La Jornada – Domenica 6 luglio 2008
Gli indigeni tzotziles subiscono lo spoglio della terra sostenuto dalle autorità
I poliziotti sorvegliano la zona coltivata strappata agli indigeni
Stranieri si apprestano ad occupare le proprietà perché sotto terra c'è l'oro
Hermann Bellinghausen - Inviato

Cruztón, Chis. 5 luglio - Racchiusa nelle terre alte del municipio di Venustiano Carranza, a nord della pianura della canna da zucchero, questa piccola comunità tzotzil vive ore difficili nella lotta per la terra. Gli abitanti sono tornati ad essere spogliati dei loro poderi da un gruppo di persone (la maggioranza non abitanti della zona e che non sono dediti all'agricoltura) appoggiati dal governo del Chiapas con la Polizia Statale Preventiva (PEP) ed il Pubblico Ministero.

Alle falde del Cerro Grande, un improvvisato accampamento con tende di plastica e tela cerata serve da base ai poliziotti statali ed a una ventina dei presunti titolari di un "ejido" inesistente. A questi, "la PEP permette di portare armi di grosso calibro e li abbiamo visti con indosso uniformi prestate dai poliziotti", denunciano gli abitanti di Cruztón che si riuniscono all'entrata del villaggio per fornire le testimonianze.

La maggioranza sono aderenti dell'Altra Campagna; un paio di famiglie, basi di appoggio dell'EZLN. Ora fanno le guardie giorno e notte. In un certo modo, sono assediati. Pattugliati costantemente dalla PEP, con otto mandati di cattura che pendono su di loro, sono stati spogliati di tutte le loro terre, compresi 70 ettari coltivati che sono il loro unico sostentamento e che in questi giorni servono da pascolo, campo di calcio, accampamento e latrina per le forze dell'ordine ed i "civili" (come li chiamano gli indigeni) che dal 18 giugno scorso li occupano con la forza.

C'è una guardia di indigeni all'ingresso del villaggio dove vivono circa 30 famiglie.

Un'altra, sulla collina di fronte all'accampamento improvvisato della polizia, insediato esattamente sulla sorgente che fornisce Cruztón. A volte da lì arrivano insulti, minacce, bravate. Li separano i campi di tenero mais, ad un tiro di pietre ma nello stesso tempo inaccessibili. La polizia non permette ai contadini di attraversarli. Le loro coltivazioni sono abbandonate da due settimane. "Non possiamo muoverci da qui" dicono.

Questo venerdì a Neftalí è scappato l'asino che è andato sul terreno dove si trovano i poliziotti. "E' abituato a stare lì", dice Neftalí, l'animale è andato dov'è abituato a stare. Cosicché lui si è recato all'accampamento e gli sono andati incontro "un comandante ed i suoi soldati". Racconta: "Ho chiesto il permesso di recuperare l'animale. Il comandante ha chiamato una delle persone che stanno con loro per identificarmi e quando mi ha visto questo ha detto: 'questo è uno dei nemici"'.

Il comandante ha poi detto a Neftalí: "Non fare un passo in piiù. Sai bene che la terra non ti appartiene e se il tuo animale è qua è perché non l'hai legato. Se vedo qua intorno il tuo asino gli sparo un colpo e risolvo il problema".

Come spiega uno dei portavoce di Cruztón: "Se decidessimo di entrare nelle nostre milpa potremmo scatenare uno scontro. Non vogliamo cadere nella provocazione".

Questa mattina gli indigeni hanno visto nell'accampamento quattro veicoli della PEP e circa 19 uomini "in divisa e civili". Ma, aggiungono con ironia, "ne mancavano altri che dormivano".

Si sentono "traditi" dal governo di Juan Sabines Guerrero, col quale stavano portando avanti un tavolo di dialogo dalla metà del 2007 fino al 27 aprile scorso, quando il dialogo si è rotto di fatto con l'incursione della Polizia Statale Preventiva a Cruztón.

Perché tanta fretta da parte delle autorità di cacciare gli indigeni dalle terre dove sono nati? Sembra che sotto i loro piedi ci sia l'oro.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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