti, difensori dei diritti umani, artisti, giovani e rappresentanti della società civile. Visita comunità remote e prigioni. Ascolta con attenzione e rispetto la gente umile. Prende nota delle sue parole. Le riproduce fedelmente.

Le sue conclusioni sono consegnate alle vittime, al governo messicano, al Parlamento Europeo, al parlamento della Catalogna, a mezzi di comunicazione all'estero, all'Ufficio dell'Alto Delegato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ad organizzazioni civili internazionali.

I rapporti sono stati pubblicati. In questi ci sono le testimonianze delle vittime, le interviste con funzionari pubblici a livelli diversi del governo messicano, la cronologia dei fatti, le analisi e raccomandazioni. In complesso dipingono un quadro drammatico della situazione nazionale. Sono un'analisi esaustiva, documentata ed inoppugnabile dei diritti umani in Chiapas, Oaxaca ed Atenco. Anche se la risposta governativa è quella di ignorarli.

Mentre molti funzionari di organizzazioni civili lavorano grazie al finanziamento di importanti fondazioni, l'immensa maggioranza dei membri della commissione si pagano il viaggio e le spese personali. In un'epoca in cui i cosiddetti Signori della Povertà si muovono per il paese con fasto e tutte le comodità, la commissione visita le zone di conflitto con semplicità ed austerità.

La CCIODH fa parte della tradizione internazionalista del calibro di Francisco Javier Mina. Grazie a loro abbiamo il ritratto di una parte importante del Messico del basso e della sua resistenza, con una mappa dell'impunità. Nonostante sia nata in altri paesi, i componenti sono molto più messicani di molti messicani.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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