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Messico - 06.3.2008
Situazione pericolosa
Alessandro Grandi
Messico, la difficile situazione degli indigeni: diritti negati e vessazioni continue - Protagonisti la polizia e i paramilitari
Ai margini, dimenticate dagli amministratori e lasciate spesso nelle mani di spietati paramilitari senza scrupoli: questa è la condizione in cui si trovano ancora oggi molte comunità zapatiste del sud del Messico
I fatti. Non se ne parla: gli indios messicani discendenti dei maya non fanno notizia. Ma la loro è una situazione drammatica, apparentemente senza soluzione. Come confermano dalla Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani (Cciodh), organizzazione che da oltre dieci anni si occupa di diritti umani violati in Chiapas. I rapporti che periodicamente redigono e inviano ai mezzi di comunicazione affinchè li diffondano, parlano di un notevole aumento delle denunce per aggressione e violazioni dei diritti umani sopportate dalle comunità indigene, soprattutto quelle zapatiste. Abusi di ogni tipo: dalle violenze fisiche alle minacce fino all'eliminazione di alcuni leader. Il tutto sempre unito alla minaccia delle autorità di sottrarre alle comunità indigene le terre coltivabili. E nei rapporti stilati dal Cciodh si sprecano le testimonianze delle vittime. “Denunciamo con forza il fatto che il governo federale vuole spogliarci del nostro territorio con il falso pretesto che noi distruggiamo l'ambiente” si legge nell'appello firmato dai leader delle comunità indigene del Chiapas. “Per farlo utilizzano molte strategie: gli sgomberi, i massacri, la paramilitarizzazione dell'area e la legge sull'esproprio delle terre che ci toglie più di 14mila ettari di terra coltivabile. E tutto questo perchè la nostra terra è ricca di risorse naturali”.
“Siamo molto preoccupati” raccontano dalle comunità nei pressi di Palenque, meta del turismo internazionale per le sue splendide rovine. “Ci minacciano di morte, ci tirano sassi e spesso sparano verso le nostre comunità”. Tutto per sottrarre terre sulle quali non hanno alcun diritto.
Situazione di terrore. Paura e attenzione: due sensazioni che negli ultimi mesi in Chiapas la popolazione indigena è stata costretta a riscoprire. Ma anche il volo incessante degli elicotteri federali e di quelli della polizia che pattugliano dall'alto le comunità zapatiste. Donne e i bambini armati di machete in costante allerta di fronte a operazioni d'intelligence che terminano spesso con aggressioni: queste sono le giornate nel sud del Messico, Paese dove la democrazia e il rispetto reciproco sono cose praticamente sconosciute.
Ma le comunità indigene spesso sono accusate di lavorare fianco a fianco con i gruppi di narcotrafficanti, accusa che hanno da sempre rigettato. “Respingiamo le gravi accuse che arrivano dal governo” raccontano “le cui menzogne sono solo il pretesto per mandarci via dalle nostre terre ricche di biodiversità e acqua per consegnarle alle multinazionali straniere come la Monsanto, la Ford o la Aventis, che hanno firmato contratti con il governo di Calderon”.
Tutto questo si scontra con un'altra realtà della zona: il turismo internazionale che, come se fosse accecato, non si accorge di quello che sta succedendo nella zona. Ma forse sarà il destinatario finale della distruzione di quello che è universalmente considerato uno degli ombelichi del mondo: il Chiapas.
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